Morte Papa Francesco e prossimo Conclave

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    Conclave, il racconto dei cardinali: gli italiani divisi, i voti a Erdo, Prevost con la testa tra le mani. «Noi tutti in piedi, lui rimase seduto»

    Le testimonianze sul Conclave raccolte dal New York Times: «Un'ovazione, avevamo le lacrime agli occhi»

    La meditazione che si protrae e un «conteggio inconcludente, con tre principali contendenti»: il cardinale italiano Pietro Parolin, l’americano Robert Francis Prevost e l’ungherese Peter Erdo. La descrive così, la prima serata di Conclave, il New York Times. In un articolo firmato da quattro inviati a Piazza San Pietro, dal titolo: «Come un tranquillo americano diventa Papa».

    Il quotidiano statunitense cuce assieme le frasi rilasciate da una dozzina di cardinali per ricostruire il film della votazione. «Non avevamo cenato e non c’erano pause, nemmeno per il bagno. Ma si decise di procedere alla votazione», avrebbe riferito il cardinale David delle Filippine. Fu «una sorta di sondaggio preliminare», avrebbe aggiunto il cardinal Juan José Omella. E secondo il cardinal Lazarus You Heung-sik della Corea del Sud, «diversi candidati ottennero voti significativi».

    Così, secondo il cardinale inglese Nichols, tornati a Casa Santa Marta si discusse cosa fare durante la cena. E, secondo il Nyt, si fece notare che gli italiani erano divisi e ciò avrebbe penalizzato il cardinale Pietro Parolin.
    Ma il cardinale Peter Erdo, 72 anni, sostenuto da una coalizione di conservatori che includeva alcuni sostenitori africani, non aveva potenzialità di aggregare consensi in un elettorato di cardinali in gran parte nominati da Francesco.

    Rimaneva il cardinale Prevost, emerso nella votazione serale. Sabato 3 maggio, cinque giorni prima del conclave, i cardinali estrassero a sorte gli incarichi e Prevost fu scelto per aiutare a gestire le riunioni quotidiane prima che iniziasse la votazione. Più i cardinali lo conoscevano e più apprezzavano i suoi metodi. Tanto che il cardinale Joeph W. Tobin di Newark gli avrebbe detto: «Bob, potrebbero proporlo a te».

    «Nella quarta votazione, le schede si spostarono in modo schiacciante verso il cardinale Prevost», avrebbe riferito il cardinale You della Corea del Sud. E il cardinale Tagle — che nei giorni di preconclave era indicato fra i favoriti — avrebbe aggiunto di averlo visto fare respiri profondi: «Gli ho chiesto: “Vuoi una caramella?”. E lui ha risposto: “Sì”». Il cardinale Tobin del New Jersey aggiunse di averlo visto — durante una delle votazioni — «con la testa tra le mani».

    Nel pomeriggio l’ultima votazione. Quando il cardinale Prevost raggiunse 89 voti, la soglia dei due terzi necessaria per diventare Papa, la Sistina sarebbe «esplosa in un’ovazione in piedi». Ma lui, avrebbe riferito David, «rimase seduto! Qualcuno dovette tirarlo su. Eravamo tutti con le lacrime agli occhi». E intanto i voti si avvicinavano alle tre cifre. Quindi congratulazioni entusiastiche. Chiosa il cardinal Désiré Tsarahazana del Madagascar. «Ha ottenuto una maggioranza molto, molto ampia di voti»

    ​CorSera
    ...ma di noi
    sopra una sola teca di cristallo
    popoli studiosi scriveranno
    forse, tra mille inverni
    «nessun vincolo univa questi morti
    nella necropoli deserta»

    C. Campo - Moriremo Lontani


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      Macumbico divinatore
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      Buongiorno! Un ROAR cristiano (cattolico ) a tutti voi!




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        Il Papa agli ambasciatori: «Investire sulla famiglia, unione tra uomo e donna anteriore a ogni società»

        Nell'incontro con gli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede: «E' la strada per costruire società civili armoniche e pacificate. Bisogna tutelare ogni persona, dal nascituro all'anziano al migrante»

        Nel suo primo incontro con gli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede ricevuti in udienza in Vaticano, Papa Leone chiede di investire «sulla famiglia, fondata sull'unione stabile tra uomo e donna, società piccola ma
        vera, e anteriore a ogni civile società. E' la strada per costruire società civili armoniche e pacificate». E aggiunge: «Nessuno può esimersi dal favorire contesti in cui sia tutelata la dignità di ogni persona, specialmente di quelle più fragili e indifese, dal nascituro all'anziano, dal malato al disoccupato, sia esso cittadino o immigrato».

        Lo «strappo» con Francesco: Leone non cita le coppie gay

        Dopo le aperture di Papa Francesco alle coppie gay, specialmente col documento «Fiducia Supplicans» del dicembre 2023, che prevedeva «la possibilità di benedire le coppie in situazioni irregolari e le coppie dello stesso sesso», Papa Leone rimette invece l'accento sulla famiglia formata sul matrimonio di un uomo e una donna, chiedendo ai governi di «investire» per salvaguardarla. E ha aggiunto, rivolto ai diplomatici: «Oltre che ad essere il segno concreto dell`attenzione dei vostri Paesi per la Sede Apostolica, la vostra presenza oggi è per me un dono, che consente di rinnovarvi l`aspirazione della Chiesa - e mia personale - di raggiungere e abbracciare ogni popolo e ogni singola persona di questa terra, desiderosa e bisognosa di verità, di giustizia e di pace».

