Qui su bodyweb, ma non solo, tutti i thread di alimentazione esplicitano questo fatto agli utenti: "se il tuo metabolismo richiede "x" calorie giornaliere, e tu ne consumi "x+∆" (con ∆ positivo), ingrassi". Questa affermazione così matematica applicata ad un qualcosa, cioè il nostro corpo, che di matematico non ha nulla mi ha sempre fatto dubitare, anche se risulta apparentemente logica.
Sto leggendo il libro "Mangia che ti passa" del Dott. Ongaro, e ciò che più mi sta colpendo è proprio il fatto che il mio dubbio in realtà è una certezza: quella affermazione sopra riportata è falsa. Ci terrei a citare una parte del secondo capitolo del libro, mi piacerebbe che si aprisse una discussione a riguardo. Gli studi che vedete nella citazione sotto riportata potete trovarli sul sito personale di Ongaro o magari chiedere direttamente a lui. Per chi non sapesse nulla di Ongaro: http://en.wikipedia.org/wiki/Filippo_Ongaro (ci sono anche molti video su youtube e sul suo sito).
"Addio all'ossilo delle calorie
Ma allora tutte le famose diete ipocaloriche sono sbagliate? Le raccomandazioni di mangiare meno e consumare di più superate? In un certo senso è proprio così, e la nutrigenomica ci ha perfino fatto superare il concetto stesso di caloria!
La caloria è una semplice unità di misura dell'energia e viene definita come la quantità di energia necessaria per far aumentare 1 grammo di acqua di 1 grado centigrado. Questa energia è contenuta nel cibo che assumiamo e ci permette di restare in vita e svolgere le funzioni vitali. Il cibo è un po' come la benzina per una macchina. Applicando il concetto di caloria al nostro organismo, viene ov- vio pensare che se si assumono più calorie di quelle che si bruciano, il risultato è un aumento di peso e che, al contrario, assumendone meno si dimagrisce. Abbiamo sentito questo ragionamento apparentemente logico migliaia di volte, ma purtroppo è del tutto sbagliato.
Le calorie sono tutte uguali solo in condizioni di laboratorio, dove 100 calorie di zucchero o 100 calorie di broccoli sono identiche da un punto di vista energetico. Nel corpo umano però la situazione è molto diversa. Le calorie vengono assorbite a velocità differenti a seconda della quantità di fibra, proteine, carboidrati, grassi e nutrienti contenuta nei cibi che le forniscono. Questa specifica miscela di molecole invia complessi messaggi metabolici che controllano il vero effetto che queste calorie hanno nel nostro corpo. Per esempio le calorie di una bibita gassata e zuccherata entrano nell'organismo a velocità elevatissima e non contengono alcun messaggero utile al corpo. Dopo aver innalzato bruscamente la glicemia, se non vengono bruciate subito queste calorie in eccesso sono immediatamente depositate come grasso. Le stesse calorie assunte invece dal riso integrale, per e- sempio, entrano nell'organismo lentamente, agendo in modo leggero sulla glicemia, e con elevata probabiltà verranno utilizzate per produrre energia. Inoltre contengono una moltitudine di messag- geri detti fitonutrienti, che trasportano informazione vitale per le nostre cellule.
Molti studi recenti hanno definitivamente dimostrato che le calorie non sono tutte uguali. Per e- sempio, una dieta ricca di carboidrati raffinati e zuccheri, indipendentemente dalla quantità complessiva di calorie ingerite, provoca un aumento della glicemia e della secrezione di insulina che a loro volta sono alla base dell'aumento del peso, del colesterolo e dei trigliceridi. Questo può comportare l'insorgenza di steatosi (fegato grasso) e ulteriore aumento di peso. Insomma un circolo vizioso.
Uno studio scandinavo molto recente illustra bene il problema degli zuccheri. A parità di calorie in eccesso assunte, due gruppi sono stati confrontati per effetti su peso e metabolismo. Nel primo gruppo di persone le calorie eccessive venivano date da noccioline, mentre all'altro gruppo la stessa quantità di calorie veniva fornita da caramelle. La differenza di risposta è incredibile: nel primo gruppo non si osservava né aumento di peso né cambiamento dei parametri metabolici. Nel secondo invece aumentavano peso e livelli di insulina. Perché accade questo? Semplice: le noccioline (non tostate né salate) sono un cibo naturale che porta informazioni che il corpo riconosce. Al contrario, le caramelle sono un alimento del tutto artificiale e "vuoto": contengono cioè solo zuccheri, dolcifi- canti e coloranti.
