Cronaca e politica estera [Equilibri mondiali] Thread unico.
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Considerando che sono gia pronti centinaia di miliardi di euro per la ricostruzione non e' male .magari ci copieranno il codice degli appalti
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"l’Ucraina era fra i Paesi più tangentari del mondo".
Questi ce li andiamo a mettere dentro casa, dopo averli foraggiati per mesi, un paese che non fa parte della UE: però il problema è Trump, ricordiamolo.
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Yermak fino a letteralmente ieri, era a capo della delegazione ucraina nei colloqui ginevrini sul piano di "pace": mai scelta fu più azzeccata: un corrotto a rappresentare un governo di corrotti, un regime di sudici porcellini che si ingrassano nel mentre il loro paese è in guerra, i soldati muoiono a migliaia, la nazione si spopola e a riempirsi sono solo i cimiteri - ed i conti in banca degli "amici fedelissimi" di Zelensky.
Con quali soldi si stanno arricchendo quei vampireschi satrapi? Coi nostri, quelli degli imbecilli occidentali.
Produttori cinematografici, produttori di show comici, lenoni e puttanieri: ecco nel suo abbagliante splendore il "cerchio magico" del capocomico, che l'occidente imputridito ha (aveva) eletto a suo "eroe": Zelensky è al vertice di una piramide di merda, a luglio aveva firmato un decreto per depotenziare ed avocare al governo i poteri di indagine della agenzia anticorruzione: si capisce benissimo perchè: la firma su quel decreto (poi frettolosamente abortito per le proteste di piazza) è il sigillo sulla sua colpevolezza. Anche non avesse toccato un cent, è il capo di un governo marcio fino al midollo, da lui nominato, e che lucra sul sangue dei suoi cittadini e sugli aiuti degli idioti "alleati", che si sono imbarcati in una avventura folle destinata a disastrare quel che resta del cadavere-Europa; è il capo di quel governo e si è tenuto stretto tutti i suoi amichetti, li ha difesi ben sapendo cosa stessero compiendo: è colpevole quanto loro - sempre che anche lui non abbia allungato le mani sul fiume di denaro entro il quale il "cerchio magico" dei suini ha sguazzato facendosi chissà quante risate alla faccia dei loro connazionali e nostra.
Un governo marcio letteralmente fino al midollo, una nazione depopolata, una crisi sociale, morale, economica abissale, un fronte di guerra che va collassando: questa tragedia rosso sangue, che si è però scelta come interpreti non dei sublimi attori tragici ma degli orripilanti e criminali istrioni ucraini ed europei, aberranti figuri, maschere deformi, contorcendosi nel grottesco sta giungendo ai titoli di coda, con una mano pietosa che aziona lo sciacquone dell'aureo cesso come ultimo fotogramma.
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Scandalo corruzione in Ucraina, si dimette Yermak, potentissimo braccio destro di Zelensky. Nelle intercettazioni era «Ali Babà»
Yermak, capo dello staff del presidente dell'Ucraina e suo amico fraterno, è stato costretto alle dimissioni dopo le perquisizioni per lo scandalo corruzione. Ecco perché per Zelensky si tratta di un colpo durissimo
La grotta di Ali Babà è in via della Banca. Un’elegante e blindata strada nel quartiere governativo di Kiev, piena di tigli e di droni di sorveglianza e di case bellissime: la più spettacolare è la residenza presidenziale, poco più su, la Casa delle Chimere in stile Gaudì dove vive Volodymyr Zelensky.
Fa ancora buio, venerdì mattina, quando gli agenti in mimetica con le sigle «Nabu» e «Sapo» stampate sulla schiena suonano al citofono di Andriy Yermak, 54 anni, che di Zelensky è sia il vicino, sia l’amico fraterno, sia il capostaff appena rientrato da Ginevra e dai colloqui di pace. «Buongiorno, siamo dell’Agenzia anticorruzione e della Procura speciale. Abbiamo un ordine di perquisizione della sua abitazione e del suo ufficio. È disposto a collaborare…?».
