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Attenzione: Calcio Inside! Parte III

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    Genoa-Juventus, formazioni e dove vederla. Pirlo conosce le piccole trappole da evitare

    Il tecnico vuole lo spirito di Barcellona anche in campionato: «Senza la voglia giusta rischiamo grosso»

    Bisogna voltare pagina, dice subito Andrea Pirlo, perché i fuochi d’artificio del Camp Nou sono stati troppo spesso timidi petardi dentro meno gloriose arene, da Crotone a Benevento: «Se abbiamo ancora in testa Barcellona, allora cancelliamola, perché serve dare continuità». Del resto, la Juve di questo strano campionato è ancora balbettante e vedremo alle sei della sera, contro il Genoa, cos’ha portato sul piano del gioco e, soprattutto, dell’entusiasmo, la vittoria a casa Messi. Mai dimenticare che le partenze e i ritorni dalla Champions nascondono spesso imboscate. Di più in quelle partite dal piglio inglese che tante volte ha regalato Marassi, nonostante l’assenza del pubblico levi il fascino british. Cui, anche Pirlo, è affezionato: «È uno stadio inglese — racconta l’allenatore bianconero — dove mi è sempre piaciuto giocare da calciatore e dove ho anche fatto un gol con la maglia della Juve, bello e importante».

    Pure senza gente sulle tribune, Rolando Maran vorrebbe i suoi on fire: «Dobbiamo fare sì che tutto il fuoco, questo calore che abbiamo e che sentiamo da parte dei nostri tifosi, ce lo portiamo in campo. In maniera personale e individuale, per riuscire a fare una prestazione sopra le righe». Da Barcellona a Genova, a Pirlo basterebbe invece avere la stessa dinamite: «Dobbiamo continuare con questa voglia e questo ritmo, perché adesso c’è il campionato e quindi dobbiamo fare meglio, in queste quattro sfide». La vittoria, e il primo posto nel girone di Champions, potranno dare «grande consapevolezza dei miglioramenti e un’iniezione di fiducia», ma quel che conta è pure altro: «Senza la giusta voglia andiamo incontro a brutte sorprese — aggiunge ancora Pirlo — quindi, concentriamoci per fare grandi partite».

    Come Crotone e Benevento, pure il Genoa ha l’armamentario che fin qui ha messo in difficoltà i bianconeri, trincea e contropiede: «Loro sono una squadra molta brava a difendersi e a ripartire, perché hanno giocatori rapidi e di spessore fisico davanti. Dovremo esser molto attenti». Sulla lavagna, la Juve dovrebbe essere la stessa, con il 4-4-2 visto al Camp Nou, ma con due esterni più offensivamente classici: Kulusevski e Chiesa, pur se i ballottaggi non sono chiusi. Piuttosto, si dovrebbe rivedere Dybala, che gli exit poll della Continassa danno favorito su Morata.

    Al fianco di CR7, che ha il seggio da senatore a vita. E che, a Benevento, non c’era. Dietro, potrebbe invece riposare Danilo, quello che finora ha giocato più partite (15) e minuti (1.257). Aria di conferma per McKennie, l’acrobata di Barcellona: «È un giocatore con grande corsa e grande voglia e con ampi margini di miglioramento — se lo coccola Pirlo — e l’inserimento è una delle sue doti principali». Quella di correre, più in avanti che indietro, dovrà diventare sempre di più l’istinto della difesa, soprattutto nelle sfide che nascono con il pronostico sbilanciato: «Sta crescendo la voglia di andare in avanti — conferma il tecnico — e quando lo facciamo, anche le squadre avversarie hanno meno occasioni per venire a giocare in attacco». Morale: «Prendere la metà campo avversaria cercando di avere un pressing offensivo, deve essere una cosa nella nostra testa». Significa avere una difesa aggressiva e non passiva, «sempre».


    Genoa (4-4-2): Paleari; Ghiglione, Goldaniga, Bani, Masiello; Lerager, Badelj, Sturaro Lu. Pellegrini; Shomurodov, Scamacca. All. Maran.
    Juventus (4-4-2): Szczesny; Danilo, Bonucci, Alex Sandro, Cuadrado; Bentancur, McKennie, Chiesa, Kulusevski; Dybala, Ronaldo. All. Pirlo.
    Arbitro: Di Bello.
    Tv: ore 18, Sky.

