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La faccia Nera della Chiesa Cattolica...

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    La faccia Nera della Chiesa Cattolica...

    1962, il Vaticano ai vescovi: coprite gli abusi sessuali.

    Documento choc scoperto da un avvocato texano e siglato da Papa Giovanni XXIII: in 69 pagine l'ordine ai vescovi di tutto il mondo perché nascondessero le storie di violenza sessuale.

    LONDRA – Sono sessantanove pagine, un documento che inchioda i vertici della Chiesa di Roma, che getta un’onta senza precedenti sul Vaticano. La rivelazione del quotidiano britannico "The Observer" è destinata a far esplodere una bufera inimmaginabile sull’istituzione più potente del mondo: un documento che risale al 1962 e che porta il sigillo di Papa Giovanni XXIII fu spedito a tutti i vescovi del mondo per istruirli a tenere ben nascosti i casi di violenza sessuale all’interno della Chiesa. Il testo, scritto in latino, si trovava negli archivi segreti del Vaticano. “Massima segretezza”: era questo quello che la Chiesa di Roma chiedeva ai propri prelati in materia di abusi sessuali. Nulla doveva venire a galla, tutto andava nascosto nei minimi dettagli. Con la minaccia di scomunica per coloro che non rispettavano l’imposizione.
    A scoprire il documento shock, chiamato "Crimine Solicitationies", è stato Daniel Shea, avvocato texano impegnato in una serie di casi di abusi contro minori perpetrati da preti cattolici. La Chiesa cattolico-romana di Inghilterra e Galles ne conferma la genuinità.
    In quelle 69 pagine, nero su bianco, c’è l’intenzione di mantenere il più stretto riserbo sugli atti dei prelati che potrebbero danneggiare la Chiesa e dettagliate raccomandazioni su come difendere la segretezza: le indicazioni “devono essere diligentemente nascoste negli archivi segreti della Curia come strettamente confidenziali – si legge nel testo – né dovranno essere pubblicate o in inserite in qualche commento”.
    L’avvocato Shea commenta indignato: “Questi dettami sono arrivati ad ogni vescovo del pianeta. E’ la prova che ci fosse una cospirazione internazionale da parte della Chiesa per insabbiare le vicende legate agli abusi sessuali”. Ancora più deciso, Shea aggiunge: “Abbiamo sempre sospettato che la Chiesa cattolica coprisse i casi di abusi sessuali e cercasse di far tacere le vittime. Questo documento lo prova. Minacciare la scomunica a chiunque parli, mostra sino a dove le alte cariche del Vaticano erano pronte ad arrivare pur di evitare che le informazioni sugli abusi diventassero di pubblico dominio”.
    Certo la vicenda rischia di diventare esplosiva. Da tempo la Chiesa cattolica è nella bufera per lo scandalo dei preti pedofili. L’arcivescovo di Boston, il cardinale Bernard Law, è stato costretto a dimettersi lo scorso anno dopo avere ammesso di aver coperto alcuni casi di pedofilia nella sua Curia.
    Last edited by Conan; 08-03-2006, 13:34:01.
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    Tutto va bene, solo tienimi stretto
    Questo perché sono un buon amante vecchio stampo"

    Così non capisce. Devi dire "Conan, hai rotto er *****!" (Sergio cit.)

    #2
    Tredici alti prelati, otto diocesi, 15 milioni di fedeli. L'elenco delle accuse. Decine di casi impuniti

    23 Aprile 2002 - Il Mattino di Padova




    di Andrea Visconti
    NEW YORK. Dei tredici cardinali americani convocati in Vaticano dal Papa, otto sono arcivescovi di diocesi cui fanno capo complessivamente circa quindici milioni di cattolici. La diocesi più colpita dagli scandali di pedofilia è quella di Boston, a capo della quale è il cardinale Bernard Law. Qui qualche mese fa venne alla luce il caso di don John Geoghan, che fece esplodere in tutta America la realtà della pedofilia fra il clero. Il cardinale Law è responsabile di avere spostato Geoghan di parrocchia in parrocchia ignorando la scia di contatti sessuali con minori che questo prete lasciava ovunque andasse.


    Secondo caso, sempre a Boston, è quello di don Paul Shanley accusato di molestie, ma di casi del genere nella diocesi del cardinale Law ne sono emersi un'ottantina.
    Imbarazzo anche a Filadelfia dove gli abusi sessuali di preti risalgono agli anni Cinquanta e la diocesi ha identificato almeno trentasei preti coinvolti in circa cinquanta casi. Lo scandalo della pedofilia sta
    travolgendo anche l'arcivescovo di New York, Edward Egan, che alcuni anni fa era a capo della diocesi di Bridgeport, in Connecticut, dove è emerso un caso eclatante. Si scoprì che un prete abusava sessualmente di un ragazzino ma gli abusi proseguirono più di un anno dopo che i vertici della chiesa cattolica in Connecticut ne venissero a conoscenza. A Los Angeles il cardinale Roger Mahony stesso era accusato di sevizie sessuali. I fatti risalirebbero ad alcuni decenni fa quando il
    cardinale pare avesse costretto una minorata mentale ad avere rapporti intimi con lui. In generale in questa diocesi i casi accertati di abusi sono una dozzina.
    Situazione difficile anche a Detroit dove l'inchiesta sulla pedofilia ha stabilito che almeno diciotto preti hanno avuto relazioni sessuali con minori. Alcuni anni fa qui la chiesa cattolica pagò una forte somma
    ad un uomo che da ragazzino era stato molestato da un prete di Detroit.
    Ma il cardinale Adam Maida deve rispondere del fatto che il prete in questione ha continuato indisturbato la sua attività di ministro di culto fino al mese scorso.
    Forse l'unica diocesi americana dove i casi di pedofilia sono stati rari è quella di Baltimora. Il cardinale William Keeler, comunque, si è impegnato con il suo mezzo milione di fedeli «a proteggere tutti i cattolici da tali abusi».



    Denunce e processi

    Il Corriere della Sera



    Nelle chiese cattoliche americane il prete saluta sulla porta i parrocchiani che escono dopo la fine della messa domenicale. E' un piccolo rito sociale, ispirato dalla tradizione protestante, che si celebra alla fine di ogni funzione religiosa in decine di migliaia di parrocchie, dalla costa orientale alla costa occidentale. Il «padrone di casa» fa una carezza ai bambini, stringe la mano dei genitori, li ringrazia per la loro presenza e per la generosità delle loro offerte.
    Si rivedranno probabilmente, prima della domenica successiva, per uno dei tanti social events - una recita, una tombola, una vendita di beneficenza - che il prete organizza nei locali della parrocchia. Da qualche settimana questo rito sociale è diventato mesto e frettoloso.
    Le offerte sono diminuite, i fedeli escono dalla messa imbronciati e pochi parroci osano accarezzare un bambino. Di fronte ad alcune chiese vi sono picchetti di uomini e donne che chiedono «pulizia». La cattedrale della Santa Croce, nel vecchio quartiere irlandese di Boston, è presidiata da una catena di persone che si stringono silenziosamente la mano. Qui, negli scorsi giorni, monsignor Frederick J. Murphy ha scelto per la sua omelia domenicale il passo del Vangelo in cui Luca descrive la confusione e il turbamento dei discepoli di Cristo sulla strada di Emmaus. I fedeli hanno compreso l'allusione e si sono scambiati uno sguardo d'intesa.
    Tutto cominciò qualche mese fa con il processo di padre John J. Geoghan, un sacerdote di 66 anni, condannato a dieci anni di carcere in marzo per avere abusato di un bambino a Boston nel 1991. Ciò che maggiormente colpì la pubblica opinione in quella vicenda non fu tanto il reato contestato al sacerdote, quanto la scoperta che egli era stato oggetto di centotrenta denunce e lagnanze per fatti analoghi. Ma i suoi superiori gli avevano coperto le spalle spostandolo da una parrocchia all'altra e avevano messo a tacere i suoi accusatori con un indennizzo.
    Da quel momento la Chiesa cattolica americana è nella tempesta. Molti sacerdoti sono stati trasferiti o sospesi. Più di duecento persone hanno dichiarato di essere state molestate da un prete, spesso molto tempo fa, negli anni dell'infanzia o dell'adolescenza. Molte si sono rivolte a un avvocato e hanno costituito un'associazione, retoricamente chiamata «Survivors Network of Those Abused by Priests» (La rete dei sopravvissuti di coloro che sono stati abusati da preti). La diocesi di Boston, in particolare, ha già pagato 40 milioni di dollari, e la somma degli indennizzi potrebbe toccare i 100 milioni. La crisi ha tutti gli ingredienti dei grandi scandali americani: agita pruriginose questioni morali (pedofilia, omosessualità), si presta a grandi confessioni collettive, è eminentemente «mediatica», ha risvolti legali che suscitano le ambizioni dei procuratori distrettuali e l'ingordigia degli avvocati. Molte azioni giudiziarie si sono concentrate in California dove i tempi di prescrizione di un reato sono più lunghi di quanto non siano abitualmente negli altri Stati della federazione. Un procuratore californiano ha dichiarato che intende dare una risposta alla indignazione popolare e si è detto implicitamente disponibile, in tal modo, a ricevere nuove denunce.
    Alcune accuse, probabilmente, sono frutto di fantasie erotiche o vittimismi narcisistici. Una donna di Fresno in California ha dichiarato che il cardinale Roger M. Mahony, arcivescovo di Los Angeles, «potrebbe» averla molestata nel 1970 quando lei studiava in un liceo cattolico e lui aveva funzioni pastorali nella stessa zona. La storia che ha raccontato ai giornalisti sembra uscita da un novella di Boccaccio. Svenne durante una baruffa con i suoi compagni di classe e rimase priva di sensi per un certo periodo. Quando si svegliò vide accanto a sé padre Mahony e si accorse di avere perduto le mutandine. Per paura non disse nulla a nessuno, ma nelle scorse settimane, quando ha letto sui giornali e ha ascoltato alla televisione le confessioni di tante vittime, si è fatta forte. «Se questa gente ha il coraggio di parlare - ha detto alla stampa - cercherò di farlo anch'io». Il cardinale Mahony, dal canto suo, ha smentito e rimesso la questione nelle mani della polizia. Non è il primo episodio del genere. Leggo nel Washington Post che il cardinale Joseph Bernardin, arcivescovo di Chicago, fu accusato nel 1993 di molestie sessuali da un certo Steven Cook che ritirò l'accusa prima di morire di Aids due anni dopo. Non tutti gli accusati, però, hanno dato prova di altrettanta fermezza.
    Un vescovo della Florida si è dimesso qualche settimana fa e un parroco di Cleveland si è ucciso negli scorsi giorni con un colpo di pistola alla testa nel parcheggio di un supermercato. Si chiamava Dan A. Rooney, aveva 48 anni ed era stato accusato tre giorni prima di avere abusato di una ragazzina più di dieci anni fa. Ma i parrocchiani non credono alla sua colpevolezza e una grande folla è andata al suo funerale per rendergli un omaggio commosso. Sulle responsabilità di un altro prete, invece, la gente ha meno dubbi. Si chiama Paul R. Shanley e divenne sacerdote nel 1960 a Boston dove acquistò subito una certa notorietà per il suo impegno sociale come «prete di strada». Poco più di dieci anni dopo una fotografia lo ritrae con i capelli lunghi, i blue jeans e un giubbotto, alla guida di un trattore. E' nel Vermont, in uno degli Stati più settentrionali della Nuova Inghilterra, dove ha collaborato alla istituzione di una casa di riposo per giovani lavoratori. E' un prete moderno, forse spregiudicato, ma attivo e dinamico. Di lì a poco, tuttavia, secondo l'avvocato di una vittima, un sacerdote scrive all'arcivescovado per informare che padre Shanley ha l'abitudine di appartarsi con i ragazzini in una capanna. Non è tutto. Sembra che nel 1978 il «prete di strada» intervenga con un discorso a una conferenza promossa da un gruppo di spregiudicati pedofili, fautori di amori «greci» fra adulti e adolescenti. E sembra che qualche anno dopo, in California, divenga proprietario, con un altro prete, di un motel frequentato soprattutto da una clientela «gay». All'arcidiocesi di Boston, nel frattempo, continuano ad arrivare lamentele, denunce e minacce di azioni giudiziarie. Ma i suoi superiori, e soprattutto l'attuale arcivescovo, Bernard Law, lo proteggono. Sanno che ha «problemi psicologici», ma lo trasferiscono da un incarico all'altro e lo accompagnano, se necessario, con una lettera commendatizia e un certificato di «buona condotta». Sino al giorno in cui l'arcivescovo di New York, dove Shanley avrebbe dovuto assumere la direzione di un ostello giovanile, rifiuta bruscamente di accettare la sua designazione. Messo di fronte a vicende umane così diverse - il suicidio di Rooney e la spericolata carriera di Shanley - il popolo dei fedeli assiste smarrito alla crisi della sua Chiesa. Il pendolo dei suoi sentimenti continua a oscillare fra indignazione e commiserazione, fra la rabbiosa voglia di pulizia e il timore che un innocente finisca vittima di qualche tribunale popolare.
    Ho raccontato più diffusamente il caso di padre Shanley perché la storia della sua vita si intreccia con quella del suo protettore: Bernard Law, arcivescovo di Boston e, dalla prima metà degli anni Ottanta, cardinale di Santa Romana Chiesa. Le due personalità non potrebbero essere più radicalmente diverse. Il primo è cresciuto nel sacerdozio durante i tempestosi anni Sessanta e Settanta, fra hippies , senzatetto, drogati, e sembra deciso a sovvertire, forse con qualche motivazione ideale, le regole del vecchio catechismo. Law, invece, appartiene a quel gruppo di sacerdoti che sono stati scelti da Giovanni Paolo II, sin dall'inizio degli anni Ottanta, per gli incarichi di maggiore responsabilità della Chiesa americana. Mentre Shanley è un prete «trasgressivo», Law è un prelato conservatore. Mentre Shanley, a giudicare da certi suoi trascorsi, sembra pronto a sostenere i «diritti dei gay» e, forse, la fine del celibato ecclesiastico, Law ha censurato severamente l'omosessualità e tutte le iniziative degli scorsi anni per il matrimonio dei preti, il sacerdozio femminile o la legalizzazione dell'aborto. Perché dunque Law ha deciso di coprire Shanley e le malefatte di altri preti della sua diocesi? Forse l'arcivescovo di Boston apprezzava, al di sopra di ogni altra considerazione, il dinamismo del suo «prete di strada». Forse è cinicamente convinto che certi peccati, quando sono commessi dai membri di una grande Chiesa, siano meno importanti della sua opera mondana e delle sue strategie istituzionali. I panni sporchi, insomma, si lavano in famiglia. Ma Law, in tal modo, è diventato, agli occhi di molti cattolici americani, ancora più colpevole e responsabile dei molti preti «traviati» di cui la stampa si è occupata nelle scorse settimane. Il maggiore quotidiano della sua città (il Boston Globe ) e persino, a giudicare dai sondaggi, la maggioranza dei fedeli chiede insistentemente le sue dimissioni. Da quando la Santa Sede, dopo una lunga riluttanza, ha finalmente deciso di occuparsi della faccenda e ha invitato a Canossa i maggiori prelati americani, la crisi è entrata in una fase nuova. Verranno adottate nuove regole, verrà fatta pulizia e i fedeli verranno assicurati che ogni denuncia sarà trattata con la massima obiettività e trasparenza. Ma vi è un aspetto di cui Roma, quando sosteneva che il caso fosse esclusivamente americano, non aveva colto l'importanza. Nel corso del suo pontificato Giovanni Paolo II si è ripetutamente scontrato con certe tendenze riformatrici del cattolicesimo americano e le ha infine ridotte all'obbedienza. Ma gli scandali delle ultime settimane ridanno fiato ai riformatori e riaprono un nuovo fronte. Non basterà promettere maggiore trasparenza. Occorrerà prepararsi a nuove battaglie contro quei settori del clero e dei fedeli che non hanno mai approvato la politica conservatrice del vescovo di Roma soprattutto in materia di gay, aborto e celibato ecclesiastico. Un vecchio Papa, ormai alla fine del suo lungo sacerdozio, è improvvisamente costretto a rifare una battaglia che sperava di avere vinto.


    LA CONDANNA Padre John J. Geoghan, 66 anni, sacerdote dell'arcidiocesi di Boston, a marzo è stato condannato a dieci anni di reclusione per aver abusato di un bambino nel 1991
    IL FENOMENO
    La Chiesa cattolica americana è nella tempesta: padre Geoghan è travolto da 130 denunce di molestie sessuali. Altre 200 persone in tutto il Paese dichiarano di avere subito abusi durante l'infanzia o l'adolescenza
    GLI INDENNIZZI
    La diocesi di Boston ha già pagato 40 milioni di dollari. Ma la somma finale dei risarcimenti potrebbe raggiungere i cento milioni




    Last edited by Conan; 08-03-2006, 13:36:02.
    sigpic"Ooh amore ooh amante
    Che fai stasera ragazzo?
    Tutto va bene, solo tienimi stretto
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    Così non capisce. Devi dire "Conan, hai rotto er *****!" (Sergio cit.)

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      #3
      .O.R. (Istituto per le Opere Religiose)

      Lo IOR è la banca centrale del Vaticano ed è allo stesso tempo riconosciuto come un istituto di credito ordinario. E' stato creato nel 1941 da PIO XII con la funzione di amministrare i capitali degli ordini religiosi, degli istituti religiosi maschili e femminili, delle diocesi, delle parrocchie e degli organismi vaticani di tutto il mondo. E' una banca molto particolare, infatti non ha sportelli, in compenso ha molti clienti. Lo IOR è stato e continua ad essere molto ambito per chi possiede capitali che vuol far passare "inosservati". I suoi bilanci sono noti solo al Papa e a tre cardinali. Lo IOR è il centro di una organizzazione mondiale di banche controllate dal Vaticano. Molto semplice è, attraverso lo IOR, qualsiasi trasferimento di denaro senza limiti ne' di quantità né di distanza, con la garanzia della assoluta riservatezza. Per molto tempo a capo dell'Istituto e' stato Paul Marcinkus, cardinale coinvolto in numerosi scandali.


      Il caso IOR

      di Andrea Cinquegrani - tratto da www.lavocedellacampania.it

      La proposta era davvero invitante: nelle austere e vellutate stanze del Vaticano si nascondeva la possibilità di un investimento finanziario a tassi astronomici. Interessi fino al tredici per cento senza alcun rischio per il capitale. Percentuali del diciotto per cento in occasione del Giubileo. Insomma, un vero affare. Del resto, chi non affiderebbe i propri risparmi nientemeno che a San Pietro, allo Ior, il celebre e talvolta famigerato istituto per le opere religiose che agisce sui mercati internazionali come vera e propria struttura di credito?
      L'investimento, però, aveva bisogno di qualcuno interno al Vaticano: nello Ior, infatti, possono movimentare capitali solo appartenenti al clero o laici interni al piccolo stato cattolico. Una persona c'era, in effetti, e le credenziali erano di tutto rispetto. Tanto da indurre un agente immobiliare salernitano, benestante, figlio di un prefetto a riposo, a vendere alcuni appartamenti e a investire tutto il patrimonio nell'operazione.
      Giovanni Rossi, 50 anni, celibe, di Salerno, non ci ha pensato due volte: ha preso il gruzzolo (circa un miliardo e mezzo di vecchie lire) e lo ha affidato (così dichiara in una denuncia presentata alla magistratura) a un dipendente del Vaticano, tale Domenico Stefano Licciardi, 65 anni, nativo di Ficarazzi (Palermo) e residente a Roma da molti anni. Sposato, tre figli, Licciardi lavora come ragioniere all'autoparco del Vaticano. E' prossimo alla pensione ma quando è entrato in contatto con Rossi era ben inserito nell'ambiente ecclesiale: parente di alcuni sacerdoti, amico personale di volontari cattolici e persone importanti della gerarchia vaticana.
      Secondo Giovanni Rossi, l'incontro con Licciardi ha rappresentato la sua rovina. In un voluminoso e documentato dossier l'agente immobiliare traccia la cronistoria di questo tormentato rapporto: ne è scaturita una denuncia per truffa presentata sia a Nicola Picardi (Promotore di Giustizia del tribunale vaticano) sia alla Procura della Repubblica di Roma. Dalla denuncia (di cui al momento non esistono ancora riscontri d'inchiesta, eccetto i documenti prodotti dallo stesso Rossi) emerge un quadro inquietante, che ricostruiamo attraverso la cronistoria messa nero su bianco dall'immobiliarista salernitano.

      ASSEGNI & INTERESSI
      "La formula - dice Rossi - era semplice: io fornivo a Licciardi i miei risparmi in decine di assegni circolari di piccolo taglio. Lui diceva di investirli allo Ior: come garanzia mi dava alcuni assegni bancari firmati da lui, senza data, con la cifra del capitale più gli interessi (tredici per cento). Restava inteso che non avrei incassato gli assegni senza prima avvertirlo. Se avessi voluto continuare l'investimento, lui avrebbe ritirato il vecchio assegno e me ne avrebbe dato uno nuovo; altrimenti, a suo dire, mi avrebbe restituito i soldi".
      Continua la minuziosa descrizione. "Licciardi utilizzava questo meccanismo già con mio padre, Pierino Rossi, prefetto in pensione, e con le sue sorelle, Orsola e Carmen, oltre che con mio zio Filippo De Iulianis, questore in pensione. Quando è morto mio padre, io e mia sorella Patrizia abbiamo ereditato circa 700 milioni, che erano in mano a Licciardi. Mia sorella si fece dare la sua parte, io decisi di lasciarla a Licciardi per proseguire l'investimento. La persona mi sembrava molto affidabile: mi riceveva a casa sua con tutti gli onori, era conosciuta nell'ambiente ecclesiale come uomo buono, generoso, disponibile; faceva catechesi: diceva di essere amico di monsignor Crescenzo Sepe, organizzatore del Giubileo, di monsignor Guerino Di Tora, direttore della Caritas di Roma e di altri prelati. Era impossibile non fidarsi di lui".
      "In prossimità del Giubileo - continua Rossi - nel periodo '96 -'98 Licciardi mi prospettò la possibilità di un nuovo investimento per l'anno Santo, con interessi al diciotto per cento. Mi convinse così a vendere due appartamenti, uno a Napoli (Santa Lucia) e uno a Como. Gli consegnai circa 900 milioni delle vecchie lire, che avrei potuto ritirare con gli interessi solo dopo il Giubileo".
      "Questi soldi - continua Rossi - Licciardi li volle in assegni circolari di piccolo taglio, intestati anche a una lista di amici suoi. Tra questi mi fece intestare alcuni assegni a monsignor Di Tora e a Chiara Amirante, considerata una delle giovani più importanti e attive nel volontariato romano. Lui diceva che questi nomi erano la garanzia per me che si trattava di una cosa seria. Io, del resto, non ho mai avuto dubbi. Mio padre si fidava ciecamente di Licciardi e così le mie zie. Gli ho affidato i miei risparmi a occhi chiusi".
      Ma ecco che iniziano a sorgere i primi sospetti. Così continua la denuncia: "Ho cominciato a capire che c'era qualcosa di strano quando nel 1999 gli chiesi di chiudere l'investimento dei soldi di mio padre e di restituirmi i circa 300 milioni di lire. Ero convinto che non avrei trovato problemi a incassare gli assegni che avevo in mano, ma lui cominciò a chiedere rinvii, a trovare scuse. Mi convinse addirittura a fare un viaggio in Svizzera per prelevare i soldi da una banca, ma nulla. Erano viaggi a vuoto. Alle mie sollecitazioni, Licciardi prendeva tempo: firmava delle impegnative, riconoscendo il debito e dichiarandosi pronto a pagarlo a scadenze precise. Ma ad ogni scadenza, nulla. Quando ho cominciato a muovere seriamente delle rimostranze e a prospettare azioni legali ha cambiato atteggiamento nei miei confronti, ha cominciato addirittura a minacciarmi di morte, vantando amicizie nella malavita siciliana e romana. Queste minacce mi sono state mosse davanti a un testimone (di cui si fa il nome nel dossier-denuncia, ndr) e mi hanno ridotto a uno stato di grave prostrazione psico-fisica".
      Prosegue l'inquietante racconto di Rossi: "Quando, nel dicembre del 2001, stufo dei rinvii, ho deciso di rientrare in possesso di tutto il mio capitale, ho portato in banca gli assegni che mi erano stati dati in garanzia da Licciardi. Erano quattro assegni bancari: tre della Banca Nazionale dell'Agricoltura (agenzia 1, via Appia Nuova, Roma) e uno della Banca di Roma. L'importo complessivo era di più di due miliardi di vecchie lire, il capitale più gli interessi. Ho depositato gli assegni il 27 dicembre. Il 4 gennaio i notai Giuseppe Tarquini e Fabrizio Polidori di Roma hanno comunicato alla mia banca che gli assegni non erano incassabili: il conto della Banca Nazionale dell'Agricoltura (numero 954 t) era stato estinto alcuni anni prima, mentre sul conto del Banco di Roma non c'era sufficiente disponibilità rispetto agli importi".
      In pratica, "Licciardi risultava così protestato. E per me - denuncia ancora Rossi - svaniva la possibilità di rientrare in possesso dei miei soldi. Quell'investimento si è rivelato un raggiro che mi ha ridotto sul lastrico. Così mi sono deciso a sporgere denuncia". Prima ha inviato una lettera a carabinieri, polizia e magistratura; poi un dossier al tribunale vaticano e alla procura di Roma. "Lo stesso hanno fatto le mie zie - aggiunge - vittime anche loro del tranello. Io in tutto ci ho rimesso un miliardo e mezzo, che sarebbero dovuti diventare, con gli interessi promessi, due miliardi e mezzo: speriamo di avere giustizia e di tornare in possesso dei nostri capitali".

      PROTAGONISTI IN CAMPO
      Originario di Palermo, Domenico Stefano Licciardi è emigrato a Roma circa trenta anni fa: pare che un suo parente fosse dentro la gerarchia ecclesiale. Entrò in Vaticano, nell'autoparco, come ragioniere e divenne un attivista cattolico. E' stato per molti anni uno dei fedeli più attivi della parrocchia di San Policarpo a Roma, nel quartiere di Cinecittà. "Noi lo conosciamo - racconta un sacerdote che sostituisce monsignor Antonio Antonelli, attuale parroco - ma è un po' che manca dalle attività parrocchiali. So che nel passato ha fatto catechesi e che lavora in Vaticano". "Mi sembra che un suo parente - aggiunge Giuseppe, un altro parrocchiano - sia stato parroco a Monreale, mentre un lontano cugino, che porta il nome di uno dei figli, era poliziotto, ma avrebbe avuto problemi con la giustizia".
      Licciardi è sposato con Ivana Ceccarelli, casalinga e ha tre figli: Settimio, macchinista delle ferrovie, Antonino, impiegato anch'egli in Vaticano, Franca, vigile urbano. La casa in cui i Licciardi abitano, a Cinecittà, è intestata a quest'ultima. La moglie di Licciardi, contattata telefonicamente dalla Voce, ha rifiutato ogni commento, ha negato ripetutamente la presenza del marito in casa. Modi decisamente più bruschi da parte dei figli Franca e Antonino, che alla richiesta di un colloquio per sentire la loro versione, hanno reagito duramente, interrompendo la comunicazione e rifiutando ogni contatto successivo.
      Tra le amicizie vantate da Licciardi c'è quella con monsignor Guerino Di Tora. In effetti, Di Tora è stato per anni parroco di San Policarpo, prima di passare a reggere la Basilica di Santa Cecilia a Trastevere, una delle più importanti di Roma. Di Tora è personaggio di primo piano della chiesa capitolina. Attualmente è direttore della Caritas romana, subentrato a don Luigi Di Liegro.
      E Di Tora è anche presidente di un fondo antiusura: si chiama "Salus Populi Romani", ha sede nella capitale, a piazza San Giovanni in Laterano, ed è nato nel 1996. Dichiara di aver esaminato quasi 1400 casi e di aver concesso crediti personali per un importo di quattro miliardi e mezzo, con l'aiuto e le garanzie di due istituti di credito convenzionati. "La fondazione è un istituto a carattere regionale per prevenire il fenomeno dell'usura - spiega un operatore - concediamo prestiti alle persone che non potendo accedere al sistema bancario finirebbero facilmente nelle mani degli strozzini. Per coloro che già si trovano sotto usura aiutiamo a trovare il percorso per uscirne". A Roma sono in funzione tre centri d'ascolto: uno di questi è proprio nella parrocchia di San Policarpo, quella dove svolgeva catechesi Licciardi.
      A Di Tora risulta intestato uno degli assegni circolari con cui Rossi trasferiva il capitale a Licciardi. Sarebbe stato proprio quest'ultimo a fare il nome del monsignore e a chiedere all'agente immobiliare salernitano di intestargli un assegno. Il titolo è stato rilasciato il 22 ottobre 1996 dal Monte dei Paschi di Siena, agenzia 1 di Salerno, ed è stato girato per l'incasso dallo stesso Di Tora il 24 ottobre del '96 presso il Credito Italiano, agenzia 2008 (nel dossier inviato alla Procura ci sono copie dell'assegno con la girata autografa di Di Tora).
      Altri assegni risultano intestati e girati per incasso alla Elemosineria apostolica, a Mario Giamboni, a Chiara Amirante (fondatrice di alcune associazioni di volontariato e molto nota a Roma per la sua attività di recupero a favore di barboni e tossicodipendenti), Francesco Vigliarolo, Mario Napoleoni.
      A dare il via all'investimento è stato il padre di Giovanni, Pierino Rossi, deceduto nel '91, una carriera nella burocrazia, una lunga attività anche alle prefetture di Napoli e Como (da qui l'acquisto di case in queste città). La moglie, un'anziana signora, è in vita e risiede a Roma con la figlia Patrizia, che ha sposato un imprenditore romano, Lucio Tambescia. Il prefetto Rossi avrebbe cominciato nel 1986 a dare soldi a Licciardi, sperando in un buon rendimento. Licciardi gli era stato presentato dalle sorelle, che risiedevano a Roma e dal cognato, Filippo De Iulianis, questore in pensione, altro vicino di casa di Licciardi. Anche le sorelle Rossi avrebbero tentato l'investimento, senza fortuna.
      Attualmente il dossier è nella mani del Tribunale vaticano, dove la pubblica accusa è retta dal cosiddetto Promotore di Giustizia, incarico ricoperto dall'avvocato marchigiano Nicola Picardi, docente universitario a Roma. Rossi si è appellato anche al cardinale Cerri, tesoriere dello Ior e alla commissione cardinalizia che ha accesso ai conti dell'Istituto. Il dossier denuncia è stato presentato anche alla Procura della repubblica di Roma, che è competente per territorio visto che Licciardi è cittadino italiano e risiede nella capitale. Spetterà a questi organismi fare luce nelle prossime settimane sull' ennesimo intrigo targato Ior, che potrebbe anche estendersi e configurare un giro d'affari più ampio, gettando nuove ombre sul rapporto tra finanza e Vaticano.

