Farei un referendum sulle tematiche dei nuovi referendum.
Tribuna Politica-BW Edition PARTE II
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che non si sarebbe raggiunto il quorum era scontato
ripensandoci i primi 4 quesiti erano quelli più importanti, contro il jobs act
il 5 era uno specchietto per le allodole
in sostanza chi ha votato SI, ovvero la maggior parte della sinistra, ha votato contro una legge creata dalla sinistra stessa
chi ha votato NO, la quasi totalità degli elettori di destra che ha partecipato, ha votato a favore di una legge creata dalla sinistra
oddio dire che Renzi sia ti sinistra è veramente un parolone grosso grosso, ma era lui il presidente del consiglio eletto con i voti della sinistra
insomma abbiamo tante idee e tutte ben confuse e come al solito a sentirli nessuno ha perso, hanno vinto tutti
io non sono d'accordo ma si può capire anche chi si è astenuto, l'incertezza è assoluta e la serietà utopia
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Originariamente Scritto da Sean Visualizza MessaggioAllora va alzata la soglia delle firme per presentare un referendum...altrimenti avremo una invasione di referendum, dai quesiti più idioti fino a quelli importanti, ma non si può legiferare a colpi di referendum, che è e resta uno strumento serio, per questo da maneggiarsi con cura e parsimonia...attualmente per proporre un referendum basta raccogliere 500mila firme: occorre portarle al milione, come vanno proponendo alcuni, almeno ci si sbatterà per cose serie si spera.
Questo referendum sul lavoro era serio, ma la sinistra lo ha (come tutto ciò che tocca) ideologizzato promuovendolo come un pro o contro il governo, come se il lavoro avesse un colore politico; quello sulla cittadinanza era una barzelletta che solo capocce come quelle sinistre possono far passare come una cosa seria, nel mentre in tutta Europa anche i partiti di sinistra stanno rivedendo le loro politiche sulla immigrazione...e questo fa capire che livello di imbecillità alberghi nel campo sinistro.
Sullo sfondo (anzi in primo piano) c'è comunque il grande tema: gli italiani a votare non ci vanno quasi più, politiche o referendum che sia. Non riconoscono più alcuna capacità e legittimità a tutta la classe politica e agli strumenti politici, invecchiati malissimo. E' di questo che quei figuranti al parlamento dovrebbero parlare ed interessarsi, perchè governano o stanno alla opposizione con sempre meno voti e dunque sempre meno legittimità.
aimè
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È il tizio dei tartufi?Ogni mio intervento e' da considerarsi di stampo satirico e ironico ,cosi come ogni riferimento alla mia e altrui persone e' da intendersi come mai realmente accaduto e di pura fantasia. In nessun caso , il contenuto dei miei interventi su questo forum e' atto all' offesa , denigrazione o all odio verso persone o idee.Originariamente Scritto da Bob TerwilligerDi solito i buoni propositi di contenersi si sfasciano contro la dura realtà dell'alcolismo.
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Risultati referendum 2025: sì sotto l’obiettivo 12,3 milioni, per la prima volta votano di più le donne, le differenze fra Ztl e periferie
Il centrosinistra non supera il traguardo che si era dato e sulla cittadinanza il dato si ferma a 9 milioni di votanti. Più elettori nelle Ztl e nelle aree «forti» del Pd, meno in quelle dei 5 Stelle
A dispetto di tutto quel fiorire di formule e distinguo che ha animato il dibattito pre voto — «Io due sì e tre no», «Prendo solo due schede, grazie...» — alla fine l’affluenza è stata praticamente uguale per tutti i quesiti. Oltre che ben lontana dal quorum: al 30,6% (dato Italia, è più basso con il voto degli italiani all’estero, al 29,9). E, con la significativa eccezione della scheda sulla cittadinanza, anche i risultati sono omogenei, con il sì oltre l’87%.
Al voto sono andati 14,1 milioni di elettori. Non bastano per centrare l’obiettivo del quorum. Ma era un’altra l’asticella piazzata dai leader del centrosinistra, ribadita all’unisono nelle dichiarazioni di ieri: superare i 12,3 milioni di voti che nel 2022, alle elezioni politiche, mandarono Giorgia Meloni a palazzo Chigi (il dato riguarda il territorio nazionale e con questo, quindi, qui si effettua il confronto: salirebbe a 12,6 con l’estero). Asticella comoda, sicuramente, d'altronde sono stati gli stessi partiti promotori a fissarla. Ma alla fine, almeno quella, è stata superata?