        «Anch'io sono discendente di immigrati»

        Il Papa ha toccato anche il tema dei migranti: «La mia stessa storia è quella di un cittadino, discendente di immigrati, a sua volta emigrato. Ciascuno di noi, nel corso della vita, si può ritrovare sano o malato, occupato o disoccupato, in patria o in terra straniera: la sua dignità però rimane sempre la stessa, quella di creatura voluta e amata da Dio».

        https://roma.corriere.it/notizie/cro...tml?refresh_ce
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          Oggi bellissime le nostre regine vestite di bianco perché cattoliche rispetto alla ciesssse protestanti

          Una messa ruggente

          ROAAAAR




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            Parte l’era di Leone XIV, la folla e poi l'altare: «La Chiesa sia unita»

            La messa di inizio pontificato davanti a Mattarella e oltre 150 delegazioni da tutto il mondo. In piazza 200 mila fedeli: «Vengo a voi come un fratello che vuole farsi servo della vostra fede sulla via dell’amore di Dio»

            Leone XIV parla in italiano, come si conviene al vescovo di Roma, citando Agostino e Kierkegaard: «Sono stato scelto senza alcun merito e, con timore e tremore, vengo a voi come un fratello che vuole farsi servo della vostra fede e della vostra gioia, camminando con voi sulla via dell’amore di Dio, che ci vuole tutti uniti in un’unica famiglia». Sarà per questo che, a parte Sergio Mattarella — il presidente padroneggia la lingua ed è un uomo di buone letture —, i grandi della Terra tendono ad avere l’aria un po’ smarrita.

            Ci sono più di centocinquanta delegazioni da ogni angolo del pianeta, in piazza San Pietro. Il vicepresidente americano JD Vance è seduto con la moglie accanto a Louis Prevost, il fratello del Papa, e guarda fisso davanti a sé. La presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky aggrottano le ciglia. La ministra della Cultura russa, Olga Ljubimova, non è arrivata per «motivi tecnici legati all’incongruenza della rotta aerea», qualunque cosa voglia dire, ed è sostituita dall’ambasciatore Ivan Soltanovsky.

            Il multilateralismo

            Eppure l’immagine del 266esimo successore di Pietro che prega nella basilica davanti alla tomba del pescatore di Galilea, e poi esce a celebrare la messa di inizio del pontificato davanti a 200 mila fedeli che colmano lo spazio dentro e fuori il Colonnato del Bernini, riesce a essere molto chiara anche senza bisogno di rileggere le traduzioni dell’omelia fornite per l’occasione. Come nel giorno dei funerali di Francesco, in un mondo ridotto alla legge primitiva del più forte, San Pietro e Roma mostrano al mondo la possibilità di un’alternativa fondata sul dialogo e quella «diplomazia multilaterale» della quale papa Prevost parlava venerdì agli ambasciatori. Ieri il Papa ha ricevuto in udienza Zelensky, oggi parlerà con Vance. E quando nell’omelia invoca «una Chiesa unita», con accento agostiniano, lo fa perché sia «un segno di unità e di comunione che diventi fermento per un mondo riconciliato».

            Un esempio per tutti, insomma: «In questo nostro tempo, vediamo ancora troppa discordia, troppe ferite causate dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri. E noi vogliamo essere, dentro questa pasta, un piccolo lievito di unità, di comunione, di fraternità».

            Ucraina e Gaza

            Leone XIV è il Papa che la sera dell’8 maggio, dopo l’elezione, quando si è mostrato al mondo dalla Loggia delle benedizioni, ha detto per prima cosa: «La pace sia con tutti voi». I fedeli stanno imparando a conoscere il suo stile asciutto, tanto più efficace perché alieno da ogni enfasi. Al Regina Coeli, finita la messa, ricorda che «la martoriata Ucraina attende finalmente negoziati per una pace giusta e duratura». Parla del Myanmar, «nuove ostilità hanno spezzato giovani vite innocenti». E scandisce, secco: «A Gaza i bambini, le famiglie, gli anziani sopravvissuti sono ridotti alla fame».

            Tra la gente

            Prima della messa, ha salutato i fedeli compiendo un lungo giro tra la piazza e via della Conciliazione, su un’auto elettrica scoperta. Gesti affettuosi ma sobri, quasi timidi. Non è solo una questione di carattere. Nell’omelia che apre il suo pontificato spiega: «Se la pietra è Cristo, Pietro deve pascere il gregge senza cedere mai alla tentazione di essere un condottiero solitario o un capo posto al di sopra degli altri, facendosi padrone delle persone a lui affidate. Al contrario, a lui è richiesto di servire la fede dei fratelli, camminando insieme a loro».

            La sobrietà

            Anche la cerimonia è solenne ma sobria, lontana dalla «intronizzazione» finita con Paolo VI. Il cardinale Zenari consegna al Papa il pallio; il cardinale Tagle, l’Anello del Pescatore. Si leva un applauso, Leone XIV stringe le labbra per la commozione. Ricorda Francesco e «la tristezza che ha riempito il nostro cuore» alla sua morte. Quando dice d’essere Papa senza merito pensa ad Agostino, la dottrina della grazia: «Per amore del Tuo nome, non per merito mio».

            Alla fine saluta paziente le autorità, le prime strette di mano sono per Mattarella e Giorgia Meloni. Abbraccia il fratello, come se tutto fosse come prima. Ma non lo è: «Ti cambia la vita», diceva un cardinale. La grazia. È Leone XIV, non più padre Prevost, che spiega ai fedeli: «Abbiamo posto nelle mani di Dio il desiderio di eleggere il nuovo successore di Pietro, il Vescovo di Roma, un pastore capace di custodire il ricco patrimonio della fede cristiana e, al contempo, di gettare lo sguardo lontano, per andare incontro alle domande, alle inquietudini e alle sfide di oggi. Accompagnati dalla vostra preghiera, abbiamo avvertito l’opera dello Spirito Santo».

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