      MAI DIRE IOR
      Dici Ior e pensi alle trame torbide della finanza degli anni Settanta e Ottanta. Monsignor Paul Marcinkus, Michele Sindona, Roberto Calvi: questi sono solo alcuni dei nomi che nella storia finanziaria italiana hanno incrociato destini e scandali con l'istituto per le opere religiose del Vaticano. Ma lo Ior emerge anche in altre inchieste giudiziarie, come quella, più recente, della Procura di Torre Annunziata su un traffico internazionale d'armi che vide coinvolti il leader nazionalista russo Vladimir Zhirinovski e l'arcivescovo di Barcellona Ricard Maria Charles.
      Creato nel 1941 da papa Pio XII, lo Ior è una banca senza sportelli ma con mille ramificazioni. L'unica sede è nel Vaticano: vi si accede dalla Porta di sant'Anna, una delle quattro del colonnato di Bernini. Al Cortile di san Damaso si aprono quattro ingressi, uno di questi (il cortile del Maresciallo) conduce allo Ior. I locali interni sono sobri e silenziosi, animati da giovani seminaristi che raccolgono i sussidi per studiare o da suore che depositano i risparmi per i conventi. Come in tutte le banche che si rispettino i clienti di peso vengono ricevuti all'interno, nelle stanze della direzione.
      L'Istituto è un organismo finanziario vaticano - secondo una definizione data dal cardinale Agostino Casaroli - ma non è una banca nel senso comune del termine. Lo Ior utilizza i servizi bancari, però l'utile non va, come nelle banche normali, agli azionisti (che nel caso dello Ior non ci sono) ma risulta a favore delle "opere di religione".
      A ogni cliente viene fornita una tessera di credito con un numero codificato: né nome né foto. Con questa si viene identificati: alle operazioni non si rilasciano ricevute, nessun documento contabile. Non ci sono libretti di assegni intestati allo Ior: chi li vuole dovrà appoggiarsi alla Banca di Roma, convenzionata con l'istituto vaticano. I clienti dello Ior possono essere solo esponenti del mondo ecclesiastico: ordini religiosi, diocesi, parrocchie, istituzioni e organismi cattolici, cardinali, vescovi e monsignori, laici con cittadinanza vaticana, diplomatici accreditati alla Santa Sede. A questi si aggiungono i dipendenti del Vaticano e pochissime eccezioni, selezionate con criteri non conosciuti.
      Il conto può essere aperto in euro o in valuta straniera: circostanza, questa, inedita rispetto alle altre banche. Aperto il conto, il cliente può ricevere o trasferire i soldi in qualsiasi momento da e verso qualsiasi banca estera. Senza alcun controllo. Per questo, negli ambienti finanziari, si dice che lo Ior è l'ideale per chi ha capitali che vuole far passare inosservati. I suoi bilanci sono noti a una cerchia ristrettissima di cardinali, qualsiasi passaggio di denaro avviene nella massima riservatezza, senza vincoli né limiti. Si racconta, tra leggenda e realtà, che quando Giovanni Paolo II, dopo lo scandalo Calvi, chiese l'elenco di tutti i correntisti dello Ior, si sentì rispondere: "spiacenti, santità, ma la riservatezza dei clienti è sacra".
      Lo Ior, che ha una personalità giuridica propria, è retto da un "Consiglio di soprintendenza" controllato da una Commissione di cinque cardinali: si tratta del nucleo di vigilanza. I porporati, però, non hanno generalmente alcuna competenza finanziaria. Il loro dovrebbe essere un controllo morale. Un ruolo più tecnico è svolto dal "Consiglio di amministrazione" composto di cinque laici ed un direttore generale. L'Istituto intrattiene rapporti valutari e creditizi con clienti e banche italiane, opera attivamente sul mercato finanziario internazionale, gioca in borsa, investe, raccoglie capitali; tuttavia, come istituto estero, non è sottoposto ad alcun controllo da parte delle autorità di vigilanza italiane.
      da carboni a pisanu
      Nella storia dello Ior entrano tutte le facce dell'Italia degli intrighi: oltre ai banchieri, anche faccendieri del calibro di Francesco Pazienza e Flavio Carboni. Quest'ultimo, piccolo imprenditore sardo all'epoca legato ad ambienti politici della sinistra Dc, amico di Armando Corona, repubblicano e Gran Maestro della Massoneria, socio del Gruppo editoriale l'Espresso, era bene introdotto in alcuni uffici vaticani e rappresentò il ponte tra Roberto Calvi, Vaticano e politica.

      Carboni conobbe Calvi in Sardegna nel 1981 e riuscì presto a conquistare la fiducia del banchiere, mettendogli a disposizione le sue preziose conoscenze al governo, con in testa un sottosegretario, democristiano e anche lui sardo, Giuseppe Pisanu, che oggi ritroviamo, con abito nuovo, sotto le insegne di Forza Italia, a reggere il ministero dell'Interno.
      In quel periodo, Calvi finì in carcere, tentò il suicidio, fu condannato a quattro anni ma tornò in sella al Banco Ambrosiano fino alla misteriosa morte: fu trovato impiccato sotto il ponte dei frati neri a Londra. Caso archiviato come suicidio, ma sempre avvolto nel mistero. Fino alle clamorose dichiarazioni rilasciate un paio di mesi dai familiari del banchiere, che escludono categoricamente il suicidio e con ogni probabilità porteranno a una riapertura del caso.
      Così come misteriosa è la morte dell'altro "banchiere di Dio", Michele Sindona, ucciso da una tazzina di caffè avvelenato nella sua cella del carcere di Palermo. Anche Sindona, negli anni Settanta e Ottanta, ha avuto strettissimi rapporti con lo Ior e il Vaticano. Il banchiere avrebbe conosciuto Paolo VI fin da quando questi era arcivescovo di Milano e sarebbe entrato nelle sue grazie fino a ricoprire un ruolo (ovviamente occulto) di primo piano allo Ior: il suo compito sarebbe stato quello di mettere a frutto tutte le sue conoscenze del mondo della finanza internazionale per trasformare lo Ior in un istituto capace di muoversi agevolmente nelle speculazioni borsistiche. Pare che Sindona abbia adempiuto a tale compito senza andare troppo per il sottile: e così sarebbero entrati nelle casse vaticane soldi senza colore e senza odore, provenienti da tutte le parti del mondo.
      GLI AFFARI DI TOTO'
      "Licio Gelli investiva il denaro dei Corleonesi di Totò Riina nella banca del Vaticano". A dirlo non è una persona qualsiasi. È Francesco Marino Mannoia, pentito di mafia in tempi non sospetti. Ruppe gli indugi nel 1984, uno tra i primi con Masino Buscetta. Mannoia era uomo di fiducia di Stefano Bontate, ucciso per mano di sicari di Riina. Dopo l'omicidio di Bontate, Mannoia cercò il giudice Giovanni Falcone e cominciò a raccontare Cosa Nostra. La sua testimonianza fu preziosa nel primo maxi processo. Grazie a Mannoia alcuni boss vennero condannati all'ergastolo.
      Quando Mannoia è stato chiamato, alcuni mesi fa, a deporre in video-conferenza dagli Stati Uniti, nell'ambito del processo a Marcello Dell'Utri, ha rivelato che "i soldi della mafia sono finiti per anni nelle casse dello Ior, che garantiva investimenti e discrezione". Ovviamente era necessario un tramite, che per Mannoia era diverso a seconda dei rami della mafia siciliana. Secondo il pentito, i Madonìa erano in affari con Sindona, Riina con Gelli: uguale la destinazione dei capitali.
      Mannoia, nella sua ricostruzione va oltre e dice: "Quando il Papa venne in Sicilia e pronunciò un discorso duro contro la mafia, scomunicando i mafiosi, i boss si risentirono soprattutto perché portavano i loro soldi in Vaticano. Da qui nacque la decisione di far esplodere due autobombe davanti a due chiese a Roma". Vera o fantasiosa che sia l'ultima parte della dichiarazione (non esistono riscontri giudiziari), resta il fatto che ancora una volta lo Ior fa la sua comparsa sulla cronaca accoppiato a una
      Last edited by Conan; 08-03-2006, 13:34:52.
      sigpic"Ooh amore ooh amante
      Che fai stasera ragazzo?
      Tutto va bene, solo tienimi stretto
      Questo perché sono un buon amante vecchio stampo"

      Così non capisce. Devi dire "Conan, hai rotto er *****!" (Sergio cit.)

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        #4
        La parola di Gesù secondo l'Apostolo Didimo Giuda Tommaso
        Queste sono le parole segrete che Gesù vivente ha pronunciato e Didimo Giuda Tommaso ha trascritto.

        1. E lui disse, "Chiunque trova l'interpretazione di queste parole non conoscerà la morte".

        2. Gesù disse, "Coloro che cercano cerchino finché troveranno. Quando troveranno, resteranno turbati. Quando saranno turbati si stupiranno, e regneranno su tutto."

        3. Gesù disse, "Se i vostri capi vi diranno, 'Vedete, il Regno è nei cieli', allora gli uccelli dei cieli vi precederanno. Se vi diranno, 'È nei mari', allora i pesci vi precederanno. Invece, il Regno è dentro di voi e fuori di voi.Quando vi conoscerete sarete riconosciuti, e comprenderete di essere figli del Padre vivente. Ma se non vi conoscerete, allora vivrete in miseria, e sarete la miseria stessa."

        4. Gesù disse, "L'uomo di età avanzata non esiterà a chiedere a un bambino di sette giorni dov'è il luogo della vita, e quell'uomo vivrà. Perché molti dei primi saranno ultimi, e diventeranno tutt'uno."

        5. Gesù disse, "Sappiate cosa vi sta davanti agli occhi, e quello che vi è nascosto vi sarà rivelato.Perché nulla di quanto è nascosto non sarà rivelato."

        6. I suoi discepoli gli chiesero e dissero, "Vuoi che digiuniamo? Come dobbiamo pregare? Dobbiamo fare elemosine? Quale dieta dobbiamo osservare?"

        7. Gesù disse, "Non mentite, e non fate ciò che odiate, perché ogni cosa è manifesta in cielo. Alla fine, nulla di quanto è nascosto non sarà rivelato, e nulla di quanto è celato resterà nascosto."

        7. Gesù disse, "Fortunato è il leone che verrà mangiato dall'umano, perché il leone diventerà umano. E disgraziato è l'umano che verrà mangiato dal leone, poiché il leone diventerà comunque umano."

        8. E disse, "L'uomo è come un pescatore saggio che gettò la rete in mare e la ritirò piena di piccoli pesci. Tra quelli il pescatore saggio scoprì un ottimo pesce grosso. Rigettò tutti gli altri pesci in mare, e poté scegliere il pesce grosso con facilità. Chiunque qui abbia due buone orecchie ascolti!"

        9. Gesù disse, "Vedete, il seminatore uscì, prese una manciata e seminò. Alcuni semi caddero sulla strada, e gli uccelli vennero a raccoglierli. Altri caddero sulla pietra, e non misero radici e non produssero spighe. Altri caddero sulle spine, e i semi soffocarono e furono mangiati dai vermi. E altri caddero sulla terra buona, e produssero un buon raccolto, che diede il sessanta per uno e il centoventi per uno."

        10. Gesù disse, "Ho appiccato fuoco al mondo, e guardate, lo curo finché attecchisce."

        11. Gesù disse, "Questo cielo scomparirà, e quello sopra pure scomparirà.I morti non sono vivi, e i vivi non morranno. Nei giorni in cui mangiaste ciò che era morto lo rendeste vivo. Quando sarete nella luce, cosa farete? Un giorno eravate uno, e diventaste due. Ma quando diventerete due, cosa farete?"

        12. I discepoli dissero a Gesù, "Sappiamo che tu ci lascerai. Chi sarà la nostra guida?" Gesù disse loro, "Dovunque siate dovete andare da Giacomo il Giusto, per amore del quale nacquero cielo e terra."

        13. Gesù disse ai suoi discepoli, "Paragonatemi a qualcuno e ditemi come sono."Simon Pietro gli disse, "Sei come un onesto messaggero."Matteo gli disse, "Sei come un filosofo sapiente."Tommaso gli disse, "Maestro, la mia bocca è totalmente incapace di esprimere a cosa somigli."Gesù disse, "Non sono il tuo maestro. Hai bevuto, e ti sei ubriacato dell'acqua viva che ti ho offerto."E lo prese con sé, e gli disse tre cose. Quando Tommaso tornò dai suoi amici questi gli chiesero, "Cosa ti ha detto Gesù?"Tommaso disse loro, "Se vi dicessi una sola delle cose che mi ha detto voi raccogliereste delle pietre e mi lapidereste, e del fuoco verrebbe fuori dalle rocce e vi divorerebbe."

        14. Gesù disse loro, "Se digiunate attirerete il peccato su di voi, se pregate sarete condannati, e se farete elemosine metterete in pericolo il vostro spirito.Quando arrivate in una regione e vi aggirate per la campagna, se la gente vi accoglie mangiate quello che vi offrono e prendetevi cura dei loro ammalati.Dopo tutto, quello che entra nella vostra bocca non può rendervi impuri, è quello che viene fuori dalla vostra bocca che può rendervi impuri."

        15. Gesù disse, "Quando vedrete uno che non è nato da una donna, prostratevi e adoratelo. Quello è il vostro Padre."

        16. Gesù disse, "Forse la gente pensa che io sia venuto a portare la pace nel mondo. Non sanno che sono venuto a portare il conflitto nel mondo: fuoco, ferro, guerra. Perché saranno in cinque in una casa: ce ne saranno tre contro due e due contro tre, padre contro figlio e figlio contro padre, e saranno soli."

        17. Gesù disse, "Vi offrirò quello che nessun occhio ha visto, nessun orecchio ha udito, nessuna mano ha toccato, quello che non è apparso nel cuore degli uomini."

        18. I discepoli dissero a Gesù, "Dicci, come verrà la nostra fine?"Gesù disse, "Avete dunque trovato il principio, che cercate la fine? Vedete, la fine sarà dove è il principio.Beato colui che si situa al principio: perché conoscerà la fine e non sperimenterà la morte."

        19. Gesù disse, "Beato colui che nacque prima di nascere.Se diventate miei discepoli e prestate attenzione alle mie parole, queste pietre vi obbediranno.Perché vi sono cinque alberi per voi in Paradiso: non mutano, inverno ed estate, e le loro foglie non cadono. Chiunque li conoscerà non sperimenterà la morte."

        20. I discepoli dissero a Gesù, "Dicci com'è il Regno dei Cieli."E lui disse loro, "È come un seme di mostarda, il più piccolo dei semi, ma quando cade sul terreno coltivato produce una grande pianta e diventa un riparo per gli uccelli del cielo."

        21. Maria chiese a Gesù, "Come sono i tuoi discepoli?"Lui disse, "Sono come bambini in un terreno che non gli appartiene. Quando i padroni del terreno arrivano, dicono, 'Restituiteci il terreno.' E quelli si spogliano dei loro abiti per renderglieli, e gli restituiscono il terreno.Per questo motivo dico, se i proprietari di una casa sanno che sta arrivando un ladro staranno in guardia prima che quello arrivi e non gli permetteranno di entrare nella loro proprietà e rubargli i loro averi. Anche voi, quindi, state in guardia nei confronti del mondo. Preparatevi con grande energia, così i ladri non avranno occasione di sopraffarvi, perché la disgrazia che attendete verrà.Che fra voi ci sia qualcuno che comprenda.Quando il raccolto fu maturo, lui arrivò subito con un sacco e lo mieté. Chiunque abbia due buone orecchie ascolti!"

        22. Gesù vide alcuni neonati che poppavano. Disse ai suoi discepoli, "Questi neonati che poppano sono come quelli che entrano nel Regno."E loro gli dissero, "Dunque entreremo nel regno come neonati?"Gesù disse loro, "Quando farete dei due uno, e quando farete l'interno come l'esterno e l'esterno come l'interno, e il sopra come il sotto, e quando farete di uomo e donna una cosa sola, così che l'uomo non sia uomo e la donna non sia donna, quando avrete occhi al posto degli occhi, mani al posto delle mani, piedi al posto dei piedi, e figure al posto delle figure allora entrerete nel Regno."

        23. Gesù disse, "Sceglierò fra voi, uno fra mille e due fra diecimila, e quelli saranno come un uomo solo."

        24. Dissero i suoi discepoli, "Mostraci il luogo dove sei, perché ci occorre cercarlo."Lui disse loro, "Chiunque qui abbia orecchie ascolti! C'è luce in un uomo di luce, e risplende sul mondo intero. Se non risplende, è buio."

        25. Gesù disse, "Amate il vostro amico come voi stessi, proteggetelo come la pupilla del vostro occhio."

        26. Gesù disse, "Voi guardate alla pagliuzza nell'occhio del vostro amico, ma non vedete la trave nel vostro occhio. Quando rimuoverete la trave dal vostro occhio, allora ci vedrete abbastanza bene da rimuovere la pagliuzza dall'occhio dell'amico."

        27. "Se non digiunate dal mondo, non troverete il Regno. Se non osservate il Sabato come Sabato non vedrete il Padre."

        28. Gesù disse, "Ho preso il mio posto nel mondo, e sono apparso loro in carne ed ossa. Li ho trovati tutti ubriachi, e nessuno assetato. Il mio animo ha sofferto per i figli dell'umanità, perché sono ciechi di cuore e non vedono, poiché sono venuti al mondo vuoti, e cercano di andarsene dal mondo pure vuoti.Ma nel frattempo sono ubriachi. Quando si libereranno dal vino, cambieranno condotta."

        29. Gesù disse, "Se la carne fosse nata a causa dello spirito sarebbe una meraviglia, ma se lo spirito fosse nato a causa del corpo sarebbe una meraviglia delle meraviglie.Eppure mi stupisco di come questa grande ricchezza si sia ridotta in tale miseria."

        30. Gesù disse, "Dove ci sono tre divinità, esse sono divine. Dove ce ne sono due o una, io sono con lei."

        31. Gesù disse, "Nessun profeta è benvenuto nel proprio circondario; i dottori non curano i loro conoscenti."

        32. Gesù disse, "Una città costruita su un’alta collina e fortificata non può essere presa, né nascosta."

        33. Gesù disse, "Quanto ascolterete con le vostre orecchie, proclamatelo dai vostri tetti ad altre orecchie.Dopo tutto, nessuno accende una lampada per metterla in un baule, né per metterla in un posto nascosto. Piuttosto, la mette su un lampadario così che chiunque passi veda la sua luce."

        34. Gesù disse, "Se un cieco guida un cieco, entrambi cadranno in un fosso."

        35. Gesù disse, "Nessuno può entrare nella casa di un uomo robusto e prenderla con la forza se prima non gli lega le mani. A quel punto uno può sottrargli la casa."

        36. Gesù disse, "Non vi tormentate, dalla mattina alla sera, al pensiero di cosa indossare."

        37. I suoi discepoli dissero, "Quando ci apparirai, e quando tornerai a visitarci?"Gesù disse, "Quando vi spoglierete senza vergognarvi, e metterete i vostri abiti sotto i piedi come bambini e li distruggerete, allora vedrete il figlio di colui che vive e non avrete timore."

        38. Gesù disse, "Spesso avete desiderato ascoltare queste parole che vi dico, e non avevate nessuno da cui ascoltarle. Vi saranno giorni in cui mi cercherete e non mi troverete."

        39. Gesù disse, "I Farisei e gli accademici hanno preso le chiavi della conoscenza e le hanno nascoste. Non sono entrati, e non hanno permesso a quelli che volevano entrare di farlo.Quanto a voi, siate furbi come serpenti e semplici come colombe."

        40. Gesù disse, "Una vite è stata piantata lontano dal Padre. Poiché non è robusta, sarà sradicata a morrà."

        41. Gesù disse, "Chiunque ha qualcosa in mano riceverà di più, e chiunque non ha nulla sarà privato anche del poco che ha."

        42. Gesù disse, "Siate come passanti."

        43. I suoi discepoli gli dissero, "Chi sei tu per dirci queste cose?""Non comprendete chi sono da quello che dico.Invece, siete diventati come i Giudei, che amano l'albero ma odiano i frutti, o amano i frutti ma odiano l'albero."

        44. Gesù disse, "Chiunque bestemmia contro il Padre sarà perdonato, e chiunque bestemmia contro il figlio sarà perdonato, ma chiunque bestemmia contro lo spirito santo non sarà perdonato, né sulla terra né in cielo."

        45. Gesù disse, "L'uva non si coglie dai rovi, né i fichi dai cardi, poiché essi non danno frutti.I buoni producono bene da quanto hanno accumulato; i cattivi producono male dalla degenerazione che hanno accumulato nei loro cuori, e dicono cose malvagie. Poiché dal traboccare del cuore producono il male."

        46. Gesù disse, "Da Adamo a Giovanni il Battista, fra quanti nacquero da donna nessuno è tanto più grande di Giovanni il Battista da non dover abbassare lo sguardo.Ma vi dico che chiunque fra voi diventerà un bambino riconoscerà il regno e diventerà più grande di Giovanni."

        47. Gesù disse, "Un uomo non può stare in sella a due cavalli o piegare due archi.E uno schiavo non può servire due padroni, altrimenti lo schiavo onorerà l'uno e offenderà l'altro.Nessuno beve vino stagionato e subito dopo vuole bere vino giovane. Il vino giovane non viene versato in otri nuovi, altrimenti si guasta.Non si cuce un panno vecchio su un abito nuovo, perché si strapperebbe."

        48. Gesù disse, "Se due persone fanno pace in una stessa casa diranno alla montagna 'Spostati!' e quella si sposterà."

        49. Gesù disse, "Beati coloro che sono soli e scelti, perché troveranno il regno. Poiché da lì venite, e lì ritornerete."

        50. Gesù disse, "Se vi diranno 'Da dove venite?' dite loro, 'Veniamo dalla luce, dal luogo dove la luce è apparsa da sé, si è stabilita, ed è apparsa nella loro immagine.' Se vi diranno, 'Siete voi?' dite, 'Siamo i suoi figli, e siamo i prescelti del Padre vivente.' Se vi chiederanno, 'Qual è la prova che il Padre è in voi?' dite loro, 'È il movimento e la quiete.' "

        51. I suoi discepoli gli dissero, "Quando riposeranno i morti, e quando verrà il nuovo mondo?"Lui disse loro, "Quello che aspettate è venuto, ma non lo sapete."

        52. I discepoli gli dissero, "è utile o no la circoncisione?"Lui disse loro, "Se fosse utile, il loro padre genererebbe figli già circoncisi dalla loro madre. Invece, la vera circoncisione nello spirito è diventata vantaggiosa da ogni punto di vista."

        54. Gesù disse, "Beato il povero, perché suo è il regno dei cieli."

        55. Gesù disse, "Chi non odierà suo padre e sua madre non potrà essere mio discepolo, e chi non odierà fratelli e sorelle, e porterà la croce come faccio io, non sarà degno di me."

        56. Gesù disse, "Chi è arrivato a conoscere il mondo ha scoperto una carcassa, e di chiunque ha scoperto una carcassa il mondo non è degno."

        57. Gesù disse, Il regno del Padre è come un uomo che ha dei semi. Il suo nemico di notte gli ha piantato erbacce fra i semi. L'uomo non ha voluto che i braccianti gli strappassero le erbacce, ma ha detto loro, 'No, altrimenti per strappare le erbacce potreste finire per strappare anche il grano.' Poiché il giorno del raccolto le erbacce saranno molte, e saranno strappate e bruciate."

        58. Gesù disse, "Beato l'uomo che si è impegnato e ha trovato la vita."

        59. Gesù disse, "Guardate colui che vive finché vivete, altrimenti potreste morire e poi cercare di scorgere colui che vive, e non ne sareste capaci."

        60. Vide un samaritano che portava un capretto e andava in Giudea. Disse ai suoi discepoli, "Quell'uomo [...] del capretto." Loro gli dissero, "Così che possa ucciderlo e mangiarlo." Lui disse loro, "Non lo mangerà finché è vivo, ma solo dopo averlo ucciso e ridotto a cadavere." Loro risposero, "Non potrebbe fare altrimenti." Lui disse loro, "E così pure voi, cercatevi un posto per riposare, o potreste diventare cadaveri e venire mangiati."

        61. Gesù disse, "In due si adageranno su un divano; uno morirà, l'altro vivrà."Disse Salomè, "Chi sei tu signore? Sei salito sul mio divano e hai mangiato dalla mia tavola come se qualcuno ti avesse inviato."Gesù le disse, "Sono quello che viene da ciò che è integro. Mi sono state donate delle cose di mio Padre.""Sono tua discepola.""Per questa ragione io ti dico, se uno è integro verrà colmato di luce, ma se è diviso, sarà riempito di oscurità."

        62. Gesù disse, "Io rivelo i miei misteri a coloro che ne sono degni.Che la vostra mano sinistra non sappia cosa fa la destra."

        63. Gesù disse, "C'era un ricco che aveva molto denaro. Disse, 'Investirò questo denaro così che io possa seminare, mietere e riempire i miei magazzini con il raccolti, e che non mi manchi nulla.' Queste erano le cose che pensava in cuor suo, ma quella stessa notte morì. Chi fra voi ha orecchie ascolti!"

        64. Gesù disse, "Un uomo organizzò un ricevimento. Quando ebbe preparato la cena, mandò il suo servo a invitare gli ospiti. Il servo andò dal primo e gli disse, 'Il padrone ti invita.' E quegli disse, 'Ci sono dei mercanti che mi devono dei soldi, e vengono da me stasera. Devo andare a dargli istruzioni. Lo prego di scusarmi ma non posso venire a cena.' Il servo andò da un altro e disse, 'Il padrone ti ha invitato.' Quegli disse al servo, 'Ho comprato una casa, e devo assentarmi per un giorno. Non avrò tempo per la cena.' Il servo andò da un altro e gli disse, 'Il padrone ti invita.' Quegli disse al servo, 'Un mio amico si sposa, e devo preparargli il banchetto. Non potrò venire. Lo prego di scusarmi se non posso venire.' Il servo andò da un altro e gli disse, 'Il padrone ti invita.' Quegli disse al servo, 'Ho comprato una proprietà, e sto andando a riscuotere l'affitto. Non potrò venire, Lo prego di scusarmi.' Il servo ritornò e disse al padrone, 'Quelli che avevi invitato a cena chiedono scusa ma non possono venire.' Il padrone disse al servo, 'Vai per la strada e porta a cena chiunque trovi.'Acquirenti e mercanti non entreranno nei luoghi del Padre mio."

