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Attenzione: Calcio Inside! Parte III

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    Agnelli quando si è insediato alla Juve la prima cosa che ha fatto è stata il prendere Marotta e Paratici. Marotta non stava col sedere a bagno a Miami ma alla Samp dopo 30 anni di calcio. Paratici non stava comodamente assiso sugli sgabelli di Sky ma da 20 anni con Marotta.

    Che vuol dire? Che si deve partire dalla società, dai dirigenti...ma non pescati per strada ma presi da realtà congrue e con alle spalle una comprovata militanza e professionalità...poi a fare il mercato, a condurre la società, a tenere i rapporti con allenatore e squadra ci pensano loro.

    Una squadra di giovani affidata ad un allenatore emotivamente fragile, notoriamente refrattario alle pressioni, cosa pensavano uscisse fuori? Questo è un gigantesco sbaglio dirigenziale, dovuto a non si capisce quale abbaglio, visto che anche qui noi poveri ed ignoranti osservatori dicemmo, praticamente tutti, che Giampaolo era una incognita pesante.
    ...ma di noi
    sopra una sola teca di cristallo
    popoli studiosi scriveranno
    forse, tra mille inverni
    «nessun vincolo univa questi morti
    nella necropoli deserta»

    C. Campo - Moriremo Lontani


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      Originariamente Scritto da robybaggio10 Visualizza Messaggio
      ... I pezzi di merda sono Gazidis, Boban e Maldini.
      no, questi tre sono dei grandissimi pezzi di merda*











      *ovviamente non come Zamparini

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        Originariamente Scritto da Giampo93 Visualizza Messaggio
        E anche quest'anno ci vediamo l'anno prossimo



        Ottimi Maldini (che chissà perché nessuno voleva in società) e Boban (che chissà perché fino ad oggi commentava a Sky come un Ciro Ferrara qualunque)
        Ciro Ferrara ha fatto una performance sontuosa con "Ij so' pazz" ieri sera ad amici celebrities.
        [

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          Originariamente Scritto da TheSandman Visualizza Messaggio
          Kessie nell'Atalanta era un fenomeno.

          Non escludo ci giocassero i Musacchio e i Calabria lo sarebbero pure loro, idem Chalanoglu.

          A Milano sponda Milan al momento c'è il buco nero, a livello tecnico e dirigenziale.

          Bisogna attaccarsi a un allenatore coi maroni pesanti come lo stacco da terra di Ronnie Coleman.

          Ci fosse Conte, non dico punteremmo allo scudetto, ma la Champions la raggiungeremmo, stanne certo.
          Non ne dubito, ma quello lo inserisco nella sezione dei miracoli infatti
          Originariamente Scritto da GoodBoy!
          modroc - yy

          piquet - gabbiani

          acquilani - manchini

          maybe - Vendola

          mandjukic - Sjneider

          lialicic - Kongobia

          il Mangio - Cointreau

          izco - Mihajlovich

          Bonacci - Falcata

          Cancrena - Val di fiori

          mouse - Sczesjky

          Jo Amo Mario - Ronado - Juliano

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            Chissà se ieri sera Montella avrà sorriso...

            Inviato dal mio VTR-L09 utilizzando Tapatalk
            sigpic
            Free at last, they took your life
            They could not take your PRIDE

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              Originariamente Scritto da GoodBoy! Visualizza Messaggio
              Ciro Ferrara ha fatto una performance sontuosa con "Ij so' pazz" ieri sera ad amici celebrities.
              Ha una piazza in testa raccapricciante

              Inviato dal mio POCOPHONE F1 utilizzando Tapatalk
              Cura il tuo corpo come un tempio
              Originariamente Scritto da M K K
              Desade grazie di esistere
              Originariamente Scritto da AK_47
              si chiama tumore del colon, adenocarcinoma è la tipologia di tumore che colpisce le cellule dell'epitelio ghiandolare.

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                Originariamente Scritto da GoodBoy! Visualizza Messaggio
                Ciro Ferrara ha fatto una performance sontuosa con "Ij so' pazz" ieri sera ad amici celebrities.
                Vero!
                Niente male.