Sì, Yermak è disposto. Nessuno gli spiega esattamente che cosa cerchino e il documento non specifica ancora un’accusa. Ma in fondo lui li aspettava: nelle intercettazioni dell’inchiesta Mida, il più grande scandalo ucraino da quand’è scoppiata la guerra, i presunti ladroni parlano sempre d’un certo «Ali Babà». Che altri non sarebbe se non Andriy Borysovych Yermak, regolarmente e prudentemente ed esclusivamente citato col nome in codice.
È l’alba d’una fine: Yermak detto «il Cardinale», nominato consigliere del presidente nel 2020, era fino a ieri il secondo governante più potente d’Ucraina, un incrocio fra il cardinal Mazzarino e il Mr. Wolf dei film di Tarantino.
È anche il tramonto d’un inizio: in quasi quattro anni di guerra, «Ali Babà» è stato l’ombra di Zelensky e compariva fin dalla prima notte dell’invasione, in divisa e alle spalle dell’amico Volodymyr, nel famoso ed eroico videoselfie girato davanti alla Casa delle Chimere («Siamo tutti qui – proclamò il presidente, braccato dai russi -. I nostri soldati sono qui, i cittadini sono qui e noi siamo tutti qui. Stiamo difendendo la nostra indipendenza, e continueremo così»).
Zelensky ha tentato in tutti i modi di salvare Yermak. L’estate scorsa, pure con una contestata legge ad personam che intendeva limitare i poteri di Nabu e Sapo. Ma una perquisizione così non s’era mai vista, a Kiev. Da due settimane, lo scandalo stava facendo tremare il governo, calare i consensi – il 70% dell’opinione pubblica voleva la cacciata del Cardinale – e si prestava al sarcasmo del Cremlino. Alla fine, il leader ucraino non ha potuto far altro che arrendersi a un’enorme pressione, firmare il licenziamento e presentarsi al Paese in un nuovo video: «Il capo di gabinetto Yermak mi ha presentato le sue dimissioni – ha annunciato venerdì sera -, lo ringrazio per aver sempre rappresentato la posizione dell’Ucraina e adottato sempre una posizione patriottica».
Per la verità, nessuno aveva capito che cosa ci facesse ancora lì, Yermak. E come mai domenica scorsa, a scandalo ormai esploso, fosse stato scelto proprio lui per rappresentare Kiev ai colloqui in Svizzera. Avvezzo a una corruzione endemica – anche prima della guerra, l’Ucraina era fra i Paesi più tangentari del mondo -, qualcuno nel partito di Zelensky tendeva quasi a giustificare: «In quel ruolo – diceva il deputato Mykyta Poturaiev –, anche un santo potrebbe trasformarsi in un diavolo dopo qualche mese. Lo stesso Lucifero non cominciò come angelo?». Ma era chiaro a tutti, dice ora lo stesso Poturaiev, «che Yermak doveva andarsene, ovvio, stava avendo conseguenze negative sulla scena internazionale e aggravando la nostra crisi sociale interna».
Sono stati gli stessi alleati del presidente, a esigere il licenziamento: «Meglio tardi che mai», commentava ieri la presidente della commissione parlamentare anticorruzione, Anastasiia Radina. «Francamente – dice al Corriere della Sera Inna Sovsun, deputata dell’opposizione -, queste dimissioni mi hanno sorpreso. Yermak era diventato troppo debole, come capo dei negoziatori ucraini. E le sue dimissioni erano desiderate, agognate: non sono mai stata una sua fan e credo che durante la guerra, senza di lui, avremmo potuto ottenere di più. Avremmo potuto ottenere di più anche a Ginevra, mandando diplomatici di professione, invece di questo ex produttore cinematografico senza passato politico. Zelensky però ha fatto una mossa inaspettata, aveva detto che l’avrebbe licenziato solo di fronte a prove certe di corruzione. C’è da chiedersi cosa l’abbia spinto ad agire così rapidamente».
