la grande depressione del 2020
https://icebergfinanza.finanza.com/2019/08/07/la-grande-depressione-del-2020/?_ga=2.134210954.546626802.1564583294-1015718582.1561288944
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Bisogna salvare i posti di lavoro americani, in pericolo perché troppi Paesi stranieri vendono i loro prodotti negli Stati Uniti minando il benessere degli onesti lavoratori americani. Un Donald Trump del 2017? Macché: siamo nel 1929, nell’occhio del ciclone della recessione, e a parlare è il repubblicano Reed Smoot, presidente della Commissione finanze del Senato. Mormone ma allo stesso tempo imprenditore senza scrupoli con interessi a tutto tondo (finanza, agricoltura, attività minerarie e costruzioni), il senatore dello Utah era pure un economista dilettante convinto che a far crollare Wall Street fosse stato l’eccesso di importazioni estere rispetto alla capacità di consumo statunitense.Qual era secondo Smoot la ricetta per restituire all’America i suoi posti di lavoro e il suo benessere? Semplice: dazi e protezionismo, spiegò il mormone al Congresso e a una nazione prostrata dalla crisi. E così, grazie all’appoggio dell’influente deputato Willis C Hawley, il senatore repubblicano riuscì a varare nel giugno 1930 il famoso Smoot-Hawley Tariff Act, ratificato dall’allora presidente Herbert Hoover nonostante l’appello di oltre mille economisti a non firmarlo. Nel giro di una notte il provvedimento fece balzare al 60% i dazi su oltre 20mila prodotti stranieri, in alcuni casi quadruplicandoli.Il risultato? Una guerra commerciale con Canada, Francia, Impero britannico e Germania: nel giro di tre anni le importazioni degli Stati Uniti crollarono del 66%, mentre le esportazioni si inabissavano del 61% in coppia con il commercio mondiale. Il tasso di disoccupazione triplicò dall’8% al 25%. In barba alla “nuova era di prosperità” sbandierata da Smoot, la ricchezza degli Stati Uniti si dimezzò.La tragedia è che l’ultraprotezionista legge Smoot-Hawley era assolutamente inutile. Come ricorda il giornalista e scrittore Selwyn Parker, autore del saggio The great crash dedicato proprio alla crisi del 1929, l’America aveva infatti un corposo surplus commerciale, poiché la crescita dell’export manifatturiero era più veloce di quella dell’import.
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