                "Pensare alla morte, pregare. C'è pure chi ha ancora questo bisogno, e se ne fanno voce le campane.
                Io non l'ho più questo bisogno, perché muoio ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi:
                vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori".

                (L. Pirandello)

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                  La Fiorentina vince a San Siro facendo tre gol a un Milan disastrato e ormai in bassa classifica. Bravissimo Chiesa, addirittura straordinario ed entusiasmante il vecchio Ribery. Maldini conferma Giampaolo ma forse dovrà pagare il conto di una squadra mai nata. E che fino a oggi ha sbagliato veramente tutto, con giocatori irriconoscibili, da Donnarumma a Piatek. Gattuso era riuscito a tenere insieme gruppo e società, a dargli uno scopo, ma fu costretto ad andarsene. Oggi il Milan è precipitato indietro e deve ricominciare tutto da capo. Già, ma da chi?

                  MILAN-FIORENTINA 1-3

                  E’ finita con i fischi e la contestazione generale di San Siro, i giocatori rossoneri a testa bassa, umiliati, il pubblico che se ne va anche prima del fischio dell’arbitro voltando le spalle a una squadra che non riconosce più. Il Milan è andato incontro alla sua condanna con consapevolezza, sapendo cioè di essere una squadra che cammina sull’orlo del precipizio e basta veramente un soffio a buttarti giù. Come gli capita del resto regolarmente da anni, in.una sequenza comico grottesca di padroni che cambiano – italiani, cinesi o americani che siano – allenatori che arrivano e se ne vanno con frequenza altissima, dirigenti vecchie glorie che fanno e disfano l’eterna tela incompiuta di Penelope e giocatori più o meno importanti infilati in un gigantesco tritacarne che tutto distrugge e tutto omogeneizza in una pappa difficile da mandar giù. Del Milan oggi è rimasto questo.

                  Bene o male Gattuso (lo scorso anno alla sesta il Milan di punti ne aveva almeno 9, oggi è quartultimo in classifica) teneva insieme tutto questo, ne aveva fatta una questione di cuore, ma è sempre stato considerato con sufficienza, quasi sopportato, osservato con spocchiosità. Fino a essere costretto lui stesso a rompere un antico rapporto d’amore, non sentendosi contraccambiato.

                  La Fiorentina di Montella – anche lui due anni fa entrato e uscito malconcio dal tritacarne di San Siro e dunque particolarmente perfido nella rivincita – ha messo definitivamente in crisi la già malmessa squadra di Marco Giampaolo. Che pagherà al più presto il conto di questa dissociazione generale, di questa mediocrità sparsa e diffusa a tutti i livelli. Non ce ne possiamo meravigliare, non sarà il solo colpevole, ma che il Milan sia stato per lui sempre un oggetto estraneo è stato chiaro fin da questa estate, fin dalla prima partita. Più che i gol spariti del suo Milan si ricorda quel guizzo di spettacolo quando rispose a Conte, che già illustrava la sua feroce ambizione e il sacrificio totale alla causa dell’Inter, parlando di “vincere divertendo”. Si sapeva che era una frase trappola che avrebbe potuto pagare caro. E siccome nel calcio non si fanno sconti così è stato.

                  Giampaolo rischia di essere arrivato già al capolinea, anche se Maldini al momento lo difende anche con una certa convinzione, senza scaricarlo immediatamente, dandogli ancora del tempo. Ma aver perso quattro partite su sei e fatto un gol ogni morte di papa è ormai il limite, il confine. Intanto Piatek ha smesso di fare gol, i nuovi giocatori hanno fatto fatica a entrare, Donnarumma ha parato un rigore ma è generalmente regredito, Bennacer ha fatto disastri, idem Musacchio, Suso e Calhanoglu giocano una partita tutta per conto loro, con Boban e Maldini il feeling sembra dovuto ma ormai ridotto veramente al minimo. All’ufficialità. Insomma non c’è nulla che funzioni.

