Attenzione: Calcio Inside! Parte III

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  • Sean
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    Per il club è il 38esimo scudetto (36 per la Figc), il nono consecutivo, il 70esimo trofeo ufficiale in 123 anni di storia.
    ...ma di noi
    sopra una sola teca di cristallo
    popoli studiosi scriveranno
    forse, tra mille inverni
    «nessun vincolo univa questi morti
    nella necropoli deserta»

    C. Campo - Moriremo Lontani


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      E' una soddisfazione che si può assimilare ad un buon profumo: impalpabile ma che ti riempie le narici, ti dà piacere e ti rilassa. Questa poi è una essenza che dalla prima volta dura da nove anni: una resa con pochi paragoni.

      La Juve ha vinto perchè, nonostante tutto, non si arrende all'idea di perdere. Anche quando non si è belli, anche quando sopravanzano le rughe, anche quando il vestito non butta molto bene addosso, ma è voluta restare comunque attaccata al primo posto con le unghie e coi denti.

      I discorsi sugli interventi di lifiting che si dovranno fare saranno materia dei giorni a venire, posto che poi il 7 agosto c'è già il Lione. La squadra che ha vinto il campionato è una squadra nata male, che per strada è stata sul punto di andare in frantumi e che però ha in qualche maniera tenuto incollati i pezzi, in specie grazie a due campioni su tutti: Ronaldo e Dybala. Il primo un supercampione che anche lui ha in testa solo la vittoria...e Dybala che è stato la luce in giornate che andavano vieppiù rabbuiandosi. E' stato il campionato della sua maturità.

      Questo d'altro canto è lo scudetto di un frutto maturo quasi al limite della marcescenza, quando, se non ti muovi a coglierlo, rischi di trovare la polpa sfatta e indigesta. La mano è stata lesta.
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      • Liam & Me
        Bad Blake
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        Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio

        Questo d'altro canto è lo scudetto di un frutto maturo quasi al limite della marcescenza, quando, se non ti muovi a coglierlo, rischi di trovare la polpa sfatta e indigesta. La mano è stata lesta.
        Stai descrivendo il gol di Bernardeschi, immagino
        B & B with a little weed










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          Originariamente Scritto da Liam & Me Visualizza Messaggio
          Stai descrivendo il gol di Bernardeschi, immagino


          E anche il mio stato d'animo. Non avessimo chiuso nemmeno questa volta, non ce l'avrei fatta più a seguire. Ero allo stremo.

          Anche il calcio, e anche il tifo, hanno bisogno di stacco. L'estate (nelle stagioni normali) arriva per questo. E' la pausa, la vacanza dal gioco. Qua invece abbiamo un gioco che non smette più. Siamo a fine luglio e ancora si gioca.

          Sarà per l'età ma io lo trovo sfiancante. Una saturazione.

          Però sono contento che si sia giocato. Si rischiava di non assegnare nessun titolo. Invece questo è uno scudetto assegnato, pur tra mille difficoltà, sul campo. E' un anno che non è andato perso. Proprio perchè ho una certa età trovo importante questo dato. Il non aver perso (calcisticamente parlando) un anno.
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            Giornata 36

            Venerdì 24 luglio 2020

            Milan-Atalanta 1-1

            Sabato 25 luglio 2020

            Brescia-Parma 1-2

            Genoa-Inter 0-3

            Napoli-Sassuolo 2-0

            Domenica 26 luglio 2020

            Bologna-Lecce 3-2

            Cagliari-Udinese 0-1

            Roma-Fiorentina 2-1

            Spal-Torino 1-1

            Verona-Lazio 1-5

            Juventus-Sampdoria 2-0

            Classifica giornata 36

            Juventus 83
            Inter 76
            Atalanta 75
            Lazio 75
            Roma 64
            Milan 60
            Napoli 59
            Sassuolo 48
            Verona 46
            Parma 46
            Bologna 46
            Fiorentina 43
            Udinese 42
            Cagliari 42
            Sampdoria 41
            Torino 39
            Genoa 36
            Lecce 32
            Brescia 24
            Spal 20
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              La Juventus vince il 9° scudetto consecutivo. Lo fa nel segno di Ronaldo e Dybala autentici fenomeni in campo, ma anche di Maurizio Sarri in panchina. Rispetto alla primissima Juve di Conte e della BBC è cambiato quasi tutto. Da una squadra fortissima in difesa e a centrocampo a una che punta ai grandi campioni in attacco e che pretende di fare spettacolo. Una mutazione genetica non ancora completamente riuscita. Da Buffon a Szczesny, da Del Piero a Ronaldo: la Juve è grande proprio perché ha saputo prescindere dagli uomini e rinnovarsi continuamente. Ma lo scudetto ormai conta fino a un certo punto…