La soglia sfiorata
«Il dato finale rischia di non dare soddisfazione neanche a questa soglia», nota Lorenzo Pregliasco, direttore di YouTrend. Si prendano i quesiti sul lavoro, dove Pd, M5S e Avs erano compatti per il sì. Qui si sono fermati a 12,250 milioni, considerando il quesito che ha raccolto di più, sui licenziamenti (dato Italia), considerando anche il voto degli italiani all'estero siamo appena sopra i 13 milioni. Cioè hanno sfiorato quei famosi 12,3, non c’è stato il sorpasso netto. Solo, appunto, considerando i seggi esteri supera, di poco, i12,6 milioni di Meloni nel 2022. «E sulla cittadinanza siamo lontanissimi». Il numero di quanti hanno risposto affermativamente alla proposta di dimezzare i tempi per la richiesta — supportata da Pd, Avs, Azione, Iv e +Europa — si ferma intorno a 9 milioni.
Evidentemente qualcosa non ha funzionato: «Da un lato c’è stata una politicizzazione dei quesiti, al di là del merito, e questo ha allontanato una parte che non è militante. Spingere sul pedale identitario, dall’altro lato, non è bastato a mobilitare in forze l’elettorato dell’opposizione», commenta Pregliasco.
Pd vs 5 Stelle
Toscana ed Emilia-Romagna, roccaforti dem, sono le due regioni dove l’affluenza è maggiore (rispettivamente 39,1 e 38,1). Al Sud, in bacini storici dei 5 Stelle, si registrano percentuali sotto la media nazionale (23,1 in Sicilia, 27,7 in Sardegna, un po’ meglio in Campania, 29,9) . È uno dei primi dati discussi nel dibattito post-voto: un segnale che deve preoccupare il Movimento 5 Stelle? «Era attesa una partecipazione più bassa al Sud, è una tendenza già registrata e in più l’articolo 18 e la cittadinanza parlano meno a quell’elettorato», premette Pregliasco. Ma dall’analisi di YouTrend emerge un dato: «Nelle roccaforti del Pd e di Avs — cioè nei Comuni dove questi partiti nel 2022 e alle scorse Europee hanno incassato risultati migliori della loro media nazionale — l’affluenza è stata sopra il 36%. Nelle roccaforti dei 5 Stelle inferiori al 28%».
Ztl e periferie
C’è un altro dato, della distribuzione del voto nelle città. «Nei centri storici delle grandi città i sì alla cittadinanza sono stati più alti: l’80% nella circoscrizione Milano 1 (contro il 74% della media cittadina e sopra il risultato nazionale) e a Torino 1 supera l’81%, un risultato 5 punti più alto dei licenziamenti. Qui hanno aderito più alla cittadinanza che al lavoro: da San Salvario a Mirafiori, nelle zone popolari, invece, i più votati sono stati i quesiti sui contratti. «Situazione, quella delle Ztl, che, come spesso succede, non è rappresentativa degli andamenti del Paese».
Le grandi città
A trainare l’affluenza sono soprattutto le grandi città. Per Salvatore Vassallo, professore di Scienza politica e direttore dell’Istituto Cattaneo, uno dei dati più evidenti «è la differenza tra grandi e piccoli centri»: «Nelle città sopra i 350 mila abitanti sono stati registrati, in media, 7 punti percentuali di affluenza in più della media di tutti i Comuni. La differenza sale a 10 punti se il confronto si fa con i centri sotto i 15 mila abitanti. Questo divario non si era mai registrato», commenta il politologo. E non solo «perché nei grandi centri hanno votato soprattutto gli elettori del campo largo, e tra questi soprattutto gli elettori del Pd», si pensi a Firenze al 46,9 e Bologna al 47,7 (ma poi ci sono anche Torino, 41,4%, Genova, 40,4, Milano, 36,8, e Roma, 36,2). «Forse — prosegue — c’è qualcos’altro, sono stati mobilitati i cittadini più vicini alle “reti strutturate” del sindacato, dei partiti».
