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Briciole, sempre sulla religione
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Originariamente Scritto da thetongue Visualizza Messaggiocome sai, il tuo reply non risponde al mio
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Originariamente Scritto da richard Visualizza Messaggio
Ho, chiarito con thetongue, che posso concepire le posizioni di credente e non credente indipendentemente dal livello culturale (in questi casi la cultura è, eventualmente, conseguente alla fede, anche se non strettamente necessaria). Non le concepisco su un agnostico.
Intanto distinguono l' agnostico dall' ignorante (non intendo essere offensivo, mi scuso se qualcuno può sentirsi offeso).
L'agnostico (in generale, non necessariamente nel religioso), ripeto, è chi "non conosce" e, dopo un' attenta valutazione della questione, giunge ad un giudizio di sospensione. L'attenta valutazione implica, ovviamente, cultura.
L'ignorante (non è qui detto in senso offensivo) è colui che "non conosce" e non può quindi attuare valutazioni (tantomeno di sospensione).
Sono convinto che molti che si proclamino "agnostici" siano in realtà "non credenti ignoranti", cioè di fondo non credenti (per i più svariati motivi) che non conoscono il linguaggio, le tesi, i fondamenti e il lavoro teologico di chi si occupa nella vita di tematiche religiose, magari contribuendo al Sapere umano. Quindi decidono (quando lo fanno) di non porre la questione "Dio" per rispetto di chi ha conoscenza e/o lavora in queste tematiche del sapere, e non perché abbiano realmente una cognizione (derivata dalla necessaria cultura nel campo) che consenta loro di assumere una posizione di sospensione sul tema.
C'è una cosa che non mi convince, non tanto nelle tue argomentazioni, che sono teologicamente ineccepibili, ma proprio nel complesso edificio della teologia che, come tu stesso dici, richiede una preparazione culturale matura per essere compresa, non è accessibile a tutti, certo non agli "ignoranti".
Ebbene, io ricordo che, da sempre, uno dei messaggi che la chiesa ha sempre veicolato con maggiore forza, anche per la novità che propone, è quello del Cristo che parla agli ultimi e non ai primi, ai semplici e non ai dotti. D'altra parte Cristo sceglie di rivelarsi ad un gruppo di semplici artigiani, agricoltori, pescatori, non ai sacerdoti o ai dotti rabbini. Ricordo ad esempio il passo di Matteo (Mt 11, 25-27):
25In quel tempo Gesù disse: "Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. 26Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. 27Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.
D'altra parte Paolo insiste sul tema:
(1 Cor 1, 26-29).
"Non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili. Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio"
Ora il punto è esattamente questo: non esiste una contraddizione tra il fatto che Cristo parli ai semplici, con linguaggio semplice, mentre oggi l'esegesi del suo pensiero appare, per la sua complessità intrinseca, riservata ai dotti?In un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte.
ma_75@bodyweb.com
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Originariamente Scritto da richard Visualizza Messaggio
Sergio, sei completamente fuori strada.
Ho, chiarito con thetongue, che posso concepire le posizioni di credente e non credente indipendentemente dal livello culturale (in questi casi la cultura è, eventualmente, conseguente alla fede, anche se non strettamente necessaria). Non le concepisco su un agnostico.
Intanto distinguono l' agnostico dall' ignorante (non intendo essere offensivo, mi scuso se qualcuno può sentirsi offeso).
L'agnostico (in generale, non necessariamente nel religioso), ripeto, è chi "non conosce" e, dopo un' attenta valutazione della questione, giunge ad un giudizio di sospensione. L'attenta valutazione implica, ovviamente, cultura.
L'ignorante (non è qui detto in senso offensivo) è colui che "non conosce" e non può quindi attuare valutazioni (tantomeno di sospensione).
Sono convinto che molti che si proclamino "agnostici" siano in realtà "non credenti ignoranti", cioè di fondo non credenti (per i più svariati motivi) che non conoscono il linguaggio, le tesi, i fondamenti e il lavoro teologico di chi si occupa nella vita di tematiche religiose, magari contribuendo al Sapere umano. Quindi decidono (quando lo fanno) di non porre la questione "Dio" per rispetto di chi ha conoscenza e/o lavora in queste tematiche del sapere, e non perché abbiano realmente una cognizione (derivata dalla necessaria cultura nel campo) che consenta loro di assumere una posizione di sospensione sul tema.