Le pressioni dell’Ue e di Washington, di sicuro: «Yermak è un elemento tossico», ha confidato a Kyiv Independent un diplomatico europeo. «La lotta alla corruzione è un punto fondamentale nel progetto d’allargamento dell’Ue all’Ucraina», spiega Guillaume Mercier, portavoce della Commissione europea.
Chiaramente nessuno s’aspetta che la linea sul piano Trump, ripetuta da Yermak ai negoziati ginevrini, possa cambiare: «Non c’è persona sana di mente – aveva avvertito lui stesso in un’intervista a The Atlantic – che oggi firmerebbe un documento per cedere territorio alla Russia. E finché Zelensky sarà presidente, nessuno potrà contare sul fatto che cederemo parti d’Ucraina. La Costituzione lo proibisce. Nessuno può farlo, a meno che non voglia andare contro la Costituzione e il popolo».
È evidente in ogni caso che «il momento non poteva essere peggiore», commenta l’analista politico Bohdan Nahaylo: «Le decisioni più importanti in materia di strategia militare, politica economica e iniziative diplomatiche passavano tutte per l’ufficio di Yermak. Era il suo cardinale grigio, il guardiano con cui tutti dovevano avere a che fare, piacesse o no. Le sue dimissioni ora sono il più pericoloso vuoto di potere da quand’è scoppiata la guerra. Ma possono essere anche un’opportunità. L’Ue ci chiede di soddisfare elevati standard di governance e trasparenza? Dimostrare che indaghiamo e puniamo anche ai livelli più alti? Rispondiamo a queste richieste, allora. Perché siamo di fronte a una prova: dimostrare che le dimissioni di Yermak sono un atto di responsabilità, non un segnale di caos».
E dunque, sotto a chi tocca. «Questa situazione indebolisce la posizione dell’Ucraina nei negoziati e la Russia senza dubbio sfrutterà questo scandalo», osserva un altro analista ucraino, Volodymyr Fesenko.
Nel giro di poche ore è possibile l’arrivo a Kiev del viceministro dell’Esercito Usa, Dan Driscoll.
E la prossima settimana, una delegazione americana sarà a Mosca, mentre Vladimir Putin annuncerà d’essere pronto a discutere una nuova bozza a Budapest, personalmente con Donald Trump.
Bisogna fare presto, a sostituire Yermak: la nuova squadra di Kiev ai negoziati potrebbe essere nominata già quest'oggi. Un triumvirato, si dice: Andrii Hnatov, capo delle forze armate, assieme al ministro degli Esteri, Andrii Sybiha, e al capo del Consiglio di sicurezza, Rustem Umerov (pure lui indagato nello scandalo energetico).
I militari puntano anche su Pavlo Palysa, un ex comandante di brigata che faceva da vice a Yermak, ma non c’è conferma d’un suo ruolo. Sarà evidentemente una soluzione temporanea, perché la poltrona richiede soggetti di profilo più alto: il primo ministro Yuliia Svyrydenko, il ministro per la Trasformazione digitale, Mykhailo Fedorov, il capo dell’intelligence militare, Kyrylo Budanov, il ministro della Difesa, Denys Shmyhal… La guerra per la successione è già cominciata e passa anche per il gradimento americano, oltre che europeo. «Quando tutta l’attenzione è concentrata sulla diplomazia e sulla difesa in una guerra – esorta all’unità Zelensky -, è necessaria la forza interiore. La Russia vuole che l’Ucraina commetta errori: non ci saranno errori da parte nostra».
Ali Babà e i suoi ladroni la pagheranno, se tali saranno giudicati: «Ma il nostro lavoro continua, la nostra lotta continua. Non abbiamo il diritto di ritirarci e di litigare tra di noi. Se perdiamo l’unità, rischiamo di perdere tutto: noi stessi, l’Ucraina, il nostro futuro. Dobbiamo unirci, dobbiamo resistere. Non abbiamo altra scelta. Non avremo un’altra Ucraina».