Sull’affluenza, però, Vassallo non parla di crollo: «Se la confrontiamo con i referendum post 1999 — anno chiave che ha certificato che basta una quota di astensionismo strategico per bloccare una consultazione — siamo sostanzialmente in linea».
Centrodestra ai seggi
Attenzione però a leggere questi dati con un piglio eccessivamente «parlamentare», dove i sì sono l’opposizione e gli astenuti la maggioranza. «In realtà è tutto più sfumato di così», spiega Antonio Noto, che dirige Noto Sondaggi. Le rilevazioni sul voto hanno mostrato «che un quinto dell’elettorato del centrodestra è andato a votare, mentre un terzo dell’elettorato di centrosinistra non è andato alle urne. Anche una parte di elettorato del Pd non è andata».
La differenza Nord contro Sud è marcata. «Sì, il Nord ha votato di più, ma al di là del Veneto, troviamo tra le regioni dove l’affluenza è maggiore Piemonte e Liguria, governate dal centrodestra». Secondo Noto, ad aver influito sul risultato finale può aver giocato un «effetto down» per gli astensionisti dell’ultima ora: «Il dato del lunedì, di quanti hanno votato dalle 7 alle 15, è minore nel confronto con il dato dei precedenti lunedì. Probabilmente il risultato della domenica sera ha scoraggiato molti ad andare al seggio».
C’è da registrare che per la prima volta, l’affluenza è stata maggiore tra le donne che tra gli uomini (con l’unica eccezione di Taranto, nota YouTrend). Solo un anno fa in 91 province a partecipare erano stati di più gli uomini.
CorSera...ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
C. Campo - Moriremo Lontani
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Una sconfitta culturale (ma l'astensione riguarda tutti)
La sinistra si conferma minoritaria e su posizioni di retroguardia, in controtendenza rispetto alle ultime affermazioni. E l'astensione è un pericolo per tutti
di Massimo Franco
Il flop viene declinato in molti modi. Boomerang, sconfitta, disfatta. Avere toccato appena il 30 per cento dei votanti, venti punti lontani dal quorum, ha reso i cinque referendum proposti dalle opposizioni e dalla Cgil come un fallimento strategico. Ma sostenere che a uscirne frantumato è il cosiddetto «campo largo», ossia l’asse tra Pd e M5s, più addentellati della sinistra ecologista, potrebbe risultare riduttivo. E non perché non sia vero che senza le componenti moderate le sinistre e i Cinque Stelle non sfondano.
Il tema è che anche quell’aggiunta non basterebbe; e che perdere grazie all’astensione massiccia conferma un sistema malato. Il problema è di linguaggio, di temi, e solo di riflesso di alleanze. Il deficit riguarda la cultura politica: un difetto che accomuna sia il Pd di Elly Schlein, sia il M5S di Giuseppe Conte, sia i moderati dem e i centristi di Azione e Iv. E ancora di più una Cgil il cui segretario, Maurizio Landini, alla vigilia additava il quorum come un risultato a portata di mano. «Non lo abbiamo raggiunto», ha dovuto ammettere ieri. Ma «oltre 14 milioni di persone hanno votato: un numero importante, di partenza».
Si tratta di una lettura consolatoria, che rimuove alla radice qualunque riflessione autocritica. E tende dunque a non abbandonare lo schema che ha portato alla sconfitta. E costituisce un pessimo viatico per le elezioni politiche. L’analisi del leader della Cgil, vero regista della consultazione, finisce per coprire parzialmente le responsabilità politiche di Schlein e Conte. Ma in qualche misura tende a congelare qualunque discussione sulle prospettive delle opposizioni. Se il risultato ottenuto è «un punto di partenza», non va cambiato.
E dunque si tratterebbe soltanto di affinare lo schema del cosiddetto «campo largo», o «progressista»; insomma, della sommatoria tra le forze d’opposizione, senza cambiarne i contorni. Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, di FdI, criticato per il suo invito all’astensione, sostiene che Landini sarebbe stato «più lucido» dei leader di partito. Ma «ha sbagliato» cavalcando una consultazione su leggi vecchie di anni. Con lui, la maggioranza esulta, sostenendo che «il governo di Giorgia Meloni si è rafforzato».