                  La Fiorentina all’improvviso ha trovato se stessa, si è tolta da sotto quella cappa di nuvole nere, al gioco ha cominciato ad accoppiare i risultati. In questo inizio di stagione ha dovuto incontrare tutte le tre prime classificate della stagione scorsa (Juve, Napoli e Atalanta): la classifica, come si dice, comincia a muoversi.

                  Ha mandato ko il Milan con un gioco più fresco e immediato, con un Ribery 36enne rabbioso su tutti i palloni, entusiasmante e trascinatore, applaudito anche sarcasticamente da tutto San Siro, micidiale in coppia con Chiesa. Un giovane già in rampa di lancio verso un grande club ma trattenuto a forza, anche se pur sempre con un bel gruzzolo che gli renderà più agevole la permanenza, e un “vecchio” che non si arrende alla pensione e ha ancora guizzi di velocità e lampi di classe fantastica. Il Milan non reggeva la Fiorentina 11 contro 11, figuriamoci quando è rimasto in dieci per quasi mezza partita. Il Milan si è scritto la propria condanna da solo.

                  SONDAGGIO *** IL MILAN TRA IERI E OGGI Sul Milan si è detto di tutto, non si è trovato un solo colpevole ma almeno dieci. Dovessi cercare di riassumere la situazione credo che molto sia in una frase di Maldini, a sua volta tra i suddetti colpevoli. "La maglia del Milan è pesante, il blasone è pesante. Ti trovi a giocare a San Siro e senza la squadra di una volta". E' una frase che riassume tutto e che contiene tutti gli elementi del declino. Il grande passato che ti schiaccia ma con cui non hai più oggettivamente attinenza. Giocare da Milan a San Siro senza essere più il Milan, senza avere più quei giocatori lì, portandone dietro solo l'eredità del nome, ma non il patrimonio. Giocare in un grande stadio, il più importante d'Italia, essendo una squadra normale e non la supersquadra di un tempo. Per quanto tutti lo sappiano e tutti se ne rendano conto, poi quello stadio, quel campo, quella presentazione da grande show, ti caricano di una responsabilità insopportabile. Uno va a vedere il
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                  sopra una sola teca di cristallo
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                  C. Campo - Moriremo Lontani


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                    Il Napoli batte il Brescia con un grande Mertens (il giocatore più importante di questi anni, a un solo gol da Maradona), ma soffre incredibilmente e continua a prendere troppi gol, che gli rendono difficile tener testa a Inter e Juve. Balotelli torna al gol dopo quattro anni e accende la partita: non sarà un campione, ma è pur sempre un bel giocatore. Un personaggio forse anche migliore di quello che lui stesso si è costruito

                    NAPOLI – BRESCIA 2-1

                    Il Napoli ha strappato con i denti la vittoria al Brescia, ne ha sofferto il ritorno, la rabbia e l’orgoglio. Balotelli è tornato a far gol in Italia dopo 4 anni ed è stato quasi uno squillo di tromba, il Napoli acciaccato e pieno di infortunati ha dovuto difendersi come poteva. Ha cercato i tre punti il Napoli, non il gioco, non poteva permettersi altri passi falsi dopo l’imbarazzante ko al San Paolo col Cagliari, si è disteso col solito imprescindibile Mertens – in assoluto il giocatore più importante del Napoli di questi ultimi anni, a un solo gol da Maradona (114 a 115) – ha avuto nel primo tempo la partita in mano, ma poi ha sofferto come non può soffrire una squadra che vuole giocare le sue carte anche sul tavolo dello scudetto e che deve cercare di tener testa a Inter e Juventus. Quella che avevamo dipinto come una difesa forte e superpotenziata sul mercato, ha preso tanti gol (10) quanti una squadra di medio-bassa classifica, il doppio della Juve e cinque volte quelli presi dall’Inter. E’ evidente che Ancelotti riesca a dare al Napoli un bel gioco offensivo, divertente, arioso e veloce, ma non l’equilibrio generale.