Poi, visto che me le strappi di bocca le cose, se mi dici che gli agnostici sono "non credenti ignoranti" figuriamoci i credenti, l'agnostico per lo meno un paio di ragionamenti li ha fatti tra se e se, sai meglio di me che gran parte dei credenti lo sono per partito preso, lo faccio perchè lo fanno gli altri, perchè tutti fanno così, perchè la chiesa con le sue liturgie incessanti, ripetitive a lava cervello non fa altro che ripetere all'infinito le stesse cose fino all'assuefazione, annullamento, abitudine.
A dimostrazione di ciò, guarda caso, in Italia c'è una maggioranza di Cattolici, in Iran la maggioranza è di Musulmani, in Tailandia buddisti e così via?
E' un caso o sono tutti pensatori consapevoli?Che strano però che i Musulmani non siano in Italia ed i Cattolici in Iran? Se fosse dovuto ad una consapevolezza raggiunta sarebbe così, no? O per lo meno 50/50
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Originariamente Scritto da ma_75 Visualizza MessaggioOra il punto è esattamente questo: non esiste una contraddizione tra il fatto che Cristo parli ai semplici, con linguaggio semplice, mentre oggi l'esegesi del suo pensiero appare, per la sua complessità intrinseca, riservata ai dotti?
Anche se non si direbbe anche la Teologia è una disciplina in continua evoluzione. Sebbene i capisaldi della fede siano fissati, molti aspetti meritano approfondimento e vengono sviluppati per chiarire e dare sempre nuova luce al sapere già esistente.
Comuque sì, il problema di conciliare il linguaggio per i fedeli e il linguaggio per i progressi teologici è presente e i ricercatori teologici ne sono consapevoli. Ma, a ben guardare, questa ambivalenza è presente in tutti i campi.
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Originariamente Scritto da Sergio Visualizza MessaggioMa sono proprio sulla giusta strada invece, sta a vedere che ora per dichiararsi credente, agnostico o ateo bisogna prima studiare 20 anni di teologia
1) credente: 0 cultura specialistica teologica/religiosa (nel senso che non necessaria);
2) ateo: come il credente;
3) agnostico: deve giungere a dire "ma sto dio che senso ha?"; studia un po' poi dice "boh, qui ci sono dei problemi; questo concetto teologico (che ho ben studiato e capito) non ha molto senso; il concetto di dio non è ben posto e non può esserlo, dallo studio non ho elementi per affermare; non conosco".
4) ignorante non credente: siccome è non credente non ha bisogno di cultura (vedi punto 1)). Qualcosa (non la cultura teologica o religiosa) gli mette qualche dubbio e dice: "boh forse qualcosa c'è, non si può dire". Se va bene aggiunge: "infondo non so nulla di teologia, quindi non conosco".
Nota che questa schematizzazione si può applicare ad ogni campo: politico, ideologico, ..., non solo a quello religioso.
Originariamente Scritto da SergioPoi, visto che me le strappi di bocca le cose, se mi dici che gli agnostici sono "non credenti ignoranti" figuriamoci i credenti, l'agnostico per lo meno un paio di ragionamenti li ha fatti tra se e se, sai meglio di me che gran parte dei credenti lo sono per partito preso, lo faccio perchè lo fanno gli altri, perchè tutti fanno così, perchè la chiesa con le sue liturgie incessanti, ripetitive a lava cervello non fa altro che ripetere all'infinito le stesse cose fino all'assuefazione, annullamento, abitudine.
Non sono abituato alle generalizzazioni (nel senso umano), quindi non commento le tue opinioni sui credenti.
EDIT: Giusto perché sia chiaro definitivamente (anche se ho gia specificato in un altro post), il senso qui di "ignorante" non vuole essere offensivo (mi scuso con chi leggendo lo consideri ugualmente tale). Semplicemente è inteso nel senso di "non avere competenze specifiche (tipicamente di carattere tecnico) per affrontare temi specialistici ad alto livello, siano essi di carattere teologico, politico, filosofico, medico, ..."