Certo, la sinistra si conferma minoritaria e su posizioni di retroguardia, in controtendenza rispetto all’affermazione nelle città di poche settimane fa: sebbene i tredici milioni e mezzo di votanti permettano di dire che sono più dei dodici raccolti dal centrodestra alle Politiche del 2022. Ma non si può ignorare che l’astensione è un pericolo per tutti: anche per chi, come Meloni, l’ha teorizzata e praticata. Indica una democrazia malata che alla fine infetta l’intero sistema.
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Meloni scherza, rafforzata dal voto al referendum: vogliono inchiodarmi qui per 10 anni
L’attesa per altri passaggi più importanti. Schlein prevale su Conte e si «libera» di Landini
Accade spesso che Meloni si lamenti e definisca Palazzo Chigi «la mia prigione». È successo anche ieri, dopo il test referendario. Che aveva un esito pressoché scontato, ma che per le sue dimensioni «rischia di inchiodarmi qui per dieci anni». La premier però non intende attardarsi sugli errori dei suoi avversari, perché — per usare le parole del centrista Lupi — «la sfida per essere confermati alla guida del Paese non passa da un referendum ma dall’azione di governo».
Perciò nel centrodestra non si avverte un clima particolare di festeggiamenti, nonostante il voto abbia rafforzato l’esecutivo e la maggioranza. Piuttosto, a partire dalla premier, c’è la consapevolezza che i passaggi più difficili saranno sempre i prossimi: dall’approvazione delle riforme alla gestione dei dossier internazionali, dai problemi economici e salariali ai nuovi passaggi elettorali. Sapendo che l’usura quotidiana è un nemico tanto silenzioso quanto pericoloso. E che in politica un incidente può cambiare la tendenza nel Paese.
Insomma, è da vedere se Meloni rischierà di restare «inchiodata» a Palazzo Chigi «per dieci anni». Di certo il fixing di ieri ha confermato che per ora non esiste un’alternativa al suo governo. Basta osservare la bassa partecipazione al voto per avere un segnale sulla salute dell’opposizione: meno di un terzo degli aventi diritto sono andati a votare. E così, da quello che doveva essere un «avviso di sfratto» all’esecutivo, emerge un centrodestra dove sembra che tutti i leader parlino per una volta la stessa lingua.
Sembra. Perché si scorgono delle differenze. Sul tema dell’immigrazione, per esempio, Tajani e Salvini hanno continuato a duellare, complice il risultato del quesito sulla cittadinanza che ha fatto registrare il 35% di «no» da parte dei votanti. «La riforma più giusta per garantire l’integrazione è lo ius scholae proposto da Forza Italia», ha commentato il leader azzurro. «La cittadinanza accelerata è un’idea sbagliata e bocciata», ha detto il capo della Lega, rifilandogli indirettamente una gomitata.
Niente a confronto di ciò che accade nel Campo largo, che ieri ha cercato di nascondere le sue difficoltà dietro un artificio contabile per di più contestato a rigor di aritmetica da esponenti della stessa coalizione. Il problema è come valutare il risultato. Da un punto di vista politico, la segretaria del Pd può ritenersi soddisfatta perché certe sconfitte non vengono per nuocere. Politicamente infatti Schlein ha vinto il derby nel centrosinistra. Intanto ha cancellato le ambizioni di Landini come futuro leader del «campo largo»: persino dentro il suo sindacato ieri c’era chi definiva il capo della Cgil «un brontosauro». E insieme a Landini sono state fortemente ridimensionate le aspettative di Conte: dati alla mano — raccontano i democratici — «non è riuscito a portare al voto i suoi elettori al Sud». Come dire: l’ex premier può fare solo lo junior partner nell’alleanza.
Sconfitti i competitor esterni, Schlein ha regolato i conti anche nel Pd normalizzando i riformisti. Al punto che autorevoli esponenti di quell’area accusano Bonaccini di aver «consegnato la nostra componente alla segretaria, rinunciando alla contesa politica interna». Con una linea movimentista e radicale, Schlein ha di fatto mutato il codice genetico del Pd, la cui base militante è cambiata. Le scadenze politiche peraltro la aiutano nel suo disegno: le prossime Regionali — con Toscana, Puglia e Campania — dovrebbero spianarle la strada in vista del congresso. E a quel punto chi, tra i tanti che attendono di proporsi come alternativa, avrebbe il coraggio e soprattutto i numeri per scalzarla?