                    Mario Balotelli ha riacceso la partita, ha segnato un bel gol di testa, con uno stacco imponente. Non sarà probabilmente un campione, ma comunque un bel giocatore, difficile da gestire, un personaggio probabilmente anche migliore di quello che lui stesso si è creato, ma uno che comunque può sempre risolverti una partita. Alla fine un calciatore per questo dovresti giudicarlo, non per altro. E comunque il fatto di essere entrato in campo con la figlia con addosso la maglia del Napoli è stato un gesto bellissimo, distensivo e umano.

                    ______________

                    UOMINI GOL

                    Tra i primi sette calciatori della classifica cannonieri non ce ne è nessuno né dell’Inter, né della Juventus, nonostante abbiano fatto dell’ingaggio di grandi attaccanti quasi il loro core business. O meglio mentre non si fa che parlare di Ronaldo o di Lukaku, che sono stati i calciatori più costosi ingaggiati nella storia della Juve (105 milioni) e dell’Inter (75 milioni), le due squadre che si avviano al prossimo match scudetto fanno punti più che altro con l’equilibrio e con una difesa che nel caso dei nerazzurri diventa addirittura un portone chiuso.

                    Le altre squadre, dall’ Atalanta alla Lazio, passando per Napoli e Roma, sfruttano di più il loro centravanti o comunque l’attaccante di riferimento. Zapata è il miglior finalizzatore del gioco veloce dell’ Atalanta di Gasperini, Immobile assolutamente un terminale offensivo imprescindibile per Inzaghi e la Lazio tanto che le polemiche tra lui e l’allenatore si sono sciolte in un abbraccio molto significativo e simbolico, durante il match vinto agevolmente col Genoa Dzeko l’attaccante che la Roma non poteva assolutamente perdere (l’ Inter gli voleva far fare coppia con Lukaku) perché completa bene il gioco e il gran lavoro che viene fatto sugli esterni.

                    Inter (in gol con 8 giocatori) e Juve (in gol con 6) per staccarsi e fare la differenza sia con gli altri ma soprattutto tra di loro hanno bisogno di più da Ronaldo e Lukaku, gli altri più semplicemente – per cercare di avvicinarsi – devono chiudere le difese (il Napoli) e/o anche allargare lo spettro dei giocatori che vanno in gol.

                    SERIE A, 6a GIORNATA Juventus - Spal 2-0 (45' Pjanic J, 78' Ronaldo), Sampdoria - Inter 1-3 (20' Sensi I, 22' Sanchez I, 55' Jankto S, 61' Gagliardini I), Sassuolo - Atalanta 1-4 (7' Gomez A, 13' Gosens A, 29' Gomez A, 35' Zapata A, 62' Defrel S), Napoli - Brescia 2-1 (13' Mertens N, 45' + 4' Manolas N, 67' Balotelli B), Lazio - Genoa 4-0 (7' Milinkovic L, 40' Radu L, 59' Caicedo L, Immobile 78'), Lecce - Roma 0-1 (56' Dzeko R), Udinese - Bologna (27' Okaka U), Cagliari - Verona, 1-1 (29' Castro C, 66' Faraoni V), Milan - Fiorentina 1-3 (14' Pulgar rig. F, 66' Castrovilli F, 78' Ribery F, 80' Leao ), Parma - Torino 3-2 (2' Dulusevski P, 12' Ansaldi T, 43' Belotti T rig, 45' + 3' Cornelius P, 88' Inglese P). *** NAPOLI - BRESCIA 2-1 Il Napoli ha strappato con i denti la vittoria al Brescia, ne ha sofferto il ritorno, la rabbia e l'orgoglio. Balotelli è tornato a far gol in Italia dopo 4 anni ed è stato quasi uno squillo di tromba, il Napoli acciaccato e pieno di infortunati ha
                    ...ma di noi
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                      È un Milan sbagliato e snob, si avverte il tremore delle mani di Giampaolo