Insomma la prima voce del significato tipico di tale aggettivo:
Last edited by richard; 07-10-2009, 01:33:12. Motivo: Chiarito ulteriormente il senso di "ignorante", per evitare possibili fraintendimenti. Rimossa replica non necessaria al post
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Originariamente Scritto da richard Visualizza Messaggio
Comuque sì, il problema di conciliare il linguaggio per i fedeli e il linguaggio per i progressi teologici è presente e i ricercatori teologici ne sono consapevoli. Ma, a ben guardare, questa ambivalenza è presente in tutti i campi.
Certo, però non tutti i campi, che so la fisica piuttosto che la filologia, nascono con alla base un'idea di semplicità, nè si rivolgono alla comunità degli individui, ma, piuttosto, ad un pubblico selezionato. Se posso specificare meglio, e più provocatoriamente, il mio pensiero di prima potrei dire: come mai il messaggio cristiano, che Gesu scelse di inviare innanzitutto agli umili, è diventato, oggi, così complesso? Siamo sicuri che la complessa architettura dottrinale elaborata nei secoli sia la reale esegesi del messaggio del giudeo Gesu Cristo, vissuto nella depressa Palestina del I secolo, e non una speculazione ex post, filosoficamente avvincente, ma non necessaria ad intendere il suo messaggio? Mi viene in mente, scusando il paragone blasfemo ma che mi permette di ripredndere la similitudine iniziale, tanta filologia complessa anche su autori chiaramente "semplici" ai quali i critici fanno dire/pensare ciò che essi, molto più ingenui, nemmeno sognavano.In un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte.
ma_75@bodyweb.com
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Originariamente Scritto da ma_75 Visualizza MessaggioCerto, però non tutti i campi, che so la fisica piuttosto che la filologia, nascono con alla base un'idea di semplicità, nè si rivolgono alla comunità degli individui, ma, piuttosto, ad un pubblico selezionato. Se posso specificare meglio, e più provocatoriamente, il mio pensiero di prima potrei dire: come mai il messaggio cristiano, che Gesu scelse di inviare innanzitutto agli umili, è diventato, oggi, così complesso? Siamo sicuri che la complessa architettura dottrinale elaborata nei secoli sia la reale esegesi del messaggio del giudeo Gesu Cristo, vissuto nella depressa Palestina del I secolo, e non una speculazione ex post, filosoficamente avvincente, ma non necessaria ad intendere il suo messaggio? Mi viene in mente, scusando il paragone blasfemo ma che mi permette di ripredndere la similitudine iniziale, tanta filologia complessa anche su autori chiaramente "semplici" ai quali i critici fanno dire/pensare ciò che essi, molto più ingenui, nemmeno sognavano.
Il fedele crede che nell'ostia vi sia la reale presenza del corpo e del sangue di Cristo non perchè ha letto qualche tomo sulla consustanziazione, ma perchè ha accolto le parole di Gesù, "questo è il mio corpo, questo è il mio sangue", la teologia è venuta dopo.
Se il cristianesimo non avesse alla radice, e non compendiasse e non raffigurasse, tutti i topoi umani, non avrebbe avuto quella rapidissima diffusione, e quel successo, tra gli strati sociali, popolari in primis.
C'è molta, umana verità nell'umile che accoglie tutti i dogmi cristiani così come il sacerdote li declina, c'è, sopratutto, molto di quel Cristo che andava tra i pubblicani, tra le prostitute, che sedeva a tavola con tutti, parlando per parabole naturali.
C'è il segno:
Cristo tocca e guarisce il lebbroso, e suscita la fede per mezzo del portento, ma è lo stesso Cristo che, ai suoi discepoli, insegna la rivelazione trinitaria, il Cristo che si trasfigura di fronte a pochi eletti, che indica il giusto modo di intendere Dio (il cristianesimo esoterico), che parla delle cose di là ai suoi apostoli.
