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Attenzione: Calcio Inside! Parte III

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    Napoli: ritiro sospeso dopo l’ammutinamento, ma De Laurentiis vuole fare causa ai suoi giocatori

    Situazione nelle mani di Ancelotti. Sul tappeto i rinnovi e i malesseri verso mister e patron, per questo dopo il Salisburgo gli azzurri si sono ribellati tornando a casa

    Rivolta, rivoluzione o ammutinamento. Le definizioni per quello che è accaduto martedì sera nel ventre del San Paolo si sono sprecate. Qualunque sia la più appropriata conta fino a un certo punto. Sta di fatto però che siamo di fronte a una situazione che non ha precedenti nel calcio che conta. Un primato che non rende giustizia a una città che da trent’anni aspetta invece di arrivare prima sul podio sportivo e che soprattutto rimette in discussione i rapporti all’interno del club e gli obiettivi di stagione.

    La squadra decide di interrompere autonomamente il ritiro ordinato dal presidente De Laurentiis, saranno ora i legali a stabilire i torti e le ragioni. Il vaso di Pandora viene scoperchiato al termine della sfida di Champions con il Salisburgo, ed è una storia molto tesa da tutti contro tutti. Levata di scudi dei giocatori contro Aurelio De Laurentiis. Dito puntato verso l’allenatore, «reo» di non tutelarli abbastanza. Lo scenario, inedito, colloca Ancelotti nel suo ufficio ad assistere da lontano all’ammutinamento della squadra, pronto a sfilarsi dalla protesta: lascia lo stadio con il suo staff e torna in ritiro.

    De Laurentiis è già andato in albergo, resta in contatto con i dirigenti e decide la strategia: ritiro sospeso e «tutela legale, disciplinare e di immagine del club» e, soprattutto, «decisione sui ritiri futuri affidata esclusivamente ad Ancelotti». Al tecnico la patata bollente di gestire la polveriera Napoli, con l’inevitabile conseguenza che sarà lui (da solo) a rispondere di prestazioni e risultati.

    Torniamo alla notte tra martedì e mercoledì: mezz'ora di follia nello stadio in cui ci sono tv di mezza Europa ad aspettare le interviste del dopopartita e il rumore della rivolta irrompe come un fulmine, spazza via il risultato del campo e tutti i calcoli sulla qualificazione Champions. Le pareti sono spesse ma le voci di dentro arrivano nitide. Prima litigano il vicepresidente Edo De Laurentiis e due giocatori, la tensione sale e volano pugni contro il muro. Squadra decisa a tutto pur di non assecondare il patron, lo comunica al figlio ed è quasi una rissa. Battaglia di principio, diranno poi i calciatori. Hanno saputo del ritiro dai media, ascoltato i rimbrotti del presidente attraverso la radio ufficiale del club. C’è dell’altro evidentemente: le attese infinite dei rinnovi del contratto, c’è chi voleva andar via e invece è rimasto per scelta del club. Molti altri non tollerano le ingerenze nelle questioni di spogliatoio. Rischiano adesso una multa salatissima, De Laurentiis ha consultato i suoi legali e valuterà ogni azione per tutelarsi.

    Ancelotti, invece, è rimasto alla finestra, consapevole naturalmente che certe cose non accadono per caso e, soprattutto, all’improvviso. Il cielo non è sereno da settimane e le frizioni nello spogliatoio, ancor prima della decisione del ritiro, erano frequenti. Costanti. Gli screzi con Insigne, le esclusioni tecniche di giocatori funzionali al progetto come Ghoulam. La squadra mal sopporta la composizione familiare dello staff tecnico: suo figlio Davide, 30 anni, in panchina con lui e suo genero Mino Fulco. Si ripropone l’accusa di nepotismo, che Ancelotti aveva dovuto subire anche al Real Madrid e che fu la causa della rottura con il Bayern di Monaco.

    Tanta brace tenuta sotto la cenere fino all’irruzione presidenziale: il ritiro ha fatto saltare il banco.