              DAL 2012 A OGGI: IL NONO SCUDETTO DELLA JUVENTUS

              Alla fine è arrivato, con due giornate di anticipo. Lo scudetto post Covid, un evento che resterà comunque nella storia e nella memoria del calcio, è sicuramente anomalo e indimenticabile per il suo svolgimento. Ma l’epilogo non è anomalo affatto, anzi è sempre il solito. Per capire il senso di questo nono scudetto della Juventus, sono andato a rivedermi il primo, 2011-2012. Che la Juve vinse con una sola giornata d’anticipo, a Trieste contro il Cagliari. La Juve vinse da imbattuta, con zero sconfitte, nettamente la miglior difesa (20 gol subiti appena), non il miglior attacco (che lo aveva il Milan del capocannoniere Ibrahimovic), la miglior differenza reti. Non c’era alcuna sensazione dell’inizio di uno strapotere quasi decennale, anche se non fu una stagione indenne da polemiche: è l’anno del famigerato “gol di Muntari”. Il Var, per quanto non abbia fatto cessare le polemiche, ha smontato però casi clamorosi che possano incidere in maniera rilevante su risultati e classifica.

              La prima Juve di Conte era la Juve della BBC in difesa e di un centrocampo eccellente con Pirlo, Vidal e Marchisio. In difesa e a centrocampo era una Juve migliore di quella di oggi. Viceversa in attacco. Conte aveva sposato strada facendo il 3-5-2, con Buffon in porta, Barzagli, Bonucci e Chiellini in difesa, Lichsteiner e De Ceglie sugli esterni, Pirlo, Vidal e Marchisio a centrocampo e poi in attacco a turno Matri, Vucinic, Quagliarella, Del Piero. E’ l’ultima stagione di Del Piero, non trattato benissimo nel suo epilogo bianconero e tenuto spesso ai margini. E non era affatto una Juve travolgente in attacco.

              Il filo rosso che lega quella squadra di allora a quella di oggi è Giorgio Chiellini, visto che Buffon comunque un giro al Paris Saint Germain se lo è fatto. E altrettanto Bonucci al Milan.

              Da allora a oggi c’è una lunga e lenta evoluzione. Perché troppi giocatori sono passati in quasi dieci anni e tre allenatori molti diversi l’uno dall’altro. Fino a ottenere una Juve totalmente trasformata. Un tempo la Juve i fenomeni li aveva e li cercava in difesa, oggi li cerca e li preferisce in attacco. L’immagine della Juve di allora era la foto Buffon, Barzagli, Bonucci e Chiellini uno a fianco dell’altro. Questa è Ronaldo e Dybala che si abbracciano.

              Stranamente questa squadra ha perso 5 partite, contro nessuna di quella del primo Conte, ma ha anche sofferto di meno. Ha un allenatore stratega 61enne – al suo primo scudetto in carriera, dopo una lunga gavetta tra le provinciali ma anche una rapida salita tra i top club negli ultimi cinque anni – di quelli maniacali, ma che alla fine controlla e decide soltanto il 70-80% del gioco, dopo sono gli attaccanti che decidono, Dybala e Ronaldo non sono costretti negli stessi schemi degli altri, sono molto più liberi. Per quanto la Juve di oggi sia criticabile e non particolarmente attraente, la grande differenza è in difesa, dove è quasi normale che se passi da quella difesa lì a questa è quasi prevedibile mettere in conto una bella manciata di gol in più da incassare. Per il resto il confronto tiene in maniera accettabile e non vedo in alcuna maniera le Juventus di Conte e Allegri straordinarie e quella di Sarri inaccettabile. Migliorabile certamente, ma non fallimentare. La Juve oggi ha campioni meravigliosi in attacco, ma in difesa e a centrocampo Conte e Allegri avevano giocatori, in media, migliori di questi. Per adesso siamo di fronte a un esperimento genetico non ancora compiuto, rimasto a metà.