Quindi abbiamo la fede di pancia e di cuore, la fede taumaturgica, ma anche un principio di speculazione teologica che Cristo sottopone ai suoi, dai semi della quale verranno innalzate le gigantesche teologie, necessarie anch'esse, perchè provengono dalla stessa fonte, la ricerca della Verità che dia pace e faccia concordare, oltre al sentimento, anche la Ragione.Last edited by Sean; 06-10-2009, 22:56:26....ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
C. Campo - Moriremo Lontani
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Originariamente Scritto da ma_75 Visualizza MessaggioC'è una cosa che non mi convince, non tanto nelle tue argomentazioni, che sono teologicamente ineccepibili, ma proprio nel complesso edificio della teologia che, come tu stesso dici, richiede una preparazione culturale matura per essere compresa, non è accessibile a tutti, certo non agli "ignoranti".
Ebbene, io ricordo che, da sempre, uno dei messaggi che la chiesa ha sempre veicolato con maggiore forza, anche per la novità che propone, è quello del Cristo che parla agli ultimi e non ai primi, ai semplici e non ai dotti. D'altra parte Cristo sceglie di rivelarsi ad un gruppo di semplici artigiani, agricoltori, pescatori, non ai sacerdoti o ai dotti rabbini. Ricordo ad esempio il passo di Matteo (Mt 11, 25-27):
25In quel tempo Gesù disse: "Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. 26Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. 27Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.
D'altra parte Paolo insiste sul tema:
(1 Cor 1, 26-29).
"Non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili. Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio"
Ora il punto è esattamente questo: non esiste una contraddizione tra il fatto che Cristo parli ai semplici, con linguaggio semplice, mentre oggi l'esegesi del suo pensiero appare, per la sua complessità intrinseca, riservata ai dotti?
Il punto è questo: la fede non è campo di attinenza della mente cognitiva. Non si deve far confusione tra esperienze/bagaglio spirituali ed esperienze/bagaglio cognitivi. Per l'ennesima volta ed il tedio di chi ha già letto sopra, ripeto che ognuno si rapporta alla realtà (fisica o metafisica -posto che riconosca quest'ultima-) attraverso un filtro del tutto personale, dettato dal proprio upbringing e sovrastruttura in cui è contestualizzato. Tu, da persona colta, ti poni in posizione agnostica attraverso tutta una serie di argomentazioni cognitivo-culturali probabilmente articolate; il pecoraro vicino le colline della bella Cagliari sceglierà una posizione agnostica in modo più "viscerale" ma non meno adeguato alla questione (che non attiene alla sfera logico-cognitiva). Parallelamente, Richard da persona qual è si rapporterà alla condizione di credente attraverso e con la necessità di tutta una serie di elaborazioni teologiche; non meno degnamente, il pescivendolo sotto casa di Richard sarà un fervente credente, sol perchè "spiritualmente" accetta come evidente a se la cosidetta rivelazione di questo dio.
Paolo riporta che la "stoltezza" (parafrasandolo) della croce si rivolge proprio ai non sapienti, per il motivo che sopra ho cercato di esprimere: semplicemente, la fede è riconoscimento di una rivelazione (epifania del divino); tutto ciò, indipendentemente dalla sfera cognitivo-culturale (i sapienti e gli scribi paolini/evangelici).
Un aspetto però mi preme chiarificare: seppur questo riconoscimento della rivelazione è un'esperienza non "registrabile" empiricamente, in quanto non verificabile attraverso i criteri di falsificabilità della scienza, non è per questo liquidabile a priori come non vera/reale. Ovverosia, il fatto che Paolo venga "folgorato" sulla via di Damasco è un'esperienza non registrabile e non sottoponibile a dubbio di falsificabilità; ma non per questo è liquidabile come "irreale". Proprio per questo, però, se tu Ma75 non vivi la stessa esperienza di awakening spirituale di Paolo, piuttosto che San Pietro il pescatore ignorante o Richard il nostro colto accademico, circa la Rivelazione (epifania del divino, nel Creato ed in te stesso in quanto parte di questo Creato), legittimamente non "credi" e non vi è cultura teologica che possa cambiare questa ovvia sequenza
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Originariamente Scritto da ma_75 Visualizza MessaggioCerto, però non tutti i campi, che so la fisica piuttosto che la filologia, nascono con alla base un'idea di semplicità, nè si rivolgono alla comunità degli individui, ma, piuttosto, ad un pubblico selezionato. Se posso specificare meglio, e più provocatoriamente, il mio pensiero di prima potrei dire: come mai il messaggio cristiano, che Gesu scelse di inviare innanzitutto agli umili, è diventato, oggi, così complesso? Siamo sicuri che la complessa architettura dottrinale elaborata nei secoli sia la reale esegesi del messaggio del giudeo Gesu Cristo, vissuto nella depressa Palestina del I secolo, e non una speculazione ex post, filosoficamente avvincente, ma non necessaria ad intendere il suo messaggio? Mi viene in mente, scusando il paragone blasfemo ma che mi permette di ripredndere la similitudine iniziale, tanta filologia complessa anche su autori chiaramente "semplici" ai quali i critici fanno dire/pensare ciò che essi, molto più ingenui, nemmeno sognavano.