Insomma il problema non è tanto quante calorie si mangiano ma da che cibo derivano. A parità dicalorie, numerosi studi hanno dimostrato la superiorità delle diete a basso contenuto di carboidrati rispetto a quelle con pochi grassi. E nel caso di introduzione di carboidrati integrali invece che raf- finati, i risultati sono ancora migliori grazie a un controllo ottimale della glicemia e della risposta insulinica. Quando poi si associano povertà di nutrienti a eccesso di calorie, il danno si amplifica, come accade per la maggior parte di noi oggi.
La scienza della nutrizione, e con essa gli innumerevoli spazi dedicati all'alimentazione su giornali, riviste e programmi televisivi, sono ancora legati a vecchi miti che la ricerca in ambito nutrigenomico ha definitivamente sfatato. Uno di questi, forse quello più duro a morire, è quello sui grassi. Quante volte avete sentito parlare medici ed esperti sulla necessità di ridurre i grassi, di adot- tare una dieta ipolipidica?
Sono stati spesi milioni di dollari in ricerche che dovevano dimostrare la relazione tra diete a bas- so contenuto di grassi e minor incidenza di malattie croniche senza che queste portassero ad alcun risultato consistente. E poi si scopre che oggi, in percentuale sulle calorie totali, mangiamo meno grassi di quello che abbiamo mai fatto ma siamo sempre più sovrappeso e malati di malattie croniche.
La prima e principale ragione è che le diete povere di grassi finiscono quasi sempre con l'essere ricche di zuccheri e di carboidrati raffinati (farina bianca, pasta, riso, pane, prodotti da forno, ecc.). L'altra ragione, come vedremo, è che nel ridurre i grassi non si distingue tra quelli che fanno male e quelli utili e sani.
In effetti l'idea che sia il colesterolo in quanto tale il principale fattore di rischio per le malattie cardiometaboliche è del tutto errata e priva di fondamento. Oltre a dover prendere in considerazione altri aspetti - come i livelli di infiammazione e di omocisteina, lo stress ossidativo e la glicazione -, nel caso specifico dei grassi, molto più importanti dei livelli totali di colesterolo per il rischio car- diovascolare sono il rapporto tra colesterolo totale e LDL (il colesterolo "cattivo") e la concentra- zione di HDL, cioè la frazione "buona" del colesterolo. E, riguardo a questo, pochi sanno che il rap- porto tra colesterolo totale e HDL è quasi interamente determinato dalla quantità e tipologia di car- boidrati assunti, non dai grassi.
I carboidrati raffinati e gli zuccheri semplici sono dunque non solo connessi con il diabete e l'obe- sità ma anche con le dislipidemie (alterazioni del colesterolo) e le malattie cardiovascolari. Tuttavia la nostra dieta, da cui i grassi sono stati eliminati a causa dei sempre più frequenti attacchi dei me- dia e della classe medica, è sempre più ricca proprio di carboidrati. Sono addirittura presenti alla ba- se della piramide alimentare tanto promossa negli ultimi decenni.
Ma torniamo brevemente al tema delle calorie e del consumo calorico. Le richieste di energia nel corpo umano sono determinate principalmente da due fattori:
• la quantità di energia (calorie) necessaria per le funzioni vitali a riposo. E il cosiddetto metabo- lismo basale, ossia quello che ci serve per mantenerci in vita;
• le calorie necessarie per muoversi e fare sforzi fisici. Normalmente si è portati a sovrastimare l'impatto dell'attività fisica sul consumo calorico totale. Con questo non voglio certo dire che essa non serva, ma solo che non è un modo efficiente per consumare calorie. Vediamo perché: calcolan- do una percentuale sul totale delle calorie consumate in 24 ore, l'attività fisica non contribuisce per più del 15-30%, mentre il metabolismo basale rappresenta il 60-75%. La chiave per perdere peso è quindi fare in modo che il corpo bruci più calorie a riposo. E questo si ottiene proprio mangiando in modo genomicamente corretto. Basta fare un semplice calcolo: se ci si allena per un'ora correndo si consumano circa 400 kcal. Se si aumenta di sole 50 kcal/ora il consumo calorico a riposo, moltipli- cato per 24 ore si raggiungono 1.200 kcal di consumo aggiuntivo."