              Per quanto gli scudetti fiocchino come nespole – direbbe Biscardi – una vittoria del genere non può mai essere qualcosa di ordinario. Anche se le ambizioni della Juve, chiaramente, sono ormai oltre l’Italia. Quel campionato vinto allora, 9 anni fa, aveva il sapore della novità. Lo strapotere defenestrato era quello dell’ Inter. Dal Milan prima e dalla Juventus poi. Questo è lo scudetto di un dominio che non conosce il tramonto, proprio perché l’evoluzione ha permesso alla Juve una continuità che va oltre gli uomini, ovunque siano (in società, in panchina, in campo) e di rimanere sempre più forte e concorrenziale. Ci fossero Buffon o Szczesny in porta, Barzagli o De Ligt in difesa, Pirlo o Pjanic a centrocampo, Vucinic e Quagliarella piuttosto di Ronaldo e Dybala in attacco. Si giocasse col 3-5-2 o col 4-3-3, ci fossero in panchina Conte, Allegri o Sarri. La Juve è un grande fiume che scorre, l’acqua è sempre diversa, ma il fiume sempre lì sta.

              *** DAL 2012 A OGGI: IL NONO SCUDETTO DELLA JUVENTUS Alla fine è arrivato, con due giornate di anticipo. Lo scudetto post Covid, un evento che resterà comunque nella storia e nella memoria del calcio, è sicuramente anomalo e indimenticabile per il suo svolgimento. Ma l'epilogo non è anomalo affatto, anzi è sempre il solito. Per capire il senso di questo nono scudetto della Juventus, sono andato a rivedermi il primo, 2011-2012. Che la Juve vinse con una sola giornata d'anticipo, a Trieste contro il Cagliari. La Juve vinse da imbattuta, con zero sconfitte, nettamente la miglior difesa (20 gol subiti appena), non il miglior attacco (che lo aveva il Milan del capocannoniere Ibrahimovic), la miglior differenza reti. Non c'era alcuna sensazione dell'inizio di uno strapotere quasi decennale, anche se non fu una stagione indenne da polemiche: è l'anno del famigerato "gol di Muntari". Il Var, per quanto non abbia fatto cessare le polemiche, ha smontato però casi clamorosi che possano incidere
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                Juventus, scudetto numero 9: Sarri e la rivoluzione fermati dalle esigenze di Ronaldo

                Hanno vinto i solisti. Il merito dell’allenatore è stato adattarsi a un gruppo di campioni, non ha quasi lottato per le sue idee. Ma i bianconeri sono 20 anni avanti a tutti in Italia

                di Mario Sconcerti

                È stato l’anno delle lunghe discussioni su Sarri, e ancora certamente non sono finite. Ma l’uomo decisivo è stato Cristiano Ronaldo, molto più coinvolto e protagonista dello scorso anno. Ha segnato 31 reti, 10 in più di un anno fa, quasi il 42% di tutti i gol della squadra.

                Questo nuovo corso di Ronaldo è costato molto anche a Sarri. Se gran parte del sarrismo si è fermato lo si deve al modo faticoso in cui l’intero fenomeno Ronaldo va inserito nella squadra. Ronaldo alla fine ripaga tutti, ma condiziona il gioco. Con lui si fa quel che serve a lui, non quello che sarebbe bello per gli altri. Gli serve un centravanti che si tolga dalla posizione quando lui si accentra; gli servono una mezzala alle spalle e un terzino sulla fascia che coprano gli spazi che lascia agli avversari. Gli serve un trequartista che sposti verso destra l’ultimo difensore centrale quando di nuovo lui si accentra.

                In sostanza, ogni volta che Ronaldo tocca un pallone, c’è un piccolo paese che si muove per farlo giungere a destinazione. È difficile portare avanti rivoluzioni con queste esigenze. Meglio prendersi il meglio da Ronaldo e cercare di gestire il resto.
                Quest’anno è andata esattamente così e sta andando bene. Difficile dire come finirà.