A oggi sembra impossibile un’opa ostile per la guida del Pd come del Campo largo. Per dirla con Renzi, «Elly ha ricostruito una sinistra identitaria, che da sola non basta però per vincere le prossime elezioni. Per riuscirci ha bisogno di un valore aggiunto». Cioè Italia viva. L’ex premier è convinto che con l’attuale sistema di voto e il supporto dell’area centrista, «Meloni perderà i collegi al Sud e tornerà a casa».
Queste sono le dinamiche di Palazzo. Poi c’è il Paese reale. E lì, a leggere i risultati delle urne, per ora è tutta un’altra storia e Meloni «rischia» di restare a Palazzo Chigi. Anche perché è grazie a quel pezzo di centrodestra che è andato a votare se il centrosinistra non è colato a picco ben sotto il 30%.
CorSera...ma di noi
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Tutto quello che la sinistra italiana tocca diventa liquame: è questo il motivo principale per cui la Meloni può dormire sonni tranquilli: le basterebbe non fare niente (come in effetti, tranne qualche momento, sta facendo, tenersi cioè democristianamente a mezza via lungo una linea rarefatta, insapore ed incolore) per appunto restare al governo "per dieci anni".
La sinistra della Schlein non ha un programma, non ha una proposta, non ha una aderenza al presente e una visione propositiva e costruttiva del futuro rispetto alle immani e ormai tragiche emergenze che si stanno accumulando sia sul lato interno della politica che sul piano estero, continentale e mondiale.
Sono riusciti a politicizzare pure il tema del lavoro, come se questo fosse di destra o di sinistra. La catastrofe sul quesito della cittadinanza è totale e tombale, eppure, a fronte di forze di sinistra europee che stanno cambiando musica sul tema (si pensi solo a Starmer in Inghilterra: https://www.tgcom24.mediaset.it/mond...-202502k.shtml) la sinistra italiana ha avuto il coraggio di sposare la follia ideologica di una proposta tesa a ridurre l'accesso alla cittadinanza da 10 a 5 anni, e niente più di questo fa capire come tutti loro siano dei cervelli ormai spenti, con l'intelligenza (politica e anche personale) che si pone ben al di sotto della media del regno animale.
Dal canto loro gli italiani non sanno più a che santo votarsi, ed è per questo che dal votare se ne tengono lontani: non decidendo, lasciano che siano i meno peggio a portare avanti la baracca, in quanto (a ragione) considerano l'alternativa molto peggiore di quei meno peggio.
Nel suo insieme, la classe politica italiana è la più agghiacciante degli 80 anni di repubblichetta: mezze figure, incapaci totali, idioti, parassiti, comici senza più battute: c'è dentro tutto il bestiario al suo meglio: fanno ribrezzo anche agli stomaci forti.
Siccome è legge della storia che la soluzione non risiede mai all'interno del sistema malato (incapace di sanarsi da sè), è soltanto da fattori esterni (la crisi epocale che sta frantumando l'occidente) che può arrivare una pallida possibilità di salvezza e di rigenerazione, se è vero come è vero che, giunta ad esaurirsi la parabola della decandenza, subentra quella del collasso strutturale....ma di noi
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eppure, almeno sui social, sembra che gran parte del popolo gli vada dietro. Tutti gli influencer più seguiti continuano a martellare sull'inclusione, meloni che non è andata a cutro, sul fatto che per fortuna i giovani sono diversi e sanno che la società è multietnica e solo i boomer di merda non lo capiscono e continuano a votare questi criminali. E gaza e propal.
Leggi i post di lorenzo tosa e ci sono migliaia di commenti ogni giorno da persone che non parlano di lavoro o sicurezza ma che pretendono più immigrati, "sono più italiani di voi, l'italia non è vostra avete avuto solo il culo di nascere qui". Gente che vive di ideali e appaiono davvero la maggioranza perchè fanno tanto rumore,si fanno sentire molto più degli altri, e non solo sui social, anche nei paesi e nelle città, con le continue manifestazioni, i girotondi, i fantocci della meloni bruciati.