        65. Lui disse, Un [...] uomo possedeva una vigna e l'aveva affittata a dei contadini, così che la lavorassero e gli cedessero il raccolto. Mandò il suo servo dai contadini per farsi consegnare il raccolto. Quelli lo afferrarono, lo picchiarono, e quasi l'uccisero. Poi il servo ritornò dal padrone. Il padrone disse, 'Forse non li conosceva.' Mandò un altro servo, e i contadini picchiarono anche quello. Quindi il padrone mandò suo figlio e disse, 'Forse verso mio figlio mostreranno un qualche rispetto.' Poiché i contadini sapevano che lui era l'erede della vigna, lo afferrarono e lo uccisero. Chi ha orecchie ascolti!"

        66. Gesù disse, "Mostratemi la pietra scartata dai costruttori; quella è la chiave di volta."

        67. Gesù disse, "Quelli che sanno tutto, ma sono carenti dentro, mancano di tutto."

        68. Gesù disse, "Beati voi, quando sarete odiati e perseguitati; e non resterà alcun luogo, dove sarete stati perseguitati."

        69. Gesù disse, "Beati quelli che sono stati perseguitati nei cuori: sono loro quelli che sono arrivati a conoscere veramente il Padre.Beati coloro che sopportano la fame, così che lo stomaco del bisognoso possa essere riempito."

        70. Gesù disse, "Se esprimerete quanto avete dentro di voi, quello che avete vi salverà. Se non lo avete dentro di voi, quello che non avete vi perderà."

        71. Gesù disse, "Distruggerò questa casa, e nessuno sarà in grado di ricostruirla [...]."

        72. Un uomo gli disse, "Dì ai miei fratelli di dividere con me i loro averi." Lui disse all'uomo, "Signore, e chi mi ha nominato spartitore?" Si girò verso i discepoli e disse, "Non sono uno spartitore, vero?"

        73. Gesù disse, "Il raccolto è enorme ma i braccianti sono pochi, perciò pregate il mietitore di mandare i braccianti nei campi."

        74. Lui disse, "Signore, sono in molti attorno all'abbeveratoio, ma non c'è nulla nel pozzo."

        75. Gesù disse, "In molti si affollano davanti alla porta, ma sarà il solitario ad entrare nella camera nuziale."

        76. Gesù disse, "Il regno del Padre è come un mercante che ricevette un carico di mercanzia e vi trovò una perla. Il mercante fu accorto; vendette la mercanzia e si tenne solo la perla.Così anche voi, cercate il tesoro che è eterno, che resta, dove nessuna tarma viene a rodere e nessun verme guasta."

        77. Gesù disse, "Io sono la luce che è su tutte le cose. Io sono tutto: da me tutto proviene, e in me tutto si compie.Tagliate un ciocco di legno; io sono lì. Sollevate la pietra, e mi troverete."

        78. Gesù disse, "Perché siete venuti nella campagna? Per vedere una canna scossa dal vento? E per vedere un uomo vestito in abiti raffinati, come i capi e i potenti? Quelli sono vestiti in panni raffinati, e non sanno cogliere la verità."

        79. Una donna nella folla gli disse, "Fortunato il grembo che ti generò e il seno che ti nutrì."Lui le disse, "Fortunati coloro che hanno ascoltato la parola del Padre e l'hanno veramente conservata. Poiché vi saranno giorni in cui direte, 'Fortunato il grembo che non ha concepito, e il seno che non ha allattato. ' "

        80. Gesù disse, "Chi è arrivato a conoscere il mondo ha scoperto un cadavere, e chi ha scoperto un cadavere è al di sopra del mondo."

        81. Gesù disse, "Lasciate che chi è diventato ricco regni, e che chi ha il potere vi rinunci."

        82. Gesù disse, "Chi è vicino a me è vicino al fuoco, e chi è lontano da me è lontano dal regno."

        83. Gesù disse, "Le immagini sono visibili alla gente, ma la loro luce è nascosta nell'immagine della luce del Padre. Lui si rivelerà, ma la sua immagine è nascosta dalla sua luce."

        84. Gesù disse, "Quando vedete ciò che vi somiglia siete contenti. Ma quando vedrete le immagini che nacquero prima di voi e che non muoiono né diventano visibili, quanto dovrete sopportare!"

        85. Gesù disse, "Adamo è partito da un grande potere e una grande ricchezza, ma non era degno di voi. Perché se fosse stato degno, non avrebbe conosciuto la morte."

        86. Gesù disse, "Le volpi hanno tane e gli uccelli hanno nidi, ma gli esseri umani non hanno un posto dove stendersi e riposare."

        87. Gesù disse, "Quanto è misero il corpo che dipende da un corpo, e quanto è misera l'anima che dipende da entrambi."

        88. Gesù disse, "I messaggeri e i profeti verranno da voi e vi daranno ciò che vi appartiene. Voi, da parte vostra, date loro quello che avete, e dite a voi stessi, 'Quando verranno a prendere quello che gli appartiene?'"

        89. Gesù disse, "Perché sciacquate l'esterno della coppa? Non capite che quello che ha creato l'interno è anche quello che ha creato l'esterno?"

        90. Gesù disse, "Venite a me, perché il mio giogo è confortevole e il mio dominio è gentile, e troverete la vostra pace."

        91. Gli dissero, "Dicci chi sei così che possiamo credere in te."Lui disse loro, "Voi esaminate l'aspetto di cielo e terra, ma non siete arrivati a comprendere colui che è di fronte a voi, e non sapete come interpretare il momento attuale."

        92. Gesù disse, "Cercate e troverete.Nel passato, comunque, non vi ho rivelato le cose che allora mi chiedeste. Ora vorrei dirvele, ma voi non le chiedete più."

        93. "Non date le cose sacre ai cani, perché potrebbero gettarle sullo sterco. Non gettate perle ai porci, o potrebbero [...]."

        94. Gesù disse, "Colui che cerca troverà, e chi bussa entrerà."

        95. Gesù disse, "Se avete denaro, non prestatelo a interesse. Piuttosto, datelo a qualcuno da cui non lo riavrete."

        96. Gesù disse, "Il regno del Padre è come una donna. Prese un po’ di lievito, lo nascose nell'impasto, e ne fece grandi forme di pane. Chi ha orecchie ascolti!"

        97. Gesù disse, "Il regno è come una donna che portava una giara piena di farina. Mentre camminava per una lunga strada, il manico della giara si ruppe e la farina le si sparse dietro sulla strada. Lei non lo sapeva; non si era accorta di nulla. Quando raggiunse la sua casa, posò la giara e scoprì che era vuota."

        98. Gesù disse, "Il regno del Padre è come una persona che voleva uccidere un potente. Prima di uscire di casa sfoderò la spada e la infilò nel muro per provare se il suo braccio riusciva a trapassarlo. Poi uccise il potente."

        99. I discepoli gli dissero, "I tuoi fratelli e tua madre sono qui fuori." Lui disse loro, "Quelli che fanno il volere del Padre mio sono i miei fratelli e mia madre. Sono quelli che entreranno nel regno di mio Padre."

        100. Mostrarono a Gesù una moneta d'oro e gli dissero, "Gli uomini dell'imperatore romano ci chiedono le tasse."Lui disse loro, "Date all'imperatore quello che è dell'imperatore, date a Dio quello che è di Dio, e date a me quel che è mio."

        101. "Chiunque non odia padre e madre come me non può essere mio discepolo, e chiunque non ama padre e madre come me non può essere mio discepolo. Poiché mia madre [...], ma la mia vera madre mi ha dato la vita."

        102. Gesù disse, "Maledetti i Farisei! Sono come un cane che dorme nella mangiatoia: il cane non mangia, e non fa mangiare il bestiame."

        103. Gesù disse, "Beati quelli che sanno da dove attaccheranno i ribelli. Possono organizzarsi, raccogliere le risorse imperiali, ed essere preparati prima che i ribelli arrivino."

        104. Dissero a Gesù, "Vieni, oggi preghiamo, e digiuniamo."Gesù disse, "Quale peccato ho commesso, o di quale impurità mi sono macchiato? Piuttosto, quando lo sposo lascia la camera nuziale, allora lasciate che la gente digiuni e preghi."

        105. Gesù disse, "Quando farete dei due uno diventerete figli di Adamo, e quando direte 'Montagna, spostati!' si sposterà."

        107. Gesù disse, "Il regno è come un pastore che aveva cento pecore. Una di loro, la più grande, si smarrì. Lui lasciò le altre novantanove e la cercò fino a trovarla. Dopo aver faticato tanto le disse, 'Mi sei più cara tu di tutte le altre novantanove.'"

        108. Gesù disse, "Chi berrà dalla mia bocca diventerà come me; io stesso diventerò quella persona, e tutte le cose nascoste gli si riveleranno."

        109. Gesù disse, "Il regno del Padre è come una persona che aveva un tesoro nascosto nel suo campo ma non lo sapeva. E quando morì lo lasciò a suo figlio. Il figlio non ne sapeva nulla neanche lui. Diventò proprietario del campo e lo vendette. L'acquirente andò ad arare, scoprì il tesoro, e cominciò a prestare denaro a interesse a chi gli pareva."

        110. Gesù disse, "Lasciate che chi ha trovato il mondo, ed è diventato ricco, rinunci al mondo."

        111. Gesù disse, "I cieli e la terra si apriranno al vostro cospetto, e chiunque è vivo per colui che vive non vedrà la morte." Non dice Gesù, "Di quelli che hanno trovato se stessi, il mondo non è degno?"

        112. Gesù disse, "Maledetta la carne che dipende dall'anima. Maledetta l'anima che dipende dalla carne."

        113. I suoi discepoli gli chiesero, "Quando verrà il regno?""Non verrà cercandolo. Non si dirà 'Guarda, è qui!', oppure 'Guarda, è lì!' Piuttosto, il regno del Padre è sulla terra, e nessuno lo vede."



        sigpic"Ooh amore ooh amante
        Che fai stasera ragazzo?
        Tutto va bene, solo tienimi stretto
        Questo perché sono un buon amante vecchio stampo"

        Così non capisce. Devi dire "Conan, hai rotto er *****!" (Sergio cit.)

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          #5
          di David Donnini

          Indagine critica sulle radici storiche del Vecchio Testamento

          "Dio non avrebbe mai scritto un libro come questo"

          Sommario:

          1 - UN FARAONE PARTICOLARE.

          Una ventina d'anni fa, mentre rovistavo nella vecchia libreria di mio padre, fra scaffali nei quali facevano bella mostra di sé le eleganti costole rilegate in tela di volumi degli anni trenta e quaranta, mi capitò fra le mani un testo di Sigmund Freud: "Mosè e il monoteismo".
          Rimasi stupito del fatto che Freud si fosse occupato di quell'argomento; ero abituato a titoli come "Psicopatologia della vita quotidiana", o "L'interpretazione dei sogni", e pensavo che il padre della psicanalisi non si fosse mai interessato di questioni storiche o religiose. Iniziai a leggerlo e, devo confessare, fu un impatto travolgente; rimasi talmente affascinato da ciò che scoprii che mi domandai com'era possibile che certi significativi incontri dipendessero da circostanze così casuali. E se non ci fosse stato questo libro nella casa dei miei genitori? L'avrei mai letto?


          Sigmund Freud era ebreo di nascita. Egli apparteneva ad una stirpe che, in seguito alla plurisecolare persecuzione subita da parte dei cristiani, ha sviluppato per reazione un fortissimo senso della propria identità e trasmette ai propri figli un orgoglio fiero, composto ma deciso, capace di lunga rassegnazione, ma anche di uno spirito di autodifesa e di combattimento com'è difficile trovarne in altre realtà etnico-religiose.

          La prima parte del libro faceva spesso riferimento ad un faraone egiziano della XVIII dinastia, Amenofi IV. Costui fu il protagonista di una eccezionale riforma politico-religiosa del sistema egiziano. L'occidente cristiano non ha la benché minima idea di quanto sia debitore, nelle caratteristiche della propria identità culturale, al faraone Akhenaton e ai contenuti della sua riforma.

          Sarà bene procedere con calma e ordine, cominciando da una brevissima premessa sulla situazione dell'Egitto nel periodo che precedette l'ascesa al potere di questo singolare faraone.

          Sotto il regno di Amenofi III (negli anni dal 1405 al 1377 a.C.), quando Tebe era la città reale, una fortissima casta sacerdotale, custode e amministratrice del culto del dio Ammon, aveva sviluppato, in connubio con l'aristocrazia del paese, un grande potere, ed era entrata in una posizione conflittuale con l'egemonia della corte faraonica. Per questo motivo, ma anche per una propensione caratteriale e ideologica, allorché succedette ad Amenofi III il figlio che costui aveva avuto dalla regina Tiye, Amenofi IV (intorno all'anno 1377 a.C.), l'Egitto fu protagonista del suo più grande sconvolgimento, quale nemmeno le precedenti invasioni degli Hyksos avevano potuto produrre.

          In breve tempo, a partire dalla sua nomina al trono, il nuovo faraone rivoluzionò la religione di stato, spodestò la classe sacerdotale, sostituì il molteplice panteon egizio con una curiosa fede monoteistica. Si trattava forse del primissimo esempio nella storia di monoteismo di stato, incentrato sul culto del disco solare, che era chiamato Aton. Anche la capitale fu spostata ad Akhet-aton, più a nord rispetto a Tebe, e il sovrano mutò il proprio nome da Amenofi ad Akhenaton, o Ekhnaton (amato da Aton).

          Nell'insegnamento di Akhenaton possiamo notare la insistente ricorrenza del termine "maet" (verità), ed egli stesso si definiva "vivente nella verità", al punto da sovvertire la tradizione che, nelle opere d'arte, era solita presentare il sovrano in una forma stereotipata, coerente col formalismo celebrativo, e si faceva ritrarre in scene di vita familiare, mentre insieme alla moglie Nefertiti e alle figlie passeggiava e faceva offerte al dio sole.

          Fu, probabilmente, un faraone dal volto umano; sappiamo che perseguì una politica pacifista, riducendo le spese militari e rinunciando alla difesa ad oltranza dei territori fuori dall'Egitto. Possiamo ragionevolmente ipotizzare che ciò comportasse una diminuzione del prelievo fiscale; possiamo anche avanzare l'idea che il popolo percepisse, nella figura del suo bizzarro faraone, qualcosa di meno lontano da sé di quanto non fossero stati i precedenti sovrani e sacerdoti. Ma queste, ci tengo a chiarirlo, sono speculazioni arbitrarie, senza un fondamento nelle prove storiche.

          E' abbastanza immediato pensare che un sistema del genere difficilmente avrebbe potuto funzionare a lungo. Infatti gli hittiti premevano ai confini orientali del regno e sfruttarono la circostanza per espandere il loro dominio a spese dell'Egitto. Molti fra i sacerdoti spodestati e gli aristocratici intuirono i pericoli della circostanza e tramarono per preparare una restaurazione del precedente regime e riconquistare i privilegi perduti. Allorché Akhenaton morì (intorno al 1362 a.C.), la moglie Nefertiti si adoperò per far salire al trono il giovanissimo genero Tut-ankh-aton, ma, alla morte della stessa Nefertiti, sacerdoti ed aristocratici approfittarono della situazione instabile e dell'inesperienza del nuovo faraone, per iniziare una rapida controriforma e per rimettere in piedi gli antichi poteri e la religione tradizionale dell'Egitto. La città di Akhet-aton fu abbandonata e la capitale fu ristabilita a Tebe. Anche il nome del faraone fu opportunamente corretto in Tut-ankh-amon, coerentemente col culto restaurato del dio Ammon. Tutti conosciamo il famoso faraone, è l'unico di cui è stata scoperta la tomba intera, inclusa la mummia, e questo ritrovamento è stato l'evento più spettacolare dell'archeologia egiziana.

          E' ovvio che, con l'avvento della restaurazione, una parte della società egiziana, che si era sviluppata alla corte di Akhenaton, visse un pesante tracollo. Possiamo facilmente immaginare in quale difficile situazione si siano trovati i suoi ex funzionari e sacerdoti, improvvisamente esautorati e, probabilmente, perseguitati.

          Ora, come spesso succede in questi casi, se sono i grandi poteri a stabilire certe tappe importanti del cammino storico, sono alcuni poteri meno appariscenti (oserei dire occulti) a dirigere il cammino definitivo della storia, anche se a lunga scadenza. Infatti è assolutamente certo che l'esperienza del regno di Akhenaton aveva lasciato una traccia profonda, non solo negli interessi politici e nei rancori di quanti erano stati colpiti dalla controriforma, ma anche, e forse soprattutto, nell'inconscio collettivo, grazie all'idea di una teologia monoteistica, che sostituiva le figure fantasiose delle numerose divinità col concetto affascinante di un principio creatore unico ed universale, irrimediabilmente superiore a quello delle immagini dall'aspetto antropomorfico o animale, simboleggiato dal disco solare; in cui chiunque riconosce istintivamente la paternità di ogni manifestazione della vita terrestre.

          Sebbene non ci siano elementi per riportare alla luce, dall'oblio in cui sono stati definitivamente sepolti, i movimenti e le trame di coloro che, per interesse o per adesione ideologica, simpatizzavano con le concezioni dell'ormai sconfitto sistema politico-religioso di Akhenaton, possiamo essere certi che questo desiderio di ritorno alle novità di cui l'Egitto aveva avuto un assaggio, non ha mai più abbandonato almeno una parte della società di questo paese, e ha giocato un ruolo non indifferente nella dinamica delle conflittualità interne.

          2 - GLI EBREI IN EGITTO.

          A questo punto, nel nostro discorso, possiamo innestare la realtà dei popoli semitici che erano penetrati in Egitto, pur non essendo egiziani, in una condizione che troppo spesso è semplicisticamente rappresentata dal termine "schiavitù".

          Già in precedenza i rozzi nomadi semiti avevano preso di mira, con le loro migrazioni di massa, altre grandi civiltà sedentarie, attratte dallo straordinario sviluppo tecnologico di cui queste erano depositarie, e della loro imponente organizzazione urbanistica e sociale. Mi riferisco ai sumeri, che furono letteralmente schiacciati da questa corrente migratoria. I semiti in questione erano gli accadi. Un grande condottiero di questi uomini (siamo intorno all'anno 2450 a.C.), protagonista di una clamorosa vittoria sui sumeri, fu Sargon. Di lui la leggenda accadica narra che era stato abbandonato dalla madre nelle acque del fiume, in un canestro di giunchi, per poi essere raccolto da un acquaiolo, su indicazione della dea Ishtar, che lo aiutò a diventare un re potente. E' una storia che già conosciamo, anche se con altri protagonisti.

          Adesso, nell'Egitto degli ultimi faraoni della XVIII dinastia, e dei primi della XIX, succedeva qualcosa di somigliante a ciò che era successo nel paese dei sumeri mille anni prima; e che succede ancora oggi nei paesi opulenti dell'occidente cristiano. Le popolazioni circostanti, etnicamente diverse, socialmente e culturalmente meno evolute, economicamente più povere (potremmo considerarli gli extracomunitari dell'epoca), entravano in Egitto e qui si stabilivano in cerca di fortuna. Gli stessi Egiziani tolleravano la loro presenza perché, non ostante gli evidenti svantaggi del fenomeno immigratorio, questa gente offriva forza lavoro a basso costo, e poteva svolgere gli innumerevoli compiti che i contadini egizi non avrebbero potuto né voluto svolgere. La Bibbia li rappresenta come un popolo che aveva già maturato una sua identità nazionale, chiamandoli ebrei. Ma questa è pura leggenda. Infatti le popolazioni che si erano introdotte in Egitto per lavorare erano molte e diverse, così come oggi, da noi, sono diversi i marocchini dai senegalesi, gli albanesi dagli slavi...

          E' probabile che, ad un certo punto, questa parte della varia umanità che componeva il tessuto sociale egiziano, abbia acquistato un certo peso e una certa coscienza di sé, maturando il bisogno di acquistare anche un senso della propria identità che, ovviamente, fino a quel momento non esisteva perché si trattava di un gruppo eterogeneo per lingua, razza e culti religiosi, in cui, probabilmente, prevaleva una componente semitica.

          L'opinione di Freud, che egli illustra con grande chiarezza nel libro che abbiamo citato in precedenza, è quella che le conflittualità interne alla società egiziana e, in particolare, le opposizioni nei confronti della classe dominante, costituita dai faraoni della XIX dinastia e dalla classe sacerdotale fedele al culto restaurato del dio Ammon, abbiano potuto concentrarsi intorno alla nostalgia per la perduta riforma voluta da Akhenaton.

          E' probabile che il monoteismo incentrato sulla figura divina del sole offrisse l'idea di un concetto universalistico che si prestava alle istanze di quanti, in seno alla società egiziana, erano collocati in una posizione fortemente emarginata e subordinata. Ed è anche probabile che gli ex funzionari e sacerdoti di Akhenaton, o i loro discendenti, abbiano trovato nelle popolazioni semitiche, che vivevano in Egitto in una condizione di pesante asservimento, una comunità disposta ad ascoltarli, interessata a seguirli, a dare loro peso e importanza. Si sarebbe così determinata una simbiosi fra la parte dissidente della società egiziana, costituita da quanti avevano subito il tracollo del sistema di Akhenaton, e le popolazioni immigrate, le quali, fino a quel momento, non erano state capaci di darsi né una identità né una forza come gruppo.

          Freud si è spinto fino ad avanzare l'idea che l'uomo che noi conosciamo come Mosè fosse stato un ex funzionario di Akhenaton, anche se ciò dà adito a qualche obiezione. Una di queste, per esempio, riguarda i tempi; infatti una delle probabili datazioni dell'uscita delle popolazioni semitiche dall'Egitto è intorno al 1250 a.C., durante il regno del faraone Ramsete II. Sono passati cento anni dalla restaurazione del culto di Ammon e Mosè non potrebbe essere stato un protagonista in prima persona dell'esperienza del sistema di Akhenaton. Anche se, in realtà, la datazione dell'esodo è quanto di più incerto ci sia e non è possibile porre questa obiezione come decisiva. Personalmente non credo affatto che determinare una datazione certa per il cosiddetto esodo sia molto importante, ai fini del nostro discorso; infatti non è così fondamentale che Mosè sia stato, oppure no, un funzionario del faraone Akhenaton. A noi importa soprattutto introdurre un'idea: quella che gli egiziani accomunati da un interesse nostalgico per il sistema di Akhenaton e per la sua concezione monoteistica, da un lato, e la componente emarginata della società egiziana che aveva avuto origine nei trascorsi flussi immigratori, dall'altro lato, avessero trovato un'intesa che li poneva in serio conflitto con le classi dominanti e che li aiutava a maturare una identità di gruppo.

          Ora, gli interpreti di questo più che verosimile processo possono essere stati sia gli ex protagonisti del sistema di Akhenaton, in un'epoca immediatamente successiva alla restaurazione (fra il 1350 e il 1300 a.C.), sia i loro discendenti (fra il 1300 e il 1200 a.C.), ovverosia all'epoca in cui siamo soliti ambientare l'esodo biblico.

          3 - MOSE' EGIZIANO?

          C'è un aspetto estremamente importante che Freud sottolinea con argomentazioni puntuali e, direi, piuttosto ineccepibili. Si tratta del fatto che Mosé sarebbe stato un egiziano e non, come si crede comunemente, un ebreo. Una delle basi di questa opinione risiede nel nome stesso: "...E' importante notare che il suo nome (il nome di questo capo), Mosè, è egiziano. Esso è semplicemente la parola egiziana "mose" che significa "fanciullo", ed è la contrazione di forme nominali più complesse, quali ad esempio "Amon-mose", che significa "Amon un fanciullo", o "Ptah-mose", che significa "Ptah un fanciullo", i quali nomi sono a loro volta abbreviazioni della forma piena "Amon ha donato un fanciullo", o "Ptah ha donato un fanciullo". L'abbreviazione "fanciullo" presto divenne una forma rapida più conveniente dell'ingombrante nome completo, ed il nome Mose, "fanciullo", non è infrequente sui monumenti egizi. Il padre di Mosé senza dubbio prefisse al nome del figlio quello di un dio egizio, quale Amon o Ptah, e questo nome divino si perdette gradualmente nell'uso corrente, finché il fanciullo venne chiamato "Mose"" [Citazione da History of Egypt, di J.H.Breasted, in Freud, Mosè e il monoteismo, Pepe Diaz, Milano, 1952].

          "...nella lingua [egiziana] "Mosè" equivaleva a "bambino", "figlio", "discendente", sia in senso letterale che metaforico..." [J.Lehmann, Mosè l'egiziano, Garzanti, Milano, 1987].

          E ancora: "...non ci resta perciò che il nome, il quale, malgrado la spiegazione giudaica "tratto dalle acque", riallaccia Mosè ai nomi egiziani Tutmosi o Ramesse (Rah-mose)" [F.Castel, Storia d'Israele e di Giuda, Ed. Paoline, Cinisello Balsamo (Mi), 1987].

          C'è poi un'altra importante considerazione da fare. Il Mosè biblico ha un abito del tutto leggendario, a sostegno dell'idea che la sua identità sia il frutto di una operazione artificiale finalizzata a rappresentarlo come il padre nazionale degli ebrei . Infatti il racconto della sua nascita, coerentemente con le leggende semitiche, è la copia esatta del racconto che riguarda la nascita del grande Sargon di Accad, che fu abbandonato nelle acque e poi salvato per diventare, infine, un grande re. Evidentemente, allorché fu redatta la storia del popolo che era sfuggito dall'Egitto, si voleva che il suo condottiero possedesse i requisiti che lo rendevano meritevole, a pieno titolo, di quella dignità. Il racconto non fu scritto da storici, animati da uno spirito scientifico di cronaca, ma da apologeti, che dovevano contribuire alla creazione di una coscienza nazional-religiosa.

          Ora, esistono altri elementi di sostegno alla tesi del Mosé egiziano, seguace della teologia di Akhenaton: uno è il nome che gli ebrei utilizzano spesso per riferirsi al loro dio, al posto del termine tabù (indicato comunemente dal tetragramma YHWH) che nessuno poteva pronunciare ad alta voce. Si tratta della parola Adonai, che ha la stessa radice (Adon) del dio solare di Amenofi IV (Aton). I glottologi sanno bene che le lettere t e d sono del tutto intercambiabili nelle radici etimologiche, pertanto Adon e Aton sono esattamente lo stesso nome. Si osservi quanto afferma ancora Sigmund Freud: "Il credo ebraico, come è noto, recita: "Schema Jisroel Adonai Elohenu Adonai Echod". Se la somiglianza del nome dell'egizio Aton alla parola ebraica Adonai e al nome divino siriaco Adonis non è casuale, ma proviene da una vetusta unità di linguaggio e significato, così si potrebbe tradurre la formula ebraica: "Odi Israele il nostro Dio Aton (Adonai) è l'unico Dio"" [Sigmund Freud, Mosè e il Monoteismo, Milano, 1952].

          L'altro elemento è l'aspetto della famosa "arca dell'alleanza" , che, nel racconto biblico (Es 25, 10-22), Dio aveva ordinato a Mosè di edificare e che, in seguito, sarebbe stata conservata nel tempio di Salomone fino all'invasione assira. Essa riproduce la "barca degli dei" dei templi egizi, anch'essa coi cherubini ad ali spiegate.

          Ma c'è un altro elemento, senza dubbio quello di maggior peso: Mosè è comunemente considerato il padre del monoteismo, ma dobbiamo ammettere che la sua idea ha un precedente molto vicino nello spazio e nel tempo, e molto analogo, nella teologia di Akhenaton, pertanto ci rimane difficile credere che la sintesi monoteistica di Mosè non abbia alcun debito nei confronti della rivoluzione religiosa del faraone Amenofi IV.

          Riassumendo:
          1 - Mosè predica in Egitto, come Akhenaton 50 o 100 anni prima, una teologia monoteistica;
          2 - Mosè ha un nome egiziano;
          3 - Mosè ha, nel racconto biblico, una nascita assolutamente leggendaria;
          4 - Un nome del dio ebraico (Adonai), ha la stessa radice del dio solare (Aton) di Amenofi IV;
          5 - L'arca dell'alleanza degli ebrei è quasi identica alla "barca degli dei" dei templi egizi.


          4 - UN POPOLO ETEROGENEO.

          Ci troviamo davanti ad importanti constatazioni: le genti che uscirono dall'Egitto, attraverso quel processo che la Bibbia rappresenta nel libro dell'Esodo, erano costituite, per una componente, da una parte della società egiziana, quella dissidente, erede della riforma politico-religiosa di Akhenaton, fedele alla teologia monoteistica, e, per l'altra componente, da un insieme variegato di tribù, in prevalenza semitiche, che avevano trascorso in Egitto molti decenni, trovando interessi da condividere. Si trattava comunque di genti che parlavano lingue o dialetti diversi, con tradizioni religiose diverse, legate agli dei tribali. Non si trattava affatto di un popolo omogeneo, che potesse riconoscersi sotto il nome di ebrei. Ed è per questo che il racconto biblico ci testimonia la grande difficoltà di tenere unito questo insieme di persone ma, soprattutto, la difficoltà di Mosè a mantenere una egemonia su queste genti. Si ricordi a questo proposito il ritorno di Mosè dal monte Sinai, col popolo che, in sua assenza, aveva iniziato ad adorare il vitello d'oro, restaurando, chi lo sa, qualche culto tribale.