    CorSera
    ...ma di noi
    sopra una sola teca di cristallo
    popoli studiosi scriveranno
    forse, tra mille inverni
    «nessun vincolo univa questi morti
    nella necropoli deserta»

    C. Campo - Moriremo Lontani


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      Cairo porta tutti in ritiro ma non esonera il Maestro: già il Torino è una squadra mediocre e se ci mettiamo pure l'allenatore mediocre la somma non può che essere lo sprofondo in classifica, lo stesso dell'anno scorso.

      Forse per far andare un pò meglio il Torino (una squadra che ormai da decenni c'è ma è come se non ci fosse, una negletta riserva indiana) un buon punto di partenza sarebbe un Cairo che si occupasse della sola editoria mollando il calcio, e un Giampaolo che tornasse a ciclostilare i manuali per Coverciano e lasciasse perdere il calcio: forse forse il Torino tornerebbe a quelle zone di metà classifica dove è abituato a sonnecchiare.

      Conte invece, per sviare dal disastro della eliminazione totale dell'Inter dall'Europa del calcio (prima volta nella sua storia che l'Inter arriva quarta in un girone di champions; unica tra le italiane eliminata ai gironi; l'ultima italiana ad arrivare quarta in un girone di CL fu nel 2008; perdita di milioni di euro per la società ecc...ecc...) non trova niente di meglio che rimettere su il disco dei "nemici" che "godono" e che vorrebbero "distruggerci": se provasse invece a spegnere il disco potrebbe accorgersi che il rumore che sente non è quello dei "nemici" ma dei tifosi amici, annichiliti dai non risultati portati fin qui e che lo vorrebbero il più lontano possibile dalla panchina.

      A quelle voci potrebbe aggiungere i cori dei cassieri cinesi, che ogni mese gli sganciano un milione, per complessivi 12, per avere questi risultati e ascoltare quella musica, e anche quelle degli investimenti fatti nei due anni di mercato (quasi 300 milioni) per vedersi trombati ai gironi di champions, pur abbordabilissimi.

      Ora però, ci assicurano, inizia la "Missione Scudetto" e vedremo se le parole si tradurranno in fatti, l'unica musica che nel calcio può essere suonata.

      Per quanto riguarda la Lazio, forse pesa quella champions che lo scorso anno mancava (uscì dalla EL per dare tutto in campionato). Già 4 sconfitte su 11 partite: l'anno scorso erano 2.

      19 i goal incassati rispetto agli 11 di un anno fa a questo punto del campionato. Ora la coppa è in pausa e vedremo se la squadra prenderà un ritmo diverso e se dunque il problema è stato la gestione del doppio impegno.
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        Attenzione: Calcio Inside! Parte III

        Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio
        Cagliari-Inter, formazioni e dove vederla. Conte frusta i nemici: con Eriksen via alla missione scudetto

        Il danese alle spalle di Lukaku e Sanchez. Il tecnico: «Poste le fondamenta possiamo costruire un grattacielo. Non prestiamo il fianco a chi gode e ci vuole distruggere»


        L’Inter entra nella fase due della stagione. L’eliminazione dall’Europa è una ferita aperta e profonda, tocca al campionato cicatrizzarla. Serviranno tempo e vittorie per metabolizzare l’uscita dalle coppe, giocarsi fino in fondo lo scudetto è la missione e il cammino comincia a Cagliari.


        Quando si parla di Inter le critiche battono sempre e solo su Antonio Conte, da un anno e mezzo bersaglio unico e parafulmine. L’allenatore ammette: «L’uscita dalla Champions mi brucia, è stata dolorosa per me e i calciatori». Rilancia però e va all’attacco. «Vedo troppa negatività, non prestiamo il fianco a chi ora sta godendo e vuole distruggere tutto, dobbiamo metabolizzare e alzare la testa».

        Per combattere i nemici disfattisti, bisogna rialzarsi e infilare il quarto successo consecutivo in campionato. Una necessità pure per stare addosso al Milan e dare continuità al lavoro iniziato due estati fa. «La scorsa stagione siamo arrivati secondi e in finale di Europa League. È naturale essere impazienti dopo dieci anni senza trofei, ma quando riparti dalle fondamenta serve più tempo: poste le fondamenta, puoi costruire un grattacielo. Quando ho preso l’Inter non era al top. Oggi con il Covid ci sono difficoltà importanti che prima dell’estate non c’erano. Non è giusto ne parli io, ne parlerà il club. Io devo stare zitto, lavorare, dando tutto e mettendoci sempre la faccia. Che metto sempre».