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Originariamente Scritto da Sean Visualizza MessaggioRisultati referendum 2025: sì sotto l’obiettivo 12,3 milioni, per la prima volta votano di più le donne, le differenze fra Ztl e periferie
Il centrosinistra non supera il traguardo che si era dato e sulla cittadinanza il dato si ferma a 9 milioni di votanti. Più elettori nelle Ztl e nelle aree «forti» del Pd, meno in quelle dei 5 Stelle
A dispetto di tutto quel fiorire di formule e distinguo che ha animato il dibattito pre voto — «Io due sì e tre no», «Prendo solo due schede, grazie...» — alla fine l’affluenza è stata praticamente uguale per tutti i quesiti. Oltre che ben lontana dal quorum: al 30,6% (dato Italia, è più basso con il voto degli italiani all’estero, al 29,9). E, con la significativa eccezione della scheda sulla cittadinanza, anche i risultati sono omogenei, con il sì oltre l’87%.
Al voto sono andati 14,1 milioni di elettori. Non bastano per centrare l’obiettivo del quorum. Ma era un’altra l’asticella piazzata dai leader del centrosinistra, ribadita all’unisono nelle dichiarazioni di ieri: superare i 12,3 milioni di voti che nel 2022, alle elezioni politiche, mandarono Giorgia Meloni a palazzo Chigi (il dato riguarda il territorio nazionale e con questo, quindi, qui si effettua il confronto: salirebbe a 12,6 con l’estero). Asticella comoda, sicuramente, d'altronde sono stati gli stessi partiti promotori a fissarla. Ma alla fine, almeno quella, è stata superata?
La soglia sfiorata
«Il dato finale rischia di non dare soddisfazione neanche a questa soglia», nota Lorenzo Pregliasco, direttore di YouTrend. Si prendano i quesiti sul lavoro, dove Pd, M5S e Avs erano compatti per il sì. Qui si sono fermati a 12,250 milioni, considerando il quesito che ha raccolto di più, sui licenziamenti (dato Italia), considerando anche il voto degli italiani all'estero siamo appena sopra i 13 milioni. Cioè hanno sfiorato quei famosi 12,3, non c’è stato il sorpasso netto. Solo, appunto, considerando i seggi esteri supera, di poco, i12,6 milioni di Meloni nel 2022. «E sulla cittadinanza siamo lontanissimi». Il numero di quanti hanno risposto affermativamente alla proposta di dimezzare i tempi per la richiesta — supportata da Pd, Avs, Azione, Iv e +Europa — si ferma intorno a 9 milioni.
Evidentemente qualcosa non ha funzionato: «Da un lato c’è stata una politicizzazione dei quesiti, al di là del merito, e questo ha allontanato una parte che non è militante. Spingere sul pedale identitario, dall’altro lato, non è bastato a mobilitare in forze l’elettorato dell’opposizione», commenta Pregliasco.
Pd vs 5 Stelle
Toscana ed Emilia-Romagna, roccaforti dem, sono le due regioni dove l’affluenza è maggiore (rispettivamente 39,1 e 38,1). Al Sud, in bacini storici dei 5 Stelle, si registrano percentuali sotto la media nazionale (23,1 in Sicilia, 27,7 in Sardegna, un po’ meglio in Campania, 29,9) . È uno dei primi dati discussi nel dibattito post-voto: un segnale che deve preoccupare il Movimento 5 Stelle? «Era attesa una partecipazione più bassa al Sud, è una tendenza già registrata e in più l’articolo 18 e la cittadinanza parlano meno a quell’elettorato», premette Pregliasco. Ma dall’analisi di YouTrend emerge un dato: «Nelle roccaforti del Pd e di Avs — cioè nei Comuni dove questi partiti nel 2022 e alle scorse Europee hanno incassato risultati migliori della loro media nazionale — l’affluenza è stata sopra il 36%. Nelle roccaforti dei 5 Stelle inferiori al 28%».
Ztl e periferie
C’è un altro dato, della distribuzione del voto nelle città. «Nei centri storici delle grandi città i sì alla cittadinanza sono stati più alti: l’80% nella circoscrizione Milano 1 (contro il 74% della media cittadina e sopra il risultato nazionale) e a Torino 1 supera l’81%, un risultato 5 punti più alto dei licenziamenti. Qui hanno aderito più alla cittadinanza che al lavoro: da San Salvario a Mirafiori, nelle zone popolari, invece, i più votati sono stati i quesiti sui contratti. «Situazione, quella delle Ztl, che, come spesso succede, non è rappresentativa degli andamenti del Paese».