          E' molto verosimile che la componente egizia di questo insieme di genti, ovverosia gli eredi del sacerdozio di Aton, fossero quelli che la tradizione ebraica chiama "Leviti" e che Mosè ne fosse il capo.

          Volendo mantenere un atteggiamento storicamente onesto, noi dobbiamo dissociarci dall'immagine biblica e riconoscere che, all'epoca dell'esodo, non esistevano affatto, o ancora, gli ebrei, intesi come un popolo che potesse essere considerata tale a tutti gli effetti, ovverosia con una sua omogeneità etnica, linguistica, culturale e religiosa, e con una storia comune oltre al fatto di avere condiviso uno stato di emarginazione e di subordinazione in Egitto. Quello che la Bibbia ci rappresenta come il momento in cui gli ebrei realizzarono il loro riscatto dalla schiavitù egiziana è, in realtà, il primo momento in cui gli ebrei iniziano ad inventarsi come popolo. Mosè fu il loro punto di riferimento, come Maometto, 1800 anni più tardi, fu il punto di riferimento per la nascita di una nazione araba. Allora possiamo quasi affermare che la Bibbia non fu un prodotto degli ebrei ma, al contrario, furono gli ebrei un prodotto della Bibbia, nel senso che i principi teologici della Bibbia furono concepiti col fine primario di offrire una base adatta a creare e consolidare l'identità etnico-religiosa di quell'insieme di tribù che si era voluto far diventare popolo.

          5 - DAVID, L'UNTO DI YHWH.

          I fuoriusciti dall'Egitto, governati da una casta egiziana e da un capo che aveva riciclato il monoteismo di Akhenaton, ebbero vita difficile e peregrinarono in cerca di una casa finché non giunsero nei pressi di quella striscia di territorio che sta tra il fiume Giordano e il mar mediterraneo. In quel contesto di deserti infuocati (Sinai, Negev, penisola arabica...), dove in estate il sole, picchiando sulle rocce e sulle sabbie nude, produce comunemente temperature di 50 e persino 60 gradi che arrostiscono ogni creatura vivente, le colline della palestina, che sfiorano i mille metri d'altitudine, arrestano il vento che viene dal mare e facilitano le piogge, creano un ambiente assolutamente idilliaco. Clima temperato, boschi verdeggianti, erba adatta al pascolo, stambecchi che scorrazzano, sorgenti di acqua fresca e terra fertile.

          Chi non avrebbe pensato che quella sorta di oasi incredibile era un giardino preparato apposta dal creatore come dote per un popolo che godeva di una sua particolare simpatia?

          Ma, ahimé, altre genti occupavano questo suolo. Tribù che non erano molto intenzionate ad accettare l'intromissione di questa nuova banda di nomadi.

          Certamente i fuoriusciti dall'Egitto ebbero da affrontare prove molto dure, come del resto è chiaramente testimoniato dal racconto biblico relativo al tutto il lungo periodo che separa Mosè da David (due o tre secoli). Un periodo di lotte interne e di conflitti esterni in cui queste genti, oltre a combattere con gli indigeni che trovavano sul loro cammino, dovevano anche combattere contro quella crisi di identità che non poteva non affliggere coloro che tentavano di comportarsi come popolo, pur essendo un miscuglio molto bastardo. Ed è per questo che la società di Israele ha sempre conservato nella sua struttura una molteplicità che, nei fatti, si è espressa nella suddivisione in dodici tribù.

          Ovviamente, le vicende e i disagi che questo insieme di genti ha dovuto vivere nei due o tre secoli successivi all'uscita dall'Egitto, ha influito profondamente sulla maturazione della loro concezione religiosa. Infatti, sebbene l'eredità teologica della concezione monoteistica di Akhenaton fosse il concetto di un creatore unico per tutto l'universo e per tutti gli esseri, fu impossibile evitare che queste tribù, impegnate in una dura lotta per la sopravvivenza, non sviluppassero un'immagine del dio come "proprio" dio, un dio che amava intervenire a favore del suo popolo prediletto, un dio che determinava gli esiti delle battaglie e veniva definito per questo "dio degli eserciti".

          Questa, filosoficamente parlando, è senz'altro una involuzione del monoteismo pacifista di Akhenaton, che sembrava accarezzare l'idea incredibilmente moderna di una religione universale, legata all'immagine di dio non come signore tribale, ma come signore della natura, depositario di quella potenza che elargisce e governa la vita di tutte le creature. Ma è anche vero che Akhenaton, in giovane età, come principe ereditario, si è trovato senza fatica sul trono di una antica e splendida civiltà. Per lui è stato facile immaginare una religione universale e pacifica, e non possiamo dimenticare che la sua politica idealista, in fin dei conti, è stata abbastanza rovinosa per l'Egitto.

          Il dio unico di Israele non è più quel sole equanime che splende per tutti, i cui raggi scendono sulla terra come mani amorose che accarezzano tutte le creature. Il dio di Israele diventa molto partigiano, intende sterminare coloro che non vogliono essere suoi fedeli, incarica un popolo prediletto di farsi esecutore impietoso di questo piano finalizzato al risanamento spirituale dell'umanità. Questa è ovviamente la proiezione narcisistica eseguita da un gruppo umano che, a differenza di Akhenaton, non ha ereditato lo splendore di un antico e ricco paese, bensì non ha ancora una terra, non ha una storia comune, non ha altro che povertà, nemici ostili e crisi di identità collettiva.

          Che altro può fare, un gruppo umano come questo, se non inventarsi un orgoglio nazional-religioso, anzi, una missione spirituale, un patto privilegiato col creatore, colmare il proprio immaginario collettivo con l'idea di essere, fra tutti i popoli, il favorito del creatore e di legittimare il proprio interesse promuovendolo al rango di una causa di giustizia universale? Non solo è una idea necessaria, ma si tratta di una idea geniale, assolutamente vincente e, sebbene il presunto favore di dio sia solo una invenzione narcisistica, chi, in Israele, avrebbe osato metterlo in dubbio? Ed è così che l'idea di un monoteismo di stato, presa in prestito da Akhenaton, che non si era rivelata utile per il vecchio Egitto, si rivelò utile per il giovane Israele; adattando però una parte della sua filosofia alle necessità di questo popolo nascente e assumendo tinte di spiccato nazionalismo.

          6 - IL REGNO DI DIO.

          Uno dei momenti più gloriosi della sua storia Israele l'ha vissuto quando, a seguito di brillanti vittorie contro i popoli indigeni della palestina, si è trasformato in un regno, prima sotto Shaul, capo della tribù di Beniamino, e subito dopo sotto David, un umile pastorello della tribù di Giuda, che era andato in sposa alla figlia di Shaul.

          Shaul era riuscito a riunire sotto lo stesso regno solo tre tribù e non aveva stabilito una capitale, mentre David, un individuo affascinante, abile, spregiudicato, anzi, decisamente cinico, seppe riunire tutte e dodici le tribù sotto un grande regno. E poiché si trattava del regno di un popolo che aveva ormai maturato la convinzione di essere depositario di una missione affidatagli direttamente da dio, o meglio, che era cresciuto e aveva vinto proprio perché aveva trovato la sua identità e la sua forza inventandosi tale convinzione, quel regno non poteva essere altro che il "regno di dio". E il suo compito era quello di splendere davanti a tutti i popoli della terra come luce di verità.

          David fu l'unto del signore, messia (mashiah in ebraico, che si traduce christos in greco e cristo in italiano). Le sue umili origini devono in qualche modo essere promosse e la Bibbia ci racconta del profeta Samuele che va a Betlemme (città natale di Davide) e, ispirato da dio, lo riconosce come colui che regnerà su Israele e lo cosparge con l'olio dell'unzione.

          David esprime un disegno ambizioso: dare una capitale grandiosa al regno di dio e erigervi un tempio monumentale, che potesse competere con la memoria degli splendori egiziani, sumeri, babilonesi... E' sua la scelta felice di Gerusalemme come capitale, sopra uno dei colli più fortunati della palestina, fra i boschi, a ottocento metri di altitidine, dove i nemici non possono sorprendere con attacchi imprevedibili, dove zampillano sorgenti rigogliose e dove il clima estivo è quello, delizioso, di una località di vacanze di mezza montagna.

          Ma David dovette anche affrontare un problema che non era per niente risolto e che dimostra, in modo inequivocabile, quanto eterogeneo fosse questo popolo e come fosse difficile tenerlo unito. David dovette superare gravi difficoltà interne, fra cui una ribellione voluta da uno dei suoi figli, Assalonne, che egli non esitò a far uccidere.

          E così David non riuscì a edificare il tempio, sarà uno dei suoi figli, Salomone, che egli ebbe da Betsabea, a realizzare questa ambizione, ma i costi di tale impresa furono talmente elevati, in termini umani e fiscali, da far precipitare il problema della coesione interna, che non poteva non essere sempre minaccioso in un popolo che si era inventato tale, appiccicando insieme tribù diverse e dalle origini più varie.

          E così il sedicente "regno di dio" si sfasciò troppo presto sotto il proprio peso e si trasformò in due regni: quello di Israele, nelle regioni della attuale Samaria (palestina centro settentrionale), e quello di Giuda, nelle regioni a ovest del Mar morto (palestina centro meridionale). Il regno di dio durò meno di un secolo, né mai più trovò il suo antico splendore. Furono uomini come quello che Pilato fece crocifiggere alla vigilia di una festività pasquale che, mille anni dopo David, tentarono di replicarne l'impresa, ma fallirono e finirono puntualmente i loro giorni con le mani e coi piedi inchiodati.

          7 - UN LIBRO SACRO CHE RACCONTI LA NOSTRA GLORIOSA STORIA.

          L'ideale monoteista, in associazione con la convinzione di essere toccati da una scelta di dio, e quindi di essere gli affidatari di una missione spirituale e i destinatari di una terra promessa, è l'ideologia che ha consentito agli ebrei di inventarsi come popolo, di svilupparsi, di risolvere i suoi problemi di sopravvivenza, di mantenere una difficile coesione, per quanto traballante essa sia stata. Ed è per questo che gli ebrei, ad un certo punto della loro storia, fra le tante altre cose geniali che hanno fatto, hanno deciso di darsi come punto di riferimento delle scritture.

          Naturalmente una buona parte dei contenuti che tali scritture avrebbero dovuto esprimere era già preesistente alla loro stesura in forma grafica e, come è normale nei popoli antichi, la loro conservazione e trasmissione era stata affidata ad una tradizione orale di cui i saggi erano i depositari. Ma una scrittura da leggere in pubblico, le cui frasi fossero da imparare a memoria e da ripetere innumerevoli volte, intorno alla quale la gente si sarebbe potuta incontrare, avrebbe offerto al popolo qualcosa di assai più concreto e tangibile che non la sapienza custodita da una ristretta elite di iniziati.

          Quand'è che questa necessità si presentò con una urgenza irrinunciabile? La risposta è senz'altro all'epoca della formazione del regno, quando David tolse alla tribù di Beniamino l'egemonia per darla alla tribù di Giuda e scelse, o impose, Gerusalemme come capitale. E' questo il momento in cui gli scribi si sono rimboccati le maniche e hanno redatto i primi libri. Come minimo è questo il momento in cui diventano bianco su nero le storie di Abramo e di Isacco e, forse, molte altre cose.

          Ovviamente gli scribi del "regno di dio" appena nato, sono spinti da una serie di esigenze molto precise. La coesione fra le genti del regno è precaria, la scrittura deve eliminare questo vizio congenito di Israele, essa non solo deve raccontar loro che essi sono figli dello stesso dio, ma figli di uno stesso padre umano, e Abramo, figura di cui non sapremo mai se è prodotta dalla fantasia o dalla storia, vince questo ruolo. A lui dio chiede delle prove molto dure, infine lo sceglie per dare origine al popolo a cui sarà affidata la missione.

          Nel redigere queste scritture gli scribi compiono una sintesi colossale e fanno man bassa di tutto il materiale che possono raccogliere per rendere la loro opera nobile, grandiosa, venerabile, prestigiosa, autorevole. Oggi la Bibbia ci si presenta come parola di dio perché i suoi redattori furono spinti dalla necessità ideologica di farla apparire tale al giovane popolo di Israele.

          Una parte abbondante della mitologia del vicino oriente confluisce in questa sintesi, non solo quella accadica, ovverosia quella dei popoli che condividevano con Israele la radice semitica, ma anche quella sumera, una etnia completamente diversa, con cui gli accadi avevano avuto a che fare a lungo. E così il quadro della genesi si apre con una scena assolutamente sumera, ovverosia con il racconto della trasgressione primordiale compiuta da Adamo e Eva nel giardino dell'Eden. E poi continua con il racconto del diluvio, che è letteralmente sottratto all'epopea sumera di Gilgamesh, poi ripresa dai babilonesi, in cui Noè si chiamava Ziusudra, Uta-napishtim, Atrahasis. Ed anche il racconto della torre di Babele ha come punto di riferimento gli ziggurat mesopotamici, mentre la confusione delle lingue sta senz'altro a rappresentare il disagio dovuto all'imbastardimento della società sumerica in seguito alla consistente infiltrazione accadica.

          Un presupposto di grande importanza è la creazione fittizia di una continuità, o meglio, di una linearità. Una delle principali mistificazioni prodotte da questa esigenza è, per esempio, il fatto che gli ebrei avessero questa radice etnica unitaria e fossero un popolo prima ancora delle vicende dell'esodo. Sarebbero stati un popolo già in Egitto, un popolo schiavo e prigioniero da raffigurare con una buona dose di vittimismo ma, a parte il fatto che gli immigrati e gli emarginati della società egiziana non avranno certamente avuto vita facile né molto privilegi da condividere, si tratta di una rappresentazione del tutto falsata. Infatti non si trattava di un popolo omogeneo; né il loro stato poteva definirsi schiavitù secondo quella accezione del termine a cui siamo stati abituati dall'immagine latina, ovverosia dello schiavo inteso come oggetto subumano, che è proprietà privata del suo padrone, su cui quest'ultimo ha pieno diritto di vita e di morte. Abbiamo una subordinazione del tutto diversa, che non rispecchia questo cliché romano.

          Al fine di ottenere l'effetto della continuità storica, le scritture abbondano di lunghi elenchi di patriarchi i quali, posti in fila in lunghe paginate, offrono una efficace suggestione didattica. E molti imparano a memoria, e ripetono all'infinito questi elenchi, finché essi realizzano un condizionamento psicologico che infonde nell'immaginario collettivo l'idea di appartenere ad un popolo che ha radici antiche, che ha una messaggio da trasmettere, che ha una eredità da salvaguardare.

          Dopo avere costruito la figura chiave del padre della razza, Abramo, è necessario costruire quella del padre della nazione, Mosè. Ed è così che l'egiziano diventa ebreo, gli si innesta artificialmente la mitologia accadica del "salvato dalle acque", lo si fa salire sul monte Sinai per incontrare personalmente il dio dell'universo e prendere da lui le tavole della legge. E, sebbene una componente considerevole della teologia di Mosè abbia una derivazione dal monoteismo di Akhenaton, questa radice è completamente recisa e abbandonata nell'oblio. Esattamente come mille anni dopo, quando dal monoteismo ebraico, attraverso la sintesi sincretistica di San Paolo, si stacca la fede cristiana, che recide il suo cordone ombelicale e rinnega l'ebraismo, pur avendo derivato da quello una mole fondamentale del suo bagaglio teologico e scritturale.

          Il leit motiv di questa base dell'identità etnico religiosa di Israele deve essere, senza mezzi termini, la continua regia di dio dietro le quinte del teatro storico. E così è, attraverso i suoi frequenti interventi. Quando manda le piaghe in Egitto, quando apre le acque del mar rosso, quando fa scendere la manna, quando ferma il sole in pieno cielo durante una battaglia, o guida la mano del pastorello David a colpire il gigante Golia.

          I protagonisti umani che svolgono un ruolo fondamentale in questa storia sono quasi sempre ammantati da una cornice miracolosa, le loro nascite sono annunciate, le loro madri partoriscono pur essendo sterili, le loro gesta non sono completamente umane. Il prodigio è la chiave di autentificazione della scrittura, il sigillo di riconoscimento dell'autorità.

          Le figure di Abramo e di Mosé si completano con quella di David, il padre politico, il messia, il costruttore del "regno di dio".

          Anche in seguito, dopo lo scisma dei due regni che avvenne alla morte di Salomone, e quando il paese iniziò a subire un plurisecolare destino di dominazioni straniere, sotto gli assiri, i babilonesi, i persiani, i greci e i romani, le scritture sono caratterizzate da un fine primario: salvaguardare l'eredità nazionale, continuare a dimostrare che Israele è sempre, malgrado tutto, il popolo di dio, che il suo futuro gli riserva un riscatto. Il profetismo messianico, ovverosia l'attesa di un liberatore che ripeta la figura di David e ricostruisca il "regno di dio", diventa un motivo ricorrente, finché si trasforma in autentica ossessione e porterà, sotto la dominazione romana, ad una crisi fatale. L'imperatore Tito, interprete della esasperazione romana nei confronti di questo popolo, visto come affetto da una patologia teocratica maniacale, farà strage e rovina degli ebrei e della loro capitale, ed essi ricadranno improvvisamente nella condizione in cui si trovavano in Egitto, come emarginati vittime di una diaspora penosa.

          E' il momento in cui l'eredità monoteistica di Akhenaton, che aveva subito una prima grande trasformazione con la sintesi biblica, subisce una seconda grande trasformazione con la sintesi cristiana. Occorreranno ancora cinquecento anni perché maturino in medio oriente le condizioni per la terza sintesi: quella coranica.

          Adesso non vorrei essere accusato di ambizioni profetiche, perché è solo la ragione, e non la visione mistica, che mi suggerisce quando sarà la prossima tappa del monoteismo: quando il sistema commerciale globalistico avrà mostrato in modo drammatico la stridente contraddizione che esiste fra la promessa del benessere tecnologico e la crescita inarrestabile dei problemi planetari (demografici, economici, politici ed ecologici), facendoci vivere tragedie di dimensioni bibliche che oggi non abbiamo nemmeno il coraggio di immaginare. Allora nascerà una nuova sintesi religiosa e potrebbe addirittura darsi che l'essere supremo sia di nuovo rappresentato come un disco solare, circondato da una corona di raggi che scendono sulla terra e terminano con mani affettuose che carezzano le creature. E' una visione non lontanissima da ciò che accadrà realmente, nel millennio che sta nascendo.

          Io, personalmente, sono già pronto. Ma il momento è ancora prematuro.
          Last edited by Conan; 08-03-2006, 13:36:51.
          sigpic"Ooh amore ooh amante
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          Tutto va bene, solo tienimi stretto
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          Così non capisce. Devi dire "Conan, hai rotto er *****!" (Sergio cit.)

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            #6
            La macchina del tempo esiste ed è in Vaticano

            di Daniela Ghio - Il Gazzettino del 3 agosto 2002



            Sarebbe nascosta in Vaticano la macchina del tempo inventata da padre Pellegrino Ernetti

            La notizia ha del sensazionale: in Vaticano verrebbe tenuta gelosamente nascosta una macchina capace di vedere il passato, attraverso una sorta di televisore. Uno strumento scientifico portentoso e fantastico, che potrebbe divenire pericoloso per l'intera umanità: il "cronovisore”, così si chiama la scoperta, captando gli eventi del passato, li farebbe vedere come si sono realmente svolti, svelando anche rischiosi segreti. La macchina sarebbe stata inventata da un ricercatore italiano, padre Pellegrino Alfredo Maria Ernetti, monaco benedettino, conosciutissimo esorcista, musicologo di fama internazionale e scienziato, vissuto a Venezia, nel convento benedettino dell'isola di San Giorgio Maggiore, dove è morto otto anni fa, nel 1994.

            A rivelare la scoperta è un libro "bomba" appena pubblicato in Francia, a Parigi, dalle Edizioni Albin Michel: "Le noveau mystère du Vatican" (Il nuovo mistero del Vaticano") del teologo francese padre Francois Brune. Brune è un personaggio assai noto in Francia: professore di teologia, ha pubblicato libri di notevole impegno, accolti sempre con grande interesse anche dalla stampa laica. Il suo nome, come quello della casa editrice, sono una garanzia di serietà scientifica e per questo il volume che ha dedicato al cronovisore ha riaperto congetture e discussioni infuocate, diventando una miscela esplosiva.
            Della sconvolgente apparecchiatura aveva già parlato intorno agli anni '70 lo stesso padre Ernetti in numerose interviste e pubblicazioni, e ai suoi allievi di prepolifonia al Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia. La scoperta aveva suscitato un putiferio. Da una parte c'erano infatti sostenitori entusiasti: se era possibile rivedere il passato, la macchina avrebbe sciolto definitivamente tutti i dubbi restanti su eventi fondamentali che avevano cambiato la storia del mondo.
            Dall'altra c'erano le persone spaventate: il cronovisore poteva rivelarsi uno strumento pericoloso per carpire segreti e mettere a rischio la sicurezza dell'umanità.
            Le discussioni non finivano mai ed erano soprattutto gli uomini di Chiesa i più coinvolti.
            Poi improvvisamente il benedettino si trincerò in un rigoroso silenzio, spiegando che aveva ricevuto ordini in proposito dal Vaticano, l'interesse andò lentamente scemando e dopo qualche anno della “macchina del tempo" non si parlò più.
            Il libro di padre Brune rivela fatti inediti, retroscena incredibili, dettagli sconcertanti, indica nomi di personalità al di sopra di ogni sospetto, di scienziati famosi, indica date, circostanze precise, riporta documenti straordinari, lunghe conversazioni con padre Ernetti e il tutto, cucito insieme, diventa una valanga documentale cui è difficile fare opposizione.
            Il volume dimostra con dovizia di prove che il cronovisore è realmente esistito, anche se l’argomento è, a detta dello stesso autore, ai limiti della fantascienza.
            Negli anni '60 un gruppo di scienziati, tra cui padre Pellegrino, sarebbe riuscito a captare le onde visive e sonore del passato concreto ter­restre, con una macchina che sa­rebbe in grado di ricostruire non solo i fatti e i detti della vita di cia­scuno, ma addi­rittura la storia.
            La scoperta parte da un principio di alta fisica: ciascuno dì noi, a mano a mano che passano i secondi, nelle ore, nei giorni, nei mesi e negli anni della vita presente, lascia dietro di sé come una doppia scia, "visiva e sonora", poiché ogni uomo altro non è che energia visiva e sonora. «Tutta la nostra ''fisionomia" -spiega Ernetti nel saggio "Bibbia, teologia; magia e scienza" del 1987- è energia visiva che si sprigiona da noi, dalla nostra epidermide, e tutte le parole che noi diciamo sono energia sonora. Ora, ogni energia, una volta emessa, non si distrugge più semmai si trasforma, però resta eterna nello spazio aereo. Occorrono strumenti che captino queste energie e le ricostruiscano in maniera tale da ridarci la persona o l'evento storico ricercato: quindi noi avremo tutto il presente nel tempo e nello spazio». Con il cronovisore, racconta Brune, il gruppo di scienziati guidato dal monaco benedettino fece ricerche dapprima su Mussolini, poi su Napoleone, quindi passò ad avvenimenti dell'età romana e assistette alla rappresentazione di alcune famose tragedie. Di una di queste, scritta da Quinto Ennio, che si intitolava "Thiestes" della quale si conosceva solo qualche breve citazione, trascrisse l'intero testo come venne recitato a Roma nel 169 a.C., durante i giochi pubblici in onore di Apollo. Padre Ernetti raccontò a padre Brune di aver visto anche tutto lo svolgimento della Passione, della morte e della Resurrezione di Cristo.
            Nel suo libro Brune afferma che la macchina, composta da tre gruppi di elementi, si trova “sequestrata" in Vaticano. Padre Ernetti, spaventato dall'importanza incredibile della sua scoperta, si era confidato con i propri superiori e con le autorità vaticane C'era stata una riunione segreta con il papa e poi, di comune accordo, la macchina era stata ritirata e nascosta in Vaticano. A padre Ernetti era stato imposto di non fare più pubbliche dichiarazioni su quell'argomento, ma non gli era stato proibito di parlarne con gli amici in privato. E così aveva confidato tutto all'amico teologo francese.
            Chi scrive ha conosciuto personalmente padre Ernetti, era un sacerdote dotato di grande carisma e umanità. Una persona semplice e onesta, tutta dedita ai sudi studi sulla prepolifonia, sulla pneumofonia e all’attività di esorcista della diocesi di Venezia, carica che ha ricoperto per quasi trent'anni. Non mi ha mai parlato della macchina del tempo. Del resto oggi nessuno ne sa più niente e tutta la vicenda ha assunto un aspetto davvero misterioso. Forse il volume di Brune porterà finalmente alla luce la realtà.


            Last edited by Conan; 08-03-2006, 13:37:23.
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            Che fai stasera ragazzo?
            Tutto va bene, solo tienimi stretto
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            Così non capisce. Devi dire "Conan, hai rotto er *****!" (Sergio cit.)