CorSera
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Notizia da non sottovalutare in ambito internazionale e anche Ucraino
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Putin: «Cessate fuoco se ucraini si ritirano dal Donbass»
La Russia cesserà le ostilità quando le truppe ucraine si saranno ritirate nel Donbass, altrimenti Mosca raggiungerà i suoi obiettivi con mezzi militari. Lo ha detto il presidente Vladimir Putin, citato da Interfax.
CorSera
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Originariamente Scritto da M K K Visualizza MessaggioDi sicuro Giorgio Arfaras scrive sotto pseudonimo anche qui su Bodyweb.Originariamente Scritto da Sean Visualizza MessaggioDal post sopra, 2022:
Poi ci si chiede perchè in occidente l'opinione pubblica ormai schifi i media tradizionali e i presunti "esperti", tipo quel Giorgio Arfaras, che sarà pure direttore della Lettera Economica del Centro Einaudi, ma che io non prenderei nemmeno come amministratore di condominio...perchè ti farebbe rischiare Il Collasso Inevitabile.
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Dal post sopra, 2022:
Poi ci si chiede perchè in occidente l'opinione pubblica ormai schifi i media tradizionali e i presunti "esperti", tipo quel Giorgio Arfaras, che sarà pure direttore della Lettera Economica del Centro Einaudi, ma che io non prenderei nemmeno come amministratore di condominio...perchè ti farebbe rischiare Il Collasso Inevitabile.L’economista e direttore della Lettera Economica del Centro Einaudi Giorgio Arfaras su La Stampa oggi va oltre. E spiega che presto l’economia russa dovrà fronteggiare altri problemi difficili, se non impossibili da risolvere. Il blocco dell’import andrà a toccare settori che provocheranno il fermo di servizi essenziali. Mentre il taglio degli investimenti esteri provocherà effetti a catena anche su quelli domestici. Il collasso di Mosca è inevitabile. A meno che Putin non fermi la guerra un attimo prima del default.
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Sono molto parsimoniosi i russi , va dettoOriginariamente Scritto da zuse Visualizza MessaggioIn Russia, fanno politica con la P maiuscola
Nel torto o a ragione, basti vedere l'intervista di Putin con Carlson. Lì c'è tutto.
quindi finché non verrà messo nero su bianco ogni punto essenziale. Scritto e sottoscritto. Col cazz che si fermano. La guerra la stanno vincendo.
E poi dovrebbe essere un vantaggio anche per gli europei no? Più si temporeggia e prima passeranno i famosi 6 mesi che decreteranno il fallimento russo....
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Il "punto essenziale", che gli europei fanno finta di non capire e recepire, è stato esposto a chiare lettere fin da subito da parte dei russi, ed è da tempo sul tavolo, anzi proprio in mezzo alla stanza come il proverbiale elefante: risolvere le ragioni profonde del conflitto.
Quali sono queste "ragioni profonde"? Dovrebbe essere chiaro anche ai sassi ormai: la sicurezza della Russia, la sua salvaguardia "esistenziale" - un tema che Putin espose agli occidentali fin dalla fine degli anni '90 e poi, con sempre maggiore vigore, nelle varie conferenze internazionali (come quella famosa di Monaco '07).
Finchè non verrà sciolto quel nodo, cioè a dire finchè l'Ucraina non accetterà di non rappresentare più una minaccia alla esistenza della Russia come potenza, ovverosia finchè l'Ucraina non rinuncerà formalmente alla Nato, e ad ogni penetrazione di interessi militari e geostrategici occidentali nel suo suolo e nei suoi apparati, non ci potrà essere fine della guerra.