                      Dalle idee elitarie di Boban e Maldini nasce una squadra dove tutti si assomigliano, tutti un po’ trequartisti e un po’ niente. Manca il carattere, la Fiorentina è l’America

                      di Mario Sconcerti

                      L’autunno riporta regolarità. La classifica si allunga, le sorprese si fanno più magre, torna l’eterna regolarità delle più forti. Resta e si aggrava solo la crisi del Milan, molto oltre i suoi limiti oggettivi. Il Milan è stato costruito da due grandi esteti del calcio, Boban e Maldini, competenti e giusti per i ruoli e per la storia ma con due visioni identiche del campo. Boban aveva una grande squadra alle spalle che gli permetteva le giocate da stella. Maldini era di un altro mondo, faceva quello che sentiva, non ha mai avuto problemi umani. Dalle loro idee elitarie è nato un Milan dove tutti si assomigliano, tutti un po’ trequartisti e un po’ niente. Manca il carattere di un mediano, la bestemmia di un tecnico, sono tutti bravi e incompiuti. Sono una preda, mai un cacciatore. Boban e Maldini sono da tanti anni fuori dal calcio confrontato, discusso, sofferto, giocato. Hanno agito come didascalie, non come rifondatori di energie.

                      C’è quasi una colpa di incompetenza per la loro troppa bravura. Provate a far scrivere a Proust il rendiconto di una partita notturna. Non credo lo avreste mai. Giampaolo è troppo per bene per prendere di petto una squadra così, una piazza così. Non è la sua, si avverte il suo tremore di mani. È bravissimo e sbagliato, mi spiace, ma il Milan di adesso non esiste, non ha né un’idea né un uomo a cui affidarla. È una corsa sbagliata, soffocata, fraintesa, snob, di cui Giampaolo è la vittima più semplice.

                      Le altre notizie sono Atalanta e Fiorentina. Gasperini è un po’ prete e peccatore, insegna calcio duro e geometrico, molto moderno. Ascoltate il rumore dei controlli dei suoi giocatori, sono secchi come schiaffi perché il pallone arriva veloce ma viene comunque sempre controllato. È quello l’anticipo che mette l’Atalanta davanti all’avversario. È classe. L’Atalanta meglio degli altri anche se gli altri hanno nomi in più. La Fiorentina emerge adesso, è tutta Montella, nello stile e la flemma, ha ordine, rabbia e qualche campione, Ribery per primo, Castrovilli come ultimo arrivo. Forse è l’America bellezza!



                      CorSera
                      ...ma di noi
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                      nella necropoli deserta»

                      C. Campo - Moriremo Lontani


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                        Il doppio esame dell’Inter di Conte: diventare grande con Barça e Juve

                        Il tecnico: «Il bicchiere è mezzo pieno, abbiamo sbagliato soltanto una partita in Champions»

                        Evitata la trappola Sampdoria, Antonio Conte (foto Getty Images) si tuffa nella settimana più glamour della sua avventura nerazzurra. Il Barcellona in Champions e la Juventus in campionato sono i primi esami di laurea per la nuova Inter. Presentarsi a punteggio pieno e con sei vittorie di fila alle spalle è l’approccio migliore. Non sono test decisivi, possono però aprire scenari intriganti per l’ex c.t. e soprattutto consacrare l’Inter come antagonista della Juve.

                        «Il bicchiere è sicuramente mezzo pieno. Finora siamo stati bravi, sbagliando solo in Champions. Ora andremo al Camp Nou contro il Barcellona, una partita che non c’è nemmeno bisogno di presentare. Se vuoi metterli in difficoltà devi essere intenso e bravo in fase di palleggio e costruzione, dovremo limitarli e a non farli giocare».


                        Quel che Conte chiede di vedere a Barcellona l’Inter l’ha mostrato contro la Samp a Genova, dove ha giocato la partita perfetta, almeno fino all’espulsione di Alexis Sanchez. Il cileno è prima stato Maravilla, poi scellerato e salterà la Juve. Possibile vederlo titolare al Camp Nou, suo antico teatro per ben tre stagioni. Per la prima volta il Niño potrebbe far coppia dall’inizio con Romelu Lukaku, ricomponendo il tandem del Manchester United. I due si conoscono a memoria, amano giocare insieme, si completano.

