Originariamente Scritto da crostantino
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Non è la società che produce frustrati, ma è l'uomo stesso ad esserlo dal momento che non delinea - nettamente, per circoscriverlo - il suo valore.
Se un criterio ed una misura sono sempre esistiti, è una proposizione sbagliata criticare la società, che, odierna o passata, non fa altro che applicare una selezione, a porre dei paletti contro i quali l'individuo è fatalmente destinato a confrontarsi, in un processo di maturazione continuo, ieri come oggi.
Quella che tu chiami "la (falsa) "cultura del merito" che i moderni governi ci vanno propinando" altro non è che la riproposizione, in chiave attuale, di ciò che è sempre esistito, l'agone del confronto.
Buffonata è semmai far credere che tutto sia possibile per tutti, e dove non si riesce ecco che l'avversario non diventa più lo specchio, ma il criterio, il metro, la società.
E' sempre l'uomo ad essere ottimo o pessimo, è lui da se stesso, attratto dal posto "migliore" e non dal "suo posto", a rendersi frustrato.
"voglio solo sottolineare quanto sia SEMPRE INGIUSTO misurare un uomo"
Altro falso, altro tentativo di sviare ad altri le proprie responsabilità, la propria incapacità di vedere e di decidere cosa è giusto per sè, non per i desiderata da pubblicità:
E' il principio che ciascun uomo porta già in sè a misurare se stesso, è un criterio di crescita ineludibile.
Quello che tu proponi, una rivisitazione totale di questa famosa "società", altro non è che quel colletivismo in cui, sradicato il confronto, parificati i desideri, resa raggiungibile a tutti ogni meta, si dovrebbe vedere realizzata la famosa "felicità" in terra, un regno messianico di impianto forzatamente ideologico e profondamente anti umano.
Si ha invece che proprio questa prospettiva che disegni, dell' "io vorrei", è quella che produce gli odierni frustrati, perchè fa vagheggiare, a portata di mano, che la vetta (previa una bella spianatura) sia raggiungibile da tutti, perchè nessuno, Dio ce ne scampi, può essere misurato, per poi, all'apparir del Vero, tornare indietro e, lungi dal ripensare al proprio, buttare il fardello addosso agli altri, meglio se una qualunque entità astratta:
Ah, società perfida e iniqua.
Ma è proprio questa la menzogna più grande, ricordandoti, per restare ben attaccati alla realtà, che sono pochi uomini, emersi dal confronto, che hanno indirizzato la Storia (dell'arte, della filosofia, della scienza, e di ogni altro campo umano), mai questa collettività che vorresti destinata ad un successo egualitario, dunque non frustrante perchè per tutti nella stessa misura;
Dobbiamo ricordarci di Cesare, del suo "meglio primo in questo villaggio, che secondo a Roma"?
Il senso del limite, così schiettamente umano, la regola aurea che vogliamo, pervicacemente, dimenticare.
Perchè è qui che manchi ( e che manca tutto il tuo impianto), nel fatto che tu esponi una teoria che, al succo, si riduce all' "io vorrei", nel più classico, e scontato, dei voli utopici, di quelli che fanno tanto Icaro, peccato che poi si torni sulla terra.
E sulla terra, mio caro, i frustrati non sono frutto della società, ma della propria schizofrenica incapacità di delineare, da se stessi, i proprio limiti, che il "merito" snuda soltanto.
La società, semmai, questo e solo questo deve fare:
Spronare l'individuo perchè dia il meglio di sè, un'essenza fatalmente destinata a far crescere tutti.
Tu ne proponi una svirilizzazione, strappi dall'uomo il cuore, rendi minuscolo ciò che è maiuscolo, e solo perchè al maiuscolo qualcuno non ci arriva.
Sale sul carro del trionfo l'io egoista, e dunque limitato, e cieco.
Un'altra perla:
Mi sono limitato a rilevare che, con la storiella del merito, questa società genera una miriade di gente frustrata che passa la propria vita a sentirsi inferiore o meno meritevole.
Non si può strutturare una società secondo una scala di merito.
E se lo fosse davvero inferiore?
Che cos'è questa paura, se non di noi stessi?
Possiamo anestetizzare fino a questo punto le nostre responsabilità, le nostre incapacità?
Ma è solo assumendole che possiamo dare loro un senso, e a noi un luogo.
-Il merito è una storiella.
-Non si struttura una società secondo una scala di merito.
Bello, tutto molto bello:
Ma dove si poggia? Si poggia tutto qui, tutto il papiro del fanciullo terrorizzato sta qui:
"Il fatto che la vita sia tosta non giustifica che noi la si debba rendere ancora più tosta" già, ma il fatto lo enunci da te stesso:
La vita è tosta, e non esiste alcuna via di fuga, se non nell' "io vorrei che fosse altro", ma che altro non è, non è mai stato, duemila anni addietro oppure oggi, e anzi è solo così che questa vita ha maturato fino a dare qualche frutto;
Come si vede quel "il mio discorso "volto a contestare la società che produce frustrati ecc.ecc." non mi pare perda validità. O mi sbaglio?" è errato, vive nell'io del sogno, è un prodotto immaturo che genera mostri:
Lui, non la società.
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