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Cronaca e politica estera [Equilibri mondiali] Thread unico.
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Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio
D'altra parte l'impressione è che la Russia voglia sfruttare la finestra estiva per un'altra offensiva. Penso che se ne riparlerà all'autunno.
forse putin bleffa...
però ho la sensazione che se gli offrissero di chiudere la guerra adesso, riconoscendogli tutto quello che ha conquistato firmerebbe
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Originariamente Scritto da Irrlicht Visualizza MessaggioPutin ordina 3 giorni di tregua. Trump: 'Sia permanente'
https://www.ansa.it/sito/notizie/mon...b864e89e6.html
chissà se le parti accetterebbero di chiudere la partita con un accordo-tregua che non riconosca formalmente il passaggio di quei territori alla russia ma congeli sostanzialmente lo status quo.
i russi si terrebbero comunque i territori conquistati ma gli ucraini potranno mantenere sugli stessi una simbolica rivendicazione (tanto non hanno la forza per riprenderli)
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Originariamente Scritto da Mario12 Visualizza Messaggioa che gioco sta giocando Trump ?
Questa predisposizione crea però delle difficoltà, in quanto la diplomazia non consiste nel passare una mano di bianco là dove il muro è crepato o sporco, ma riparare le fratture, restaurare una condizione, altrimenti la pace, se è solo una ritinteggiatura, porterà ad un'altra guerra - il caso più eclatante in epoca moderna è stata la pace post I GM, che ha creato ulteriore caos sfociato poi 20 anni dopo in una II GM ancor più distruttiva.
D'altra parte l'impressione è che la Russia voglia sfruttare la finestra estiva per un'altra offensiva. Penso che se ne riparlerà all'autunno.
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Originariamente Scritto da Irrlicht Visualizza Messaggio
12 mesi sono un eternità
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Stati Uniti, Deneen, il guru della nuova destra: «Operai e miliardari verranno divisi dai dazi. Ma resteranno uniti contro le politiche di equità e inclusione»
Patrick J. Deneen, professore di Scienze politiche all’università cattolica di Notre Dame, è riconosciuto sia dagli ammiratori che dai critici come uno dei più influenti intellettuali conservatori del momento. Il vicepresidente JD Vance lo cita come un’importante influenza intellettuale (la loro amicizia precede la sua ascesa politica). In un’intervista esclusiva con il Corriere (qui la versione inglese) Deneen elogia lo smantellamento delle misure di diversità, equità e inclusione in questi primi 100 giorni del mandato di Trump e lo descrive come una causa comune alle due fazioni della coalizione trumpiana: anche se Maga (Make America Great Again) di Steve Bannon e Doge di Elon Musk si sono scontrati in passato e potrebbero entrare in conflitto anche su temi come i dazi, i due gruppi trovano coesione nell’avere un nemico comune.
Deneen è diventato famoso nel 2018, col bestseller (consigliato anche da Obama) Why Liberalism Failed (Perché il liberalismo ha fallito), dove argomentava che l’eccessivo focus su individualismo, secolarismo e libero mercato hanno eroso i legami comunitari della vita americana. Poi con «Regime Change» (2023) ha proposto una rivoluzione «pacifica» verso «un ordine post-liberale». Il suo pensiero è radicato nella critica di sinistra del liberalismo (cita Christopher Lasch, Benjamin Barber, Wilson Carey McWilliams). «Sotto la loro influenza mi sono sempre considerato di sinistra. Ciò che è cambiato non sono le mie idee ma la natura della sinistra. Per pensatori come Lasch la famiglia e la religione avevano un ruolo nel combattere la liquefazione delle relazioni umane e la tendenza liberale a un crescente individualismo. Ma la sinistra ha portato avanti forme estreme di liberazione personale, e oggi sono più a mio agio nel definirmi conservatore».
L’amministrazione Usa va nella direzione giusta? Le azioni di Doge coincidono con la sua visione di Regime Change, «rovesciamento pacifico ma vigoroso della classe di governo liberale»?
