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nessuno ne parla ed i giornali evitano .......

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    nessuno ne parla ed i giornali evitano .......

    http://www.lagazzettadelmezzogiorno....IDCategoria=10

    Sentenza d'appello Sme: condanna perché corruzione provataPreviti e Pacifico, sono colpevoli per aver corrotto Squillante, consigliere istruttore aggiunto prima, presidente della sezione dei gip del Tribunale di Roma poi, perchè mettesse «a disposizione la sua funzione per favorire l’interesse di una parte, ovvero della Fininvest o le società ad essa collegate o partecipate come la Iar»MILANO - Corruzione provata. Con 581 pagine di motivazioni la Corte d’appello di Milano sposa integralmente il verdetto già emesso dal Tribunale nel novembre del 2003 e spiega perchè il 2 dicembre scorso ha condannato Cesare Previti, Renato Squillante e Attilio Pacifico rispettivamente a cinque, sette e quattro anni di reclusione, per corruzione in atti giudiziari e corruzione, nell’ambito del processo Sme. Previti e Pacifico, spiegano i giudici della Corte, sono colpevoli per aver corrotto Squillante, consigliere istruttore aggiunto prima, presidente della sezione dei gip del Tribunale di Roma poi, perchè mettesse «a disposizione la sua funzione per favorire l’interesse di una parte, ovvero della Fininvest o le società ad essa collegate o partecipate come la Iar».
    Ma tutti e tre, spiega anche la Corte, non possono rispondere, perchè non provata, dell’accusa di aver remunerato anche un altro giudice, Filippo Verde, nell’ambito della vertenza che contrappose la Iar, partecipata tra gli altri da Fininvest e Barilla, alla Buitoni di De Benedetti in ordine alla cessione del pacchetto azionario della Sme. Così sei anni e venti giorni dopo l’inizio del processo di primo grado denominato ’Sme-Ariostò, i giudici milanesi di secondo grado consegnano il loro ultimo giudizio su una vicenda giudiziaria che ha registrato scontri senza precedenti e distribuiscono a metà tra accusa e difesa ragioni e torti. Come in primo grado, anche in appello i togati sostengono e ’assolvonò dalle accuse delle difese le testimonianze di Stefania Ariosto.
    E come in primo grado, spiegano perchè hanno negato agli imputati quelle attenuanti generiche che avrebbero consentito, almeno a Previti e Pacifico, di ottenere quella prescrizione che aveva fatto prosciogliere dal Tribunale, da solo, Silvio Berlusconi.

    "GRAVITA’ DEI FATTI FANNO SOCCOMBERE RICHIESTA ATTENUANTI GENERICHE"
    Per spiegare perchè ha negato agli unici tre imputati condannati (i figli di Squillante sono stati propsciolti anche in appello, ndr) le attenuanti generiche la Corte d’Appello presieduta da Erminia La Bruna usa parole "dure", forse i passaggi più severi dell’intera sentenza.
    «Nella vicenda in esame lo status di incensurato -scrivono i giudici- che proprio per la professione svolta deve ritenersi un fatto normale, non può che soccombere di fronte alla gravità dei fatti. La vendita della funzione di magistrato, l’asservimento della stessa allo scopo dei privati, l’attività di corruzione svolta utilizzando il canale di conoscenza e di frequenza offerta dalla professione di avvocato, sono fatti idonei a minare la fiducia del cittadino nello Stato in genere e specificamente in quel settore, l’ordinamento giudiziario, che è istituzionalmente preposto a garantire il rispetto della legge e, quindi, ad assicurare la convivenza civile».
    L’unico ad aver ottenuto uno sconto rispetto alla pena inflitta in primo grado, quegli otto anni ’ridottì a sette, è stato proprio Renato Squillante. Non per meriti particolari però. Ma solo «in considerazione dell’età avanzata e delle sue cattive condizioni di salute». Niente di più. Ma quanto agli altri, «in relazione alla loro personalità, all’intensità del dolo, e al danno provocato», nessuna riduzione. Nemmeno a Pacifico perchè il «suo apporto concorsuale non può certo ritenersi minimale». Le tre condanne, quindi, rischiano di diventare definitive una volta pronunciata, in via definitiva, la Corte di Cassazione. Ma i tempi, questa volta, sono stretti. Stando ai "calcoli" delle parti, infatti, la prescrizione, per tutti, dovrebbe intervenire e cancellare pene e giudizi nell’autunno prossimo, al massimo tra ottobre e novembre.