Le grandi città
A trainare l’affluenza sono soprattutto le grandi città. Per Salvatore Vassallo, professore di Scienza politica e direttore dell’Istituto Cattaneo, uno dei dati più evidenti «è la differenza tra grandi e piccoli centri»: «Nelle città sopra i 350 mila abitanti sono stati registrati, in media, 7 punti percentuali di affluenza in più della media di tutti i Comuni. La differenza sale a 10 punti se il confronto si fa con i centri sotto i 15 mila abitanti. Questo divario non si era mai registrato», commenta il politologo. E non solo «perché nei grandi centri hanno votato soprattutto gli elettori del campo largo, e tra questi soprattutto gli elettori del Pd», si pensi a Firenze al 46,9 e Bologna al 47,7 (ma poi ci sono anche Torino, 41,4%, Genova, 40,4, Milano, 36,8, e Roma, 36,2). «Forse — prosegue — c’è qualcos’altro, sono stati mobilitati i cittadini più vicini alle “reti strutturate” del sindacato, dei partiti».
Sull’affluenza, però, Vassallo non parla di crollo: «Se la confrontiamo con i referendum post 1999 — anno chiave che ha certificato che basta una quota di astensionismo strategico per bloccare una consultazione — siamo sostanzialmente in linea».
Centrodestra ai seggi
Attenzione però a leggere questi dati con un piglio eccessivamente «parlamentare», dove i sì sono l’opposizione e gli astenuti la maggioranza. «In realtà è tutto più sfumato di così», spiega Antonio Noto, che dirige Noto Sondaggi. Le rilevazioni sul voto hanno mostrato «che un quinto dell’elettorato del centrodestra è andato a votare, mentre un terzo dell’elettorato di centrosinistra non è andato alle urne. Anche una parte di elettorato del Pd non è andata».
La differenza Nord contro Sud è marcata. «Sì, il Nord ha votato di più, ma al di là del Veneto, troviamo tra le regioni dove l’affluenza è maggiore Piemonte e Liguria, governate dal centrodestra». Secondo Noto, ad aver influito sul risultato finale può aver giocato un «effetto down» per gli astensionisti dell’ultima ora: «Il dato del lunedì, di quanti hanno votato dalle 7 alle 15, è minore nel confronto con il dato dei precedenti lunedì. Probabilmente il risultato della domenica sera ha scoraggiato molti ad andare al seggio».
C’è da registrare che per la prima volta, l’affluenza è stata maggiore tra le donne che tra gli uomini (con l’unica eccezione di Taranto, nota YouTrend). Solo un anno fa in 91 province a partecipare erano stati di più gli uomini.
CorSeraOriginariamente Scritto da Lorenzo993non nominare cristo che se ti avesse incontrato avrebbe mandato a mignotte la bibbia e ti avrebbe preso a calci in culo
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Originariamente Scritto da Arturo Bandini Visualizza Messaggioeppure, almeno sui social, sembra che gran parte del popolo gli vada dietro. Tutti gli influencer più seguiti continuano a martellare sull'inclusione, meloni che non è andata a cutro, sul fatto che per fortuna i giovani sono diversi e sanno che la società è multietnica e solo i boomer di merda non lo capiscono e continuano a votare questi criminali. E gaza e propal.
Leggi i post di lorenzo tosa e ci sono migliaia di commenti ogni giorno da persone che non parlano di lavoro o sicurezza ma che pretendono più immigrati, "sono più italiani di voi, l'italia non è vostra avete avuto solo il culo di nascere qui". Gente che vive di ideali e appaiono davvero la maggioranza perchè fanno tanto rumore,si fanno sentire molto più degli altri, e non solo sui social, anche nei paesi e nelle città, con le continue manifestazioni, i girotondi, i fantocci della meloni bruciati.Originariamente Scritto da Lorenzo993non nominare cristo che se ti avesse incontrato avrebbe mandato a mignotte la bibbia e ti avrebbe preso a calci in culo
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Mi fanno troppo ridere quei fenomeni che non hanno capito che in un referendum l'astensione può essere importante ed una scelta conscia quanto, se non più, del voto stesso.
Ed invece no, non capiscono, criticano solo che poca gente ha votato, che è andata a mare, che votare è un diritto ed un dovere civico, chi non vota è una merd*, bla bla.Originariamente Scritto da SeanTu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.
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