L'elaborazione di una esegesi "ad alto livello", quella destinata a fissare le verità di fede o a riproporle in nuova luce, non è probabilmente molto diversa da un lavoro di carattere filologico sulle Scritture nella loro completezza. Nel momento infatti in cui il Canone è fissato, ed è definito il concetto di Rivelazione (cioè "ciò che Dio ha voluto dire di sé e di ciò che fa"), si pone il problema di "raccordare" contesti e momenti differenti del primo pensiero cristiano.
Per questo si richiede un linguaggio e una formulazione che diano un senso compiuto all'interpretazione.
La Dottrina Trinitaria, ad esempio, oltre ad un dogma di fede per i cristiani, ha valore di schema filologico (per credenti e non): quindi sono possibili due approcci che sono nettamente distinti.
L'esegesi "a basso livello" deve essere in grado di presentare l'interpretazione delle Scritture in modo da suscitare/alimentare la fede. Di volta in volta, a seconda del destinatario quindi, si può affrontare a vari livelli. Talvolta ci si accontenta, per così, dire di "visioni locali", semplici spezzoni il cui particolare significato può risultare proficuo, anche fuori dal contesto generale. Ad esempio, per ritornare a qualche post fa, la pienezza del messaggio delle Beatitudini ha, nel sentire cristiano, un valore universale, anche fuori da qualsiasi schema teologico/filologico.
L'ideale sarebbe trovare un modo generale ed uniforme di formulare le verità immediatamente accessibile a tutti, ma questo è chiaramente impossibile. D'altro canto è riconosciuto fatto teologico che per la nascita della fede non è necessaria una "esegesi d'alto livello". In fondo il primo impulso cristiano non ha avuto certo bisogno di "tanta filosofia".
Per ritornare al paragone con la fisica, ambito che mi è familiare, ritengo che il dislivello tra formulazione del sapere fisico e la stessa divulgazione scientifica sia abissale. Ciò che dovrebbe essere destinato ad attrarre alle scienze (divulgazione) spesso finisce con il provocare comprensibile repulsione. In questo senso dicevo "un po' in tutti gli ambiti" nell'altro post.
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Originariamente Scritto da Sergio Visualizza MessaggioPerdonami, perdona se non sono stato preciso a sufficienza, non casuale, ma ignota, va meglio?
Ti ricordo infine che io mi inserisco tra gli agnostici non tra gli atei che possono essere considerati dogmatici non credenti ai pari dei dogmatici credenti.
Se
Tradotto in parole povere, se io non so una cosa non me la invento, dico non la so, dire è così, tanto anche tu non hai una risposta secondo me equivale a pura follia, IMHO.
Di fronte alle grandi "questioni ignote" (il senso della vita, il dolore, il bimbo nato con mlattie gravi ecc) si può scegliere di non pronunciarsi (come sostieni di fare tu, e in generale gli agnostici) oppore formulare delle "ipotesi", come fanno atei e credenti.
Ripeto, secondo me sono semplicemente delle scelte,che in nogni caso partono dalla consapevolezza della nostra limitatezza. Non credo che una sia più censurabile dell'altra.
Mica cerco di convincerti a convertirti, insommaLast edited by bersiker1980; 07-10-2009, 07:50:45.sigpic
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Originariamente Scritto da richard Visualizza MessaggioRidico schematico i 4 casi:
1) credente: 0 cultura specialistica teologica/religiosa (nel senso che non necessaria);
2) ateo: come il credente;
3) agnostico: deve giungere a dire "ma sto dio che senso ha?"; studia un po' poi dice "boh, qui ci sono dei problemi; questo concetto teologico (che ho ben studiato e capito) non ha molto senso; il concetto di dio non è ben posto e non può esserlo, dallo studio non ho elementi per affermare; non conosco".