Trascrivo un passaggio dalla recente e articolata analisi di Caracciolo per Limes, per intero qua: https://www.youtube.com/watch?v=um9k...ist=WL&index=7
"(Questa guerra) E' il pezzo più sanguinoso della guerra mondiale a pezzi, formula ahinoi profetica di Papa Francesco, è parte della rivoluzione geopolitica mondiale accelerata dalla fine della egemonia americana. Cambio di paradigma che sta scatenando una competizione globale per il riassetto del potere.
Altro che operazione militare speciale, con cui Putin voleva riportare Kiev nella sua orbita imperiale e impedirle di agganciarsi alla Nato (...) No, un'altra guerra, lontana parente di quella scattata il 24 febbraio 2022: per Kiev soprattutto, ma anche per Mosca, questa è diventata guerra esistenzale. Chi perde rischia di scomparire dalla faccia della terra (l'Ucraina), o di essere ridotto a dimensioni tali da non potersi più riconosce allo specchio (la Russia).
Per intendere tanto cambio di scala, ricordiamo le ragioni iniziali del conflitto e compariamole con le attuali: la ragione strategica dello scontro stava nel rifiuto russo di accettare l'ingresso dell'Ucraina nella Nato, oppure il suo surrogato, già avviato negli anni 2000: la penetrazione informale di Stati Uniti, Regno Unito, e altri paesi nordatlantici, nella ex repubblica sovietica, con relativa installazione di basi dotate di missili balistici a pochi minuti di volo dalle guglie del Cremlino, insieme alla scelta di Zelensky di fare della Ucraina atlantica il marchio della sua presidenza, anche sulla spinta dei settori più nazionalisti e russofobi del paese.
In termini tecnici l'invasione dell'Ucraina era per Putin guerra preventiva, destinata a scongiurare quella che a tutti gli effetti pareva a lui minaccia esistenziale."
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In Russia, fanno politica con la P maiuscola
Nel torto o a ragione, basti vedere l'intervista di Putin con Carlson. Lì c'è tutto.
quindi finché non verrà messo nero su bianco ogni punto essenziale. Scritto e sottoscritto. Col cazz che si fermano. La guerra la stanno vincendo.
E poi dovrebbe essere un vantaggio anche per gli europei no? Più si temporeggia e prima passeranno i famosi 6 mesi che decreteranno il fallimento russo....
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Originariamente Scritto da Sean Visualizza MessaggioInfatti si sta correndo troppo, mediaticamente intendo.
La parte da prendere è questa:
cioè a dire che avrebbero accettato i punti meno importanti...lasciando fuori quelli nodali (territori, confini) da discutere poi con Trump di persona...per cui il lavoro grosso è tutto da fare.Proprio questo intendevo, se Labrov ha da subito messo le mani avanti, vuol dire che l'accordo scritto dai perdenti a Ginevra, è carta straccia per la Russia, si deve partire dall'incontro in Alaska, lì vennero gettate le basi.Originariamente Scritto da Sean Visualizza MessaggioDi un piano di "pace" strutturato su 28 o (dopo Ginevra) 24 punti, ne sarebbero stati accettati 19...i meno importanti, quelli "collaterali" e che non vanno ad affrontare i nodi cruciali dai quali dipende la riuscita o meno di tutto l'insieme: i territori e le garanzie di difesa...quindi in pratica si sta al punto zero.
In qualunque affare, di solito si parte parlando del prezzo...solo poi, sistemata la questione portante e più complessa, si va alle clausole accessorie, le cosiddette questioni secondarie...per cui, finchè non si supererà lo scoglio dei territori da cedere o riconoscere alla Russia, in buona sostanza si sta parlando del niente, si è al fumo e non all'arrosto: quest'ultimo sarà la portata principale del faccia a faccia tra Trump e Zelensky e lì vedremo come ne uscirà il tacchino.