                        Stavolta a Barcellona l’occasione è più favorevole di altre. L’impegno resta proibitivo, però i catalani non vivono un momento di gloria. Il problema, neanche a dirlo, è Leo Messi. La Pulce, fresco vincitore del titolo Fifa di miglior giocatore dell’anno, in questo inizio di stagione è tormentato dagli infortuni e la sua presenza resta in dubbio. I catalani hanno già perso due volte in campionato e pareggiato all’esordio in Champions con il Borussia Dortmund. Una positiva congiuntura astrale.

                        Conte fin qui ha dosato al meglio la rosa, ma due match consecutivi di tale importanza imporranno ai big interisti un doppio turno di presenza e un turnover ridotto. I top player certi match vogliono giocarli, Conte vuole vincerli e di sicuro evitare di perderli. A dispetto di chi considera la Champions quasi un fastidio e vorrebbe puntare tutte le forze sullo scudetto. Un’idea lontanissima dalla filosofia dell’allenatore interista.



                        CorSera
                        ...ma di noi
                        sopra una sola teca di cristallo
                        popoli studiosi scriveranno
                        forse, tra mille inverni
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                        nella necropoli deserta»

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                          Juve: Sarri esigente, Ronaldo la stella. La fusione fredda alla prova del 9

                          L’organizzazione del tecnico e la voglia di libertà del campione nel nuovo modulo


                          A che punto è la fusione tra sarrismo e ronaldismo, i due poli (opposti) che devono fare ancora più grande la Juve in Italia, ma soprattutto in Europa? Per adesso la fusione è a freddo: i due mondi ancora si studiano, con professionalità maniacale, cercando di portare ognuno il meglio di sé, anche per dimostrare all’altro le proprie ragioni: da una parte c’è l’organizzazione del tecnico, che deve mutare principi di gioco, assetto e anche mentalità alla squadra. Dall’altro c’è il richiamo alla libertà, alla fantasia e al talento del campione, che nell’organizzazione si deve esaltare, senza mai sentirsi ingabbiato, nemmeno in allenamento .

                          Sarri, nel nuovo modulo con Ramsey trequartista e Dybala punta assieme a Ronaldo, ha tolto il riferimento del centravanti attorno a cui ruota Cristiano: ovvero ha rimosso il totem del ronaldismo vincente, quello delle quattro Champions con Ancelotti e Zidane in panchina. Un ciclo unico nell’era moderna, che ha avuto un intermezzo di sei mesi con Rafa Benitez, che osava spiegare come si gioca a calcio a CR7: «Voleva dirmi come calciare le punizioni o dribblare — raccontò inorridito il portoghese — ma ci sono cose che gli allenatori non possono insegnare».

                          Ovviamente le lezioni di Sarri non sono di tecnica, ma riguardano la tattica e il posizionamento. E sono molto esigenti, come ha raccontato Buffon, sottolineando come il processo di assimilazione del nuovo metodo sia al 50%. «L’unico appunto a Ronaldo e Dybala — ha spiegato il tecnico dopo la convincente vittoria sulla Spal — era la pressione nei primi venti minuti sui difensori, perché la palla restava scoperta, poi hanno fatto bene i movimenti difensivi e offensivi».

                          La situazione sembra diverso rispetto a luglio, quando Sarri disse «sono gli altri dieci giocatori che devono adeguarsi ai movimenti di Cristiano». Ronaldo comunque è andato vicino al gol come mai aveva fatto finora, con quattro tiri in porta parati da Berisha e il sigillo del 2-0, su cross di Dybala. Se l’argentino confermerà anche contro avversari più impegnativi come Leverkusen e Inter di essere rinato col nuovo modulo, anche CR7 ne guadagnerà. Perché alla fine tutto si riduce a un bilancio dei costi e dei benefici. L’amore, semmai, arriverà più tardi.