        L’Europa ha messo l’Inter alla porta, il campionato è terreno più congeniale. Contro lo Shakhtar non è riuscita a segnare una rete in due gare, in serie A è un’altra musica. «Spesso troviamo chi vuole parare i colpi, in campionato abbiamo il miglior attacco. Con lo Shakhtar non abbiamo concretizzato, bisogna essere più cinici e cattivi». La Champions s’infila in ogni discorso, il Cagliari però non è agnello sacrificale, segna tanto (17 gol nelle prime 10 giornate) e Di Francesco è agguerrito. «Non mi piace l’idea di aspettare l’Inter, bisognerà essere aggressivi», sentenzia.

        Aggressivo dovrà esserlo pure Christian Eriksen. Con Vidal ancora fuori e Lautaro verso la panchina per far spazio alla coppia Lukaku-Sanchez, il danese parte in pole per una maglia da titolare. Conte gli tende la mano. «Sa che lavoro con onestà intellettuale, sto cercando di migliorarlo in alcune cose, magari ci vorrà più tempo, poi sboccerà e mostrerà il suo talento». Per costruire il grattacielo nerazzurro, anche il principe danese deve iniziare a sporcarsi.

        Cagliari (4-2-3-1): Cragno; Faragò, Walukiewicz, Carboni, Lykogiannis; Rog, Marin; Zappa, Joao Pedro, Sottil, Pavoletti. All. Maran.
        Inter (3-4-1-2): Handanovic; Skriniar, De Vrij, Bastoni; Darmian, Brozovic, Barella, Perisic; Eriksen; Lukaku, Sanchez. All. Conte.
        Arbitro: Pasqua.
        Tv: ore 12.30, Dazn.

        CorSera
        Ma usassero direttamente il “Pirellone” invece di costruire l’ennesimo grattacielo: è lì a due passi.
        sigpic
        Free at last, they took your life
        They could not take your PRIDE

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          Ormai siamo travolti dalla fuffa, dalla retorica, dal vaniloquio.

          Al secondo anno Conte ancora parla di "fondamenta" e di grattacieli che poi possono essere tirati su: coi quasi 300 milioni spesi, in due anni, per fargli fare la campagna acquisti, hai voglia a scavare fondamenta: con 300 milioni ci fai uno stadio, non solo la buca con l'armatura.
          Last edited by Sean; 13-12-2020, 09:02:17.
          ...ma di noi
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          C. Campo - Moriremo Lontani


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            La patria nel pallone

            di Marcello Veneziani

            Cosa abbiamo rimpianto con Paolo Rossi che se ne va? La nostra giovinezza, la festa di quegli anni, la giocosa fierezza dell’italianità ritrovata. Era un’allegria contagiosa in quei giorni di prima estate del 1982, una gioia pubblica, condivisa con la gente; l’esatto contrario dei giorni nostri, dove di contagioso c’è un virus, e la depressione è l’unica condivisione con la gente, vissuta per giunta in disparte, in diffidente isolamento. In un momento in cui siamo costretti a vivere “la vita degli altri” tramite video, viviamo come nostra anche la morte degli altri.

            Il Mundial dell’82 segnò una svolta nel nostro Paese. Finivano davvero gli anni di piombo, l’odio e il terrorismo, e riaffioravano in piazza le bandiere tricolori, dopo lunga, lunghissima segregazione. Dico segregazione e non scomparsa, perché lungo i decenni precedenti a sventolare le bandiere in piazza erano rimasti i missini, la destra nazionale. E il tricolore anziché essere simbolo d’unione era al contrario segno di divisione, di ghettizzazione, suscitava odio e disprezzo. Al più lo vedevi il 4 novembre, magari al cimitero, a commemorare i caduti. O sulle pance spesso ingorde dei sindaci di quegli anni.