Sto leggendo il libro "Mangia che ti passa" del Dott. Ongaro, e ciò che più mi sta colpendo è proprio il fatto che il mio dubbio in realtà è una certezza: quella affermazione sopra riportata è falsa. Ci terrei a citare una parte del secondo capitolo del libro, mi piacerebbe che si aprisse una discussione a riguardo. Gli studi che vedete nella citazione sotto riportata potete trovarli sul sito personale di Ongaro o magari chiedere direttamente a lui. Per chi non sapesse nulla di Ongaro: http://en.wikipedia.org/wiki/Filippo_Ongaro (ci sono anche molti video su youtube e sul suo sito).
"Addio all'ossilo delle calorie
Ma allora tutte le famose diete ipocaloriche sono sbagliate? Le raccomandazioni di mangiare meno e consumare di più superate? In un certo senso è proprio così, e la nutrigenomica ci ha perfino fatto superare il concetto stesso di caloria!
La caloria è una semplice unità di misura dell'energia e viene definita come la quantità di energia necessaria per far aumentare 1 grammo di acqua di 1 grado centigrado. Questa energia è contenuta nel cibo che assumiamo e ci permette di restare in vita e svolgere le funzioni vitali. Il cibo è un po' come la benzina per una macchina. Applicando il concetto di caloria al nostro organismo, viene ov- vio pensare che se si assumono più calorie di quelle che si bruciano, il risultato è un aumento di peso e che, al contrario, assumendone meno si dimagrisce. Abbiamo sentito questo ragionamento apparentemente logico migliaia di volte, ma purtroppo è del tutto sbagliato.
Le calorie sono tutte uguali solo in condizioni di laboratorio, dove 100 calorie di zucchero o 100 calorie di broccoli sono identiche da un punto di vista energetico. Nel corpo umano però la situazione è molto diversa. Le calorie vengono assorbite a velocità differenti a seconda della quantità di fibra, proteine, carboidrati, grassi e nutrienti contenuta nei cibi che le forniscono. Questa specifica miscela di molecole invia complessi messaggi metabolici che controllano il vero effetto che queste calorie hanno nel nostro corpo. Per esempio le calorie di una bibita gassata e zuccherata entrano nell'organismo a velocità elevatissima e non contengono alcun messaggero utile al corpo. Dopo aver innalzato bruscamente la glicemia, se non vengono bruciate subito queste calorie in eccesso sono immediatamente depositate come grasso. Le stesse calorie assunte invece dal riso integrale, per e- sempio, entrano nell'organismo lentamente, agendo in modo leggero sulla glicemia, e con elevata probabiltà verranno utilizzate per produrre energia. Inoltre contengono una moltitudine di messag- geri detti fitonutrienti, che trasportano informazione vitale per le nostre cellule.
Molti studi recenti hanno definitivamente dimostrato che le calorie non sono tutte uguali. Per e- sempio, una dieta ricca di carboidrati raffinati e zuccheri, indipendentemente dalla quantità complessiva di calorie ingerite, provoca un aumento della glicemia e della secrezione di insulina che a loro volta sono alla base dell'aumento del peso, del colesterolo e dei trigliceridi. Questo può comportare l'insorgenza di steatosi (fegato grasso) e ulteriore aumento di peso. Insomma un circolo vizioso.
Uno studio scandinavo molto recente illustra bene il problema degli zuccheri. A parità di calorie in eccesso assunte, due gruppi sono stati confrontati per effetti su peso e metabolismo. Nel primo gruppo di persone le calorie eccessive venivano date da noccioline, mentre all'altro gruppo la stessa quantità di calorie veniva fornita da caramelle. La differenza di risposta è incredibile: nel primo gruppo non si osservava né aumento di peso né cambiamento dei parametri metabolici. Nel secondo invece aumentavano peso e livelli di insulina. Perché accade questo? Semplice: le noccioline (non tostate né salate) sono un cibo naturale che porta informazioni che il corpo riconosce. Al contrario, le caramelle sono un alimento del tutto artificiale e "vuoto": contengono cioè solo zuccheri, dolcifi- canti e coloranti.