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              #7

              tratto da Avvenimenti nr.34 settembre 2002

              Di Adriana Zarri

              Si sta avvicinando la data in cui il beato Escrivà de Balaguer (il discusso fondatore della più discussa Opus Dei) verrà proclamato santo.
              Di questo papa è stato detto che soffre di una incontinenza canonizzatrice: definizione invero impertinente ma ben giustificata. In effetti il numero dei beati e di santi proclamati da papa Wojtyla supera il numero delle canonizzazioni decretate da tutti i suoi predecessori messi insieme: un fatto anomalo, nella storia della chiesa, e non certo positivo, anche perché la quantità è spesso a discapito della qualità. E infatti parecchi sono i santi contestati: dal discusso Pio IX al discutibile Pio XII la cui canonizzazione avverrà tra non molto.
              Ma nessuno sarà contestato come Escrivà de Balaguer: un personaggio davvero indecente. Eppure esso ha i suoi estimatori, alcuni illustri e addirittura papabili. Ho sott'occhio un articolo dell'ex vescovo di Genova, attualmente pastore di Milano, Tettamanzi nel quale si legge un elogio del Balaguer, in base a numerosi passi dei suoi scritti. Si sa che, estrapolando i brani del loro contesto originale, si può fare di un malfattore un santo e di un santo un malfattore. Certo il vescovo di Milano non compie distorsioni tanto grossolane e diamo anzi per scontata la sua perfetta buona fede. Ciò nonostante la sua simpatia per l'Opus Dei e per il suo fondatore ci preoccupa non poco, anche alla luce della previsione che lo vorrebbe, domani, papa.
              Ci è davvero bastato il sostegno dato da Giovanni Paolo II all'Opus Dei, e non vorremmo che avesse un seguito. L'episcopato dell'America Latina è ormai in braccio all'Opus: aderenti, fiancheggiatori, simpatizzanti. Vogliamo davvero proseguire su questa strada?
              Ma forse, al di là degli interrogativi e degli allarmi, dobbiamo dar conto della nostra contrarietà.
              La bibliografia dell'Opus Dei è vastissima tra libri a sostegno: non molti e, in genere scritti da membri dell'Opus, e libri critici: moltissimi. Non potendo spaziare tra tanta produzione scegliamo, tra le opere critiche, una delle più significative: una storia umana altamente drammatica, scritta da una donna che ha vissuto, per quasi vent'anni, nell'Opus Dei condividendone i fanatismi e che poi -aperti gli occhi e prese le distanze- è stata perseguita, imprigionata e cacciata. Si tratta del libro Oltre la soglia di Maria del Carmen Tapia alla quale lasciamo senz'altro la parola.
              "La casa di Roma è una sorta di fortezza medievale (...) a cominciare dalla porta principale che è blindata e non ha serratura esterna, aprendosi unicamente dall'interno. Per aprirla bisogna dare cinque mandate e la chiave (...) deve essere annessa alla cintola della persona incaricata della portineria. Chi vuole uscire deve suonare un campanello posto accanto alla porta e attendere che la portinaia venga ad aprirgli. Quando qualcuno suona per entrare (...) ad aprire vanno due persone (...). L'accompagnatrice rimane indietro di un passo e la portinaia apre (...).
              Quello che voglio sottolineare è che nessuno, assolutamente nessuno, a Roma, può aprire direttamente una porta e uscire sulla strada.
              In una sede così blindata non possono mancare i microfoni; e infatti «Monsignor Escrivà aveva fatto piazzare microfoni in diversi punti della casa, tutti collegati con la sua stanza». Come se non bastasse, nelle case dell'Opus Dei esistono armadi con documenti segretissimi. In questi armadi si prescrive di tenere una bottiglia di benzina, per poter tempestivamente bruciare quelle carte, in caso di emergenza.
              (...)
              Altre faccende misteriose: il trasporto di denaro, dentro borse rigorosamente chiuse che nessuno doveva assolutamente aprire. Così pure desta stupore la presenza di pistole.
              (...)
              «Le scenate del Padre (così veniva chiamato Escrivà) erano famose. Se un uovo fritto non era come piaceva a lui, o se la tovaglia dell'altare non distava dal pavimento per il numero esatto di centimetri da lui stabilito, la direttrice della casa riceveva una solenne sfuriata».
              Tutto questo può apparire poco più che folclore, benché getti una luce sinistra sulla figura dell'Escrivà e della sua fondazione. Ma ora veniamo alla parte più drammatica della storia.
              A quando, consumatosi ormai il distacco della Tapia dalle posizioni dell'Opus, essa viene rinchiusa in una stanza senza possibilità di contatti con l'esterno. «Durante il giorno una direttrice rimaneva sempre in camera con me, e un'altra stava di sentinella in corridoio, accompagnandomi in bagno e aspettandomi fuori». E cominciano gli interrogatori. Mercedes e Marlies continuano a interrogarmi diverse ore al giorno e le domande si susseguivano per ore, sempre eguali (...).
              «Quando tornavo in camera dagli interrogatori mi accorgevo che l'avevano perquisita. Il telefono era sorvegliato in permanenza da un membro del consiglio locale. Non mi fecero fare le pulizie né scendere in sala da pranzo. Mi portavano i pasti in camera (...). Ero talmente terrorizzata che mi venne un tremito continuo. Avevo paura che mi chiudessero in manicomio, come avevano fatto con altre persone. Nel mio panico mi ricordai che il marito di una mia amica (...) si trovava a Roma. per un caso fortuito avevo annotato il suo numero di telefono nel messale. Raccomandandomi l'anima a Dio, riuscii a raggiungere il telefono perché in quel momento colei che lo sorvegliava era stata chiamata altrove. Telefonai dicendo soltanto: (...) "Vieni a trovarmi. Insisti anche se non vogliono. E' grave" e riattaccai».
              L'amico riesce finalmente a liberarla e la povera ragazza si appresta a lasciare la sua prigione, la casa, l'Opus Dei: «mi dissero di recarmi nella sala delle riunioni (...) Monsignor Escrivà cominciò a camminare su e giù agitato, rosso, furioso, dicendomi: "non parlare con nessuno né dell'Opus Dei né di Roma (...) perché se vengo a sapere che parli male dell'Opus, io Josè Maria Escrivà de Balaguer, che ho in mano la stampa mondiale, ti disonoro pubblicamente". E guardandomi negli occhi con una furia spaventosa, agitando le braccia, come se volesse picchiarmi, urlò: "(...) ******* porca!"».
              Questo il congedo di un "santo"! Un "santo" collerico e ambizioso, che aveva comprato un titolo nobiliare dal governo amico del dittatore Franco: governo in cui alcuni membri dell'Opus Dei ricoprirono cariche di ministri e ovunque dell'Opus sempre sostenne e sostiene i regimi di destra contro gli interessi del popolo e dei poveri.
              (...)


              tratto da Avvenimenti nr.34 settembre 2002





              In difesa dell'Opus Dei

              di Miguel Bert. - ricevuta via e-mail

              Le prime accuse all’Opera sono state (e sono tuttora) mosse in ambito massonico. La massoneria spagnola prima, e portoghese dopo (il Portogallo fu uno dei primi paesi dove si diffuse il lavoro dell’Opera), sono state le fautrici delle voci riguardo alle quali l’Opus Dei sarebbe una massoneria bianca. Senza voler, ne dover spiegare (soprattutto a Lei) il perché la massoneria volesse attaccare in modo particolare la Chiesa cattolica, una parola va spesa per spiegare il perché di questo particolare attacco. L’Opera ha effettivamente significato una rivoluzione sociale all’interno della Chiesa, prima del Concilio Vaticano II, questo sì. Il motivo è il messaggio stesso dell’Opera: tutti sono chiamati alla santità, nessuno escluso. Ciò viene a risvegliare il laico ordinario. Ma non solo. L’Opera spiega che non è sempre necessario mettersi un saio, una spilla o andare in giro scalzo per essere santo ne tanto meno per dimostrare la propria appartenenza a qualche cosa. Insomma, la fede non si ostenta, è qualcosa di interiore. Queste sono tutte cose ottime e sante, ma non indispensabili per diventare santo. Sono vocazioni particolari che possono riguardare alcuni , ma non solo l'"unica" via.
              Ed è proprio da questo che ovviamente deriva il pericolo per la massoneria. Dapprima un "risveglio" a tutti i cristiani indeterminatamente, e soprattutto l’impossibilità di individuare "un nemico" con la talare o con il saio da poter attaccare. E qui la grande menzogna: lo scambiare la fede interiore, un amore intimo, un non "ostentare" in segretezza. La menzogna perfetta. Far diventare il "nemico" niente di meno che ciò che il "nemico" combatte. Il gioco è fatto.
              L’appartenenza all’Opera non comporta alcun cambiamento esterno, visibile nel fedele. L’impegno è esclusivamente tra il singolo e la Vocazione che Dio gli ha dato. Che bisogno c’è di dare risonanza a qualcosa di così personale o intimo? Se un frate non vestisse un saio parrebbe inopportuno chiedergli se sia un religioso, e similmente ad un ebreo non ortodosso se sia ebreo. O sbaglio?
              "Strumento personale del Pontefice" si sente dire. Anche qui si parte da una verità e si stravolge il concetto. L’Opus Dei è una Prelatura Personale. Una Prelatura è una Istituzione della Chiesa Cattolica. Normalmente, per chi non lo sapesse, la Chiesa è divisa territorialmente in Diocesi a capo delle quali vi è un Vescovo. I fedeli che fanno parte di una Prelatura Personale, dal momento che sono caratterizzati da una certa spiritualità fanno capo ad un Vescovo, che è il Prelato. Dal momento che la Prelatura è sparsa nei diversi continenti, per quello che riguarda la propria vita spirituale, tutti i membri sono sotto la responsabilità del Prelato. Dunque sotto questo aspetto solamente dipendono non territorialmente, ma dal proprio Prelato. Per ogni altro aspetto, quali ad esempio celebrazione di sacramenti o documentazioni varie, dipendono dall’autorità territoriale. Ovviamente il Prelato che è un vescovo non può essere alle dipendenze di ogni singola Conferenza Episcopale dal momento che si parla di un a presenza in tutti i continenti, e di conseguenza fa capo al Pontefice, i, quale è utile ricordarlo è un vesovo anche lui. Non è assolutamente dunque una "chiesa nella Chiesa". Semplicemente è necessario avere la necessaria formazione e buona fede per non vedere misteri dove non ce ne sono e vederli dove pare non ve ne siano.
              Altra accusa che andava parecchio di moda in certi "ambienti" era la rapidità della Beatificazione di quello che è oggi San Josemaria Escrivà, ossia il fondatore. La beatificazione in questione fu tra le prime, se non la prima e beneficiare della nuova procedura di beatificazione, che risulta più celere di quella passata. Ciò non vuol dire che è "a scapito della qualità". Tali affermazioni sono ironiche se non addirittura offensive, dal momento che non penso nessuno più della Chiesa Cattolica possa permettersi di dire chi è e chi non è Santo. Il "Santo" per la Chiesa Cattolica è un modello da imitare, per chi non ci crede rimane uno qualunque. Con l’evolversi delle scienza e della comunicazione è ovvio che certe cose possono assumersi e dedursi più celermente, mentre nei secoli passati un po’ meno. Insomma, se c’è una modernizzazione è "a scapito della qualità", se non c’è "son cose d’altri tempi"… Insomma, oggi giorno le canonizzazioni sono relativamente più rapide (relativamente perché sempre di decenni si parla). Bakita che fu beatificata insieme al fondatore, fu canonizzata prima dello stesso. Padre Pio fece ancora prima a passare da Beato a Santo.
              Infine, per concludere (e per non abusare della Sua pazienza) un piccolo commento. Si accusa il Card. Tettamanzi di aver giocato a tennis con Pinochet. Ammesso, ma non concesso, che ciò sia vero, consiglio a chi scrive o pensa queste cose di prendere il Nuovo Testamento (ossia il Vangelo) e prendere il punto dove i "bigottoni" dell’epoca rinfacciavano a Cristo di mangiare coi pubblicani e le prostitute. La risposta fu "Non sono i sani che hanno bisogno del medico". Insomma che il sacro è sempre meglio andarci coi piedi di piombo, dal momento che tutti abbiamo i nostri scheletri nell'armadio, o per rimanere in tema evangelico "guardiamo prima alla trave che è nel nostro occhio e non alla pagliuzza che è nel vicino".


              Last edited by Conan; 08-03-2006, 13:37:50.
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              Che fai stasera ragazzo?
              Tutto va bene, solo tienimi stretto
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              Così non capisce. Devi dire "Conan, hai rotto er *****!" (Sergio cit.)

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                #8
                OPUS DEI. Il prete del mistero sale in paradiso

                di Attilio Giordano tratto da Venerdì 4 0ttobre 2002

                Dopodomani il papa santificherà Escrivá de Balaguer, il sacerdote che ha fondato l'organizzazione più segreta (e più discussa) della Chiesa. Ma che cos'è? E quali sono le regole? Abbiamo provato a indagare

                ROMA. Dopodomani la Chiesa cattolica avrà un nuovo santo: Josemaria Escrivá de Balaguer, fondatore dell'Opus Dei, morto nel 1975 e beatificato dieci anni fa. E’ l'ultimo segnale di un rapporto strettissimo tra l'istituto e Giovanni Paolo II, lo stesso papa che, dopo anni di diffidenza vaticana, concesse all'Opus Dei, nel 1982, lo status di «prelatura personale»: un'organizzazione che non risponde alla gerarchia, ma solo al papa in persona.
                L'istituzione, quanto poche altre, è da sempre circondata da un velo di mistero e da sentimenti fortissimi: dall'adesione assoluta dei suoi 80 mila fedeli, all'odio assoluto dei moltissimi detrattori.
                Come per ogni organizzazione religiosa, è importante capirne il Dna. Nasce in Spagna, a Madrid, il 2 ottobre 1928. Balaguer (nato a Barbastrio, 9 gennaio 1902), rispetto agli altri giovani cattolici, ha studiato in una università statale, che allora corrispondeva ad un privilegio, e conosce il mondo. Qui, in un clima di cattolicesimo perseguitato, si forma l'idea che solo un'organizzazione vasta, rigida e specializzata potrà opporsi al crescente ateismo e alle sue violenze (che allora, spesso, erano reali e terribili). Dunque: un rigidissimo anti‑comunismo che diventa presto anti‑modernismo totale. I movimenti non sono partiti né filosofie: faticano a rinnovarsi, e ogni adeguamento appare tradimento. Così i più feroci critici dell'Opus Dei, in questi anni, sono coloro che ne sono usciti: come Maria Del Carmen Tapia, ex adepta, che con il suo “Oltre la soglia” (1996, Baldini & Castoldi, pp. 380, 16,53 €) getta una luce sinistra sull'istituzione: manipolazione, segretezza parossistica, affari illegali, plagio, violenze. Non è la sola: Balaguer, per strada, perde alcune delle sue colonne portanti, uomini che avevano creato l'opera, come il teologo Raimundo Panikkar, suo delfino, divenuto poi fautore dell'incontro tra diverse religioni e della lettura intertestuale.
                L'Opus Dei ha una «quida», il Prelato, e una gerarchia di adederenti. Che sono sacerdoti solo per una piccolissima parte (circa 1500), e laici per il resto. Laici che si dividono in «numerari», poche migliaia che fanno voto di castità, ed abitano, normalmente, in case comuni devolvendo all'Opus Dei tutto ciò che guadagnano; «soprannumerari», che possono sposarsi e vivere in famiglia; e infine «cooperatori», che collaborano professionalmente e possono, addirittura, essere non cattolici. Nelle case, di solito piccole, sparse nel mondo (in Italia l'Opus Dei ha circa 4 mila aderenti), può accadere che un laico sia gerarchicamente superiore ad un sacerdote. Conta lo spirito.
                L'Opus Dei si trasferisce a Roma negli Anni Quaranta e cresce organizzandosi. Secondo dati fatti filtrare dall'Opus stesso, la prelatura avrebbe «influenza» in 179 università, 630 quotidiani e riviste, 52 catene televisive. Con ciò surclassando il potere dei Gesuiti che, infatti, sono tra i più ostili all'istituto.
                La svolta dei potere dell'Opus Dei è proprio nell'avvento del nuovo papa. Si dice che Giovanni XXIII dell'Opus Dei avesse timore e che Paolo VI li avversasse apertamente. Certo, Montini non riceveva neppure Escrivá de Balaguer. C'era un buon motivo. Proprio durante il suo pontificato, il papa aveva espresso l'intenzione di fondare un partito cristiano in Spagna. L'Opus Dei, in odore di grande vicinanza al regime di Franco (alcuni ministri del regime venivano dall'opera), fu incaricato di attuare il proposito. Ma da Escrivá venne un gran rifiuto. Disobbedire al papa era grave in sé, ma ancor di più per chi era accusato di voler formare una chiesa parallela.
                Dopo la morte di Paolo VI, si racconta, l'Opus Dei cerca di influire sul successore. Alla morte, improvvisa e misteriosa, di Luciani (comunque gradito all'Opus Dei), inizia uno scontro di potere che si dipanerà per tutto il pontificato di Wojtyla. Vedendo un papa mediatore tra più fazioni, ma con il cuore vicino all'Opus Dei. Il paolino Paolo Rocca fa una ricerca, lunga e osteggiatissima, sull'Opus Dei. E conferma: ci sono norme palesi e norme occulte. La segretezza, sempre negata a parole, è fondamentale. Due regole lo ímporrebbero, anche nei confronti dei vescovi (ancora: ribelli alla gerarchia). E poi ci sono i «cooperatori», che sarebbero sponsor ricercati tra uomini d'affari, avvocati, medici, notai, docenti universitari, giornalisti.
                Pochi fanno outing, cioè si rivelano espressamente: lo fa, per esempio, il celebre chirurgo Raffaello Cortesini, allora «numerario» (oggi sposato), che all'Europeo rivela la sua vita povera e austera, difende le pratiche di mortificazione, gli orari monacali, e i suoi lauti guadagni devoluti all'opera. Lo fa il giornalista Rai Claudio Angelini. Di moltissimi «si dice» (e nessuno smentisce): da Ettore Bernabei, ex direttore generale Rai, a Ombretta Fumagalli Carulli, da Marcello Dell'Utri a Roberto Mezzaroma, il costruttore. Non mancano i simpatizzanti, da Andreotti a Cossiga (che non si perde una cerimonia, come il presidente di Bankitalia, Fazio).
                Dopo lo scandalo P2 e la legge contro le associazioni segrete, la questione Opus Dei arriva in Parlamento (interpellanza di Franco Bassanini e Stefano Rodotà, febbraio 1986), ma l'allora ministro dell'Interno Scalfaro replica secco, sollevando il fastidio dell'aula con lunghe citazioni in latino: che i nomi di chi aderisce all'Opus Dei non siano pubblici non configura la segretezza. Amen.
                E poi, è davvero potente l’Opus Dei? Per i primi dieci anni di pontificato di Wojtyla non c'è dubbio, l'influenza è evidente. Viene dall'Opus il portavoce Navarro Vals, ed è in stile Opus «il papa viaggiatore», esternatore, anticomunista come solo un polacco (o un vecchio spagnolo cattolico) può esserlo.
                L'Opus Dei accetta, a differenza di altri, di fare il «lavoro sporco» in Sudamerica. Si tratta di smantellare la teologia della liberazione e tornare all'antico. Ciò avviene senza mediazioni. La Chiesa deve gestire la vergogna degli appoggi vaticani ai dittatori sanguinari in Cile e Argentina, di un nunzio (Pio Laghi) che giocava a tennis con il capo dei torturatori di Pinochet, il comandante della Marina ammiraglio Massera (lo racconta Italo Moretti nel suo In Sudamerica, Sperling&Kupfer, 2000, pp. 256, 12,39 €), dell'amicizia tra il cardinal Sodano e lo stesso Pinochet. Eppure sembra preoccuparsi di più dei preti del popolo. Vengono sostituiti, quasi tutti, con uomini dell'Opus Dei. Il più clamoroso è Femando Sáenz Lacalle, che diventa arcivescovo di San Salvador. dopo il martire Oscar Romero e il salesiano Arturo Rivera.
                La beatificazione di Balaguer, nel '92, riapre le polemiche. Molta gerarchia si rivolta. Ex dell'Opus tirano fuori tutto il male possibile. Balaguer si comprò un titolo nobiliare. E’ un atto da santi? Balaguer era franchista e antisemita. Nel suo libro, Il Cammino, si trova l’immagine di un uomo deciso, autoritario. Newsweek parla dì processo di beatificazione manipolato. L'opera, certo, si occupa anche di cose molto terrene: attacca i giudici di Palermo che incriminano Andreotti. Attacca l'Ue che se la prende con Haider. Si sostiene che nella sede centrale di via Bruno Buozzi, a Roma, passino tutte le informazioni e arrivino tutti i documenti possibili. Anche un agente della Cia, arrestato, confessa di essere dell'Opus Dei. Infine, ed è storia recente, si accusa la prelatura di prefigurare l'elezione del nuovo papa. Il candidato? Sarebbe l'attuale, nuovo, arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi. Ha insegnato, a Roma, all'università dell'Opus Dei. E’ conservatore, soprattutto su famiglia e genetica. Un suo libro del '99 ha la prefazione di Antonio Fazio. E sulla Stampa di Torino ha incensato Escrivá. Il santo è stato ottenuto, e finirà sugli altari per la devota soddisfazione di uno stuolo di fedeli grati e invaghiti. Dice un teologo: «Lo sa quanti sono i cardinali controllati dai Focolarini? Trecentocinquanta. E perché si parla poco dei Focolarini e tanto dell'Opus Dei?». Potere del mistero.


                Attilio Giordano



                Last edited by Conan; 08-03-2006, 13:38:24.
                sigpic"Ooh amore ooh amante
                Che fai stasera ragazzo?
                Tutto va bene, solo tienimi stretto
                Questo perché sono un buon amante vecchio stampo"

                Così non capisce. Devi dire "Conan, hai rotto er *****!" (Sergio cit.)

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                  #9
                  Giubileo

                  Il primo Giubileo (1300) della Cristianità non fu quello di Bonifacio VIII, ma quello del suo scomodo predecessore, l'eremita Pietro del Morrone, divenuto poi papa Celestino V. Un papa che non volle mai entrare nello Stato Pontificio e pretese di essere incoronato nella città dell'Aquila invece che a Roma.

                  Fece cessare le persecuzioni nei confronti degli eretici, protesse gli Spirituali francescani - fino ad allora costretti a nascondersi per evitare l'Inquisizione - facendone un proprio ordine, il giorno stesso della sua salita al soglio pontificio in S. Maria di Collemaggio, la magnifica basilica aquilana da lui fatta edificare. Facendo questo compì un atto che avrebbe modificato radicalmente la Chiesa e la propria storia se il suo successore non ne avesse corretto la portata. Celestino istituì la Perdonanza, in un'epoca in cui l'essere umano non godeva di diritti, sancì il diritto di ogni fedele di Cristo a godere dell'indulgenza plenaria senza l'intermediazioni di nessuno, recandosi in S. Maria di Collemaggio tra il vespro del 28 agosto e quello del 29 settembre semplicemente con un atteggiamento interiore di confessione nell'anima offrendo le proprie colpe alla Luce che trasforma ogni ombra. Il pellegrinaggio divenne così imponente, di anno in anno, che Bonifacio VIII ritenne di annullare e cancellare la Perdonanza, perché responsabile di compromettere il potere della Chiesa e facilitare il lassismo nei costumi. Poiché la bolla papale non si dimostrò sufficiente per fermare il flusso dei pellegrini a Collemaggio, si tentò la scomunica. Ma nemmeno questo servì a scoraggiare i fedeli che continuavano numerosi a recarsi all'Aquila. Per dirottare il pellegrinaggio a Bonifacio VIII non restava che imitare la Perdonanza a Roma, istituendo il ... Giubileo del 1300.
                  Il Giubileo è dunque nato contro la Perdonanza di Celestino V, la cui bolla è la prima di tal genere nella storia della cristianità.
                  Tratto da Il Colle magico di Celestino di Maria Grazia Lopardi e pubblicato su Extra Terrestre nuova scienza nuova conoscenza n°9 febbraio 2000
                  Last edited by Conan; 08-03-2006, 13:38:58.
                  sigpic"Ooh amore ooh amante
                  Che fai stasera ragazzo?
                  Tutto va bene, solo tienimi stretto
                  Questo perché sono un buon amante vecchio stampo"

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                    #10
                    Eccezionale scoperta archeologica: l'ossario di Giacomo il Giusto

                    Su gentile concessione Aetos

                    http://www.consapevolezza.it/notizie/ott-dic-2002/giacomo_fratello_gesu.asp


                    Giacomo fratello di Gesù e figlio di Giuseppe e Maria. Il ritrovamento in Israele dell'ossario di Giacomo il minore, uno dei fratelli di Cristo. Articolo della Biblical Archaeology Review. Il Vangelo di Tommaso. Jesus and James brother written in stone ossuary. James brother of Jesus Joseph father, christian church in Jerusalem James ossuary most important find in history of New Testament archaeology. Andre Lemaire rileva iscrizione sulla tomba ossario Giacomo figlio di Giuseppe e fratello di Gesù di Nazareth James e Jesus fratelli carnali e di sangue. Jesus Christ, la vera storia di Gesu Cristo



                    ------------------------------------------


                    Sull’ossario c’è una iscrizione che non lascia molti dubbi:

                    "Giacomo, figlio di Giuseppe, fratello di Gesù"

                    ------------------------------------------

                    L'annuncio della eccezionale scoperta è stato dato a Washington il 21 ottobre 2002 in una conferenza stampa organizzata dalla "Biblical Archeology Review".



                    Un rinvenimento importantissimo


                    L'urna funebre è stata rinvenuta in Israele e sembra offrire una traccia materiale dell'esistenza di Gesù di Nazareth.

                    L'ossario di pietra calcarea che gli archeologi hanno datato al 63 dopo Cristo (ricordo che Giacomo detto "il Minore" morì lapidato nel 62) riporta una sorprendente iscrizione in lingua aramaica:
                    “ Giacomo, figlio di Giuseppe, fratello di Gesù ”
                    Andre Lemaire — uno storico francese specializzato in iscrizioni antiche — parla di chiari riferimenti non solo a Gesù, ma al fratello Giacomo.












                    A sostegno delle tesi di Andre Lemaire, dicono altri esperti, gioca il fatto che una iscrizione di quel tipo sarebbe atipica se non fosse riferita a un personaggio celebre, quale certamente era Gesù di Nazareth. Oltretutto quel tipo di sepoltura veniva praticata dagli ebrei soltanto nell'arco temporale che va dal 20 al 70 A.D.




                    L'autenticità del reperto è stata verificata dai più qualificati esperti del settore tramite test effettuati sia sulla pietra calcarea dell'ossario che sui residui di terra e altri elementi in esso rinvenuti. Oltre al Dr. Andrè Lemaire — famoso epigrafista a livello internazionale e specialista in iscrizioni antiche — esperti della Geologic Survey of Israel e studiosi della John Hopkins University.

                    Nessun manufatto ricollegabile direttamente a Gesù di Nazareth era stato mai rinvenuto, le testimonianze storiche in nostro possesso erano fino ad oggi connesse esclusivamente agli scritti evangelici, questo fattore conferisce all'ossario di Giacomo grande importanza culturale, a ogni livello, storiografico, cristologico, archeologico, teologico o religioso in genere.
                    Anche il Rev. Joseph Fitzmyer, biblista, docente alla Catholic University, dopo aver studiato l'ossario si è trovato completamente d'accordo con André Lemaire dichiarando che la iscrizione sull'ossario “corrisponde perfettamente allo stile degli altri esempi del primo secolo” e che “la combinazione dei tre famosi nomi impressi oltre a essere evidente è straordinaria”.

                    Molti Vangeli Apocrifi dunque esponevano quella verità che la cristianità istituzionale ha sempre respinto: Gesù aveva sorelle e fratelli, nati dalla normale relazione fra Maria e Giuseppe. Una verità tanto naturale quanto evidente che tuttavia le chiese istituzionalizzate rigettano per motivi di mera sopravvivenza, per comprensibile istinto di… conservazione del privilegio...


                    Smarrimento e angoscia soprattutto nel mondo cattolico, che non a caso sin dal primo giorno ha cercato di minimizzare o ha finto di ignorare la straordinaria scoperta.
                    Del resto le forti preoccupazioni del mondo cattolico sono più che giustificate: importanti elementi (nascita miracolosa, natura divina di Gesù e condizione di "verginità perpetua"di Maria) su cui la tradizione cattolica poggia le fondamenta, vacillano e si dissolvono uno dopo l'altro, senza tregua, nella realtà tangibile delle ingovernabili rivelazioni. L'oggettività, a quanto pare, non guarda in faccia proprio nessuno.
                    Le prove portate negli ultimi secoli da storici, archeologi e teologi laici, a favore della “natura terrena” di Gesù, sono sempre più schiaccianti. Le accuse mosse alla Chiesa di aver «costruito la divinità» intorno all’“uomo Gesù” (proclamata inizialmente nel Concilio Costantinopolitano del 325, poi ancora nel 680, contro il monotelismo, e via via confermata nei successivi) sulle spalle del virtuoso capo carismatico di una semplice comunità — e di averlo fatto su basi irrazionali, sfruttando miti antecedenti e superstizioni popolari — sembrano ormai incontrovertibili.

                    Da una parte dunque la scoperta dell'ossario di Giacomo rappresenterebbe la prima prova materiale tangibile dell'esistenza di Gesù, e dall'altra la conferma che Gesù di Nazareth non era unigenito, né aveva natura ultraterrena: Gesù, seppur autorevole e degno di lode, era uomo fra gli uomini.


                    Ma cerchiamo di andare più in profondità.....

                    Lo strettissimo legame di parentela con Gesù Cristo — legame che va ben oltre la fratellanza spiritualee l’importanza di Giacomo (Iácobos Minor, detto “...il Giusto, figlio di Maria e Giuseppe, fratello del Signore il quale si spegnerà nella morte, ma verrà trovato vivo...”) nell'ambito della chiesa primitiva sono da decenni oggetto di prolungate controversie politico-religiose, ciononostante trovano conferma in numerosi documenti...


                    ... eccone alcuni qui di seguito
                    • Giuseppe Flavio, 'Antichità Giudaiche' XX, 9, 1
                      "...convocò una sessione del sinedrio e vi fece comparire quel fratello di Gesù, detto Cristo, che si chiamava Giacomo..."
                    • Paolo Epistola ai Galati I 19 (lettera alle Chiese della Galazia, controversia sul giudaismo)
                      "...e non vidi nessun altro degli apostoli; ma solo Giacomo, il fratello del Signore..."
                    • Marco VI 2-3 "...si mise ad insegnare nella sinagoga. E molti, udendolo dicevano: non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo... e le sue sorelle non sono qui fra noi?..."
                    • Matteo XIII 55 "...Non è questi il figlio del falegname? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli, Giacomo ...? E le sue sorelle non sono tutte tra di noi?..."
                    • 1Corinzi IX 5 "...non abbiamo noi il diritto di condurre attorno una moglie, che sia una sorella in fede, come fanno anche gli altri apostoli, i fratelli del Signore e Cefa?..."
                    • Matteo XXVII 56 "...fra di loro c'era Maria Maddalena. Maria madre di Giacomo..."
                    • Marco XV 40 "...tra di loro vi erano anche Maria Maddalena, Maria madre di Giacomo il minore..."
                    • Marco XVI 1 "...passato il sabato, Maria Maddalena e Maria madre di Giacomo..."
                    • Luca XXIV 10 "...Or quelle che riferirono queste cose agli apostoli erano Maria Maddalena, Giovanna, Maria madre di Giacomo e le altre donne..."
                    un legame molto particolare, evidentemente fraterno, fra Giacomo e Gesù si evince anche nel loghion 12 del Vangelo di Tommaso (altro documento ritenuto scottante dalla Chiese Istituzionalizzate) che riporta:

                    V.d.T. § 12 —
                    I discepoli dissero a Gesù: “Sappiamo che ti allontanerai da noi. Dopo di te chi ci farà da guida?”
                    Gesù rispose loro: «Giunti a quel punto andrete da Giacomo, il Giusto, a cui spettano le cose che riguardano il cielo e la terra»


                    questo loghion del Vangelo di Tommaso mostra chiaramente che nelle volontà di Gesù il primato nell'avvicendamento spettava al fratello Giacomo e non a Pietro come alcuni, erroneamente, continuano a credere. Inoltre in numerosi documenti — ivi compresi il Libro degli Atti e le Epistole di Paolo — Giacomo era a capo della Chiesa di Gerusalemme.