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Di un piano di "pace" strutturato su 28 o (dopo Ginevra) 24 punti, ne sarebbero stati accettati 19...i meno importanti, quelli "collaterali" e che non vanno ad affrontare i nodi cruciali dai quali dipende la riuscita o meno di tutto l'insieme: i territori e le garanzie di difesa...quindi in pratica si sta al punto zero.
In qualunque affare, di solito si parte parlando del prezzo...solo poi, sistemata la questione portante e più complessa, si va alle clausole accessorie, le cosiddette questioni secondarie...per cui, finchè non si supererà lo scoglio dei territori da cedere o riconoscere alla Russia, in buona sostanza si sta parlando del niente, si è al fumo e non all'arrosto: quest'ultimo sarà la portata principale del faccia a faccia tra Trump e Zelensky e lì vedremo come ne uscirà il tacchino.
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I DIKTAT DEGLI SCONFITTI
di Marco Travaglio
C’è un grosso equivoco nel dibattito pro o contro il piano Trump per chiudere dopo 12 anni (non quasi quattro, come si racconta) la guerra in Ucraina. L’equivoco dei vedovi inconsolabili e piagnucolanti perché la pace è ingiusta, anzi finta, anzi una resa per Kiev, perché Trump è putiniano e Putin non perde nulla e non viene punito, perché i confini sono sacri (salvo per Israele, Siria, Kosovo, ecc.), è sempre lo stesso da due anni. Cioè da quando Kiev fallì la controffensiva del 2023, conquistando meno territori di quelli che perse, al prezzo di 100 mila fra morti e mutilati. Il generale Usa Milley l’aveva già capito tre anni fa, dopo l’unica offensiva ucraina riuscita nell’autunno 2022: “Non riprenderete Donbass e Crimea, profittate dello stallo per negoziare un compromesso”. Fu ignorato da Rimbambiden, Nato e Ue al seguito. Risultato: la mattanza del 2023 e la lenta ma costante avanzata russa/ritirata ucraina su tutto il fronte, fino al doppio crollo strategico di Kupyansk e Pokrovsk che spiana la strada per il Nord-Est (Kharkiv) e il Centro-Sud (Dnipro, Zhaporizhzhia e Kherson).
È il Paradosso di Kiev, ancor più estremo di quello di Tucidide. Orsini, le altre penne del Fatto e pochi altri analisti lo teorizzano dal primo giorno: più l’Ucraina viene “aiutata” dagli “amici”, più territori e uomini perde. Uno normale cambierebbe “aiuti” e “amici”. O magari capirebbe che il miglior amico è quello che lo aiuta a salvare l’80% di territori rimasti, non a perderne altri per inseguire quelli che non riavrà.
Trump, anti-ideologico e spregiudicato, è l’unico leader ad aver accettato il principio di realtà, al posto delle fiabe che gli altri continuano a raccontarsi. La realtà è questa: la Russia ha vinto la guerra e l’Occidente l’ha persa. E l’equivoco è questo: la Russia non ha vinto perché Trump tresca con Putin (vinceva già sotto Biden), o perché non inviamo abbastanza armi (vinceva anche quando ne inviavamo di più), o perché c’è la guerra ibrida (c’era anche prima, e da entrambi i fronti). Ma perché la Russia è più forte dell’Ucraina, condannata a morte dalla Nato in una guerra per procura a suon di armi e miliardi, ma senza soldati.
Di qui deve partire il negoziato per avere qualche chance: dal verdetto del campo, che nessuna arma segreta o tatuaggio può ribaltare. E gli sconfitti non possono dettare le condizioni ai vincitori (semmai il contrario): solo fornire ai russi una buona ragione per fermarsi anziché avanzare ancora, con una proposta che non possano rifiutare. Non sarà etico, non sarà estetico, ma è l’unica strada, anche perché l’alternativa è molto peggiore. La scelta, per Zelensky e i suoi reggicoda europei, non è “fra la dignità e l’alleato americano”. Ma fra una sconfitta oggi e una disfatta domani.
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-...fitti/8208005/
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