Originariamente Scritto da fede79
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Su Inzaghi l'opinione è quella di un "vorrei ma non posso", e nonostante sono anni che ha la rosa più forte della serie A, il suo ciclo ha prodotto uno scudetto in 4 anni (anche 2 coppe Italia e 3 supercoppe Italia): non vorrei che il soprannome "Culoncino Inzaghi" sia ora venendo fuori con più vigore.
Qui però c'è da rivalutare anche l'operato di Marotta, per carità, ottimo dirigente italiano di calcio, forse il migliore, ma che appunto si ferma qui: quando si affaccia in Europa sono solo mazzate. In 7 anni di Inter ha portato a casa gli stessi trofei di Inzaghi ed uno scudetto con Conte.
La sua politica sui parametri zero ora inizia a mostrare il conto, con una rosa vecchia, logora, un monte ingaggi pesante e l'occhio della Uefa sul rispetto dell'FPF.
Due parole invece su Luis Enrique, uomo vero, con valori assoluti: lavoratore, innovatore, mai una parola fuori posto, ovunque è andato a plasmato la sua squadra alla sua maniera, facendo rendere i giocatori che gli si sono affidati al 100%.
Ieri la coreografia della curva del PSG è stata una meraviglia da far vedere in tutto il mondo.
Proprio nell'intervista di De Rossi c'è un passaggio che lo identifica:
Un episodio che ti è rimasto impresso?
"Fu un conoscersi progressivo. Quell'estate mi operai ad un orecchio, dal quale ancora fatico a sentire, e ogni tanto andavo a Trigoria e trovavo lui e il suo staff a lavorare. Vedevo quanto erano attenti, parlavano molto del Barcellona B perché dicevano che non era importante la categoria, ma quello che volevano trasmettere. Poi mantenne la sua parola, molti allenatori dicono "Qui con me si fa così, qui siete tutti uguali", ma poi fanno diversamente. Lui fece così. Il suo addio è stato una "sliding door" per la storia della Roma, se fosse rimasto si sarebbe costruito qualcosa di interessante".
Hai detto che Luis Enrique, Spalletti e Conte hanno influenzato di più il De Rossi calciatore. Cosa c'è di Luis Enrique nel tuo modo di allenare?
"Beh, lui è arrivato in un momento in cui il Barcellona di Guardiola aveva già iniziato ad ammaliare il mondo, lui esce fuori da quella filosofia lì. Ci ha portato a capire cosa c'era dietro quel gioco, io ne sono rimasto affascinato e ho cercato di studiarlo. Un giorno gli ho detto che volevo andare a vedere i suoi allenamenti per studiare quel modo di allenarsi, e lui mi ha detto: "Bene, perché adesso faccio tutte altre cose". Scherzi a parte, il calcio cambia ogni anno in base a quello che i nuovi allenatori ti fanno vedere. Lui e Guardiola hanno mostrato un certo modo di giocare, lo stesso Gasperini ha poi portato il calcio ad un'altra maniera, forse proprio per ostacolare quel tipo di calcio.
Qui però c'è da rivalutare anche l'operato di Marotta, per carità, ottimo dirigente italiano di calcio, forse il migliore, ma che appunto si ferma qui: quando si affaccia in Europa sono solo mazzate. In 7 anni di Inter ha portato a casa gli stessi trofei di Inzaghi ed uno scudetto con Conte.
La sua politica sui parametri zero ora inizia a mostrare il conto, con una rosa vecchia, logora, un monte ingaggi pesante e l'occhio della Uefa sul rispetto dell'FPF.
Due parole invece su Luis Enrique, uomo vero, con valori assoluti: lavoratore, innovatore, mai una parola fuori posto, ovunque è andato a plasmato la sua squadra alla sua maniera, facendo rendere i giocatori che gli si sono affidati al 100%.
Ieri la coreografia della curva del PSG è stata una meraviglia da far vedere in tutto il mondo.
Proprio nell'intervista di De Rossi c'è un passaggio che lo identifica:
Un episodio che ti è rimasto impresso?
"Fu un conoscersi progressivo. Quell'estate mi operai ad un orecchio, dal quale ancora fatico a sentire, e ogni tanto andavo a Trigoria e trovavo lui e il suo staff a lavorare. Vedevo quanto erano attenti, parlavano molto del Barcellona B perché dicevano che non era importante la categoria, ma quello che volevano trasmettere. Poi mantenne la sua parola, molti allenatori dicono "Qui con me si fa così, qui siete tutti uguali", ma poi fanno diversamente. Lui fece così. Il suo addio è stato una "sliding door" per la storia della Roma, se fosse rimasto si sarebbe costruito qualcosa di interessante".
Hai detto che Luis Enrique, Spalletti e Conte hanno influenzato di più il De Rossi calciatore. Cosa c'è di Luis Enrique nel tuo modo di allenare?
"Beh, lui è arrivato in un momento in cui il Barcellona di Guardiola aveva già iniziato ad ammaliare il mondo, lui esce fuori da quella filosofia lì. Ci ha portato a capire cosa c'era dietro quel gioco, io ne sono rimasto affascinato e ho cercato di studiarlo. Un giorno gli ho detto che volevo andare a vedere i suoi allenamenti per studiare quel modo di allenarsi, e lui mi ha detto: "Bene, perché adesso faccio tutte altre cose". Scherzi a parte, il calcio cambia ogni anno in base a quello che i nuovi allenatori ti fanno vedere. Lui e Guardiola hanno mostrato un certo modo di giocare, lo stesso Gasperini ha poi portato il calcio ad un'altra maniera, forse proprio per ostacolare quel tipo di calcio.
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