                    Ecco infine ulteriori brevi informazioni sulla figura di Giacomo, il fratello di Gesù, sulla sua importanza nella primitiva comunità cristiana e alcuni pareri degli studiosi
                    • Epistola di Giacomo
                      A Giacomo il Giusto, fratello del Signore — che ricordo fu lapidato nel 62, su istigazione del sommo sacerdote Anano II e denominato "il Minore" per distinzione da Giacomo "il Maggiore", martirizzato invece nel 44 sotto Erode Agrippa — viene anche attribuita una Epistola, scritta intorno all'anno 60, la quale si compone di cinque capitoli.
                      In essa sono presenti inizialmente esortazioni alla costanza e all'importanza di accompagnare la fede con le opere e più avanti riflessioni sulla vera e falsa sapienza, sulla pace, la concordia, nonché numerosi ammonimenti ai ricchi senza cuore.
                    • in Atti XII 17 nel punto in cui si legge "...riferite questo a Giacomo..." è chiaro che Pietro sente il dovere di informare Giacomo per primo della propria scarcerazione, a riprova della supremazia del fratello di Gesù sulla comunità cristiana.
                    • Inoltre sempre a proposito di Giacomo, Saulo e Pietro, così si esprimono gli autori de "La Chiave di Hiram", Robert Lomas e Christopher Knight:
                      «...la pretesa avanzata da Paolo di godere del sostegno di Simone Pietro era soltanto una componente dell'impalcatura di menzogne che egli andava innalzando, perchè fu lo stesso Pietro ad ammonire i discepoli contro l'emergere di un' autorità altra da quella nazorea: "Pertanto siate assolutamente prudenti verso qualsivoglia maestro, ché solo si deve prestar fede a chi rechi con sé la raccomandazione di Giacomo, fratello del Signore, in Gerusalemme".. ..Le interpretazioni dei manoscritti del Mar Morto attribuite a Robert Eisenman soccorrono l'ipotesi dell'identità di Paolo con la "fonte di menzogne" che si scontrò con Giacomo, il "Maestro di Giustizia".. ..Il manoscritto intitolato Pesher su Abacuc accenna a un individuo che "fece versare su Israele acque di menzogna" e "allontana i fedeli dalla retta via, conducendoli in un deserto senza strada", dove il gioco di parole costruito sul termine "strada" allude alla "trasgressione dei termini di confine" della legge. Noi diamo credito all'ipotesi che individua in Paolo il nemico di Giacomo. Paolo è il "Menzognero" che pronunciò il falso riguardo alla propria educazione fariseista, che inventò la missione di Cristo, che predicò la funzione provvisoria della Legge e autorizzò l'accesso alla chiesa agli individui incirconcisi...».
                    • Luigi Moraldi annota: "...da sottolineare il rilievo straordinario dato alla persona di Giacomo, uno dei «fratelli del Signore»..."
                    • Marcello Craveri così scrive interpretando il loghion 12 del Vangelo di Tommaso:
                      "...il passo ricorda le discussioni tra gli apostoli, su chi di loro fosse da considerare il più grande * [...] La tradizione di un primato di Giacomo, fratello del Signore Gesù, o almeno di una sua autorità pari a quella di Pietro, è confermata dagli Atti, dalle Lettere Paoline, dal Vangelo degli Ebrei, da Gerolamo (Comm. in Mich. VII 7), da Eusebio (Hist. Eccl. II 3), dai Philosophumena V 7, e, naturalmente, dai testi gnostici..."

                      * Marco IX 34 "...ed essi tacquero, perché per via avevano discusso intorno a chi fra di loro fosse il più grande..."
                      Luca IX 46 "...poi cominciarono a discutere su chi di loro fosse il più grande...."
                      Luca XXII 24 "...Fra di loro nacque anche una contesa: chi di essi fosse considerato il più grande..."
                      Galati II 9 "...Giacomo, Cefa e Giovanni, che sono considerati i più autorevoli, riconobbero che Dio m'aveva dato quest'incarico fu così deciso che noi saremmo andati fra i pagani ed essi fra gli ebrei..."
                      Galati II 11 "...quando Pietro venne ad Antiochia lo rimproverai perché aveva torto [...] giunsero quelli che stavano dalla parte di Giacomo..."
                    • Un primato assoluto di Pietro è effettivamente discutibile poiché oltretutto in Marco VIII 33 troviamo: "...Ma Gesù si voltò e, guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro dicendo: Vattene via da me, Satana! Tu non hai il senso delle cose di Dio, ma delle cose degli uomini..." che Matteo ribadisce in XVI 23 "...egli, voltatosi, disse a Pietro: Vattene via da me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non hai il senso delle cose di Dio, ma delle cose degli uomini..."



                    Per correttezza diamo spazio anche alla controparte:

                    Come può tale scoperta mettere in dubbio la divinità del Signore Gesù?
                    La fede cristiana dice chiaramente che Gesù era veramente Dio e veramente uomo.
                    Che Gesù Cristo abbia avuto dei fratelli è sempre stato chiaro a tutto il mondo cristiano evangelico, come chiaramente riportato dal nuovo testamento (Luca 2:7). La scoperta sensazionale non può che fare piacere e non intacca per niente le credenze cristiane sulla divinità di Gesù Cristo.
                    La certezza che Gesù aveva fratelli e sorelle, non cambia il Vangelo, cambia invece profondamente il culto di Maria Madre di Gesù (definita Vergine santa priva del peccato originale), ecco perché la chiesa cattolica non accetta tale scoperta.
                    I cristiani che accettano Gesù Cristo come Signore e Salvatore senza corredentrici e cooperatrici, saranno ben felici di questa scoperta che confermerà le loro idee
                    Last edited by Conan; 08-03-2006, 13:39:27.
                    sigpic"Ooh amore ooh amante
                    Che fai stasera ragazzo?
                    Tutto va bene, solo tienimi stretto
                    Questo perché sono un buon amante vecchio stampo"

                    Così non capisce. Devi dire "Conan, hai rotto er *****!" (Sergio cit.)

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                      #11
                      Natale

                      Ci è stato detto che lo sanno anche i sassi che Gesù non è nato il 25 di dicembre: è probabile che i sassi lo sappiano, perché erano presenti quando Gesù è nato, ma i bambini non lo sanno; ai bambini viene mentito; i bambini recitano le poesie a Gesù Bambino che nasce; i bambini si entusiasmano per quel giorno, per quell’avvenimento; in quel giorno sono felici perché è tempo di regali, e questa tradizione conta più di ogni altra cosa; li ricevono come li ricevevano altri bambini, al tempo del dio Sole, sotto la religione pagana del mitraismo, nel solstizio d’inverno. Col tempo quei bambini cresciuti conosceranno, forse, la verità sul Natale; allora qualcuno si affretterà a dire che sì è vero: Gesù non è nato il 25 dicembre (“lo sanno anche i sassi”); racconterà un’altra bella bugia fantasiosa, degna di un abile scrittore di favole; darà alla nascita di Cristo un significato del caso, ma la vera storia è un’altra. Ed allora raccontiamola la verità. È un fatto acclarato dai Vangeli che Gesù non è nato il 25 dicembre; né gli Apostoli, né alcun membro della Chiesa apostolica ha mai celebrato la festa del Natale.

                      -Dizionario dell’Enciclopedia Cattolica, edizione 1941, voce: Natale: “Nei primissimi tempi della Chiesa non esisteva una festa del genere”.
                      -Nuova Enciclopedia Cattolica, voce: Il Natale e il suo ciclo: “Per inspiegabile che sembri, la data di nascita di Cristo non è nota. I Vangeli non indicano né il giorno né il mese”. Noi crediamo che sia possibile stabilire il mese se si riuscisse, attraverso la storia, a stabilire quando fu fatto il primo censimento sotto Quirino, mentre governava la Siria, e quanto durò (Luca 2:2). Ma quant’anche si potesse stabilire il giorno, il mese e l’anno, quale importanza può avere dal momento che si sa per certo che è vissuto?
                      La domanda importante, invece, è perché il 25 dicembre? La risposta a questa domanda rivela uno scenario scabroso! E ci viene fornita anche dalla Nuova Enciclopedia Cattolica: “Alla nascita di Cristo fu assegnata la data del solstizio invernale perché in quel giorno, in cui il sole inizia il suo ritorno nei cieli boreali, i pagani che adoravano Mitra celebravano il dies natalis Solis Invicti”.
                      -L’Enciclopedia Americana, edizione 1944, afferma: “Il Natale … secondo molte fonti autorevoli, non veniva celebrato nei primi secoli della Chiesa cristiana, in quanto l’usanza cristiana in generale era quella di celebrare la morte delle persone più importanti, non il giorno della loro nascita … Una festa fu stabilita in memoria di questo evento [la nascita di Cristo] nel quarto secolo …Poiché il giorno esatto della nascita di Cristo non era noto, la Chiesa occidentale nel quinto secolo ordinò che la festa venisse celebrata per sempre nello stesso giorno dell’antica festa romana in onore della nascita del dio Sole”.
                      -La New Schaff-Herzog Enciclopedia of Religious Knowledge, così si esprime, alla voce Natale: “Le feste pagane dei saturnalie della brumalia erano troppo radicate nel costume popolare per essere abolite dall’influenza del Cristianesimo … La festa pagana, con le sue baldorie e gozzoviglie, era talmente popolare che i Cristiani furono ben contenti di avere trovato una scusa per perpetuarne la celebrazione con pochi cambiamenti, sia nello spirito che nelle usanze … i Cristiani della Mesopotamia accusarono i loro fratelli occidentali d’idolatria, e di adorare il Sole, per avere adottata questa festa pagana”.
                      -Ma la Bibbia cosa dice in merito? È d’accordo con i cristiani della Mesopotamia: definisce paganesimo l’aver adottato una festa idolatra. Del resto Dio, che prevede le cose prima che accadano (Isa 46:10) non poteva non avvertire per questo grave peccato; infatti la scrittura dice: “Guardati bene dal cadere nel laccio, seguendo il loro esempio, … e dall’informarti dei loro dèi, dicendo: ‘Queste nazioni come servivano esse ai loro dèi? Anch’io voglio fare lo stesso’. Non così farai riguardo all’Eterno, all’Iddio tuo… Avrete cura di mettere in pratica tutte le cose che vi comando; non vi aggiungerai nulla, e nulla ne toglierai” (Deu 12:30-32). Fatta salva la buona fede di molti, rimane la prerogativa di una festa, non comandata da Dio, derivata dal paganesimo e condannata dalla Sacra Scrittura, perciò è un peccato di disubbidienza all’ordine di Dio.
                      -L’Enciclopedia Italiana Treccani, edizione 1949, Sansoni, vol. XXIV, pag 299, dice: “I Padri dei primi secoli non sembrano aver conosciuto una festa della natività di Gesù Cristo … La festa del 25 dicembre sarebbe stata istituita per contrapporre una celebrazione cristiana a quella mitraica del dies natalis Solis Invicti [giorno natalizio dell’invincibile Sole], nel solstizio invernale”.
                      Quindi la ragione vera del perché il 25 dicembre, e non una data più probabile al periodo della nascita di G Gesù, va ricercata nel motivo di opportunità. In quel tempo si convertirono al Cristianesimo milioni di pagani; l’uso dello scambio dei doni, le baldorie ed i divertimenti integrati nei riti di adorazione del Sole erano radicati in loro; a tutto questo essi si rifiutarono di rinunciare. Fu così che decisero di ‘appioppare’ a Cristo una etichetta pagana; la stessa ‘etichetta’ messa al Giubileo biblico, presunto giubileo cristiano del fine 2000 [il Giubileo biblico viene bandito ogni 50 anni, il decimo giorno del settimo mese: in questo secolo XX ne sono stati banditi 5, tanti quanti se ne dovrebbero bandire in 250 anni; questa manifestazione ‘giubilare’ prescinde dal vero significato; sarà un grande pellegrinaggio ai santuari, dove Dio non vi abita, come dicono le scritture (1 Re 8:27; Isa 66:1; Atti 7:48-50; 17:24); la manifestazione del 2000 si potrebbe chiamare “Pellegrinaggio”; la strumentalizzazione del passo di Isaia 61:1-3, citato da Luca 4:18-19, non ha nessuna attinenza col Giubileo della Bibbia o presunto giubileo cristiano: il riferimento di quella scrittura riguarda il ritorno di Cristo, basta leggere il capitolo 60 ed il contesto del capitolo 61.
                      Dopo 500 anni è tornata in auge l’indulgenza; le lotte di Martin Lutero sono risultate inutili. Il vero Cristianesimo non può prescindere dall’unico culto Dio Padre e Cristo: “Io ed il Padre siamo uno” (Gio 10:30; cfr Deu 6:4; Isa 43:13), “Adora il Signore Iddio tuo, e a Lui solo rendi il tuo culto” (Luca 4:8); tutto il resto è idolatria e paganesimo].
                      Quella tradizione è giunta fino ai giorni nostri: i regali non hanno perduto il loro smalto, i divertimenti e la baldoria neppure.
                      Gesù Cristo non ha chiesto di ricordarlo nel giorno della nascita. Il vero significato di Cristo è racchiuso nella Pasqua: con la morte ha guadagnato agli uomini il condono dei peccati; ha aperto la strada della salvezza eterna. Questo evento i cristiani dovrebbero celebrare. Anche perché Cristo ordina di farlo, quando dice: “… Questo è il mio corpo il quale è dato per voi: fate questo in memoria di me” (Luca 22:19). A queste parole, sappiamo, è stato dato un altro significato.
                      La Pasqua cade nel quattordicesimo giorno del primo mese (Lev 23:5); Gesù rispettò questo giorno, quando celebrò la Pasqua assieme ai suoi Apostoli: era il giorno della sua morte.
                      La Pasqua è stata trasferita in altro giorno, senza una ragione plausibile, snaturandone il vero significato, perché la risurrezione è altra cosa e non la si può confondere con la Pasqua di Cristo.
                      Questa volta non dobbiamo ricercare nella storia, né investigare le stagioni per stabilire quando Gesù è risorto. I Vangeli ci dicono quando Gesù è risorto: non si tratta del primo giorno della settimana, cioè la domenica. Ancora una ‘data’ che non corrisponde alla verità. Nel nostro libro “L’Albero della Vita” è dimostrato, con riferimenti dei Vangeli, che Gesù non è risorto di domenica. Per non dare adito a speculazioni, spediremo gratuitamente un opuscolo: “La risurrezione non avvenne di domenica”, a chi ce ne farà richiesta.
                      Tre date non corrispondono: Natale, 25 dicembre; Epifania, 6 gennaio; risurrezione di domenica; sono soltanto la punta di un iceberg. Vi sono altre cose molto importanti che il Cristianesimo tradizionale fa derivare dalla Bibbia di cui Gesù Cristo non ne sa nulla.
                      La casa ben congegnata nelle sue strutture (1 Cor 3:11), fortificata nei suoi pilastri, retta da un Asse Portante; baluardo di pace e di giustizia, è destinata a durare nei secoli ed in eterno; essa rimane a perenne dimostrazione dell’eterna potenza di Dio; nessuno ha l’autorità ed il potere di scalfire.
                      Una cattedrale appariscente e maestosa, di sfavillanti sculture, ma debole nelle strutture è destinata a disfarsi perché non è congegnata con fondamenta dell’unico architetto che è Dio: “Se l’Eterno non edifica la casa, invano si affaticano gli edificatori …” (Sal 127:1


                      Tratto dal sito www.kontrokultura.org
                      Last edited by Conan; 08-03-2006, 13:39:59.
                      sigpic"Ooh amore ooh amante
                      Che fai stasera ragazzo?
                      Tutto va bene, solo tienimi stretto
                      Questo perché sono un buon amante vecchio stampo"

                      Così non capisce. Devi dire "Conan, hai rotto er *****!" (Sergio cit.)

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                        #12
                        Don Antonio, come la chiamiamo questa? Par condicio ?



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                          #13
                          Opus Dei/La nomenklatura in Italia

                          Visto nel sito www.informationguerrilla.org

                          A cura del sito www.lavocedellacampania.it

                          In margine a fasti & polemiche per la consacrazione di Escrivà, la Voce porta alla luce gli scenari di un'Italia parallela, con gli opusdeisti nazionali che da tempo estendono la loro presenza dalle sfere vaticane a quelle delle massime istituzioni nel Paese. Ricostruiamo per la prima volta l'attuale organigramma di vertice, pubblicando anche nomi e cognomi di frequentatori, simpatizzanti, ex alunni eccellenti, assidui convegnisti & dintorni. A cominciare da insospettabili vip di casa Ulivo.
                          DI RITA PENNAROLA .


                          Prove generali di franchismo in Italia. A lanciare l'allarme giusto due anni fa era stata Filorosso, associazione antirazzista veronese collegata col gruppo nazionale di Peacelink. Una grande manifestazione contro l'integralismo cattolico alla base di violenze e razzismo: era questa la proposta di Filorosso, che denunciava apertamente la presenza di un "laboratorio avanzato delle destre", per mettere a punto le strategie del "nuovo blocco di consenso che va dalla Lega a Forza Italia, da Alleanza Nazionale a Forza Nuova fino agli integralisti cattolici". "Vogliamo dire con fermezza che oggi nella nostra città - aggiungevano i pacifisti - il fascismo è cosa reale e che a questa educazione al razzismo non sono estranee neppure le alte gerarchie ecclesiastiche, legate ai potentati dell'Opus Dei, che a Verona controlla la maggior parte dell'economia". Un modello "esportabile in breve tempo anche al di fuori del nostro territorio". A maggio 2001 quello stesso blocco di potere avrebbe trionfato alle politiche in Italia. A ottobre 2002 il fondatore dell'Opus Dei Josemaria Escrivà de Balaguer, amico e consigliere del dittatore fascista Francisco Franco, viene proclamato santo.
                          Quanto ha contato e quanto conta oggi la corazzata religiosa di origine spagnola negli assetti di potere del Paese? Ma, soprattutto, fino a che punto arriva la sua trasversalità? Fanno ancora rumore, ad esempio, gli strali lanciati su Massimo D'Alema nelle scorse settimane per la sua partecipazione ufficiale alla santificazione di Escrivà in piazza San Pietro. Una presenza duramente stigmatizzata da Gianni Vattimo e Paolo Flores d'Arcais, e ancor più dallo scrittore Antonio Tabucchi, il quale ricorda in un articolo sul Paìs che proprio quest'anno nelle Asturie sono ricominciate le ricerche delle fosse comuni in cui giacciono i resti di oltre trentamila dissidenti franchisti. E che D'Alema "non poteva non sapere".
                          Quella del lider maximo, comunque, è stata una partecipazione tutt'altro che occasionale. L'8 gennaio di quest'anno, infatti, ai festeggiamenti per il centenario dalla nascita del neosanto erano in prima fila pezzi da novanta dell'opposizione come Francesco Rutelli e Cesare Salvi. Con loro, il presidente Rai Antonio Baldassarre, l'opusdeista 'confesso' Alberto Michelini, e poi Rocco Buttiglione, Giulio Andreotti, Alfredo Mantovano e il leader della Cisl Savino Pezzotta, tutti habitué di analoghi appuntamenti. Niente di nuovo sotto il sole, comunque, per la famiglia Rutelli, dal momento che il 21 novembre del 2000 - in pieno clima preelettorale - Barbara Palombelli aveva tenuto banco all'Università Santa Croce dell'Opus Dei, nella capitale, per la presentazione del libro di Marta Brancatisano Il Vangelo spiegato a mio figlio. Nessun problema, visto che lo stesso leader della Margherita aveva partecipato all' inaugurazione in pompa magna di un colosso universitario dell'Opus alle porte di Roma nel giugno dello stesso anno, quando era ancora sindaco della capitale.
                          MAI DIRE RUI
                          Fondata nel 1928 a Madrid da monsignor Escrivà ed assurta a prelatura personale (vale a dire che risponde esclusivamente a Giovanni Paolo II) nel 1982, l'Opus Dei rappresenta la più potente multinazionale dell'educazione religiosa e fattura - secondo stime della stampa cattolica dissidente - non meno di 30 milioni di dollari al mese.
                          Lungo l'asse Spagna-Italia si muove la teoria occulta (sui nomi degli iscritti vige la consegna rigida del segreto) dei circa 84 mila aderenti all'Opus, ripercorrendo così il cammino del fondatore, che dal 1946 si era trasferito nella capitale italiana fino alla morte, avvenuta nel 1975. Suo successore nell'imponente sede pariolina di Palazzo Tevere, in viale Bruno Buozzi, era stato monsignor Alvarez del Portillo, scomparso nel '94, cui è succeduto l'attuale prelato Javier Echevarria, 70 anni, madrileno, grande protagonista delle celebrazioni del 6 ottobre scorso per la santificazione di Escrivà.
                          E al gemellaggio tra le due nazioni si deve anche la presenza costante accanto al pontefice, in qualità di portavoce vaticano, del leader opusdeista spagnolo Joaquin Navarro Valls, ex torero, ex medico, poi giornalista, attraverso cui filtra qualsiasi notizia in arrivo dalla Santa Sede.
                          Autentico business core dell'Opus è la Fondazione Rui (Residenze Universitarie Internazionali), con le numerose ramificazioni imprenditoriali ad essa connesse nei cinque continenti (dal Faes, la potente associazione di genitori cattolici che gestisce ovunque scuole private per fanciulle, fino ad Elis e Safi, cui fanno capo centinaia di istituti di formazione professionale riconosciuti dal ministero).
                          Con quartier generale in via Ventuno Aprile, sempre nella capitale, ed una seconda roccaforte a Milano in via Mascheroni, Rui è attualmente diretta da un ingegnere, Alfredo Razzano, opusdeista della prima ora. Fondata a maggio 1959 su iniziativa di imprenditori italiani di grosso calibro, da Piero Lucchini a Fausto Moneta, Rui ha potuto contare fin dall'inizio su centinaia di sostenitori ufficiali tanto nelle fila del Rotary che in quelle dell'Ucid, colosso associativo di imprenditori cattolici che vede attualmente ai suoi vertici i simpatizzanti dell'Opus Alberto Falck e Pierferdinando Casini, presidente della Camera. Sempre nel '59, a settembre, la Rui viene già eretta ad ente morale su proposta del ministero della Pubblica Istruzione con il quale, da allora e fino a tutt'oggi, intrattiene uno strettissimo rapporto. Al punto che lo Stato italiano nel 1986 emana un apposito provvedimento per dichiarare deducibili dalle tasse i contributi versati dai privati cittadini alla Rui.
                          Sono 12 i collegi universitari che promanano direttamente dalla fondazione opusdeista: tre nella capitale (Valle delle Palme, Celimontano ed il recentissimo Porta Nevia sulla Laurentina, che offre alle studentesse bene servizi alberghieri e di tutoraggio in un complesso residenziale dotato di aula magna da 150 posti, cinque sale studi, music room e cappella da 120 posti), due nella postazione strategica di Verona (dove ha sede anche la dinasty dei Blasi, cofondatrice della Rui ed attualmente ai vertici di Cariverona, con Paolo Blasi appena entrato nel cda di Mediobanca), uno a Palermo e Bologna, due a Genova e tre a Milano. Sono le residenze Viscontea, Torrione e, soprattutto, la famosa Torrescalla, mitico tempio del primo sodalizio fra Marcello Dell'Utri e Silvio Berlusconi. "Ho visto Silvio la prima volta all'università Statale di Milano nel '61", raccontava il senatore forzista qualche anno fa. A farli incontrare era stato "un amico comune, Bruno Padula, oggi sacerdote dell'Opus Dei". Primo organismo nato dall'intesa fu una squadra di calcio: "Silvio era il presidente, io allenavo - ricorda ancora Dell'Utri - e suo fratello Paolo giocava da centravanti". "Si chiamava - conclude - Torrescalla, dal nome della residenza universitaria dell'Opus dove io vivevo, e dove avevamo messo la sede della squadra".

                          SILVIO VORREI CHE TU,
                          Direttore di Torrescalla, che sorge in un parco e dispone di piscina, campi da tennis e palestra, è attualmente Renzo Arborea, coadiuvato da Marco Giorgino ed Antonio Torello. Fra le presenze ricorrenti in occasione di convegni organizzati dalla residenza milanese, spiccano quelle di Umberto Di Capua, numero due di Assolombarda nonché general manager di ABB Italia, ed Ettore Barnabei, ex patron della Rai ed attuale presidente di Lux Video. In prima fila per la santificazione di Escrivà, ma presenza fissa anche in occasione di analoghi appuntamenti per celebrare il fondatore, Bernabei avrebbe già in tasca l'autorizzazione per girare un film sulla vita di Giovanni Paolo II all'indomani della sua scomparsa, grazie alla perfetta intesa con le gerarchie dell'Opus: quelle stesse alte sfere che avrebbero designato da tempo alla successione di Wojtyla il neo cardinale di Milano Dionigi Tettamanzi, altra figura carismatica per i seguaci di Escrivà.
                          Intanto, chi non dimentica i tempi di Torrescalla è proprio lui, il premier Berlusconi, che all'inaugurazione dell'anno accademico 2001-2002 dell'elitaria location meneghina ha inviato il suo braccio destro Fedele Confalonieri, autore di un lungo intervento sul ruolo della tv privata nella formazione dei giovani all'interno della famiglia. Con lui, al tavolo dei relatori, anche l'ex presidente della Ras Assicurazioni Umberto Zanni e la senatrice Ombretta Fumagalli Carulli, entrambi presenze assidue alle convention opusdeiste da un capo all'altro della penisola. Assente "giustificato" Marcello Dell'Utri, alle prese con i postumi della condanna definitiva (2 anni e 3 mesi di carcere) per false fatturazioni e frode fiscale continuata, e soprattutto invischiato nel processo di Palermo, che lo vede imputato per concorso esterno in associazione mafiosa.
                          Di "santa mafia" ha parlato il quotidiano il manifesto a proposito della santificazione di Escrivà, riferendosi al lobbismo della struttura ed in particolare alla segretezza sulle affiliazioni, di cui esiste traccia solo nel sancta sanctorum di Palazzo Tevere, con tanto di schede, foto, qualifica (si va dai numerari, celibi ma laici, ai soprannumerari, fedelissimi sposati e con prole, fino ai soci cooperatori, professionisti di provata fede nell'Opus). In realtà, secondo attenti osservatori, il paragone più calzante sarebbe quello con una "santa massoneria", dal momento che assai simili, soprattutto dal punto di vista dell'elitarismo di cui è permeato il loro credo, appaiono gli ideali delle due diverse consorterie.
                          Una riprova arriva dalle dichiarazioni del Gran Maestro della Gran Loggia Regolare d'Italia Fabio Venzi, secondo il quale "alcuni massoni sono nell'Opus Dei e alcuni membri dell'Opus Dei sono in Massoneria", anche perché "queste organizzazioni si propongono di raggiungere pressappoco le stesse finalità". E conclude ammettendo che "esiste un dialogo tra i membri delle due organizzazioni vuoi per semplice amicizia, vuoi per questioni professionali".
                          Niente intrecci precostituiti, dunque, ma forti affinità, con percorsi che molto spesso s'incontrano. Nelle segrete stanze del potere. E qualche volta anche alla luce del sole. Succede, ad esempio, durante le kermesse mondano-religiose che costellano la vita dell'Opus e delle sue attività imprenditoriali targate Rui. Fra le quali spiccano altri due incrociatori: il Campus Biomedico e la Pontificia Università della Santa Croce, entrambi nella capitale.

