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Attenzione: Calcio Inside! Parte III

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    Milan, sta svanendo l'effetto Ibra: è derby tra i dirigenti e i tifosi sono delusi

    Dopo la pesante sconfitta nel derby, la semifinale di Coppa Italia contro la Juventus diventa un crocevia fondamentale per non deprimere un ambiente che si era esaltato dopo l'arrivo dello svedese e i risultati positivi di gennaio. All'interno del club la convivenza tra il settore commerciale e quello sportivo non è tra le più facili e i sostenitori sognano che il re del lusso Arnault rilevi la proprietà

    Il derby perso in clamoroso spreco, dal vantaggio di 2 gol ai 4 incassati in un solo tempo, ha interrotto l'abbozzo di idillio con i tifosi, che il Milan, dalla riapparizione di Ibrahimovic in poi, si era illuso di potere alimentare con altre vittorie, dopo quelle di gennaio. Ora l'andata della semifinale di Coppa Italia di giovedì contro la Juventus diventa una tappa pericolosa: un'altra sconfitta può deprimere di nuovo l'ambiente e compromettere il tentativo di scalata all'Europa. A quel punto il paragone con la Juve sarebbe fatalmente anche finanziario, come sta succedendo in queste ore con l'Inter: se la correlazione tra il fatturato e i risultati di una squadra è infatti innegabile, il Milan, che con i suoi 206 milioni di euro l'anno nel 2019 è uscito dalle prime venti della classe, è ben dietro l'Inter (quattordicesima al mondo con 364,6).


    Tifosi perplessi su Elliott

    Quanto alla Juventus, decima (459,7), è la prima delle italiane e può permettersi i sogni proibiti al Milan del fondo americano Elliott. Che resta più che mai il bersaglio dei tifosi. Alla famiglia Singer, che del fondo è proprietaria ed è molto prudente nelle spese, chiedono di investire o di farsi da parte, per lasciare a un padrone più ambizioso: sperano ancora che sia temporanea la smentita del miliardario francese Bernard Arnault, re del lusso, sulla volontà di comprare il club. In ogni caso si accontenterebbero anche di un padrone un po' meno ricco, a patto che programmi il futuro a breve-medio termine, per rivincere. Nel frattempo, in società, non è una passeggiata la coesistenza tra Maldini e Boban, al vertice del settore sportivo, e l'amministratore delegato, il sudafricano Ivan Gazidis.

    Quanti manager stranieri


    Con simili premesse, era inevitabile che la parte commerciale del club finisse sotto i riflettori ancor più del settore sportivo, demandato a Maldini e Boban. E che fosse costretta a replicare con qualche fatto concreto alle accuse di immobilismo e di avere creato uno staff pletorico. Gazidis starebbe per annunciare nelle prossime settimane una serie di accordi con aziende definite ufficiosamente "di importanza internazionale". Per i numerosi manager stranieri, portati a Casa Milan dall'ad, significherebbe togliersi la patina perenne della scarsa efficacia. I nomi sono quelli di Casper Stylsvig, danese, e di Maikel Oettle, tedesco: erano assai discussi, per non avere ancora portato risultati e sponsor.

    Un derby tra dirigenti

    Del rinnovo con lo sponsor sulla maglia, la compagnia aerea Emirates, si parla da mesi ed è ormai acclarato che il nuovo contratto in scadenza a giugno (14 milioni netti l'anno più bonus) avverrà su basi inferiori (tra i 10 e 12, si sussurra): un calo ritenuto fisiologico - vista la lunga assenza dalla Champions, che il Milan non frequenta dal 2014 - che tuttavia dà la misura del crollo d'immagine dell'ex club più titolato al mondo. Anche per questo, dopo l'annuncio dello sponsor principale, dovrebbe esserci quello di un'altra serie di accordi, preziosa, caratterizzata dalla clausola di rescissione bilaterale, per non gravare su eventuali nuovi acquirenti del Milan. Lo staff commerciale, già nutrito, si allarga: Valerio Rocchetti e Alessandro Zissis sono freschi di assunzione, l'altro danese Alex Rasmussen entrerà a inizio aprile, come lui stesso ha annunciato via Twitter. Quello tra parte sportiva e commerciale, ormai, sembra una specie di derby. Fermo restando che i derby veri, quelli sul campo, il Milan li ha già persi tutti e due.