    CorSera
    ...ma di noi
    sopra una sola teca di cristallo
    popoli studiosi scriveranno
    forse, tra mille inverni
    «nessun vincolo univa questi morti
    nella necropoli deserta»

    C. Campo - Moriremo Lontani


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      Rivolta Napoli, l’avvocato: «Il ritiro? Un obbligo lavorativo. La posizione di Ancelotti la più delicata»

      «Va eseguito il compito assegnato se non viola la legge o intacca la dignità. Per lo sciopero occorre un preavviso. Va chiarito se l’allenatore li ha assecondati»

      «Quello di una squadra al completo che abbandona un ritiro di allenamento è un caso unico. Ma il clamore della notizia non deve far dimenticare che i calciatori sono lavoratori dipendenti, obbligati a eseguire il compito loro assegnato se questo non viola la legge o intacca la loro dignità. Non mi sembra sia il caso del ritiro imposto dal Napoli ai suoi giocatori». Marcello Giustiniani, partner di BonelliErede, è tra i massimi esperti italiani di diritto del lavoro.

      «Sul piano teorico — spiega il legale, membro del Consiglio direttivo del settore tecnico Figc — è interessante capire se il ritiro avesse natura tecnica o punitiva, servisse a favorire la concentrazione e migliorare le prestazioni o a punire i giocatori dello scarso rendimento. Il secondo caso è censurabile ma difficilmente contestabile sul piano legale. Si può sostenere che una decisione tecnica spetti all’allenatore, ma il potere ultimo è in mano alla proprietà: il tecnico è e resta un dipendente».


      E ipotizzare un ricorso allo sciopero, sia pure irrituale e “lampo”. «Uno sciopero - continua Giustiniani - presuppone una rivendicazione e un preavviso, sia pur breve. Non mi sembra di aver letto di cose del genere». E il ruolo di Ancelotti nella vicenda? «Sarebbe interessante capire — continua il legale — se il tecnico abbia interrotto il ritiro per assecondare i giocatori o nell’impossibilità di portarlo avanti per la loro assenza. Di certo — per il suo ruolo e per aver espresso contrarietà al ritiro fin dall’inizio — la posizione di Ancelotti è la più delicata». Ma cosa rischiano i giocatori? «Come ogni lavoratore dipendente — spiega Giustiniani — i tesserati del Napoli possono essere chiamati a giustificare il rifiuto di prestare l’opera loro richiesta con una contestazione disciplinare. Dal momento del ricevimento della lettera hanno cinque giorni per motivare il loro comportamento. Se la proprietà non dovesse ritenersi soddisfatta dei chiarimenti può applicare un’ampia gamma di sanzioni che vanno dal richiamo, alla multa, alla sospensione dal lavoro al licenziamento».


      Dal punto di vista legale, quindi, tutto sembra deporre a favore del Napoli Calcio. «Fermo restando che bisognerebbe conoscere a fondo i dettagli del caso — conclude Giustiniani — ricordiamo che la legge concede al datore di lavoro anche il diritto di prendere decisioni sbagliate».

      CorSera
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        Icardi il punto di svolta: i giocatori del Napoli, Conte e Ancelotti adesso sono aziende e non più dipendenti

        In qualsiasi azienda sarebbero stati licenziati per il feroce sfogo e aver rifiutato il ritiro , ma il calcio segue altre logiche. E diventa difficile anche tenere in panchina qualcuno

        di Mario Sconcerti

        Sono molto gravi per forma e sostanza i due casi Conte e Napoli, ma prima di entrare nello specifico bisogna passare da un’evidenza generale. Entrambe sono prosecuzioni del caso Icardi, nel senso che stanno rapidamente cambiando lo status di un tesserato del grande calcio. Non più lavoratore subordinato come dice la legge 91 del 1981, ma ormai aziende altre che si attribuiscono gli stessi diritti dell’azienda madre.

        Quando l’Inter in pieno litigio con Icardi accettò la mediazione di una figura esterna, un avvocato, sancì il diritto a un dialogo alla pari. Lì è cominciato un altro calcio, quasi completamente da riscrivere e fuori dalle leggi sportive. Non torneremo più indietro, quello che adesso ci sembra grottesco ci è già passato sotto il naso decine di volte e non ce ne siamo accorti perché per noi il calcio è solo passione, non vogliamo ragioni come la vita.