    A "INCHIODARE" IMPUTATI SONO BONIFICI E PAROLE ARIOSTO
    Previti, Pacifico e Squillante sono giudicati colpevoli per una sola delle accuse mosse dalla Procura prima, e dal Pg dopo, e ciòe quella corruzione ’ambientalè comprovata dal passaggio «quasi diretto», scrivono i giudici, di 434.000 dollari che, il 6 marzo del 1991, transitano «da un conto Fininvest ad un conto del giudice Squillante tramite il transito per il conto Mercier dell’avvocato Previti». Soldi che, per di più Squillante utilizza immediatamente «per finalità personali».
    Dall’esito delle rogatorie, dall’analisi dei conti, dalle dichiarazioni di Stefania Ariosto, e dagli interrogatori di testi e imputati, i giudici si sono convinti che «oltre agli indiscussi vincoli professionali, di amicizia e di comune passione sportiva esistenti tra gli imputati, risulta confermato -scrivono in sentenza- il rapporto Previti-Pacifico-Squillante nel cui ambito il primo riveste il ruolo di corruttore, il secondo quello di consapevole concorrente ed il terzo quello del magistrato corrotto».
    Corruzione provata, insomma. E confermata,secondo i giudici d’appello, non solo dalle accuse di Stefania Ariosto «che si rivelano di particolare rilievo atteso che hanno origine nelle confidenze di Previti che è una delle parti dell’accordo corruttivo medesimo». Ma anche dalla «natura dell’accordo e dalla stabilità della retribuzione», e dalla «documentazione bancaria e nei bonifici Barilla ed "orologio" la cui rapportabilità a causa illecita oggettivamente attestata non risulta essere stata contrastata da ragionevoli e documentate ipotesi alternative».

    NON PROVATA LA CORRUZIONE NELLA SENTENZA VERDE
    Corruzione provata, inoltre, anche dalla «consistenza del patrimonio estero di Squillante che, pur tenendo presente le ulteriori fonti lecite di guadagno oltre lo stipendio e l’entità delle somme gestite per conto dei congiunti, appare comunque non rapportabile interamente a fonti lecite e fortunati investimenti». Tutti elementi che portano i giudici ad affermare che «indiscutibilmente nei confronti di Squillante sussite il dolo specifico richiesto». E che «parimenti non può essere posta in dubbio l’esistenza dell’elemento intenzionale nei confronti di Previti e la consapevolezza di Pacifico di concorrere con quest’ultimo nella corruzione del magistrato e amico Squillante».
    Confermata la prima accusa, la Corte d’Appello, come già il Tribunale in primo grado, boccia invece le contestazioni relative proprio all’affaire-Sme. Secondo l’accusa Cesare Previti e Attilio Pacifico, con la complicità di Silvio Berlusconi, avrebbero corrotto con 200 milioni delle vecchie lire anche un altro giudice, Filippo Verde, cioè il magistrato che fu presidente ed estensore della sentenza con la quale la prima sezione civile del Tribunale di Roma, il 19 luglio 1986, annullò "in diritto" l’accordo che era stato stretto tra l’ex presidente dell’Iri Romano Prodi e De Benedetti per la vendita delle azioni del colosso alimentare Sme. Per Verde quell’accordo «non segnava il perfezionamento di un contratto».
    Ma quest’accusa, anche per la Corte d’Appello, non è stata provata. «Dagli atti non emerge -scrivevano i giudici di primo grado e ricordano oggi quelli di secondo grado- con certezza anzitutto che il denaro oggetto del bonifico Barilla di 750 milioni pervenuto a Pacifico e da questi prelevato sia andato effettivamente a dei magistrati e, in particolare, a Verde. A riguardo -insiste la Corte- è opportuno sottolineare che di un siffatto passaggio di denaro dal conto di Pacifico a qullo di un magistrato non esiste traccia documentale ma si assume solo che il dato andrebbe desunto dalla coincidenza temporale tra il prelievo in contanti ad opera di Pacifico di una parte della somma bonificata e l’inizio di alcuni versamenti in contanti sul conto corrente cointestato a Camillo Verde e al padre Filippo dovendosi escludere la pertinmenza a Camillo Verde del complessivo ammontare di detti versamenti perchè non adeguato al suo reddito dichiarato per l’anno 1988».