                          CorSera
                          ...ma di noi
                          sopra una sola teca di cristallo
                          popoli studiosi scriveranno
                          forse, tra mille inverni
                          «nessun vincolo univa questi morti
                          nella necropoli deserta»

                          C. Campo - Moriremo Lontani


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                            Giampaolo andava esonerato giovedì sera dopo il toro.
                            Chi diceva non avesse senso esonerarlo a 3 giorni da un'altra partita si sbagliava.
                            Tanto abbiamo perso lo stesso.
                            Va esonerato entro una mezz'oretta al massimo.
                            Inutile aspettare la sosta.









                            "Pensare alla morte, pregare. C'è pure chi ha ancora questo bisogno, e se ne fanno voce le campane.
                            Io non l'ho più questo bisogno, perché muoio ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi:
                            vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori".

                            (L. Pirandello)

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                              Ad un tratto i giornali si svegliano e scoprono che Maldini e Boban (l'ectoplasmatico Massara inutile nominarlo, c'è solo a busta paga ma non conta una mazza) hanno messo su una squadra troppo giovane e dunque senza carattere, senza esperienza, per cui è facile fare apparenti progressi e regredire poi indietro alla successiva partita o soffrire tremendamente le pressioni.

                              Maldini e Boban non solo hanno messo su una squadra troppo giovane ma ci hanno messo alla guida un tecnico completamente inadatto, a causa della sua natura e della sua carriera: un nono posto come miglior risultato della sua vita calcistica, un carattere tranquillo, quasi timido, incapace pure lui a soffrire le pressioni di quella che resta comunque una grande piazza con le sue esigenze, le sue richieste, le sue necessità e le sue aspirazioni.

                              Il risultato di questo esperimento (azzardo) lo abbiamo sotto agli occhi: 4 sconfitte su 6 partite e (tolta l'Inter) 3 di quelle sconfitte contro squadre che in teoria o dovresti battere o dovresti sgomitarci (Udinese, Torino, Fiorentina): vuol dire forse che il Milan puo' battere o lottare solo con le squadre di bassissima classifica, invischiandosi cioè nella lotta per non retrocedere?

                              Ovviamente non è così, ma Maldini e Boban devono prendere atto dei loro insensati errori e porvi immediato rimedio. Se - come ripetono in coro - la rosa "è competitiva" allora quello che non va è il tecnico. Non resta che cambiarlo. Ne devono trovare uno capace di infondere quel carattere, quel nerbo, quella tranquillità, quella coesione che ancora non si sono viste e che una squadra troppo giovane non puo' darsi da sola. Il gioco dopo verrà.
                              ...ma di noi
                              sopra una sola teca di cristallo
                              popoli studiosi scriveranno
                              forse, tra mille inverni
                              «nessun vincolo univa questi morti
                              nella necropoli deserta»

                              C. Campo - Moriremo Lontani


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                                Nessun dualismo, Justin e Nicolò sono una coppia d'oro per il tecnico


                                IL MESSAGGERO (M. FERRETTI) - Ma quale dualismo! Avere in squadra due ragazzetti del 99 come Kluivert e Zaniolo non potrà mai rappresentare un problema per la Roma; se mai, è una grossa risorsa a disposizione di Paulo Fonseca. Che, avendo con sé due talenti come Justin e Nicolò, deve soltanto stare attento a usarli nel modo più conveniente per la sua squadra. Esattamente come accaduto a Lecce, con l'olandese devastante da titolare e l'azzurro altrettanto straripante da subentrato. Con due tipetti così in rosa, e l'alto numero di partite da giocare, l'abbondanza non potrà mai rivelarsi un fattore negativo, a patto che proprio Kluivert e Zaniolo per primi abbiano ben ficcato in testa il concetto che al primo posto c'è sempre la Roma.