        Ma oggi sta diventando difficile, cioè punibile, perfino tenere in panchina un giocatore o anche solo cambiargli ruolo perché lo danneggi nella sua valutazione di mercato.

        Non escludo affatto che l’aria a Napoli sia diventata irrespirabile proprio per i continui esperimenti di Ancelotti in un momento in cui sono sette-otto i contratti in scadenza. Se non giochi nel tuo ruolo ci sono più possibilità che giochi male. Non si possono chiedere aumenti quando si rende meno. La disponibilità ha un prezzo, perfino mantenersi sani lo ha. Ma se sono disponibile a tutto, mi infortuno più facilmente. E valgo meno. Sono regole inaccettabili che nel calcio fanno giurisprudenza.

        Cosa avrebbe da dire il codice civile? A chi darebbe ragione? I ritiri sono evidenti violazione di qualunque privacy. Se sbaglio hai il diritto di punirmi ma non puoi farmi prigioniero. D’altra parte una multa di 20 mila euro per ritardi agli allenamenti è un prezzo normale. È tutto così evidente, così primitivo, paradossale, che i primi «no» al sistema stanno facendo cadere tutto.

        A Conte oggi si perdona ogni eccesso perché è un grande allenatore, ma a Dortmund ha letteralmente fatto un’assemblea contro la propria società. Durissima e scomposta. Chiunque di noi in qualunque azienda sarebbe stato oggi pesantemente ripreso se non licenziato. Siamo vicini alla giusta causa. Una rivolta isterica consumata senza una spiegazione sulla partita persa, un parere su come l’Inter abbia potuto prendere tre volte lo stesso gol in 20 minuti.

        Forse per Conte la pressione di una città aperta ed esigente come Milano è troppa. Forse è troppo che l’Inter non vince e Conte non regge la sua voglia. Ma siamo oltre la crisi di nervi. Qui la società non ha il diritto di intervenire, ha il dovere. Altrimenti fa un danno a se stessa, alla squadra e a qualunque gestione futura.


        CorSera
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          Lazio e Roma, niente scherzi. Allarme per l’arrivo di 9 mila tifosi del Celtic

          Biancocelesti contro gli scozzesi con l’assoluto bisogno dei tre punti, straordinari per Immobile; giallorossi a Moenchengladbach ancora in emergenza

          Una partita da vincere a tutti i costi e una quanto meno da non perdere. L’Europa League entra nella fase calda, Lazio e Roma non possono scherzare. I biancocelesti hanno assoluto bisogno dei tre punti contro il Celtic dopo la sconfitta nei minuti finali subita a Glasgow. Ferma a quota 3, la Lazio è terza nel girone e deve recuperare terreno. «Abbiamo un risultato solo: la vittoria» ha sintetizzato Inzaghi.

          Correa e Caicedo sono acciaccati: il tecnico spera di recuperare almeno il secondo, ma dovrà in ogni caso chiedere gli straordinari a Immobile, 15 gol in 15 partite stagionali tra campionato, Europa League e Nazionale. Allarme rosso per l’arrivo di 9000 tifosi scozzesi e per il pregresso della partita di andata. Un gruppo di ultrà della curva Nord sfilò per il centro di Glasgow facendo il saluto romano; i tifosi del Celtic risposero con uno striscione allo stadio: Mussolini a testa in giù e la scritta Follow your leader, seguite il vostro condottiero.


          La trasferta di Moenchengladbach poteva essere per la Roma una semplice amichevole se, due settimane fa, l’arbitro scozzese Collum non avesse fischiato un rigore inesistente contro Smalling nei minuti di recupero, permettendo ai tedeschi di pareggiare. Fonseca risparmierà Pastore, con Zaniolo trequartista. Ballottaggio Kluivert/Perotti/Under. Spinazzola è rimasto a Roma per un affaticamento muscolare, al suo posto più Santon che Florenzi. «Farei turnover — ha detto Fonseca — ma in questo momento non mi è possibile».



          CorSera
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            Bah, già è brutta, in più è arrivata pure scarabocchiata, mando indietro.