    TUTTI LE CONSIDERAZIONI SULL’ASSOLUZIONE DEGLI IMPUTATI PER LA SME
    Anche nella vicenda strettamente legata alla Sme Stefania Ariosto è decisiva. Così come le sue dichiarazioni vengono "usate" per condannare gli imputati di una corruzione ambientale "sistematica", così la testimonianza della teste Omega viene ripresa per confermare l’assoluzione dal secondo capo d’accusa. «Non esiste alcuna dichiarazione dell’Ariosto -scrivono i giudici della Corte d’Appello- o altri apporti testimoniali indicativi di un accordo corruttivo antecedente tra Verde e Previti». E lo stesso Squillante, viene sottolineato «con riferimento a detta vicenda avrebbe potuto fare un intervento, sempre illecito, ma di mero contenuto informativo, per sondare gli orientamenti di uno dei tanti collegi che si erano interessati della vicenda».
    Altrettanto determinante, per i giudici, è ricordare che la sentenza emessa da Verde rappresentò solo «uno dei quattro provvedimenti giudiziari emessi nella causa Buitoni-Iri conclusasi con il rigetto delle domande della Buitoni». E che con quel verdetto il giudice non si limitò a "chiudere la partita" alla Buitoni, ma dichiarò inamissibile anche l’intervento della "rivale" Iar, cioè la cordata partecipata dalla Fininvest. E «non v’è dubbio che la decisione sul punto della sentenza Verde, sfavorevole alle aspettative della Iar, costiuisce quantomeno elemento che mina in qualche modo la prospettazione accusatoria».
    Per finire un’ulteriore considerazione a sfavore della tesi accusatoria. «Appare del tutto improbabile -scrive la Corte- che la retribuzione sia avvenuta a distanza di due anni circa dalla decisione della sentenza che è del luglio 1986 mentre i versamenti sarebbero iniziati nel maggio 1988. Nè il dato appare contrastato dalla pretesa prassi di pagare all’esito favorevole della vicenda. Infatti nella specie il pagamento sarebbe avvenuto oltre un mese prima della pubblicazione della sentenza di Cassazione con la conseguenza che, all’epoca, salvo ipotizzare una fonte informativa, non era ancora noto l’esito favorevole o meno della controversia». Nessuna prova provata, dunque. Almeno per la vicenda Sme.

    28/3/2006




    a già, la magistratura è corrotta e previti e un santo ......
    Mai più fiducia nelle forze dell’Ordine….

    ma quando mai c'è stata direi ...

    #2
    Originariamente Scritto da trattoclip
    http://www.lagazzettadelmezzogiorno....IDCategoria=10