                Paratici ha confermato Sarri nei giorni scorsi come fece Agnelli con Allegri un anno fa. Non sono decisioni che si prendono a freddo, anche se questa volta mancherebbe il tempo materiale per cercare un allenatore dopo la Champions.

                Ma un Sarri che esce ai quarti non sarebbe riproponibile. Mentre ora la squadra deve andare in Champions al meglio di se stessa, cioè con un allenatore sicuro.

                Più nel dettaglio, la straordinaria stagione di Ronaldo e quella insistente di Dybala, hanno trasformato la squadra da un collettivo a una somma di individui. Ha vinto la Juve dei solisti, quella che un anno fa si era cercato di smontare. Sarri è stato bravo nell’accettare al volo il cambiamento. Non ha quasi lottato per la sua idea, da buon monaco che arriva in San Pietro ha capito il vantaggio che l’organizzazione Juve gli portava e ha fatto il possibile per adattarsi. Non gli è riuscito tutto, ma ha resistito e gestito le proprie idee fino alla conclusione. Non aveva una squadra formidabile.

                La Juve è ambigua, ha grandi giocatori che rendono poco, ha poca manovalanza, ha molte prime firme che amerebbero sovrapporsi l’una all’altra. È più elegante che sportiva, una specie di Versailles dove ci si allena con posate d’argento e ognuno è un principe che difende se stesso. Sarri vi ha camminato rompendo qualche cristallo, ma ha camminato.

                Il popolo non lo adora, la colpa è delle abitudini che la società gli ha dato. Vincere 9 scudetti in uno sport inventato per sognare sempre vendette fa cercare ormai l’impossibile. Nella pura e semplice realtà la Juve è 20 anni avanti a ogni squadra italiana. Il Lutero che è dentro Sarri non ha trovato lusso alla Continassa. Ha trovato professionalità sparsa come l’incenso. È questo che gli ha fatto chinare la testa. L’organizzazione minuta, estesa, abituale della Juve è il suo paese dei balocchi. Quello che ha sempre sognato. Quello che permette a tutta la società di non essere paragonabile a niente dell’altro calcio italiano.

                CorSera
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                  Permette, Signora? L'occasione persa delle rivali


                  Sembrava possibile interrompere il dominio dei bianconeri, ma Inter, Lazio e Atalanta alla fine non l'hanno ostacolata. Ecco perché la Juve sarà la grande favorita anche fra un anno. E perché all'equilibrio del calcio italiano manca un Milan vincente

                  Era l’anno buono per togliere lo scudetto alla Juve.
                  1 - Perché un campionato vinto di 26 luglio già da solo ci parla di tutta l’anomalia del calcio che abbiamo giocato e attraversato. La Juventus ha vinto nella normalità degli anni dal 2011 al 2019 e nell’anomalia del 2020, anno pandemico.

                  2 - Perché la Juventus aveva avuto una crisi di coscienza alla fine dell’anno scorso, decidendo che vincere le interessava ancora certo ma fare spettacolo pure, per cui aveva sacrificato allo scopo un allenatore che aveva vinto 6 scudetti (uno al Milan più cinque consecutivi alla Juve) per affidarsi a un altro - Maurizio Sarri - che non ne aveva vinto fino ad allora nemmeno uno. Che abbia o non abbia fatto spettacolo, alla fine a chi interessa? Ora, in questo momento, stiamo parlando di una Juve che ha vinto ancora, oppure di una Juve che ci ha fatto storcere il naso?

                  3 - Perché l’Inter della gestione Suning si era lanciata nella più colossale campagna di rilancio del club dopo un decennio di flessione post Triplete, e soprattutto dopo oltre 600 milioni di investimenti in quattro anni, con l’operazione Conte & Marotta. Due costole della Juve trapiantate all’ultimo piano del grattacielo nerazzurro a Porta Nuova, da dove si domina il mondo. A oggi si discute di Conte che dice che il secondo è il primo dei perdenti…

                  4 - Perché outsider come Lazio e Atalanta avrebbero potuto veramente ostacolare questa Juve, ma alla fine, insieme all’Inter stessa, sono state proprio loro a regalarle lo scudetto. Non approfittando dei suoi momenti di stanchezza. Per quanto la Juve, nonostante Cristiano Ronaldo e Dybala, abbia traballato, perso col Milan e l'Udinese o regalato punti al Sassuolo, per quanto l’abbiano addirittura messa alle corde e fatta tremare, nessuna delle sue rivali l’ha battuta e sconfitta nel momento decisivo.