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    C. Campo - Moriremo Lontani


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      Milan, per Pioli piano B: Ibra non basta a cambiare pelle e destino

      Solo un posto in Europa garantirebbe al tecnico la conferma

      Ibra e poi il buio. Conferme in realtà non ne servivano, la tendenza era evidente, insistente, indiscutibile. E lo era fin dal primo giorno, fin dal momento della firma sul contratto. Senza di lui, il Diavolo è nudo. Perché l’effetto Ibra esiste, ma ha un effetto collaterale altrettanto forte che si chiama ibradipendenza. Stupirsene ora non avrebbe però senso. Perché fin dal principio era chiaro che il solo Zlatan non sarebbe bastato, era evidente che il ritorno dal passato dell’antico campione avrebbe dato una mano ma non avrebbe risolto tutti i guai. La nottataccia horror del derby non ha fatto altro che smascherare fino in fondo i limiti di un gruppo che oltre un certo livello non sa andare. Per qualità, carattere, struttura.

      C’è un dato che dice tutto e che va oltre la cronaca stretta di un derby vinto alla fine dalla squadra più forte
      , più dotata: gli zero punti conquistati dal Milan contro le prime cinque del campionato. Significa che oltre una certa altezza i rossoneri svaniscono. Sempre e comunque, con o senza Ibrahimovic, che a 38 anni può dare molto ma non abbastanza per compensare quello che non possono dare gli altri. Quando lo svedese non c’è come contro il Verona, o quando c’è ma fisiologicamente a un certo punto esaurisce l’energia, il Diavolo si trova senza alternative. Ed è il buio più nero, più totale.


      Ha ragione Pioli a dire che del derby c’è da salvare il primo tempo, nel quale si è visto effettivamente il miglior Milan della stagione, ma è altrettanto vero che sta a lui individuare un piano B, una soluzione alternativa, qualcosa di simile a un correttivo a quell’ibradipendenza che è il valore aggiunto ma allo stesso tempo il tallone d’Achille del Milan.

      Anche lui da qui al 24 maggio si gioca moltissimo, anzi tutto. La società è stata molto chiara, «a fine stagione faremo il punto» è stato il messaggio fatto filtrare da Elliott qualche giorno fa. Più chiaro di così. Significa che solo andando in Europa Pioli ha una possibilità di restare allenatore del Milan anche per la prossima stagione. Senza piazzamento in zona coppe, il suo addio è scontato. Anche lui, come il Milan, resta quindi inevitabilmente aggrappato a Ibra, l’uomo del destino.

      Il derby perso così è stato una mazzata tremenda. Che rischia di guastare anche i progressi mostrati dalla squadra in questo nuovo anno. C’erano il d.t. Maldini e il d.s. Massara ieri a Milanello, per la ripresa degli allenamenti dopo il fiasco di San Siro. Facce tristi, poca voglia di parlare. Ma niente strigliate, niente urlacci. Giusto così: ormai siamo a febbraio, non servirebbe, non più. Ripartiamo dal primo tempo del derby, è stato il messaggio condiviso.

      Giovedì per la semifinale d’andata di Coppa Italia a San Siro con la Juve arriveranno in 70 mila. E in campo non ci saranno riserve, ma il miglior Milan possibile. Ibra incluso, chiaro. Serve un risultato positivo. Per ripartire subito. Per evitare di andare a fondo.


      CorSera
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        Sarri è appeso a quel sottile filo che nel calcio determina i destini di progetti, dirigenti, allenatori: la vittoria o la sconfitta.