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              Icardi per un caso simile a quello di Conte fu degradato da Marotta. Anzi, il caso fu meno grave di quello di Conte, perchè Icardi non disse mai niente pubblicamente, ma fu la moglie in tv a dire che se suo marito avesse giocato con gente più brava avrebbe segnato di più (il che tra l'altro era la pura e semplice verità). Da lì lo spogliatoio in subbuglio e tutta la telenovela conseguente.

              L'esplosione di Conte è molto peggiore. Intanto spara in televisione cose interne al club che dovrebbe dire in sede. Poi attacca tutti: proprietà, dirigenti, programmazione, strategie, mercato e anche i calciatori, dando degli sbarbati a Sensi e Barella, impossibilitatti - secondo lui - a dare una mano quando l'asticella sale. Definisce tutti dei perdenti con l'unica eccezione di Godin.

              La società finisce subordinata al suo allenatore, che si puo' permettere di fare il bello ed il cattivo tempo, di aprire bocca e dire di tutto quando e come più gli pare e piace. Insomma, la solita società femmina ostaggio del solito "uomo forte": la famosa "via nuova" indicata da Marotta è durata solo qualche mese e solo con un paio di calciatori (mettendo su invereconde telenovele) ma sbattendo il muso contro l'allenatore, che continua imperterrito a picconare la facciata appena ridipinta della società.

              In tutto questo nessuno ha ancora capito perchè per il tecnico l'Inter ha perso a Dortmund, visto che di calcio con Conte non si parla. Le conferenze stampa per lui sono occasioni tribunizie, sedute per la nevrastenia.

              Ora che farà Marotta? Una multina? Un richiamo? Un ultimatum? Figurarsi: farà pippa. D'altro canto, non è Conte, come disse l'AD, il "nostro top player"? A sentire Conte, pero', forse era meglio spendere per prenderne in campo.
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                Originariamente Scritto da Death Magnetic Visualizza Messaggio
                Bah, già è brutta, in più è arrivata pure scarabocchiata, mando indietro.



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                              Che poi è straordinario ascoltare Conte sparare contro verso il proprio club ad alzo zero (accusandolo di non aver investito abbastanza o di averlo fatto male) quando quel club gli dà 12 milioni l'anno e si è forzato a prendere Lukaku (su sua espressa ed imperativa richiesta) per quasi 80 milioni (e Barella a 50).

                              Da un tecnico che prende 12 milioni si vorrebbero almeno sentire uno straccio di analisi calcistiche: avete letto qualcosa sul perchè dei 3 goal incassati a Dortmund? Io no. E allora come si migliora se non si parte da quanto accade in campo?

                              Sarri ieri dopo la vittoria che vale una qualificazione agli ottavi di champions, ha messo in rilievo tutte le cose che non gli sono piaciute: lentezza nel giropalla, i goal che si prendono, il non aggredire dopo il vantaggio. Sono questi i temi che interessano ai tifosi ed è centrale il metterli in rilievo in specie dopo una vittoria: vuol dire che si lavora per migliorare nonostante il risultato.

                              Tanto più allora i temi calcistici dovrebbero essere al centro dopo una sconfitta, e tanto più declinati da un allenatore che prende milioni e milioni di euro da quella società cui imputa la sconfitta stessa. E' un modo un po' paraculo per scansare le responsabilità: si vince e si perde infatti tutti assieme, altrimenti di che "gruppo" vogliamo parlare?

                              Un tecnico viene pagato anche per migliorare la rosa a disposizione, per sfruttare le risorse che ha. Nemmeno a Madrid alleni 22 campioni, altrimenti basterebbe un medioman a 2 milioni a stagione capace di fare il compitino, se fosse così facile. Se hanno preso te è perchè si aspettano un apporto lì dove c'è da darlo, dove c'è da inventare, sopperire, attappare, migliorare come accade ovunque.
                              ...ma di noi
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                                Vabbè ma Conte è sempre stato così e lo conosciamo benissimo, la storia del ristorante da 100 euro con 10 euro in tasca e via dicendo.
                                C'è da dire che con un'altro allenatore, secondo me, gli interisti mai avrebbero "goduto" di momenti come il primo tempo col barca o col Dortmund o del secondo posto in campionato.

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