«I primi giorni sono stati incoraggianti. Non ne rivendico alcun credito ma i cambiamenti riflettono quella che considero una delle cause principali del rifiuto del liberalismo estremo e in metastasi: le politiche di diversità, equità e inclusione... Uno dei successi di Doge è stato mostrare che i finanziamenti a istituzioni in teoria neutrali erano profondamente di parte... Io credo che Vance più di chiunque altro capisca che Maga e Doge condividono la critica alle forze che hanno promosso confini aperti, lavoro a basso costo e globalizzazione: un approccio comune alle ultime amministrazioni repubblicane e democratiche che ha finito con il danneggiare le prospettive di vita della classe operaia. Questa è una preoccupazione centrale per i Maga, ma anche per Musk perché danneggia le prospettive di innovazione e la genesi di nuove idee separando il lavoro dal design. Il conflitto tra queste parti della coalizione potrebbe avvenire alla fine su temi come i dazi, ma nel futuro prevedibile vedo interessi comuni su cui possono collaborare... Parte di quello che fa funzionare la coalizione è che c’è un nemico comune: Maga e Doge sono d’accordo sull’uso del potere federale per smantellare misure di diversità, equità e inclusione, per ripristinare l’industria e porre fine all’estremismo nelle università americane».
C’è stata opposizione al dazi tra i sostenitori più ricchi di Trump: uno scontro tra «oligarchi» e populisti?
«Stiamo assistendo a uno scontro tra una classe oligarchica che ha paura per i suoi investimenti e la classe operaia che spesso non ha soldi da parte. Ma non è uno scontro semplicemente riconducibile a una classe contro l’altra perché la classe operaia ha il sostegno di molti all’interno dell’elite benestante».
Come si arriva a un nuovo sistema assicurandosi che non sia un’oligarchia?
«Lo sforzo di formulare una alternativa positiva all’ordine liberale è ancora nascente. In Regime Change: ho cercato di ravvivare l’antica scuola di pensiero della “costituzione mista”. L’idea è che le società sono divise tra i “molti” e i “pochi”, tra chi vuole il governo dei populisti e quello degli oligarchi. Entrambi gli approcci sono guastati da tendenze ad agire in modo ingiusto in base ai propri interessi: l’oligarchia è la tirannia dei ricchi, il populismo... può travolgere i diritti e l’ordine della società... Gli antichi insistevano che la soluzione non è che una classe sconfigge l’altra ma un mix per limitarne gli abusi e promuoverne le virtù. L’ho chiamato Aristopopulismo.... Tra l’altro mi sono basato su tre autori italiani, o per lo meno di aeree oggi italiane: Tito Livio, Tommaso d’Acquino e Machiavelli».
Anche la sinistra ora parla di populismo economico.
«Mi aspetto che molti a sinistra adotteranno un messaggio più populista, vedendone la popolarità tra coloro che Hillary Clinton definì i deplorevoli. Resta la domanda se lo spostamento della classe operaia a destra possa essere rovesciato da un cambiamento di direzione verso il populismo di sinistra e quale appoggio avrà questa posizione nel loro stesso partito».
CorSera
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Macron umiliato, il labiale di Trump a San Pietro
Secondo il tabloid britannico The Sun, che ha consultato l’esperta di lettura labiale Nicola Hickling, Trump ha chiesto all’inquilino dell’Eliseo, che provava a intrufolarsi, di lasciare perdere: «Non sei al posto giusto qui». Emmanuel, volenteroso o non, si è dovuto arrendere.
LA SCENETTA
Un video divulgato ieri pomeriggio dallo staff della Casa Bianca mostra Trump e Zelensky che, mentre si dirigono verso le sedie predisposte per loro da alcuni prelati e funzionari vaticani, vengono raggiunti da Starmer e Macron; quest’ultimo abbraccia il presidente ucraino. In quel momento Trump allunga le mani verso entrambi e li attira a sè. Poi si rivolge a Macron. «Non sei al posto giusto qui. Ho bisogno che tu mi faccia un favore, non devi essere qui», avrebbe detto il titolare della Casa Bianca a Macron mentre Zelensky annuiva in segno di approvazione. Vicino ai tre leader si vede anche un sacerdote che gira la testa di lato dopo aver sentito le parole di Trump.
Il Sun ha chiesto alla Hickling, una libera professionista della lettura labiale, di esaminare anche i filmati del successivo incontro tra Trump e Zelensky, durante il quale il presidente ucraino avrebbe detto: «Vorrei che lo facessi, ma non in questo modo», con Trump che avrebbe risposto: «È una strategia molto interessante. Hai delle rassicurazioni».
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Lavrov: imperativo riconoscere Crimea e territori occupati
Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ritiene «imperativo» per arrivare a una risoluzione del conflitto in Ucraina riconoscere come «russi» i territori della Crimea, di Sebastopoli, della Repubblica del Donetsk e del Luhansk, e delle regioni di Kherson e Zaporizhia. Lo ha affermato il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov in un'intervista al quotidiano brasiliano O Globo riportata da Tass. «Il riconoscimento internazionale della proprietà russa della Crimea, di Sebastopoli, della Repubblica di Donetsk, della Repubblica di Luhansk, della regione di Kherson e di Zaporizhia è imperativo», ha sottolineato Lavrov. «Tutti gli impegni di Kiev devono essere garantiti legalmente, avere meccanismi di attuazione e avere una durata indeterminata», ha aggiunto.