                  Per le antiJuve è stata una clamorosa occasione perduta. Il 2020 era un anno debole e di transizione, il prossimo per la Juventus sarà l’anno del possibile decimo scudetto. Sulla “Décima” Coppa dei Campioni/Champions League il Real Madrid di Ancelotti costruì nel 2013-2014 una leggenda. Il nono scudetto alla Juventus interessava abbastanza poco e lo ha vinto quasi per inerzia, per il decimo - non potendolo fare sulle Champions League vinte - la Juventus si attrezzerà per un’impresa che nessun altro ripeterà in Italia per i prossimi mille anni di pallone. La prossima sarà dunque una Juventus anche più tosta. Come se questa non lo fosse già abbastanza...

                  Le speranze di una svolta, di un ribaltone sono affidate a teorie, suggestioni, imprese, miracoli, di cui nessuno può avere contezza adesso. Per Antonio Conte le uniche fondamenta della vittoria sono il mercato e l’accumulo numerico di quanti più campioni possibili, e il martellamento psicologico sui giocatori. Dopo Eriksen ti danno Hakimi e dopo Hakimi ci vogliono molti altri: questo è Conte. La realtà è che né il mercato né il martellamento sono l’assoluto, perché i giocatori li devi azzeccare, integrare bene, costruire la squadra, darle anche serenità, tranquillità, sicurezza, gioia. Tutte cose che non rientrano nelle convinzioni dell’allenatore interista, sempre inc….to col mondo e con se stesso. E il martellamento, qualora diventi ossessione, fa presto a degenerare in rigetto. Ma è sicuramente un’Inter in crescita, che prima o poi prenderà la pista di decollo giusta. Con o senza Conte.

                  La Juventus vince 9 scudetti consecutivi perché mediamente troppe poche squadre riescono a rosicchiarle, un po’ per una, i punti necessari a non tenerla costantemente su una torre inattaccabile. Non è dunque banalmente la questione di trovare una antiJuve - sia l’Inter, l’Atalanta, la Lazio oggi, la Roma o il Napoli ieri - a meno che non sia forte quanto la Juve stessa. E dunque abbia fatto da anni gli stessi investimenti, avuto la stessa stabilità di gestione. È una questione di sistema.

                  Atalanta, Lazio, Napoli non correranno mai allo scoperto per lo scudetto. L’Atalanta ha fatto cose straordinarie con una squadra che costa dieci volte meno la Juventus. Percassi, Lotito o De Laurentiis possono considerare lo scudetto oggi solo come un’opportunità secondaria. La Roma si programma solo da un bilancio all’altro, non costruisce una squadra per vincere, costruisce una squadra che resiste alle intemperie finanziarie. Forse solo quando riavremo Milano al completo, col Milan tornato al suo ruolo centrale nel football italiano - si tratta ora di non tirare indietro il braccio solo perché Pioli non ha il fascino del guru Rangnick -, potremo rivedere uno scudetto che non vada alla Juventus.

                  Last edited by Sean; 27-07-2020, 07:55:21.
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                    Juventus scudetto, Sarri nell’albo d’oro, ma solo l’Europa può spingere la Juve verso il sarrismo

                    «Se avete vinto anche con me siete proprio forti», l’ironia di Maurizio con i giocatori. Il tecnico più anziano di sempre ha dovuto rinunciare al suo gioco per favorire il talento dei campioni, CR7 e Dybala