Insomma il problema non è tanto quante calorie si mangiano ma da che cibo derivano. A parità dicalorie, numerosi studi hanno dimostrato la superiorità delle diete a basso contenuto di carboidrati rispetto a quelle con pochi grassi. E nel caso di introduzione di carboidrati integrali invece che raf- finati, i risultati sono ancora migliori grazie a un controllo ottimale della glicemia e della risposta insulinica. Quando poi si associano povertà di nutrienti a eccesso di calorie, il danno si amplifica, come accade per la maggior parte di noi oggi.
La scienza della nutrizione, e con essa gli innumerevoli spazi dedicati all'alimentazione su giornali, riviste e programmi televisivi, sono ancora legati a vecchi miti che la ricerca in ambito nutrigenomico ha definitivamente sfatato. Uno di questi, forse quello più duro a morire, è quello sui grassi. Quante volte avete sentito parlare medici ed esperti sulla necessità di ridurre i grassi, di adot- tare una dieta ipolipidica?
Sono stati spesi milioni di dollari in ricerche che dovevano dimostrare la relazione tra diete a bas- so contenuto di grassi e minor incidenza di malattie croniche senza che queste portassero ad alcun risultato consistente. E poi si scopre che oggi, in percentuale sulle calorie totali, mangiamo meno grassi di quello che abbiamo mai fatto ma siamo sempre più sovrappeso e malati di malattie croniche.
La prima e principale ragione è che le diete povere di grassi finiscono quasi sempre con l'essere ricche di zuccheri e di carboidrati raffinati (farina bianca, pasta, riso, pane, prodotti da forno, ecc.). L'altra ragione, come vedremo, è che nel ridurre i grassi non si distingue tra quelli che fanno male e quelli utili e sani.
In effetti l'idea che sia il colesterolo in quanto tale il principale fattore di rischio per le malattie cardiometaboliche è del tutto errata e priva di fondamento. Oltre a dover prendere in considerazione altri aspetti - come i livelli di infiammazione e di omocisteina, lo stress ossidativo e la glicazione -, nel caso specifico dei grassi, molto più importanti dei livelli totali di colesterolo per il rischio car- diovascolare sono il rapporto tra colesterolo totale e LDL (il colesterolo "cattivo") e la concentra- zione di HDL, cioè la frazione "buona" del colesterolo. E, riguardo a questo, pochi sanno che il rap- porto tra colesterolo totale e HDL è quasi interamente determinato dalla quantità e tipologia di car- boidrati assunti, non dai grassi.
I carboidrati raffinati e gli zuccheri semplici sono dunque non solo connessi con il diabete e l'obe- sità ma anche con le dislipidemie (alterazioni del colesterolo) e le malattie cardiovascolari. Tuttavia la nostra dieta, da cui i grassi sono stati eliminati a causa dei sempre più frequenti attacchi dei me- dia e della classe medica, è sempre più ricca proprio di carboidrati. Sono addirittura presenti alla ba- se della piramide alimentare tanto promossa negli ultimi decenni.
Ma torniamo brevemente al tema delle calorie e del consumo calorico. Le richieste di energia nel corpo umano sono determinate principalmente da due fattori:
• la quantità di energia (calorie) necessaria per le funzioni vitali a riposo. E il cosiddetto metabo- lismo basale, ossia quello che ci serve per mantenerci in vita;
• le calorie necessarie per muoversi e fare sforzi fisici. Normalmente si è portati a sovrastimare l'impatto dell'attività fisica sul consumo calorico totale. Con questo non voglio certo dire che essa non serva, ma solo che non è un modo efficiente per consumare calorie. Vediamo perché: calcolan- do una percentuale sul totale delle calorie consumate in 24 ore, l'attività fisica non contribuisce per più del 15-30%, mentre il metabolismo basale rappresenta il 60-75%. La chiave per perdere peso è quindi fare in modo che il corpo bruci più calorie a riposo. E questo si ottiene proprio mangiando in modo genomicamente corretto. Basta fare un semplice calcolo: se ci si allena per un'ora correndo si consumano circa 400 kcal. Se si aumenta di sole 50 kcal/ora il consumo calorico a riposo, moltipli- cato per 24 ore si raggiungono 1.200 kcal di consumo aggiuntivo."
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