4) ignorante non credente: siccome è non credente non ha bisogno di cultura (vedi punto 1)). Qualcosa (non la cultura teologica o religiosa) gli mette qualche dubbio e dice: "boh forse qualcosa c'è, non si può dire". Se va bene aggiunge: "infondo non so nulla di teologia, quindi non conosco".
Nota che questa schematizzazione si può applicare ad ogni campo: politico, ideologico, ..., non solo a quello religioso.
Non sono abituato alle generalizzazioni (nel senso umano), quindi non commento le tue opinioni sui credenti.
EDIT: Giusto perché sia chiaro definitivamente (anche se ho gia specificato in un altro post), il senso qui di "ignorante" non vuole essere offensivo (mi scuso con chi leggendo lo consideri ugualmente tale). Semplicemente è inteso nel senso di "non avere competenze specifiche (tipicamente di carattere tecnico) per affrontare temi specialistici ad alto livello, siano essi di carattere teologico, politico, filosofico, medico, ..."
Insomma la prima voce del significato tipico di tale aggettivo:
De Mauro - ignorante
Può essere credente senza avere capito assolutamente nulla, per partito preso, solo perchè ha subito il lavaggio del cervello o perchè ha deciso di fare quello che fanno tutti, interessante.
Riguardo il fatto che in Italia tutti abbiano raggiunto la consapevolezza del Cattolicesimo mentre in Iran la consapevolezza dell'Islam cosa ne pensi? Un caso?
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Originariamente Scritto da Sergio Visualizza MessaggioIl credente quindi ha zero cultura, ma secondo te non "ignora", fantastico
1) Riporto dal mio post: "1) credente: 0 cultura specialistica teologica/religiosa (nel senso che non necessaria);" (ho sottolineato la parte che mi interessa)
2) Riporto dal tuo post: "Il credente quindi ha zero cultura"
La mia espressione (1)) indica pertanto una "condizione non necessaria": nello specifico un credente può avere cultura oppure no (l'avere cultura non è collegato in senso logico all'essere credente; il discorso vale anche per l'ateo che è, in senso logico, un "credente del non").
La tua espressione (2)) rappresenta invece una "condizione sufficiente": Se è credente quindi (implica) ha zero cultura.
Siccome una condizione "non necessaria" non equivale ad una "sufficiente", stai riportando (fino a prima del tuo "ma", base del tua considerazione) un pensiero che non è il mio (ma solo una tua interpretazione). Questo può dipendere da due fattori:
a) tu hai frainteso il mio discorso;
b) io mi sono spiegato male;
Ora io ho scritto: "non necessaria" sperando fosse chiaro il senso delle parole e auspicando di escludere il caso a). (Tra l'altro ho editato decine di volte sperando di essere chiaro; te possino ...)
Non capisco da cosa tu abbia dedotto una "condizione sufficiente".Last edited by richard; 07-10-2009, 12:13:37. Motivo: Rimosso PS non particolarmente significativo ai fini della replica.
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Capisco perfettamente il senso delle tue parole richard, forse sono io che mi spiego male.
Ti chiedo :
1) "come mai secondo te al credente è concesso operare una scelta di vita determinante senza avere la minima informazione a disposizione, nella più totale ignoranza"?
Chi si dichiara agnostico senza avere studiato per 20 anni teologia lo definisci ignorante, ma agnostico è semplicemente una persona che non si riconosce in alcun credo ne ha la determinazione e le prove per dichiarare la non esistenza di dio o di una data religione.
Chi definisce poi il grado di non ignoranza necessario per definirsi agnostico? 20 anni di studi? 10? Tu ne hai studiato teologia per 20 anni quindi una persona che studia teologia da 40 anni ha il diritto a definirti un ignorante perchè ti definisci agnostico senza prima avere "approfondito" la questione?
Infine: "come mai in Italia tutti hanno raggiunto la consapevolezza del Cattolicesimo mentre in Iran la consapevolezza dell'Islam. Un caso?" O la religione è ne più ne meno un lavaggio del cervello?
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