Trump: «Penso che Zelensky sia pronto a cedere la Crimea»
«Penso di sì». Donald Trump ha risposto così a chi gli chiedeva se a suo avviso il presidente ucraino Volodymyr Zelensky sia disposto a cedere la Crimea nell'ambito di un accordo per la fine della guerra. «La Crimea è stata ceduta anni fa, senza un colpo di arma da fuoco sparato. Chiedete a Obama», ha messo in evidenza Trump.
CorSera
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Originariamente Scritto da Irrlicht Visualizza MessaggioHamas offre gli ostaggi in cambio di cinque anni di tregua
https://www.ansa.it/sito/notizie/mon...af1ee7f03.html
qui non riusciamo a ragionare a 2 mesi
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L'assedio per convincere Trump a rivedere il piano di pace. In campo Zelensky, Macron e Starmer (con la sponda di Meloni)
La giornata della «diplomazia funebre», come l'ha definita il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier, si può condensare in due foto, tutte e due scattate e diffuse dall'ufficio stampa di Volodymyr Zelensky.
Nella prima il leader ucraino e Donald Trump sono seduti uno di fronte all'altro, all'interno della Basilica di San Pietro.
La seconda riprende un quartetto formato da Trump, dal premier britannico Keir Starmer, da Emmanuel Macron, con la mano sulla spalla a Zelensky e lo sguardo rivolto al presidente americano.
Il francese sembra dire: non trattarlo male, dobbiamo dargli una mano. E probabilmente è proprio questo il senso delle manovre cui ha partecipato anche Giorgia Meloni.
Zelensky, appoggiato dai leader europei, ha provato a fare breccia nelle convizioni di Trump. Il leader della Casa Bianca ha fretta di chiudere il negoziato con Vladimir Putin e di passare all'incasso con Zelensky. Al primo sta praticamente concedendo tutto ciò che ha richiesto: riconoscimento dell'annessione della Crimea; controllo dei territori occupati con la forza; cancellazione della prospettiva Nato per l'Ucraina. Al secondo, a Zelensky, non sta concedendo nulla e anzi insiste perché firmi rapidamente l'accordo sulle terre rare.
Il commento euforico di Zelensky sul «confessionale» con Trump farebbe ben sperare per chi ha cuore la causa ucraina. Un evento «storico», ha detto Zelensky. Più misurato il commento della Casa Bianca: «incontro produttivo». Per ora registriamolo come un passaggio importante nella cronaca recente.
L'ultimo incontro tra i due fu orrendo. Nel febbraio scorso, Trump e il suo vice J.D. Vance strapazzarono l'ospite nello Studio Ovale. Un ricordo che ha alimentato le esitazioni e l'ansia degli ucraini. Zelensky, incerto fino all'ultimo venire a Roma, è poi arrivato in ritardo rispetto al previsto. Secondo i piani avrebbe dovuto vedere Trump di prima mattina nella residenza dell'Ambasciatore americano, a Villa Taverna. L'agenda serrata del presidente Usa, atteso dai campi di golf nel suo resort di Bedminster, ha lasciato libero solo un quarto d'ora, poco prima che iniziasse la messa funebre per Papa Francesco. Un «quarto d'ora di celebrità» a livello mondiale.
Difficile immaginare che in così poco tempo Zelensky sia riuscito a convincere Trump ad accettare almeno uno o due punti della sua controproposta di pace. In particolare l'idea di non disarmare l'Ucraina, di non lasciarla in balia di Putin. E, in aggiunta, di appoggiare la forza di interposizione, diventata una missione di addestramento su larga scala, cui stanno lavorando Macron e Starmer. La terza richiesta è di usare le riserve monetarie russe, congelate in gran parte nelle banche d'Europa, per la ricostruzione del dopoguerra.
Uno dopo l'altro i tre leader europei hanno rassicurato Zelensky. Macron, Starmer e Meloni continueranno a sostenere la posizione ucraina e, ciascuno con i suoi strumenti, premerà su Trump.
CorSera
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Noto molte dichiarazioni improntate attorno alla parola "pace" oggi...vedremo se sarà solo lo strascico immediato di una coinvolgente cerimonia funebre o se si arriverà davvero da qualche parte.
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