                    Oggi, almeno oggi, lasciamolo festeggiare.Il trentaseiesimo scudetto della Juventus, il nono consecutivo, è il primo di Maurizio Sarri. E il primo non si scorda mai, specialmente se sei partito dal fondo e hai attraversato il calcio in bianco e nero. E pazienza se è il meno nitido e luccicante dopo i tre di Antonio Conte e i cinque di Max Allegri. Anche il più strano da festeggiare nello stadio vuoto. I giocatori si abbracciano. L’allenatore lascia subito il campo e stringe a sé i giocatori nel sottopassaggio, soprattutto Cristiano Ronaldo. Una gioia contenuta e una «schiumata» in spogliatoio. Poi ai giocatori una frase piena di autoironia: «Se avete vinto anche con me, siete davvero forti». Understatement puro. E l’ammissione di qualche momento difficile: «In tutti gli spogliatoi in cui sono stato ci sono stati momenti discussione e di confronto. È normale, a me è successo tutti gli anni. Più a viso aperto si affrontano, più problemi si risolvono. Questo scudetto ha «un sapore forte, particolare. Vincere è difficile, questa è una squadra che vince da anni, tutti gli anni diventa sempre più complicato e difficile». Sarri taglia il traguardo a 61 anni, l’allenatore più vecchio di sempre a farlo, anche del maestro Nils Liedholm, e non c’è dubbio che se lo sia meritato se non per quello che ha fatto alla Juventus, per quanto è stato capace di mostrare negli anni, la visione complessiva e la qualità del suo calcio romantico e moderno allo stesso tempo. Per vincere è andato a Torino, chiedendo molto a se stesso, anche tradendo un po’ il suo personaggio.

                    Alla Juve il motto è il medesimo da generazioni: vincere è l’unica cosa che conta. Per Sarri non è così. Non lo è mai stato. Ma, sino adesso, non è riuscito a trasmettere la sua filosofia. Il gioco doveva rappresentare le fondamenta del suo progetto. E invece proprio il gioco è mancato e Sarri taglia il traguardo grazie al talento dei suoi campioni, Ronaldo e Dybala, più che alla coralità della manovra. Lo scudetto potrebbe garantirgli altri 12 mesi di immunità, ma per giudicare il suo lavoro e sottoporlo al giudizio universale, bisognerà aspettare la Champions. La sfida con il Lione, tra meno di due settimane, sarà lo spartiacque. Per adesso il celebrato sarrismo si è visto a sprazzi. L’allenatore si è adattato alle regole della casa, piuttosto che il contrario. Questo, peraltro, è sintomo di intelligenza. La difesa, rispetto al passato, è più alta, ma prende anche più gol, troppi. In questi anni pieni, nei quali è mancata solo la Champions (ma Allegri ha centrato due finali) la Juve è stata fondata sulla solidità del suo reparto difensivo e guidata dalla formidabile BBC. Nei precedenti 8 scudetti era sempre la migliore difesa della serie A. E se è vero che la Juve ha perso Barzagli e che Chiellini è stato quasi sempre per infortunio, Paratici ha arruolato De Ligt, uno dei primi tre marcatori d’Europa.

                    La difesa è un problema, ma non è il solo. Nelle ultime cinque partite, prima dell’epilogo felice con la Samp, la Juve ha raccattato appena 5 punti con due sconfitte, sofferenza più che cavalcata trionfale. La condizione fisica è quella che è: scadente. La regina si è fatta rimontare dal Milan, dal Sassuolo, dall’Udinese. In campionato, da situazioni di vanta ha perso 18ggio, punti, mostrando di aver perso una delle sue peculiarità: la capacità di gestire le situazioni. Mai in questi anni dominanti l’abbiamo vista così piccola e fragile. Del resto già l’inizio non è stato rassicurante: il viaggio di Sarri sullo yacht di Ronaldo, come prima mossa del suo pontificato, è sembrata una debolezza. Anche agli occhi del gruppo.

                    Però adesso è giusto festeggiare. Sarri, in un anno complicato, qualcosa è riuscito a costruire: ha dato anima alla coppia Dybala-CR7, ha istituzionalizzato Cuadrado terzino che Allegri e Montella (nella Fiorentina) avevano solo sperimentato, si è inventato Bentancur regista. Come dice Claudio Nassi, uno dei più apprezzati d.s. della vecchia generazione, «conta solo l’almanacco». Ora nell’almanacco c’è anche il nome di Sarri.