        A Torino si deve maturare in fretta, anche se hai già 60 anni, perchè è un ambiente adulto, dove si va al sodo. Non esistono le miccette sparate perchè a 2 giornate dalla fine vinci uno scontro diretto e ti ritrovi a -1. Non esistono alberghi che inghiottono scudetti. Non esistono svolazzi estivi per mercati mediatici e meno che mai le medagliette autodistribuite per i quarti (e neanche per i secondi) posti.

        Esiste il rendere sul campo, la quanto più possibilmente precisa condotta e conduzione fuori dal campo, la sintesi finale che si basa sul risultato, cioè su quello che porti a casa...perchè semplicemente, come in ogni ambito del lavoro umano, portare a casa il risultato è il tuo dovere, in specie se stai alla Juve, cioè lì dove, più e meglio di chiunque altro in Italia, ti mettono nelle condizioni di poter fare bene e di vincere.

        Non c'è più tempo per sperimentare o provare. Si entra nella fase decisiva che determinerà i destini di tanti protagonisti, Sarri e non soltanto lui.
        Last edited by Sean; 12-02-2020, 07:34:59.
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          Roma: mezza rosa sotto osservazione

          Friedkin ha fretta, vuole prendersi la Roma e al massimo ad inizio marzo vuole diventare il nuovo proprietario del club. L'obiettivo del magnate texano, anche per garantire una continuità aziendale, è quella di mantenere l'attuale management, con Guido Fienga in testa. Molto, però, dipenderà anche da quanto Friedkin deciderà di investire per colmare il gap con le prime della classe. A partire dalla sfida di Bergamo la rosa intera sarà sotto osservazione, compreso Fonseca. Almeno in 9 giocatori saranno in uscita, tra cui Mkhiatryan, Kalinic, Pastore, Zappacosta, Fazio, Jesus, Santon e Perotti. Sotto osservazione anche i big Dzeko e Kolarov: il serbo è in forte discussione, mentre il capitano gode ancora di parecchi crediti. Al sicuro sembrano Zaniolo, Pellegrini, Diawara, Spinazzola, Ibanez, Mancini, Veretout e Cristante. In stand-by, al momento, Florenzi, in prestito secco al Valencia.
          (il messaggero)

          Friedkin ha fretta, vuole prendersi la Roma e al massimo ad inizio marzo vuole diventare il nuovo proprietario del club. L'obiettivo del magnate texano, anche per garantire una continuità aziendale, è quella di mantenere l'attuale management, con Guido Fienga in testa. Molto, però, dipenderà...


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          La Roma chiede a Edin gol pesanti per la Champions

          La Roma è nelle mani di Edin Dzeko. I giallorossi si affidano a lui, nei piedi e nello spirito, per centrare il quarto posto e per battere l'Atalanta sabato sera. Fonseca gli chiede i gol, perchè se gira lui, gira tutta la squadra. E con l'altro leader in difficoltà, Kolarov, è il bosniaco l'uomo più importante di questa squadra. In questa stagione ha segnato 13 gol 28 partite, con una media di 0,46 a partita. Un bottino che lo ha portato a quota 100 gol in giallorosso.
          Sabato c'è l'Atalanta, la squadra a cui Dzeko ha segnato di più da quando è in Italia. I nerazzurri stanno però diventando un incubo per il numero 9, che nelle ultime 9 gare giocate contro gli orobici ne ha vinta solo una, segnando un totale di 4 gol. Intanto per l'attacco del futuro occhi su Thiago Cukur, centravanti turco classe 2002 dell'AZ.


          (gasport)

          La Roma è nelle mani di Edin Dzeko. I giallorossi si affidano a lui, nei piedi e nello spirito, per centrare il quarto posto e per battere l 'Atalanta sabato sera. Fonseca gli chiede i gol, perchè se gira lui, gira tutta la squadra. E con l'altro leader in difficoltà, Kolarov, è il bosniaco l'u...
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                            Guardiola alla Juve dicono ...
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                            Inviato dal mio VOG-L29 utilizzando Tapatalk
                            Originariamente Scritto da Sean
                            Tu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.

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