            Fu proprio il mondiale dell’82 a “sdoganare” il Tricolore e a farlo tornare nel lessico popolare. La bandiera tornò ad avere cittadinanza, e pian piano tutte le forze politiche, anche le più refrattarie, tornarono a usare il tricolore e non solo il rosso. Il patriottismo fu sublimato nell’agonismo, il conflitto si trasfigurò nel gioco, nel duello sportivo, nella competizione calcistica. Alla fine di quell’anno Giano Accame scrisse un saggio dedicato al socialismo tricolore (che uscì poi nell’83); il libro esordiva riferendosi ai Mundial: In principio fu il Pallone.

            È vero, la ripresa tricolore partì da lì e il primo testimonial fu un presidente socialista, Sandro Pertini, che finalmente legò la sua faccia a un evento gioioso e unitario, dopo aver accompagnato l’Italia nelle tragedie di Aldo Moro e di altre vittime di stragi e terrorismo, del terremoto dell’Irpinia, di Alfredino Rampi caduto nel pozzo, per non parlare degli anni sanguinosi e funesti della guerra civile. Ma fu un altro socialista, un socialista di altra pasta (e qui saranno d’accordo tutti, craxiani e pertiniani, seppur con valutazioni diametralmente opposte), a rilanciare su quell’onda il socialismo tricolore. L’occasione istituzionale fu il centenario di Garibaldi che cadeva proprio in quell’82. E nell’anno del mundial fu presidente del consiglio il risorgimentale Giovannone Spadolini. Poi il triestino Lelio Lagorio al Ministero della Difesa e la passione risorgimentale di Craxi fecero il resto. Non fu un caso che in quegli anni l’Italia salì nella considerazione internazionale, fu annoverata tra le maggiori potenze mondiali; l’ascesa culminò poi nel 1985 con la notte di Sigonella (su cui la Fondazione Craxi ha pubblicato ora un dvd). E nell’anno seguente al mundial, la voglia di ricucire l’identità nazionale lacerata condusse anche a una forte ondata di revisionismo storico in occasione del centenario della nascita di Mussolini, tra mostre, libri e convegni. Poi certo, salì il debito pubblico e il malaffare politico, ma la vitalità di quegli anni sprizzava da tutti i porti del paese. E la faccia di Paolo Rossi, come l’urlo di Marco Tardelli e di Nando Martellini, le pipe di Bearzot e di Pertini, ne furono i simboli araldici.

            Ma in principio, aveva ragione Accame, era stata l’innocenza di un pallone, la vittoria ai Mondiali, la faccia ragazza, il sorriso giocoso e il piede incisivo di Pablito Rossi. La sua morte precoce, come quella di Maradona, ci ha strappato la gioia degli anni Ottanta. L’amor patrio riscoperto negli stadi non aveva quei risvolti fanatici e violenti che ha avuto il tifo in alcuni settori più scalmanati delle tifoserie locali. Le guerre sportive di campanile hanno rallegrato per un secolo l’Italia, ma hanno avuto pure questi “falli laterali”, soprattutto alle curve. Le guerre sportive tra nazionali invece hanno quasi sempre visto la gioia collettiva, l’euforia degli stadi trasferirsi nelle vie e nelle piazze senza episodi di violenza e guerre tra tifoserie.

            Fu quel decennio l’ultima vampata di giovinezza in un paese invecchiato, tra i più vecchi del mondo. Il secolo dei giovani, come lo ha chiamato Goffredo Fofi in un suo pamphlet recente, iniziato con le rivoluzioni politiche e giovanili in Russia e in Italia, proseguito dolorosamente con le guerre mondiali e civili, le imprese coloniali e sportive, riesploso con le generazioni ribelli da James Dean al ’68 e ai movimenti rivoluzionari, ballò il suo canto del cigno negli anni Ottanta, tra calcio, edonismo, voglia di vivere. Poi non fu più così, la globalizzazione coincise in Occidente con la senescenza e con la paura del terrorismo, dell’inquinamento, del contagio, del passato.

            In trent’anni si andò sempre più verso il tunnel della vecchiaia. Ai giovani restò solo la padronanza del mondo hi tech. Suoni a conforto di noi contemporanei a cavallo tra i due millenni, che vivemmo da giovani il secolo dei giovani e viviamo o vivremo da vecchi il secolo dei vecchi. Col vantaggio aggiuntivo che ci fu risparmiata la metà dolorosa del primo Novecento dove essere giovani voleva dire sì dominare il mondo ma anche morire in guerra.