                          FRATELLO EURO, SORELLA LIRA
                          Partiamo dal Campus e torniamo subito alla Fondazione Rui nel segno di Vincenzo Lorenzelli, contemporaneamente rettore del primo e presidente della seconda. Chi è Lorenzelli? Il suo nome è rimbalzato in sede parlamentare a fine dello scorso anno, quando è stato nominato presidente di Carige Nuova Vita spa. Al centro della polemica, una questione di incompatibilità all'interno dell'omonimo gruppo bancario, in cui Lorenzelli rivestiva già un'altra importante carica, quella di presidente della Fondazione Carige.
                          Dell'affiliazione all'Opus Lorenzelli non fa mistero "ma - tiene a precisare in un'intervista a Repubblica - la Prelatura non gestisce il Campus", anche se "vigila su di esso - aggiunge - offrendo l'assistenza pastorale e l'orientamento dottrinale delle attività formative".
                          Senza contare la messe di convegni cultural-mondani, in cui spiccano alcuni fra i più bei nomi dell'imprenditoria nazionale: dal già citato Alberto Falck all'editore Leonardo Mondadori, entrambi presenti al Gran Galà di Villa Sormani Marzorati, organizzato due anni fa dalla contessa Maria Teresa Parea Uva per finanziare le attività universitarie dell'Opus. E ancora, Giancarlo Elia Valori (negli archivi della Loggia P2 fu ritrovato un intero schedario dedicato all'Opus), il presidente dell'Istituto Superiore di Sanità Enrico Garaci, il numero uno Farmindustria Giampiero Leoni e Carlo Caruso, direttore dell'ospedale San Raffaele, tutti partecipanti alla giornata della ricerca, organizzata nel marzo scorso presso la sede del Campus Biomedico. E poi l'ex presidente della struttura, il già nominato Umberto Zanni (cui è succeduto Paolo Arullani, attualmente in carica), il direttore del Tg1 Alberto Del Noce, corso a moderare, giusto un anno fa, il convegno dall'emblematico titolo "Il significato nel dolore nell'insegnamento del Beato Josemaria Escrivà", e perfino Alberto Sordi che, sfatando la proverbiale fama di tirchio, ha donato parte del terreno su cui è stata edificata una nuova ala del Campus in zona Trigoria, nei dintorni della capitale. A un passo dal quartier generale della Roma presieduta dall'amico Franco Sensi.
                          Personaggio chiave dell'establishment opusdeista nazionale, Lorenzelli siede anche nel comitato scientifico della Pontificia Università della Santa Croce, sede a Roma in Palazzo dell'Apollinare. Suo Gran Cancelliere è lo stesso prelato dell'Opus Di Javier Echevarria autore, nel luglio scorso, della nomina del reverendo Mariano Fazio, origini argentine, quarantadue anni, a nuovo rettore dell'ateneo. Nelle cui sale, intanto, cresce l'attesa per il prossimo 26 novembre, quando verrà conferita la laurea honoris causa in Teologia al 'papabile' per eccellenza: il cardinale Dionigi Tettamanzi.

                          LA COMPAGINE PARTENOPEA
                          "Escrivà ci insegnò che la povertà cristiana non coincide con lo squallore e che si può, si deve essere devoti, ma non guasta esserlo con la cravatta giusta, se laici; e, se preti, con eleganti gemelli ai polsini, come sempre fece egli stesso". Parola di Vittorio Messore, tra i biografi del fondatore più accreditati nelle alte sfere della Prelatura. Un dettato preso alla lettera dai seguaci partenopei, tutti appartenenti alle classi borghesi maggiormente elitarie e facoltose. Noncuranti delle maldicenze sul santo (che, secondo quanto pubblicato di recente da Le Monde Diplomatique, amava "farsi trasportare in una cadillac nera" ed "aveva ottenuto dall'amico Francisco Franco il titolo di marchese di Peralta"), gli adepti nostrani continuano a flagellarsi periodicamente nell'intimo delle mura domestiche.
                          Non è ancora del tutto scomparso dalle loro case il cilicio: una sorta di busto metallico chiodato da applicare di tanto in tanto nel corso della settimana, a fini di mortificazione della carne, come spiegava a fine anni '80 il giornalista Maurizio Di Giacomo nel libro choc Opus Dei edito da Tullio Pironti. Altro precetto in primo piano, l'assoluta esclusione di qualsiasi pratica anticoncezionale, compresi i pochi metodi ammessi dalla chiesa ufficiale. Le loro famiglie sono generalmente popolate da un gran numero di figli, tutti pronti a frequentare, naturalmente, le centinaia di residenze, scuole ed università dell'Opus sparse nel mondo.
                          Partiamo dai centri scolastici che vedono in prima fila l'Istituto Belforte di corso Europa, "l'unica scuola a Napoli pensata e realizzata per la donna", recita lo slogan. Con elementari, medie e liceo linguistico riconosciuti dallo Stato, la Belforte aderisce al Faes, la già ricordata filiazione delle Residenze Rui, ed è diretta dall'opusdeista doc Maria Ruju. Nell'organigramma figurava, fino a metà anni novanta, anche Nober Manoukian. Rotariano, ex Ucid e direttore di un'industria di smalti nella zona di Ponte Chiasso, Manoukian rappresenta una figura mitica dell'opusdeismo nazionale, più volte celebrato anche a Torrescalla e al Campus romano. Fedele alla tradizionale 'attenzione' per il mondo dell'informazione ("l'Opus - fanno sapere i portavoce ufficiali - controlla nel mondo 630 giornali e 52 catene tv"), anche la Belforte organizza corsi di giornalismo, cui prendono parte esponenti delle principali testate partenopee. E naturalmente, ogni anno, lo stand dell'istituto di corso Europa giganteggia in occasione di Euripe, la kermesse a carattere nazionale che si svolge in primavera a Napoli con fini ufficiali di orientamento universitario ("ma in realtà - dicono negli ambienti laici - per reclutare quanti più giovani è possibile nelle residenze della Rui o in altre strutture dell'Opus").
                          Ideatore di Euripe e fondatore dell'IPE, l'Istituto per le attività educative con sede al Vomero in via Luca Giordano, è l'ex presidente del Consiglio regionale della Campania, il forzista Raffaele Calabrò. Cardiologo all'ospedale Pausilipon, amico personale e collega di Paolo Cirino Pomicino (il quale, non a caso, nella sua veste di ministro del Bilancio andò ad inaugurare una struttura dell'Opus Dei a Napoli nel 1991), Calabrò può contare su una famiglia che condivide da sempre il suo ferreo credo. A partire dalla moglie Giovanna Perrone, che insegna alla Belforte, e poi la madre Elisa Calabrò, decana della compagine partenopea, la sorella Lea, insegnante e sposata col magistrato Salvatore Iovene, anche lui devotissimo: tutti uniti nel verbo di Escrivà ed impegnati a vario titolo nel promuovere l'attività delle due residenze napoletane. La Monterone, più antica, ha sede nel cuore della Napoli chic, in un antico palazzo di via Crispi, ed è riservata ai maschi. Diretta da Lorenzo Burdo, può ospitare fino a cinquanta studenti, in grado di pagare una retta pari a circa 13 milioni di vecchie lire l'anno. All'inaugurazione dell'anno accademico 1999-2000 era intervenuto come relatore, accanto a Raffaele Calabrò, l'allora ministro della Pubblica istruzione Ortensio Zecchino.
                          Alle fanciulle è riservata invece la Residenza Villalta, poco distante dalla Monterone (è in via Martucci), inaugurata a novembre del 2001 alla presenza di autorità cittadine e simpatizzanti assidui dell'Opus, come il giudice minorile Maria Lidia De Luca, fervente seguace di Escrivà da sempre, così come il marito Raffaele Raimondi, altro magistrato, inserito nel comitato ristretto dei saggi per il Giubileo 2000. Anche Villalta, sessanta posti letto e rette analoghe alla Monterone, è gestita dall'IPE, che attualmente è presieduto da Luigi Coccurullo e diretto da Mario Spasiano.
                          Intanto cresce, anche nel capoluogo partenopeo, il numero degli adepti che, dal mondo delle professioni, riescono a spiccare il volo verso quello delle istituzioni. E' il caso di Mario Delfino, dermatologo, che dal 2001 siede in consiglio comunale a Napoli sotto le insegne, naturalmente, di Forza Italia. A distinguersi nella schiera degli opusdeisti era stata anche sua sorella Giovanna Delfino, numero uno delle Edizioni Scientifiche Italiane, per i cui tipi era uscito qualche anno fa un libello agiografico di grande tiratura sulla vita del beato.
                          Restando in zona Palazzo Sangiacomo incontriamo poi un altro fervente: si tratta di Gianni Pomicino, parente dell'ex ministro ed ingegnere, che più volte ha ospitato nella sua casa del Vomero incontri aventi ad oggetto le beatitudini di Escrivà. All'università prestava invece la sua opera Roberto Marrama, l'economista partenopeo scomparso qualche anno fa, cui recentemente l'IPE ha intitolato un concorso per borse di studio finalizzate all'accesso nel Campus Biomedico. Considerato un ideologo del pensiero di Escrivà, Marrama apparteneva infatti alla stretta nomenklatura partenopea dell'Opus.
                          Assai più variegato, in zona, il panorama dei simpatizzanti, che comprende anche grandi firme dell'edilizia locale come Bruno Brancaccio e Bruno Capaldo, entrambi proprietari ad Ischia di appartamenti in un complesso residenziale che ospita anche magioni estive della famiglia Calabrò.
                          Il nome di Capaldo, notoriamente vicino a Forza Italia, è finito nell'occhio del ciclone per una fra le più recenti tangentopoli all'italiana: quella per il tourbillon di mazzette intorno all'affare Inail di Potenza.


                          BOX
                          In principio fu Susanna
                          C'è anche lei, Susanna Tamaro, la reginetta del connubio tra spiritualità & business editoriali, nel novero delle grandi firme che scrivono per Ares, la casa editrice milanese dell' Opus Dei votata a diffondere il Verbo del neo santo Escrivà de Balaguer, di cui edita l'opera omnia in un'apposita collana. Per i tipi di Ares la Tamaro ha pubblicato il suo libro più intimo, una sorta di autobiografia dell'anima intitolata Verso Casa. Fondata nel 1956 in contemporanea col decollo, in Italia, di moloch educativi coma la Fondazione Rui, anche Ares riceve subito l'imprimatur ufficiale con l'erezione ad ente morale avvenuta per decreto del capo dello Stato nel 1966. Scorrendo la lista di coloro che hanno affidato in questi anni all'editrice dell'Opus i propri manoscritti si incontrano griffe prevedibili ed altisonanti - come quelle dei cardinali Giacomo Biffi e Joseph Ratzinger, o di Rocco Buttiglione - accanto a nomi finora mai inseriti fra i cantori delle lodi di Escrivà.
                          Cominciamo da Massimo Caprara. Proprio lui, l'uomo che un tempo sussurrava a Togliatti. Il passaggio nelle fila del Polo deve aver coinciso con la scoperta di un cuore opusdeista, sulle note del quale il Nostro si abbandona a due libri in odor di pentimento: le duecento e passa pagine di Gramsci e i suoi carcerieri e, poco dopo, Paesaggi con figure, destinato a purgare il lettore d' ogni residuo di "totalitarismo comunista".
                          Restiamo sulla sponda ex marxista e precisamente nella fu Telekabul, il Tg3: il suo vaticanista di punta, Aldo Maria Valli, pubblica per Ares ben due volumi: Affetti speciali e A noi la linea, destinati a mostrare come sia possibile trasformare la tv in un mezzo educazionale per famiglie.
                          Per completare l'opera, Ares pubblica il lungo racconto confessione di Leonardo Marino Così uccidemmo il commissario Calabresi: questo l'esplicito titolo "per far comprendere - scrivono gli editori nella presentazione - le ragioni della condanna di Adriano Sofri ed Ovidio Bompressi".
                          Le corazzate di Ares restano comunque Studi Cattolici e Fogli, massime esternazioni del pensiero opusdeista contemporaneo. Al primo, con cadenza mensile e diretto da Cesare Cavalleri, hanno collaborato, tra gli altri, Gianni Baget Bozzo, Ombretta Fumagalli Carulli, Vittorio Mathieu, nonché gli stessi Aldo Maria Valli e Susanna Tamaro.


                          MILITANTI, SOSTENITORI, SIMPATIZZANTI & C.
                          ALBERONI FRANCESCO - OSPITE - SOCIOLOGO
                          ANDREOTTI GIULIO - MILITANTE - SENATORE A VITA
                          ANGELETTI LUIGI - SIMPATIZZANTE - SEGRETARIO UIL
                          ARANDA ANTONIO - SOSTENITORE - COMITATO
                          SCIENTIFICO UNIVERSITA' SANTA CROCE
                          ARBOREA RENZO - MILITANTE - DIRETTORE
                          COLLEGIO TORRESCALLA
                          ARMATO TERESA - SOSTENITORE - ASSESSORE
                          TURISMO REGIONE CAMPANIA
                          ARULLANI PAOLO - MILITANTE - PRESIDENTE
                          CAMPUS BIOMEDICO
                          BAGET BOZZO GIANNI - SOSTENITORE - EDITORIALISTA
                          BALDASSARRE ANTONIO - SIMPATIZZANTE - PRESIDENTE RAI
                          BARUCCI PIERO - OSPITE - ECONOMISTA
                          BELLONI PIERO - MILITANTE - VICEPRESIDENTE
                          IST. BELFORTE NAPOLI
                          BOLCHI ANDREA - MILITANTE - GIORNALISTA
                          BERLUSCONI PAOLO - SIMPATIZZANTE
                          IMPRENDITORE
                          BERLUSCONI SILVIO - SOSTENITORE
                          PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
                          BERNABEI ETTORE - SOSTENITORE
                          PRESIDENTE LUX VIDEO
                          BIANCO LUCIO - SIMPATIZZANTE - PRESIDENTE CNR
                          BINETTI PAOLA - SOSTENITORE - CAMPUS BIOMEDICO
                          BLASI PAOLO - MILITANTE - BANCHIERE
                          BOFFI GIANDOMENICO - MILITANTE - COLLABORATORE UNIVERSITAS
                          BRANCACCIO BRUNO - SIMPATIZZANTE - COSTRUTTORE
                          BRANCATISANO MARTA - SIMPATIZZANTE - SCRITTRICE
                          BRUDO LORENZO - MILITANTE - DIRIGENTE IPE
                          BUTTIGLIONE ANGELA - SOSTENITORE - DIRETTORE TG PARLAMENTO
                          BUTTIGLIONE ROCCO - SIMPATIZZANTE - LEADER UDC
                          CALABRO' ELISA - MILITANTE
                          CALABRO' LEA - MILITANTE - INSEGNANTE
                          CALABRO' RAFFAELE - MILITANTE - CONSIGLIERE REGIONALE CAMPANIA
                          CAMILLERI RINO - MILITANTE - GIORNALISTA
                          CANIATO RICCARDO - MILITANTE - GIORNALISTA
                          CAPALDO BRUNO - SIMPATIZZANTE - COSTRUTTORE
                          CAPRARA MASSIMO - SOSTENITORE - OPINIONISTA
                          CARUSO CARLO - SOSTENITORE - DIRETTORE - SAN RAFFAELE
                          CASINI P. FERDINANDO - SIMPATIZZANTE - PRESIDENTE CAMERA
                          CAVALLIERI CESARE - MILITANTE - DIRETTORE 'STUDI CATTOLICI'
                          CERVO ARNALDO - MILITANTE - DOCENTE UNIV.
                          CESARINI FRANCESCO - OSPITE - PRESIDENTE UNICREDITO
                          CIABATTONI AMOS - MILITANTE - COFONDATORE RUI
                          COCCURULLO LUIGI - MILITANTE - PRESIDENTE IPE NAPOLI
                          COLAO VITTORIO - OSPITE - AMMINISTRATORE DELEGATO OMNITEL
                          CONFALONIERI FEDELE - SIMPATIZZANTE - PRESIDENTE MEDIASET
                          CORIGLIANO GIUSEPPE - MILITANTE - UFFICIO STAMPA PRELATURA
                          CORTESE ARDIAS AMELIA - SIMPATIZZANTE - PARTITO LIBERALE NAPOLI
                          CORTESINI RAFFAELLO - MILITANTE - CHIRURGO
                          COSSIGA FRANCESCO - SIMPATIZZANTE - SENATORE A VITA
                          CURCI BEATRICE - OSPITE - GIORNALISTA NEWSITALIA
                          D'AGOSTINO FRANCESCO - OSPITE - UNIV. TOR VERGATA
                          D'ALEMA MASSIMO - SIMPATIZZANTE - PRESIDENTE DS
                          D'ANGELO GUIDO - SIMPATIZZANTE - DOCENTE UNIV. NAPOLI
                          D'IPPOLITO SERGIO - SOSTENITORE - STAFF EURIPE NAPOLI
                          DE BENEDETTI CARLO - OSPITE - IMPRENDITORE
                          DE GIOVANNI ASTRID - SOSTENITORE - UNIVERSITA' SANTA CROCE
                          DE LUCA M. LIDIA - SOSTENITORE - MAGISTRATO TRIB. MINORI NAPOLI
                          DE MAIO ADRIANO - OSPITE - RETTORE POLITECNICO MILANO
                          DEL NOCE ALBERTO - SIMPATIZZANTE - GIORNALISTA
                          DELFINO GIOVANNA - SOSTENITORE - DIRETTORE - EDIZIONI SCIENTIFICHE IT.
                          DELFINO MARIO - MILITANTE - CONSIGLIERE COMUNALE NA
                          DELL'UTRI MARCELLO - MILITANTE - SENATORE FORZA ITALIA
                          DI BARI MICHELE - MILITANTE - TESORIERE - ASSOCIAZIONE TORRESCALLA
                          DI CAPUA UMBERTO - SIMPATIZZANTE - PRESIDENTE ABB ITALIA
                          DI PALMA MARIO - MILITANTE - GIORNALISTA
                          DIANZANI FERDINANDO - SOSTENITORE - PRESIDE FAC. MEDICINA C. BIOMEDICO
                          DINA' MARIO - MILITANTE - GIORNALISTA
                          DONATI PIERPAOLO - SOSTENITORE - COMITATO SCIENTIFICO UNIV. SANTA CROCE
                          ETCHEGARAY ROGER - SOSTENITORE - CARDINALE
                          FALCK ALBERTO - MILITANTE - IMPRENDITORE
                          FARRI UMBERTO - MILITANTE - PRESIDENTE IST. COOPERAZ. UNIVERSITARIA
                          FAZIO ANTONIO - SIMPATIZZANTE GOVERNATORE BANKITALIA
                          FAZIO MARIANO - MILITANTE - RETTORE UNIVERSITA' DELLA SANTA CROCE
                          FENU CARLO MARIA - MILITANTE - ASSOCIAZIONE TORRESCALLA
                          FINAMORE ROSANNA - SOSTENITORE - UNIV. GREGORIANA ROMA
                          FONTANA MASSIMO - - SOSTENITORE - UNIVERSITA' SANTA CROCE
                          FONTANAROSA ALDO - OSPITE - GIORNALISTA LA REPUBBLICA
                          FORLANI ARNALDO - SIMPATIZZANTE - EX PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
                          FUMAGALLI ARMANDO - SOSTENITORE - UNIV. CATTOLICA MILANO
                          FUMAGALLI C. OMBRETTA - MILITANTE - SENATORE
                          FUSCAGNI STEFANIA - SOSTENITORE PRORETTORE UNIV. FIRENZE
                          GARACI ENRICO - SOSTENITORE - DIR. IST. SUPERIORE SANITA'
                          GAROFANO MICHELE - MILITANTE - EX PRESIDENTE MONTEDISON
                          GAVAZZI FRANCESCO - OSPITE - EDITORIALISTA
                          GELAO SAVERIO - COLLABORATORE - EDIZIONI ARES
                          GHINI GIUSEPPE - OSPITE - DOCENTE UNIV. URBINO
                          GIACOBINI STEFANIA - OSPITE - GIORNALISTA TG3
                          GIORGINO MARCO - MILITANTE - COLLEGIO TORRESCALLA
                          GIRONE GIOVANNI - SIMPATIZZANTE - COLLABORATORE UNIVERSITAS
                          GROSSI GRONDI STEFANO - SIMPATIZZANTE - COLLABORATORE UNIVERSITAS
                          GUICCIARDI C. GIOVANNI - MILITANTE - PRESIDENTE ASS. TORRESCALLA
                          GUIDI ANTONIO - OSPITE - SOTTOSEGR. SANITA'
                          IOVENE SALVATORE - MILITANTE - MAGISTRATO
                          ISIDORI ALDO - OSPITE - UNIVERSITA' LA SAPIENZA
                          LEONI GIAMPIERO - SOSTENITORE - PRESIDENTE FARMINDUSTRIA
                          LO CICERO MASSIMO - OSPITE - ECONOMISTA
                          LOJODICE ALDO - MILITANTE - DOCENTE DIRITTO COSTITUZ. BARI
                          LORENZELLI VINCENZO - MILITANTE PRESIDENTE CARIGE
                          LUCCHINI PIERO - MILITANTE - IMPRENDITORE
                          MANOUKIAN NOBER - MILITANTE - EX PRESIDENTE IST. BELFORTE NAPOLI
                          MANTOVANO ALFREDO - SOSTENITORE - SOTTOSEGRETARIO GIUSTIZIA
                          MARINI CLARELLI M. VITTORIA - SOSTENITORE - UNIVERSITA' SANTA CROCE
                          MARRAMA TITTI - MILITANTE - INSEGNANTE
                          MARRELLI LUIGI - SOSTENITORE - COMITATO SCIENTIFICO UNIV. SANTA CROCE
                          MARZANO ANTONIO - OSPITE - MINISTRO ATTIVITA' PRODUTTIVE
                          MASSA CARLO - MILITANTE - DOCENTE UNIV. NA
                          MAURO MARIO - SOSTENITORE - EUROPARLAMENTO
                          MAZZETTI DI PIETRALATA CARLO - SOSTENITORE - UNIVERSITA' SANTA CROCE
                          MESSORE VITTORIO - SOSTENITORE - GIORNALISTA
                          MEZZAROMA ROBERTO - SIMPATIZZANTE - COSTRUTTORE
                          MICHELINI ALBERTO - MILITANTE - GIORNALISTA
                          MICOSSI PIERO - OSPITE - ASSESSORE SANITA' REGIONE LIGURIA
                          MINOLI GIANNI - OSPITE - GIORNALISTA
                          MONDADORI LEONARDO - SOSTENITORE - EDITORE
                          MONETA FAUSTO - MILITANTE - IMPRENDITORE
                          MONTANARI BRUNO - SOSTENITORE - UNIVERSITA' CATANIA
                          MUSTO MARINA - MILITANTE - UNIV. PARTHENOPE
                          NATALE ROBERTO - OSPITE - GIORNALISTA TG3
                          NAVARRO JOAQUIN - MILITANTE - PORTAVOCE SANTA SEDE
                          OTRANTO GIORGIO - SIMPATIZZANTE - COLLABORATORE UNIVERSITAS
                          PADULA BRUNO - MILITANTE - SACERDOTE PRELATURA OPUS DEI SICILIA
                          PALLA PIER GIOVANNI - MILITANTE - DIRETTORE RIVISTA UNIVERSITAS
                          PALMIERI MANUELA - SOSTENITORE - STAFF EURIPE NAPOLI
                          PALOMBELLI BARBARA - OSPITE - GIORNALISTA
                          PALUMBO GIUSEPPE - OSPITE - PRES. COMM. AFFARI SOCIALI CAMERA
                          PANSARELLA MICHELE - OSPITE - AVVOCATO
                          PAOLINI FEDERICA - SOSTENITORE - UNIVERSITA' SANTA CROCE
                          PEROCCO ERMINIO - OSPITE - PUBBLICITARIO
                          PERRONE GIOVANNA - MILITANTE - INSEGNANTE
                          PETRUCCI LUIGI - MAGISTRATO
                          PEZZOTTA SAVINO - SOSTENITORE - LEADER CISL
                          PINCHERA ALDO - SIMPATIZZANTE - ENDOCRINOLOGO
                          POLESE NELLO - SIMPATIZZANTE - EX SINDACO NAPOLI
                          POMICINO C. PAOLO - SIMPATIZZANTE - EX MINISTRO
                          POMICINO GIANNI - SOSTENITORE - INGEGNERE
                          PORFIRIONE M. ANTONIETTA - SIMPATIZZANTE - CAMPUS BIOMEDICO
                          PREDA STEFANO - OSPITE - PRESIDENTE BORSA ITLIANA SPA
                          PRODI ROMANO - OSPITE - PRESIDENTE UE
                          PUPPI GIGLIOLA - SOSTENITORE - COMITATO SCIENTIFICO UNIV. SANTA CROCE
                          RAIMONDI RAFFAELE - SOSTENITORE - MAGISTRATO
                          RASCHIELLI PAOLA - SOSTENITORE - CAMPUS BIOMEDICO
                          RATZINGER JOSEPH - SOSTENITORE - CARDINALE
                          RAZZANO ALFREDO - MILITANTE - DIRETTORE RUI
                          RAZZANO GUIDO - MILITANTE - COLLABORATORE UNIVERSITAS
                          RICCIARDI ANTONIO - MILITANTE - EURIPE
                          ROCCA AGOSTINO - MILITANTE - INDUSTRIALE ACCIAIO
                          ROMANO GIUSEPPE - MILITANTE - GIORNALISTA MI
                          ROMITI CESARE - OSPITE - PRESIDENTE RCS
                          ROVERATO GIANMARIA - MILITANTE - AMM. DELEGATO AKROS MILANO
                          RUGGERI COSTANZA - OSPITE - GIORNALISTA
                          RUINI CAMILLO - SOSTENITORE - CARDINALE
                          RUJU MARIA - MILITANTE - DIRETTRICE IST. BELFORTE NAPOLI
                          RUMI GIORGIO - MILITANTE - DOCENTE UNIV. CATTOLICA MILANO
                          RUTELLI FRANCESCO - SIMPATIZZANTE - LEADER ULIVO
                          SALVI CESARE - SIMPATIZZANTE - ESPONENTE DS
                          SARACENI VINCENZO - OSPITE - ASSASSORE SANITA' REGIONE LAZIO
                          S*****CCHIO BRUNO - SIMPATIZZANTE - COLLABORATORE UNIVERSITAS
                          SCUDIERO MICHELE - MILITANTE - PRESIDE GIURISPRUDENZA NAPOLI
                          SILVESTRI LINO - MILITANTE - TRIB. ECCLES.
                          SENSI FRANCO - SIMPATIZZANTE - PRESIDENTE ROMA
                          SODANO ANGELO - SOSTENITORE - CARDINALE
                          SOMALO M. EDUARDO - SOSTENITORE - CARDINALE
                          SORDI ALBERTO - SOSTENITORE - ATTORE
                          SPASIANO MARIO - MILITANTE - DIRETTORE IPE NAPOLI
                          SPINA LUCIO - SOSTENITORE - EURIPE NAPOLI
                          SUNSERI NINO - OSPITE - GIORNALISTA EUROFINANZA
                          TAMARO SUSANNA - SOSTENITORE - SCRITTRICE
                          TOMMASINI ANTONIO - OSPITE - PRES. COMMISSIONE SANITA' SENATO
                          TONON GIANCARLO - OSPITE - VICEPRESIDENTE KERIOS
                          TORELLO ANTONIO - MILITANTE - COLLEGIO TORRESCALLA
                          TRAPATTONI GIOVANNI - SIMPATIZZANTE - CT NAZIONALE CALCIO
                          TRAVAGLINI ANTONIO - MILITANTE - ASSOCIAZIONE TORRESCALLA
                          URBANI LEONARDO - SOSTENITORE - UNIVERSITA' PALERMO
                          UVA ALBERTO - SOSTENITORE - IMPRENDITORE
                          VALITUTTI RAFFAELE - OSPITE - MINISTERO TRASPORTI
                          VALLI A. MARIA - SOSTENITORE - GIORNALISTA TG 3
                          VALLI RENATO - SIMPATIZZANTE - COLLABORATORE UNIVERSITAS
                          VALORI G. ELIA - SOSTENITORE - MANAGER
                          VANZINI GIANFRANCO - OSPITE - AMM. DELEGATO AEFFE
                          VESCOVI ANGELO - SOSTENITORE - RICERCATORE
                          VILLANI PAOLA - MILITANTE - PUBBLICISTA
                          VODOLA LILIANA - MILITANTE - INSEGNANTE
                          ZAMAGNI STEFANO - OSPITE - UNIV. BOLOGNA
                          ZANNI UMBERTO - MILITANTE - EX PRESIDENTE RAS
                          ZECCHINO ORTENSIO - OSPITE - EX MINISTRO
                          ZERMAN P. MARIA - OSPITE - GIORNALISTA SOLE 24 ORE

                          LEGENDA:
                          MILITANTE
                          iscritto o comunque appartenente alla
                          nomenklatura dell'Opus Dei
                          SOSTENITORE
                          molto vicino alle iniziative dell'Opus Dei
                          SIMPATIZZANTE
                          assiduo alle manifestazioni organizzate dall'Opus Dei
                          OSPITE
                          presente anche in forma occasionale ad iniziative
                          organizzate dall'Opus Dei o da sigle ad essa notoriamente collegate
                          Last edited by Conan; 08-03-2006, 13:40:34.
                          sigpic"Ooh amore ooh amante
                          Che fai stasera ragazzo?
                          Tutto va bene, solo tienimi stretto
                          Questo perché sono un buon amante vecchio stampo"

                          Così non capisce. Devi dire "Conan, hai rotto er *****!" (Sergio cit.)