                    CorSera
                    ...ma di noi
                    sopra una sola teca di cristallo
                    popoli studiosi scriveranno
                    forse, tra mille inverni
                    «nessun vincolo univa questi morti
                    nella necropoli deserta»

                    C. Campo - Moriremo Lontani


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                      Uno scudetto travagliato e dal percorso periglioso. Un campionato che è iniziato ad agosto dell'anno scorso, drammaticamente interrotto ai primi di marzo, ripreso a giugno e che si va concludendo dopo un anno esatto, nell'agosto di quest'anno. Uno scudetto sotto all'ombrellone, quando i tifosi, tra un acquisto e l'altro, di solito lo sognano...e invece questo è reale seppur eccezionalmente "balneare", giocato in condizioni mai viste nella plurisecolare storia del calcio italiano, quando il pallone dovrebbe essere in vacanza.

                      In mezzo a queste difficoltà di ordine storico, che hanno stravolto non solo il calcio ma anche la vita degli italiani, la Juventus è la nuova (e vecchia) campione d'Italia. Ha dunque vinto la squadra che meglio ha saputo far fronte a tutti i mutamenti di condizione che si sono via via presentati sulla strada quanto mai piena di curve, buche e salite.

                      Ha vinto non la squadra più bella ma quella complessivamente più forte, quella che ha giocatori determinanti (Ronaldo, Dybala), giovani stelle (de Ligt), uomini di assoluta esperienza nello spogliatoio (Buffon, Chiellini, Bonucci) e la società capace di rappresentare l'elemento di continuità, il collante, il presidio imperturbabile ed inamovibile, l'autentico motore immobile - che poi è l'elemento decisivo e discriminante chiamato in causa anche da Sarri nelle prime dichiarazioni post vittoria.

                      Ecco, giustappunto Sarri, che a 61 anni suonati, dopo essere partito dal Sansovino, si ritrovata nella età dove di solito si sogna la pensione ad essere campione d'Italia in quel calcio per cui ha stracciato, senza pensarci e senza certezze, un lavoro da bancario.

                      Un traguardo tanto atteso, inseguito letteralmente da una vita, in fondo non poteva essere che sofferto. Ha vinto tra innumerevoli difficoltà: il gioco, il "suo" gioco visto solo a sprazzi; una squadra che gli è stata consegnata in molti elementi vecchia e stanca (Allegri se ne andò dicendo che necessitava di una rivoluazione per immettere forze e motivazioni); la necessità di fare risultato da subito; i tanti infortuni, contrariamente al suo solito; la condizioni atletica altalenante, pure questa una novità per le sue squadre; il dover prendere contatto con una realtà così distante dal suo carattere e il suo modo di essere.

                      Però ha vinto. C'è anche la sua firma su questo titolo, come ci sarebbe stata quella di Conte o di Inzaghi se a vincere fosse toccato a loro. L'allenatore è un elemento imprescindibile in una squadra e in uno spogliatoio, nel bene e nel male. L'immediato futuro deve però sciogliere gli interrogativi che sottopelle si vanno rincorrendo sul suo futuro: è certo però che se resta merita di giocarsi una stagione con giocatori utili alla sua bisogna, forze fresche, una rosa armonizzata.

                      Infine, è il mio scudetto numero 20 in 4 decenni e qualche spicciolo di tifo. Avevo 7 anni quando incontrai l'amore calcistico di bianconero vestito e ormai sono sulla soglia dei 50. In questo quasi mezzo secolo è cambiato tanto se non tutto, nella vita personale e in quella del Paese. Una cosa sola è rimasta la stessa: l'amore per quella squadra, che ci lega per sempre all'infanzia e alla giovinezza, e la Juventus che vince, perpetuando il proprio mito presso se stessa e le nuove generazioni di italiani. Chi come me sceglierà la Juve sarà un tifoso fortunato, avrà legato se stesso ad una squadra che ad ogni nuovo alloro lo riporterà alle ineffabili emozioni e ricordi della gioventù: in fondo è un destino scritto in quel nome.
                      ...ma di noi
                      sopra una sola teca di cristallo
                      popoli studiosi scriveranno
                      forse, tra mille inverni
                      «nessun vincolo univa questi morti
                      nella necropoli deserta»

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