Originariamente Scritto da Arturo Bandini
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ho anche decine di micro-racconti. Non so... è proponibile fare un bello zibaldone di riflessioni e racconti, tutte variazioni sul tema, o questa roba fa cacare?
Posto un esempio poi basta
Unghie
Facevano due anni quell'inverno. Due anni dalla notte in cui era suonato il telefono, e quanto fa paura un telefono che suona di notte? cos'altro può dirti un telefono alle tre di notte, se non che tuo figlio ha avuto un incidente e non si preoccupi, ma venga subito?
Dopo due anni, camera sua aveva ancora il letto rifatto di quella mattina, e l'armadio pieno, le foto, i giocattoli di quando Alberto era bambino. Anche il resto della casa era lo stesso, perchè a cosa serve comprare cose, quando non ci saranno famiglie nè nipoti, ma solo giorni che scorrono senza sorrisi? bisogna aspettare che passi la notte per sbaraccare, come nelle case di riposo le persone vecchie aspettano, col piagiama, un bicchiere e le parole incrociate, perchè tanto tra poco è già ora di andare.
Ma Marta decise che quel Natale avrebbero fatto l'albero e l'avrebbero fatto lì, per essere costretti a passare un po' di tempo insieme, lei con Luigi e tutti e due col ricordo di lui, anche se quel ricordo c'era ogni istante, ma non detto, non condiviso, come se per pudore non se ne dovesse parlare.
Tornò in cucina stringendo qualcosa tra il pollice e l'indice "guarda cosa c'era sotto il comodino di Albe" e gli posò un frammento di unghia nell'incavo della mano: una falce di luna ritagliata, e quell'unghia era sua. Luigi prese una bomboniera d'onice e vi ripose l'unghia, e nessuno dormì quella notte: c'era un pezzo di Albe lì dentro, una cosa più vera di qualsiasi foto, di qualsiasi vestito, una cosa che era stata parte di lui, che era stata lui. Dopo due anni, era come tornare alla sera in cui seduto sul letto si era tagliato le unghie: era ancora vivo, era lì, non era ancora suonato il telefono, quella sera. Non dissero niente, ma tutti e due fissavano nel buio il ripiano del cassettone, e al mattino si alzarono e guardarono l'unghia, e poi, senza bisogno di dire niente, andarono di là e accesero le luci e frugarono in terra e nei cassetti e alla sera avevano un tesoro di 4 unghie e 11 capelli neri.
Divenne il loro svago, la loro scommessa: ogni giorno andavano da Albe e cercavano qualche nuovo regalo che lui gli spediva da due anni fa. Era riaverlo di nuovo a casa, e finchè avessero trovato un capello, un foglio dimenticato in mezzo a un libro, uno scontrino, una carta di chewingum, una qualsiasi cosa lui avesse vissuto, questo voleva dire che Alberto non era lontano. Finchè nella stanza continuavano a apparire pezzi di lui, sarebbe stato "solo ieri", e avrebbero potuto continuare per sempre così, e per sempre sarebbe stato solo ieri, perchè i morti lontani non fanno di queste cose, non lasciano peli e biglietti, i morti lontani.
Ora il loro conforto erano i ricordi, e ogni pezzo di lui che ancora trovavano portava con sè un ricordo. Senza più felicità, cercavano i frammenti di felicità rimasti attaccati ai frammenti di lui.
Quando fu impossibile trovare altri resti, si iniziò a leggere i suoi libri, a ascoltare le sue canzoni, e la sera sedevano tutti e due accanto al letto "andiamo a leggere da Albe".
Quella mattina, Luigi era solo in casa. Tra i cd ce n'era uno che non funzionava, non suonava niente; l'aveva tenuto da parte come per presagio. Accese il pc, vi inserì il disco e comparvero le foto dei bambini insieme agli uomini. Le guardò tutte, senza riuscire a raccontarsi bugie, poi estrasse il disco e lo distrusse.
"Gigi andiamo a leggere da Albe" quella sera, e lui la seguì, e lesse le Fiabe che gli leggeva da bambino, e poi montarono insieme il galeone, e giocarono, e risero molto; Albe era morto, gli era stato tolto tutto, a lui, e non era giusto, e invece quei bambini lui non li conosceva, non ne sapeva niente, non gliene importava. Lui voleva indietro il suo bambino, la sua voce, i suoi capelli, le sue unghie.