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                            #14
                            Monsignor mistero. La vera storia delle morti in Vaticano

                            Di Andrea Cinquegrani - "La Voce della Campania" - pubblicato su Nuovi Mondi Media

                            Vaticano in fibrillazione. Santa Sede sotto i riflettori. Torna alla ribalta la misteriosa - e mai chiarita - morte di papa Luciani dopo appena 33 giorni di pontificato. Ne parla Giovanni Minoli nella nuova serie di Mixer. Riaffiorano dubbi, incongruenze, versioni contrastanti, una verità ufficiale poco, pochissimo credibile. Un'autopsia mai fatta, rapide perizie nel segreto delle stanze vaticane, un cuore normale che improvvisamente cede; l'incredibile storia delle gocce di cardiotonico ingurgitate in eccesso dal papa, l'altra - invece - a base di una digitalina che non lascia traccia. Morto in piedi, oppure a letto? Mentre leggeva sacre scritture o abbozzava il nuovo organigramma dei vertici pontifici? Oppure cominciava a mettere nero su bianco le nuove regole da impartire a uno Ior recalcitrante davanti a ogni ipotesi di trasparenza, col 'nemico' Marcinkus sempre alacremente all'opera? E poi il sogno di una suora, ricordato in uno scritto da monsignor Balthazar: due ombre si introducono furtive nella camera da letto di Luciani e nel suo bicchiere fanno scorrere il liquido di una misteriosa pozione. Dall'Inghilterra, intanto, lo scrittore-giornalista David Yallop - autore per Tullio Pironti di una celebre ricostruzione di quella 'morte' - continua con pervicacia a sostenere la sua tesi: il papa venne 'suicidato'.

                            Così come venne 'suicidato', sotto il ponte dei frati neri lungo il Tamigi a Londra, il patròn del Banco Ambrosiano, Roberto Calvi. L'inchiesta è riaperta, la famiglia dopo tanti anni vuole finalmente giustizia.
                            "Il rituale dell'esecuzione - scrive l'avvocato investigativo californiano Jonathan Levy nel volume Tutto quello che sai è falso edito in Italia da Nuovi Mondi Media - è tipicamente massonico, con delle grosse pietre nelle tasche". E la matrice? Levy punta dritto in una direzione: quella dei poteri forti della Chiesa, rappresentati secondo lui dall'Opus Dei, che - scrive - "ha desiderato ardentemente la Banca Vaticana e i cui quartieri generali si trovano casualmente a Londra".
                            La spiegazione, ricavata dalle conversazioni con un grosso banchiere internazionale, viene così sintetizzata: "Mi spiegò che la banca di Calvi era sull'orlo del collasso a causa della sparizione di centinaia di milioni di dollari passati attraverso i flussi finanziari dello Ior che erano collegati al riciclaggio di danaro della mafia. Preso dalla disperazione Calvi si trasferì a Londra per ottenere un pacchetto finanziario di salvataggio proveniente da un rappresentante anziano dell'Opus Dei". L'operazione però, secondo la ricostruzione di Levy, non andò in porto e il corpo di Calvi fu trovato 'appeso' sotto il ponte dei Blackfriars.

                            L'altra pista porta direttamente alla mafia, che si sarebbe vendicata dell'affronto subito da Calvi, il quale non avrebbe restituito un'ingente somma di danaro da 'ripulire' (utilizzato invece per riossigenere le casse dell'Ambrosiano). Sul fronte dell'esecuzione, comunque, fa ancora capolino la pista di camorra: "nei giorni in cui Roberto Calvi era a Londra - ricordano a Scotland Yard - vennero segnalate diverse presenze interessanti: quella di Flavio Carboni e di alcuni camorristi, fra cui Vincenzo Casillo". Luogotenente di Raffaele Cutolo, soprannominato 'o nirone, in contatto con i servizi deviati e in particolare col faccendiere Francesco Pazienza, Casillo due anni dopo saltò per aria a Roma in un'auto imbottita di tritolo.

                            A fine settembre scorso, poi, due botti. A Londra la polizia decide di riaprire le indagini su quella morte, a Roma l'inchiesta portata avanti dai pm Luca Tescaroli (che ha già indagato sulla strage di Capaci) e Maria Monteleone (casi Mitrokin e "spectre" all'italiana) si arricchisce di una verbalizzazione esplosiva: un pentito di mafia, Vincenzo Calcara, per l'omicidio Calvi tira in ballo Giulio Andreotti, elementi deviati dello Stato e dei Servizi, massoneria e ambienti vaticani.
                            E sotto il Cupolone ci porta anche un'altra esistenza - e un'altra fine - avvolta nel mistero: quella di Giorgio Rubolino, morto in piena calura ferragostana, immediata la diagnosi d'infarto che non perdona, niente autopsia, funerali in pompa magna in Vaticano, poi il silenzio. Fino alla decisione dei magistrati romani, dopo neanche un mese, di vederci più chiaro, chiedendo la riesumazione del cadavere per poter effettuare una normale autopsia. Ma chi era Rubolino?



                            UNA VITA VORTICOSA
                            Il suo nome balza alle cronache nazionali per l'omicidio di Giancarlo Siani, il giornalista ucciso il 23 settembre 1985 (vedi riquadro). Due anni dopo il procuratore generale del tribunale di Napoli, Aldo Vessia, avoca a sé l'inchiesta bollente, fino a quel momento capace solo di racimolare una serie di flop.
                            Vessia vola negli Usa, e interroga Josephine Castelli, un'avvenente bionda al centro di strani giri. Dopo un paio di mesi scattano le manette per il capoclan di Forcella Ciro Giuliano, per un 'gregario', Giuseppe Calcavecchia, e per un insospettabile, il ventiseienne Giorgio Rubolino, intimo di Josephine, una stirpe di magistrati nel pedigree (il padre è stato pretore a Torre Annunziata), già inserito negli ambienti che contano (fra le alte prelature soprattutto) e nella Napoli bene.
                            Per lui inizia il calvario, quattordici mesi nel carcere di Carinola, fino a quando una delle tante toghe che si sono alternate al capezzale di un'inchiesta che non riesce a decifrare colpevoli (esecutori e, soprattutto, mandanti), Guglielmo Palmeri - sorrentino d'origine e in ottimi rapporti con la famiglia Rubolino - lo rimette in libertà (due mesi prima erano stati rilasciati anche Giuliano e Calcavecchia). Cade il teorema Vessia, non regge l'ipotesi di un omicidio eseguito dai Giuliano su ordine dei Gionta di Torre Annunziata. E, soprattutto, sparisce la pista di via Palizzi. La pista che portava alla casa d'appuntamenti, frequentata da giovanissime squillo (tra cui Josephine e la sorella Pandora), e da vip della Napoli che conta: in primis, magistrati e politici.
                            Fra le toghe, spicca il nome di Arcibaldo Miller, per anni pm di punta alla procura di Napoli (sua la maxi istruttoria per il dopo terremoto finita in prescrizione per tutti) e oggi 007 di punta del guardasigilli Castelli. Lo stesso Miller - viene precisato in un documento al vetriolo elaborato dalla camera degli avvocati penali di Napoli nel 1998 - ha subìto un procedimento per "trasferimento d'ufficio" a causa di una serie di fatti, fra cui "l'aver frequentato una casa di appuntamenti gestita da pregiudicati affiliati alla camorra negli anni 1984-1985 in via Palizzi". Lo stesso Miller seguirà il caso Siani: collaborerà proprio con Palmeri per cercare di sbrogliare quel pasticciaccio brutto. Sempre più brutto. E, soprattutto, sempre senza colpevoli.



                            DA ROMA A LONDRA
                            Torniamo a Rubolino. Riacquistata la libertà, non riesce però a ritrovare ancora la serenità. Vessia, infatti, ricorre contro la scarcerazione dei tre. Trascorre un anno e, a dicembre 1989, la Cassazione respinge il ricorso, confermando l'impostazione assolutoria di Palmeri. Il quale, però, non riesce ancora a dare un volto, e tanto meno un nome, ai colpevoli. Né agli esecutori, figurarsi ai mandanti.
                            Ma come era saltato fuori il nome di Rubolino per il caso Siani? Non solo dal filone di via Palazzi, ma anche in seguito alle primissime indagini sulle cooperative di ex detenuti che, proprio a partire dal 1985, a Napoli stavano aggregandosi e iniziando a bussare con forza ai portoni di palazzo San Giacomo.
                            Il Comune - allora retto dal socialista Carlo D'Amato - nell'autunno '85 diede disco verde per l'ingresso fra i ranghi di ben 700 detenuti raggruppati in sei liste ("La carica dei settecento", titolò la Voce in una cover story del dicembre 1985): nei mesi seguenti un putiferio, una fortissima polemica a sinistra, con una Lega delle cooperative alla deriva. "E' in quel contesto che veniva fuori anche il nome di Rubolino - ricordano a palazzo di giustizia - una storia intricata, tra minacce, camorra, affari e promesse. Insomma, una vera giungla". Rubolino, riuscì a cavarsela. "Ma non la smetteva di ficcarsi sempre in storie pericolose, sbagliate, comunque tra soldi, salotti e personaggi poco raccomandabili".
                            Esce con la ossa rotte e il morale a terra, Rubolino, da queste vicende. Si trasferisce a Roma. "Ha cercato di buttarsi tutto alle spalle e ricominciare da capo. Ce l'ha messa tutta. Ha fatto anche un sacco di opere di bene, volontariato, assistenza", racconta un amico. "Non c'è riuscito a rompere col passato - aggiunge un operatore finanziario capitolino - aveva perso il pelo ma non il vizio, continuava a frequentare ambienti dai miliardi facili e spesso inesistenti". Due versioni contrastanti.
                            Un perverso destino, comunque, sembra perseguitarlo. Nel 1999 ri-finisce nelle galere, questa volta londinesi, per una presunta truffa da 100 milioni di sterline ai danni di una vera e propria istituzione britannica, la Cattedrale di San Paolo. Il classico 'pacco' organizzato secondo il miglior copione di Totò formato fontana di Trevi: siamo venuti qui (i Magi sono cinque, due italiani, un finlandese, un canadese e un americano) per donarvi la bellezza di 50 milioni di sterline. Unica piccola, microscopica condizione, quella che voi depositiate per dieci giorni, appena dieci giorni, il doppio, ovvero 100 milioni, su un conto svizzero. Nessuno li toccherà quei soldi, assicurano.
                            La truffa non riesce, i cinque finiscono in gattabuia, lui, Rubolino, viene messo in libertà e prosciolto da ogni accusa. Anche la procura di Napoli, che si era accodata con un suo filone investigativo, lo scagiona. E lui avvia un procedimento per ottenere un indennizzo per quella ingiusta detenzione. "Ne aveva raccolti, comunque, di soldi per le denunce fatte contro alcuni giornalisti che lo avevano accusato per Siani - ricorda un amico - soldi che donò in beneficenza".


                            STANLEY & PROMAN
                            Un anno fa la svolta sembra dietro l'angolo. Decide di cominciare a far sul serio l'avvocato e, quindi, di iscriversi al consiglio dell'ordine di Roma. Raccoglie la documentazione, presenta la domanda, altra delusione: c'è ancora una pendenza con la giustizia, per via di un procedimento non ancora chiuso, millantato credito. "Non è cosa - raccontano ancora nel suo entourage - non è cosa, ha pensato. Ed è ripiombato nei suoi problemi, nella sua tristezza di prima, quando subiva accuse e attacchi". La voglia di business, comunque, non lo abbandona: per lui è una seconda pelle, una droga, non può farne a meno.
                            Ed eccolo entrare nei santuari della finanza, acquisire partecipazioni azionarie, frequentare il mercato ristretto e la City.
                            Un bel giorno, diventa il padrone di una misteriosa sigla, Proman. A quel punto, le voci cominciano a rimbalzare. Perché lui risulta "intestatario fiduciario". Di chi, di cosa?
                            Ma vediamo cosa è Proman. A quanto pare si tratta di una società a responsabilità limitata. Nel suo portafoglio spicca una partecipazione di lusso, il 25 per cento delle azioni Stayer, una grossa sigla nel settore elettrico, avamposti a Ferrara e Rovigo, interessi in mezzo mondo. Un'altra consistente fetta di Stayer - pari al 29 per cento del pacchetto azionario - fa capo a Efi, ovvero European Financial Investments, a sua volta controllata da un'altra sigla, Danter.
                            Efi, dal canto suo, naviga in acque agitate, trovandosi in amministrazione controllata, per i problemi finanziari che stanno passando i fratelli Bergamaschi, suoi soci di riferimento, e un pignoramento azionario effettuato da un creditore, la Euroforex. E' per questo motivo che l'assemblea straordinaria di Stayer convocata lo scorso 27 agosto per deliberare l'aumento di capitale a 10 milioni di euro, è saltata. Ma non solo per questo. Ecco cosa scrive, proprio quel giorno, un dispaccio dell'agenzia Reuter: "Il 26 agosto scorso Stayer ha ricevuto una comunicazione dall'intermediario presso cui sono depositati i titoli che informava del decesso di Rubolino e affermava che i diritti sulla partecipazione spettano ai suoi eredi.
                            Stayer - viene aggiunto nel comunicato - non sa se e come Proman intende resistere contro questa posizione dell'intermediario".
                            Resta il mistero Proman. Nei cervelloni Cerved, collegati con tutte le camere di commercio italiane, non v'è traccia di Proman spa. Né si segnala alcuna Proman nel cui carniere figuri una qualsiasi partecipazione azionaria di Stayer. Un bel rebus. Val la pena, comunque, di scorrere la lista dei soci targati Stayer. A parte due medi azionisti (Gianfranco Fagnani e Roberto Scabbia), fanno capolino quattro sigle. A parte un'italiana (BSPEG SGR spa, una società di gestione del risparmio privato, con 140 mila azioni), le altre tre sono estere. Le quote minori fanno capo a Electra Investiment Trust Plc (26 mila azioni) e a Power Tools International (30 mila azioni). A far la parte del leone c'è Ipef Parters Limited (664 mila azioni), sigla londinese.
                            Osserva un operatore finanziario milanese: "Potrebbe esserci la presenza di Ipef nell'azionariato di Proman. Il mistero comunque è fitto". E resta un mistero, per ora, la destinazione finale delle azioni Proman: rimarranno nelle mani delle due sorelle di Rubolino, o che fine faranno? E cosa c'è dietro il reticolo di sigle, incroci azionari, spesso e volentieri giocati oltremanica? Un gioco forse pericoloso?
                            Il 28 luglio scorso, poi, l'infarto. Una vita stroncata a 42 anni, dopo un'inutile corsa all'Aurelia Hospital, "dove però è giunto privo di vita", commenta in un dettagliato reportage il Mattino. L'autopsia - scrive il solerte cronista, Dario Del Porto - "ha chiarito immediatamente la natura del malore". E a scanso di equivoci aggiunge: "Del caso pertanto non è stata neppure interessata la procura di Roma". E ancora, ad abundantiam: "sulle ultime ore dell'uomo non sembrano esserci misteri. Rubolino è stato colpito da un arresto cardiocircolatorio manifestatosi durante la notte nell'abitazione della capitale dove si era trasferito ormai da anni".
                            Altri commenti nel racconto della cerimonia funebre - che si è svolta nella chiesa di Sant'Anna dei Palafrenieri, l'unica parrocchia dello Stato Vaticano - per la penna di un vaticanista doc, Alceste Santini. "Si può, quindi, dire che Giorgio Rubolino ha avuto il privilegio di avere avuto la celebrazione delle esequie, non solo in una chiesa ambita da molti nei momenti di gioia o di dolore come nel suo caso, ma in un luogo, qual è lo Stato Città del Vaticano, in cui la penitenza si intreccia con il perdono come sofferente superamento dei peccati e degli atti illeciti commessi nella vita".
                            Equilibrismi logici e sintattici a parte, Santini riesce comunque a porsi qualche interrogativo. Per celebrare in Sant'Anna ci vuole la chiave giusta: "occorre una particolare autorizzazione - scrive Santini - ciò rivela che chi ne ha fatto richiesta aveva ed ha entrature nel mondo vaticano. I parenti? Gli amici? Non è dato saperlo". Avvolti nel dubbio amletico, riusciamo però a sapere che fra le personalità presenti alla cerimonia c'erano "i parenti e gli amici di Giorgio, fra cui il senatore a vita Emilio Colombo e altri esponenti della borghesia napoletana".
                            A officiare la messa funebre il cappellano delle guardie svizzere, Alois Jehle.


                            CASO SIANI A SENSO UNICO
                            Caso Siani. Chiuso per sentenza. La Cassazione ha ormai inchiodato i colpevoli dei clan torresi che - secondo la ricostruzione del pm Armando D'Alterio - decisero ed eseguirono quell'omicidio. Una volta tanto, la parola fine. Tutto chiaro, allora? Molti dubbi restano in piedi. Vediamo quali.
                            Il movente. Debole. Debolissimo. Un articolo scritto mesi prima. "Per punire lo sgarro", hanno spiegato gli inquirenti. "In quell'articolo Siani faceva capire che i Nuvoletta avrebbero tradito i Gionta. Per mettere le cose a posto e recuperare l'onore, la cosa andava lavata col sangue". Credibile? Possibile che una camorra allora più che mai rampante avesse deciso di tirarsi addosso riflettori, inquirenti, forze dell'ordine?
                            Un articolo non (ancora) scritto è molto più pericoloso di uno già scritto. Non ci vuole la maga per intuirlo, solo un minino di fiuto e buon senso. Quello che non sembra aver smarrito Amato Lamberti, presidente della Provincia di Napoli e a quel tempo (siamo nel 1985) responsabile dell'Osservatorio sulla camorra, avamposto, in quegli anni, per scrutare, capire e radiografare i movimenti, le mutazioni e le infiltrazioni della Camorra spa. Lamberti fu l'ultima persona a sentire Giancarlo, avevano appuntamento per la mattina dopo, ma "lontani dal Mattino", come raccomandava Giancarlo. Un appuntamento andato a vuoto, perché la sera prima l'abusivo e ormai prossimo praticante giornalista veniva freddato a bordo della sua Mehari in piazza San Leonardo al Vomero, a un passo da casa. "Non era particolarmente preoccupato - ricorda Lamberti - però doveva dirmi una cosa che gli premeva. Ed era urgente. Stava lavorando ad un'inchiesta per la rivista dell'Osservatorio sugli intrecci politica-affari-camorra nell'area torrese. Uno dei grossi affari, allora, era rappresentato da un'area, il quadrilatero delle carceri. E lui stava mettendo il naso in quei rapporti, sia sui referenti locali, che su quelli più in su, di imprese e camorristi".
                            A corroborare la tesi di Lamberti, un docente universitario, Alfonso Di Maio, padre di uno dei pm più in vista, oggi, alla procura di Salerno. La Voce lo intervistò dieci anni fa. "Avevo incontrato diverse volte Giancarlo in quegli ultimi mesi - affermava Di Maio - stava lavorando, mi raccontava, a una grossa inchiesta sugli appalti nell'area stabiese. In particolare, voleva capire se dietro al paravento di un'impresa ci fosse lo zampino di qualche politico eccellente e operazioni di riciclaggio della camorra". Il nome dell'impresa era Imec (del gruppo Apreda, poi acquirente addirittura della Buontempo Costruzioni Generali), quello del politico Francesco Patriarca, ras gavianeo della zona, ex sottosegretario alla marina mercantile. Di Maio cercò di raccontare quei fatti alla magistratura. Senza riuscirci. "Mi presentai in procura. Parlai col dottor Arcibaldo Miller. Mi disse che ne avrebbe riferito al dottor Guglielmo Palmeri che seguiva di persona l'indagine. Sono andato due volte in procura, dietro appuntamento, ma non sono stato mai ricevuto. Allora non mi fu data la possibilità di verbalizzare quel che sapevo sulle ultime settimane di Siani". Parole dure come pietre. Mentre decine e decine di testi hanno fatto passerella davanti alla mezza dozzina e passa di toghe che si sono alternate al capezzale di un processo quasi impossibile.
                            Del resto, é lo stesso fratello del cronista, Paolo, pediatra, a rivelare qualche ombra nell'inchiesta, un 'buco nero' rimane ancora oggi lì a lasciare spazio ai dubbi. "Giancarlo lascia la redazione di Castellammare - ricorda - va in cronaca di Napoli, scrive sempre meno di Torre ma si interessa sempre più della ricostruzione post terremoto e dei rapporti camorra-appalti. Stava preparando un libro e i materiali, dopo la sua morte, sono spariti". Una ricostruzione che lega perfettamente con quelle di Lamberti e Di Maio.
                            Altri, però, ancora oggi in procura storcono il naso. "C'era un'altra pista, battuta soltanto in fase iniziale. E solo parzialmente. E' la pista di via Palizzi, la casa di appuntamenti, i suoi segreti forse inconfessabili. Tanti anni fa ne parlò esplicitamente Corrado Augias nel suo Telefono GialloŠ poi il silenzio più totale".

                            Chissà se il regista Marco Risi, arrivato un paio di volte a settembre a Napoli per completare il copione del film su Giancarlo (ispirato in parte a "L'abusivo", il libro di Antonio Franchini, sceneggiatura dell'esperto di misteri Andrea Purgatori, ex Corsera), riuscirà a vedere oltre i muri di gomma che ancora circondano quella tragica morte. "Emerge - dice Risi alla Voce - un delitto tuttora carico di misteri e interrogativi rimasti senza risposta, nonostante i processi e le sentenze. Questa sarà la chiave del mio film su Giancarlo".

                            GUARDIE E KILLER
                            Primavera vaticana '98. Tre morti avvolte nel mistero. Sono le nove di sera e una suora - sulla cui identità verrà sempre mantenuto il più stretto riserbo - entra nell'alloggio di servizio del neo comandante delle Guardie Svizzere, Alois Estermann. Davanti ai suoi occhi una scena raccapricciante: tre corpi, in un mare di sangue, massacrati da revolverate. Quello di Estermann, di sua moglie Gladys Meza Romero e del vice caporale Cedric Tornay.
                            Ecco come ricostruisce i primi momenti dopo la scoperta Sandro Provvisionato, scrittore e giornalista, nel suo sito Misteri d'Italia. "Tra i primi ad arrivare sul luogo sono il portavoce del papa, Joaquin Navarro Valls, laico di origine spagnola, membro numerario dell'Opus Dei; monsignor Giovanni Battista Re, sostituto delle segreteria vaticana; e monsignor Pedro Lopez Quintana, assessore per gli Affari generali della Segreteria di Stato vaticana. La scena del delitto non viene sigillata, anzi già alla 21 e 30 sono decine le persone che si aggirano tra i cadaveri. Elementi di prova importanti vengono rimossi o spostati.
                            A differenza di altri episodi avvenuti all'interno del perimetro vaticano, come l'attentato al Papa, nessuna richiesta di collaborazione viene inoltrata alle autorità italiane. Delle indagini si occupa il Corpo di Vigilanza Vaticana. Prima ancora dell'arrivo del magistrato, il Giudice Unico Gianluigi Marrone che arriva sul posto un'ora dopo, mani ignote hanno già provveduto a perquisire non solo l'ufficio, ma anche l'appartamento di Estermann e l'alloggio di Tornay. Quando i corpi verranno rimossi, non sarà adottata alcuna precauzione utile alle indagini. Anche l'autopsia sui tre cadaveri si svolgerà all'interno delle mura vaticane".

                            Detto fatto, non passano nemmeno tre ore - siamo a mezzanotte - e l'infaticabile Navarro Valls può sentenziare: "I dati finora emersi permettono di ipotizzare un raptus di follia del vice-caporale Tornay. E' tutto molto chiaro, non c'è spazio per altre ipotesi". Caso dunque chiuso in 180 minuti, per Valls. Uno 007 perfetto, capace anche di estrarre dal magico cilindro la prova delle prove: una lettera, nientemeno che una lettera d'addio, affidata qualche ora prima (le 19 e 30, precisa Navarro) a un commilitone dal folle vice-caporale con una lacrima e queste parole: "Se mi succede qualcosa, consegnala ai miei genitori".
                            Spiega il portavoce-detective nella rapidissima conferenza stampa, che risolve a tempi di Guinness una matassa altrimenti destinata a intrecciarsi negli anni: la missiva - precisa - è stata consegnata al Giudice Marrone, il quale la darà ai parenti di Tornay in arrivo a Roma. "Spetterà ai familiari del vice caporale - aggiunge Valls - decidere se rendere noto il contenuto della lettera oppure no". Commenta Provvisionato: "Nella fretta l'astuto portavoce della Santa Sede non si rende conto di aver commesso un errore macroscopico. Come si può conciliare un raptus di follia con una lettera scritta almeno un'ora e mezza prima dello stesso raptus? Spesso la fretta è cattiva consigliera".
                            Intanto circola già qualche indiscrezione sull'imminente uscita del nuovo libro-choc di Ferdinando Imposimato (autore, con Provvisionato, del volume d'inchiesta sullo scandalo Tav). Al centro, rivelazioni sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, figlia di una guardia vaticana. Che secondo l'ex magistrato, sarebbe ancora viva.


                            Fonte: "La Voce della Campania", ottobre 2003
                            Last edited by Conan; 08-03-2006, 13:41:04.
                            sigpic"Ooh amore ooh amante
                            Che fai stasera ragazzo?
                            Tutto va bene, solo tienimi stretto
                            Questo perché sono un buon amante vecchio stampo"

                            Così non capisce. Devi dire "Conan, hai rotto er *****!" (Sergio cit.)

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                              #15
                              Il Vaticano allo sportello della banca Rothschild

                              Dario Velo – inserto «Domenica» de « Il Sole 24 Ore» 8/12/1991
                              home page

                              Leggendo Le finanze pontificie e i Rothschild di Daniela Felisini sorge e si rafforza in modo sempre più chiaro il sospetto che tra la finanza pontificia dell'800 e la finanza italiana dei nostri anni i punti di contatto siano molti e significativi.
                              La causa del dissesto delle finanze vaticane nell'800 è, in ultima analisi, da ricercare nell'incapacità dello Stato pontificio di partecipare al profondo processo di modernizzazione che investì la società e l'economia italiana ed europea dopo il '48.
                              I violenti traumi subiti dallo Stato pontificio nel 1831 e nel 1848 furono occasioni mancate per un' approfondita riflessione sui mali economici che stavano conducendo il potere temporale dei papi verso l'inevitabile declino. Il governo pontificio rimase agganciato a un modello amministrativo inadeguato, respingendo le istanze delle classi medie, specie quelle delle regioni più progredite del Nord, insoddisfatte per l' opprimente sistema fiscale e doganale. La mancanza di un consenso profondo spinse i governanti pontifici a tessere una vasta rete clientelare, in particolare al Sud, rafforzando la tradizionale struttura assistenziale, con funzioni di ammortizzatore dei conflitti sociali.


                              Le erogazioni necessarie al mantenimento di un capillare apparato di controllo politico e di consenso sociale, e gli oneri finanziari del debito pubblico, sopravanzarono così in modo sempre più grave le spese per la costruzione di infrastrutture e gli incentivi necessari a dare impulso all'economia. Il sistema economico divenne così sempre più fragile e statico, l'assistenzialismo trovò nuove ragioni per diffondersi, indebolendo ulteriormente l'economia, e così via, in un circolo vizioso sempre più grave.
                              Lo squilibrio nei conti pubblici divenne sempre più profondo. Tale squilibrio venne finanziato da un crescente indebitamento verso l'interno, in una prima fase; successivamente, il suo aggravarsi rese necessario ricorrere a crescenti finanziamenti internazionali, che i Rothschild furono pronti a mettere a disposizione. In questo modo l'indebitamento diventò una gabbia sempre più stretta per la società e l'economia pontificia. Ciò a differenza degli altri Stati europei, che, nella fase della rivoluzione industriale, seppero ricorrere all'indebitamento come strumento per lo sviluppo, sostenendo la crescita degli investimenti nel settore industriale e ferroviario.


                              In questo modo lo Stato pontificio, stretto tra la propria incapacità di adeguarsi alla realtà in mutamento e di accogliere i fermenti che agitavano l'Italia e l'Europa, si trovò ad affrontare un drastico e progressivo peggioramento della propria situazione finanziaria.
                              Lo Stato pontificio non giunse all'insolvenza o alla necessità di adottare misure straordinarie; prima che ciò avvenisse, i bersaglieri a Porta Pia posero fine al potere temporale del Papa; che peraltro non comprese subito quanto grande fosse il dono fattogli dai piemontesi.
                              Valuti il lettore quali insegnamenti trarre da queste considerazioni. E in particolare valuti il lettore se sfogliare il volume di Daniela Felisini alla ricerca di spunti per meglio valutare le radici lontane, culturali prima ancora che economiche, dell'Italia di oggi, del suo assistenzialismo così poco europeo, della sua finanza pubblica dissestata.
                              Ma con una differenza: oggi non si può più contare sulla certezza del lieto fine. Oggi non esistono bersaglieri disposti a salvare l' Italia risolvendo i problemi che spetta alla sua classe di governo risolvere.
                              Daniela Felisini, «Le finanze pontificie e i Rothschild», Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1991, pag. 246
                              Last edited by Conan; 08-03-2006, 13:41:34.
                              sigpic"Ooh amore ooh amante
                              Che fai stasera ragazzo?
                              Tutto va bene, solo tienimi stretto
                              Questo perché sono un buon amante vecchio stampo"

                              Così non capisce. Devi dire "Conan, hai rotto er *****!" (Sergio cit.)

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