    Sentenza d'appello Sme: condanna perché corruzione provataPreviti e Pacifico, sono colpevoli per aver corrotto Squillante, consigliere istruttore aggiunto prima, presidente della sezione dei gip del Tribunale di Roma poi, perchè mettesse «a disposizione la sua funzione per favorire l’interesse di una parte, ovvero della Fininvest o le società ad essa collegate o partecipate come la Iar»MILANO - Corruzione provata. Con 581 pagine di motivazioni la Corte d’appello di Milano sposa integralmente il verdetto già emesso dal Tribunale nel novembre del 2003 e spiega perchè il 2 dicembre scorso ha condannato Cesare Previti, Renato Squillante e Attilio Pacifico rispettivamente a cinque, sette e quattro anni di reclusione, per corruzione in atti giudiziari e corruzione, nell’ambito del processo Sme. Previti e Pacifico, spiegano i giudici della Corte, sono colpevoli per aver corrotto Squillante, consigliere istruttore aggiunto prima, presidente della sezione dei gip del Tribunale di Roma poi, perchè mettesse «a disposizione la sua funzione per favorire l’interesse di una parte, ovvero della Fininvest o le società ad essa collegate o partecipate come la Iar».
    Ma tutti e tre, spiega anche la Corte, non possono rispondere, perchè non provata, dell’accusa di aver remunerato anche un altro giudice, Filippo Verde, nell’ambito della vertenza che contrappose la Iar, partecipata tra gli altri da Fininvest e Barilla, alla Buitoni di De Benedetti in ordine alla cessione del pacchetto azionario della Sme. Così sei anni e venti giorni dopo l’inizio del processo di primo grado denominato ’Sme-Ariostò, i giudici milanesi di secondo grado consegnano il loro ultimo giudizio su una vicenda giudiziaria che ha registrato scontri senza precedenti e distribuiscono a metà tra accusa e difesa ragioni e torti. Come in primo grado, anche in appello i togati sostengono e ’assolvonò dalle accuse delle difese le testimonianze di Stefania Ariosto.
    E come in primo grado, spiegano perchè hanno negato agli imputati quelle attenuanti generiche che avrebbero consentito, almeno a Previti e Pacifico, di ottenere quella prescrizione che aveva fatto prosciogliere dal Tribunale, da solo, Silvio Berlusconi.

    "GRAVITA’ DEI FATTI FANNO SOCCOMBERE RICHIESTA ATTENUANTI GENERICHE"
    Per spiegare perchè ha negato agli unici tre imputati condannati (i figli di Squillante sono stati propsciolti anche in appello, ndr) le attenuanti generiche la Corte d’Appello presieduta da Erminia La Bruna usa parole "dure", forse i passaggi più severi dell’intera sentenza.
    «Nella vicenda in esame lo status di incensurato -scrivono i giudici- che proprio per la professione svolta deve ritenersi un fatto normale, non può che soccombere di fronte alla gravità dei fatti. La vendita della funzione di magistrato, l’asservimento della stessa allo scopo dei privati, l’attività di corruzione svolta utilizzando il canale di conoscenza e di frequenza offerta dalla professione di avvocato, sono fatti idonei a minare la fiducia del cittadino nello Stato in genere e specificamente in quel settore, l’ordinamento giudiziario, che è istituzionalmente preposto a garantire il rispetto della legge e, quindi, ad assicurare la convivenza civile».
    L’unico ad aver ottenuto uno sconto rispetto alla pena inflitta in primo grado, quegli otto anni ’ridottì a sette, è stato proprio Renato Squillante. Non per meriti particolari però. Ma solo «in considerazione dell’età avanzata e delle sue cattive condizioni di salute». Niente di più. Ma quanto agli altri, «in relazione alla loro personalità, all’intensità del dolo, e al danno provocato», nessuna riduzione. Nemmeno a Pacifico perchè il «suo apporto concorsuale non può certo ritenersi minimale». Le tre condanne, quindi, rischiano di diventare definitive una volta pronunciata, in via definitiva, la Corte di Cassazione. Ma i tempi, questa volta, sono stretti. Stando ai "calcoli" delle parti, infatti, la prescrizione, per tutti, dovrebbe intervenire e cancellare pene e giudizi nell’autunno prossimo, al massimo tra ottobre e novembre.

    A "INCHIODARE" IMPUTATI SONO BONIFICI E PAROLE ARIOSTO
    Previti, Pacifico e Squillante sono giudicati colpevoli per una sola delle accuse mosse dalla Procura prima, e dal Pg dopo, e ciòe quella corruzione ’ambientalè comprovata dal passaggio «quasi diretto», scrivono i giudici, di 434.000 dollari che, il 6 marzo del 1991, transitano «da un conto Fininvest ad un conto del giudice Squillante tramite il transito per il conto Mercier dell’avvocato Previti». Soldi che, per di più Squillante utilizza immediatamente «per finalità personali».
    Dall’esito delle rogatorie, dall’analisi dei conti, dalle dichiarazioni di Stefania Ariosto, e dagli interrogatori di testi e imputati, i giudici si sono convinti che «oltre agli indiscussi vincoli professionali, di amicizia e di comune passione sportiva esistenti tra gli imputati, risulta confermato -scrivono in sentenza- il rapporto Previti-Pacifico-Squillante nel cui ambito il primo riveste il ruolo di corruttore, il secondo quello di consapevole concorrente ed il terzo quello del magistrato corrotto».
    Corruzione provata, insomma. E confermata,secondo i giudici d’appello, non solo dalle accuse di Stefania Ariosto «che si rivelano di particolare rilievo atteso che hanno origine nelle confidenze di Previti che è una delle parti dell’accordo corruttivo medesimo». Ma anche dalla «natura dell’accordo e dalla stabilità della retribuzione», e dalla «documentazione bancaria e nei bonifici Barilla ed "orologio" la cui rapportabilità a causa illecita oggettivamente attestata non risulta essere stata contrastata da ragionevoli e documentate ipotesi alternative».