Posto un esempio poi basta
Unghie
Facevano due anni quell'inverno. Due anni dalla notte in cui era suonato il telefono, e quanto fa paura un telefono che suona di notte? cos'altro può dirti un telefono alle tre di notte, se non che tuo figlio ha avuto un incidente e non si preoccupi, ma venga subito?
Dopo due anni, camera sua aveva ancora il letto rifatto di quella mattina, e l'armadio pieno, le foto, i giocattoli di quando Alberto era bambino. Anche il resto della casa era lo stesso, perchè a cosa serve comprare cose, quando non ci saranno famiglie nè nipoti, ma solo giorni che scorrono senza sorrisi? bisogna aspettare che passi la notte per sbaraccare, come nelle case di riposo le persone vecchie aspettano, col piagiama, un bicchiere e le parole incrociate, perchè tanto tra poco è già ora di andare.
Ma Marta decise che quel Natale avrebbero fatto l'albero e l'avrebbero fatto lì, per essere costretti a passare un po' di tempo insieme, lei con Luigi e tutti e due col ricordo di lui, anche se quel ricordo c'era ogni istante, ma non detto, non condiviso, come se per pudore non se ne dovesse parlare.
Tornò in cucina stringendo qualcosa tra il pollice e l'indice "guarda cosa c'era sotto il comodino di Albe" e gli posò un frammento di unghia nell'incavo della mano: una falce di luna ritagliata, e quell'unghia era sua. Luigi prese una bomboniera d'onice e vi ripose l'unghia, e nessuno dormì quella notte: c'era un pezzo di Albe lì dentro, una cosa più vera di qualsiasi foto, di qualsiasi vestito, una cosa che era stata parte di lui, che era stata lui. Dopo due anni, era come tornare alla sera in cui seduto sul letto si era tagliato le unghie: era ancora vivo, era lì, non era ancora suonato il telefono, quella sera. Non dissero niente, ma tutti e due fissavano nel buio il ripiano del cassettone, e al mattino si alzarono e guardarono l'unghia, e poi, senza bisogno di dire niente, andarono di là e accesero le luci e frugarono in terra e nei cassetti e alla sera avevano un tesoro di 4 unghie e 11 capelli neri.
Divenne il loro svago, la loro scommessa: ogni giorno andavano da Albe e cercavano qualche nuovo regalo che lui gli spediva da due anni fa. Era riaverlo di nuovo a casa, e finchè avessero trovato un capello, un foglio dimenticato in mezzo a un libro, uno scontrino, una carta di chewingum, una qualsiasi cosa lui avesse vissuto, questo voleva dire che Alberto non era lontano. Finchè nella stanza continuavano a apparire pezzi di lui, sarebbe stato "solo ieri", e avrebbero potuto continuare per sempre così, e per sempre sarebbe stato solo ieri, perchè i morti lontani non fanno di queste cose, non lasciano peli e biglietti, i morti lontani.
Ora il loro conforto erano i ricordi, e ogni pezzo di lui che ancora trovavano portava con sè un ricordo. Senza più felicità, cercavano i frammenti di felicità rimasti attaccati ai frammenti di lui.
Quando fu impossibile trovare altri resti, si iniziò a leggere i suoi libri, a ascoltare le sue canzoni, e la sera sedevano tutti e due accanto al letto "andiamo a leggere da Albe".
Quella mattina, Luigi era solo in casa. Tra i cd ce n'era uno che non funzionava, non suonava niente; l'aveva tenuto da parte come per presagio. Accese il pc, vi inserì il disco e comparvero le foto dei bambini insieme agli uomini. Le guardò tutte, senza riuscire a raccontarsi bugie, poi estrasse il disco e lo distrusse.
"Gigi andiamo a leggere da Albe" quella sera, e lui la seguì, e lesse le Fiabe che gli leggeva da bambino, e poi montarono insieme il galeone, e giocarono, e risero molto; Albe era morto, gli era stato tolto tutto, a lui, e non era giusto, e invece quei bambini lui non li conosceva, non ne sapeva niente, non gliene importava. Lui voleva indietro il suo bambino, la sua voce, i suoi capelli, le sue unghie.
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