            Però quando ti vengono a visitare senza mascherina, nell’eremo di casa tua, i ricordi animati di quegli anni ruggenti, i corpi spavaldi di Rossi e di Maradona, la palla che rotola, i verdi terreni di gioco, le colonne sonore del tempo, gli abbracci in campo e l’euforia per le strade, ti prende una nostalgia che si veste di dolce amarezza. Pezzi di noi, lacerti di gioventù se ne vanno con loro, palleggiando, fino agli spogliatoi.


            MV, La Verità 13 dicembre 2020
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            sopra una sola teca di cristallo
            popoli studiosi scriveranno
            forse, tra mille inverni
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            C. Campo - Moriremo Lontani


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              Cagliari-Inter ritarda di 15 minuti per problemi di regia.

              Conte stavolta schiera Eriksen dall'inizio.
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              sopra una sola teca di cristallo
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                Originariamente Scritto da thai95 Visualizza Messaggio
                non tanto quello, dato che leggo tutti. ma la sensazione che ti stai lamentando, un pò alla conte.
                Ma lamentarsi di che? Ma che dici? io sto dando una spiegazione del perché abbiamo perso, non è ne un lamento né un piangere, se uno avesse visto la partita saprebbe che la Lazio non ha neanche giocato male, è solo mancata brillantezza fisica e che il verona ha segnato con un autogol nostro su un tiro che andava fuori e su un passaggio suicida di Radu per il resto ha fatto zero
                Winners are simply willing to do what losers won't.




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                  Mi sa che finite dietro la Roma quest'anno

                  Inviato dal mio SM-G970F utilizzando Tapatalk
                  Originariamente Scritto da Pesca
                  lei ti parla però, ti saluta, è gentile, sei tu la merda hunt

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                    La cosa curiosa è che Bentancur, che pare il nostro centrocampista migliore (per ora almeno, secondo me) non trova molto posto in questo centrocampo in costruzione.
                    Spero che Pirlo riesca a infilarlo da qualche parte. In carriera ha giocato in diverse parti del centrocampo, mi pare sia anche abbastanza versatile.
                    Zibì non incenerirmi.
                    B & B with a little weed










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                      Originariamente Scritto da ottantino Visualizza Messaggio
                      Ma lamentarsi di che? Ma che dici? io sto dando una spiegazione del perché abbiamo perso, non è ne un lamento né un piangere, se uno avesse visto la partita saprebbe che la Lazio non ha neanche giocato male, è solo mancata brillantezza fisica e che il verona ha segnato con un autogol nostro su un tiro che andava fuori e su un passaggio suicida di Radu per il resto ha fatto zero
                      vero
                      (ride)

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                        Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio
                        Cagliari-Inter ritarda di 15 minuti per problemi di regia.

                        Conte stavolta schiera Eriksen dall'inizio.
                        Eriksen vorrà fare un partitone, suppongo.
                        B & B with a little weed










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                          Originariamente Scritto da Liam & Me Visualizza Messaggio
                          La cosa curiosa è che Bentancur, che pare il nostro centrocampista migliore (per ora almeno, secondo me) non trova molto posto in questo centrocampo in costruzione.
                          Spero che Pirlo riesca a infilarlo da qualche parte. In carriera ha giocato in diverse parti del centrocampo, mi pare sia anche abbastanza versatile.
                          Zibì non incenerirmi.
                          liam, quindi benancur è migliore ad arthur o mckennie? dai, bentancur è superiore agli altri centrocampisti che abbiamo, su una cosa sola, farsi ammonire.
                          (ride)

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                            Originariamente Scritto da thai95 Visualizza Messaggio
                            liam, quindi benancur è migliore ad arthur o mckennie? dai, bentancur è superiore agli altri centrocampisti che abbiamo, su una cosa sola, farsi ammonire.
                            Al momento, in base a quello che hanno fatto vedere intendo.

                            Guardando tutte le partite, non solo l'ultima. Poi se Arthur e McKennie diventano come Pirlo e Vidal, io sono solo contento
                            B & B with a little weed










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                              Mi pare che la crescita di Bentancur si sia bloccata

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                                Ha giocato anche un po' poco secondo me. Forse avrebbe bisogno di un po' di tempo per adattarsi alla conduzione di Pirlo, come tutti.
                                B & B with a little weed










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