                                A Lecce, ad esempio, Nicolò è entrato esattamente come doveva entrare: carico, tosto, propositivo, brillante. Chi si aspettava che confezionasse una prestazione polemica per l'iniziale panchina deve semplicemente ripassare un'altra volta. Perché se a Nicolò si chiede (anche) maturità, la sua prova allo Stadio del Mare sta a dimostrare/confermare che l'ex interista sta crescendo, e bene, sotto tutti gli aspetti. E poi se Paulo Fonseca fa giocare praticamente sempre da titolare Kluivert (è rimasto fuori soltanto contro l'Atalanta, unica sconfitta stagionale della Roma...) un motivo valido assai deve averlo. Il motivo c'è. Esiste. Justin è uno che tre volte su cinque salta di netto l'avversario in virtù di uno scatto letale: se solo riuscisse a passare meglio il pallone, a non vanificare tutto il suo strapotere velocistico l'olandese sarebbe già un elemento di caratura internazionale. A Lecce ha dato costantemente la scossa, specie quando la sua squadra era un po' troppo sonnolenta, fornendo una sponda tattica continua per andare a far male ai padroni di casa. Quasi logico, perciò, che Kluivert abbia partecipato in maniera attivissima alla costruzione del gol da tre punti di Dzeko.

                                I MALPENSANTI - Zaniolo è una forza della natura con i piedi buoni. Sono pochi, nel nostro campionato, i calciatori che sanno lasciare sul posto l'avversario e che, in progressione, fanno quello che vogliono. A Lecce, sia a destra che a sinistra, è stato imprendibile, immarcabile: se ha spazio per potersi lanciare, Nicolò diventa micidiale. E siccome ha venti anni anche lui deve perfezionare la tecnica e la serenità a due passi dal portiere avversario. Chi pensa che, quasi allo scadere dopo una cavalcata infinita, Zaniolo non abbia volutamente passato il pallone a Kluivert, solo soletto con la porta spalancata davanti, probabilmente è lo stesso che ritiene che avere in rosa due come Justin e Nicolò sia un problema. Avercene di questi problemi, però...

                                IL MESSAGGERO (M. FERRETTI) -  Ma quale dualismo! Avere in squadra due ragazzetti del 99 come Kluivert e Zaniolo non potrà mai rappresentare un problema per la Roma; se mai, è una grossa risorsa a disposizione di Paulo Fonseca . Che, avendo con sé due talenti come Justin e Nicolò , deve so...



                                L'Edin dipendenza è sempre più forte


                                Che la Roma sia sempre più Dzeko dipendente lo dimostrano sostanzialmente i numeri. Come, ad esempio, quello che ci dice che quando segna il bosniaco di solito la Roma vince. È successo dieci volte nelle ultime 12 occasioni in cui il centravanti ha fatto gol. Ma è successo soprattutto ieri a Lecce, dove la Roma aveva bisogno di tornare a casa con una vittoria e alla fine ci è riuscita con quel colpo di testa di Edin. «In quella situazione di gioco e in quella zona del campo Dzeko è molto forte», ha detto a fine gara Fonseca. E ha ragione, anche se poi l’intervento di Gabriel non è sembrato di quelli da tenere a memoria negli annali di storia del calcio. Sta di fatto che con questo gol, però, Dzeko ha segnato la sua 92a perla in 186 partite giocate con la Roma, quasi una rete di media ogni due gare. E, tra l’altro, Lecce era una di quelle città dove Dzeko non aveva ancora mai segnato, anche perché ieri era di fatto la prima volta che ci giocava. Edin così si è tolto lo sfizio subito, dimostrando anche come sia spesso letale contro le squadre neopromesse in Serie A (18 gol segnati in 22 partite).


                                (gasport)

                                Che la Roma sia sempre più Dzeko dipendente lo dimostrano sostanzialmente i numeri. Come, ad esempio, quello che ci dice che quando segna il bosniaco di solito la Roma vince. È successo dieci volte nelle ultime 12 occasioni in cui il centravanti ha fatto gol. Ma è successo soprattutto ie...
                                ...ma di noi
                                sopra una sola teca di cristallo
                                popoli studiosi scriveranno
                                forse, tra mille inverni
                                «nessun vincolo univa questi morti
                                nella necropoli deserta»

                                C. Campo - Moriremo Lontani


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