    NON PROVATA LA CORRUZIONE NELLA SENTENZA VERDE
    Corruzione provata, inoltre, anche dalla «consistenza del patrimonio estero di Squillante che, pur tenendo presente le ulteriori fonti lecite di guadagno oltre lo stipendio e l’entità delle somme gestite per conto dei congiunti, appare comunque non rapportabile interamente a fonti lecite e fortunati investimenti». Tutti elementi che portano i giudici ad affermare che «indiscutibilmente nei confronti di Squillante sussite il dolo specifico richiesto». E che «parimenti non può essere posta in dubbio l’esistenza dell’elemento intenzionale nei confronti di Previti e la consapevolezza di Pacifico di concorrere con quest’ultimo nella corruzione del magistrato e amico Squillante».
    Confermata la prima accusa, la Corte d’Appello, come già il Tribunale in primo grado, boccia invece le contestazioni relative proprio all’affaire-Sme. Secondo l’accusa Cesare Previti e Attilio Pacifico, con la complicità di Silvio Berlusconi, avrebbero corrotto con 200 milioni delle vecchie lire anche un altro giudice, Filippo Verde, cioè il magistrato che fu presidente ed estensore della sentenza con la quale la prima sezione civile del Tribunale di Roma, il 19 luglio 1986, annullò "in diritto" l’accordo che era stato stretto tra l’ex presidente dell’Iri Romano Prodi e De Benedetti per la vendita delle azioni del colosso alimentare Sme. Per Verde quell’accordo «non segnava il perfezionamento di un contratto».
    Ma quest’accusa, anche per la Corte d’Appello, non è stata provata. «Dagli atti non emerge -scrivevano i giudici di primo grado e ricordano oggi quelli di secondo grado- con certezza anzitutto che il denaro oggetto del bonifico Barilla di 750 milioni pervenuto a Pacifico e da questi prelevato sia andato effettivamente a dei magistrati e, in particolare, a Verde. A riguardo -insiste la Corte- è opportuno sottolineare che di un siffatto passaggio di denaro dal conto di Pacifico a qullo di un magistrato non esiste traccia documentale ma si assume solo che il dato andrebbe desunto dalla coincidenza temporale tra il prelievo in contanti ad opera di Pacifico di una parte della somma bonificata e l’inizio di alcuni versamenti in contanti sul conto corrente cointestato a Camillo Verde e al padre Filippo dovendosi escludere la pertinmenza a Camillo Verde del complessivo ammontare di detti versamenti perchè non adeguato al suo reddito dichiarato per l’anno 1988».

    TUTTI LE CONSIDERAZIONI SULL’ASSOLUZIONE DEGLI IMPUTATI PER LA SME
    Anche nella vicenda strettamente legata alla Sme Stefania Ariosto è decisiva. Così come le sue dichiarazioni vengono "usate" per condannare gli imputati di una corruzione ambientale "sistematica", così la testimonianza della teste Omega viene ripresa per confermare l’assoluzione dal secondo capo d’accusa. «Non esiste alcuna dichiarazione dell’Ariosto -scrivono i giudici della Corte d’Appello- o altri apporti testimoniali indicativi di un accordo corruttivo antecedente tra Verde e Previti». E lo stesso Squillante, viene sottolineato «con riferimento a detta vicenda avrebbe potuto fare un intervento, sempre illecito, ma di mero contenuto informativo, per sondare gli orientamenti di uno dei tanti collegi che si erano interessati della vicenda».
    Altrettanto determinante, per i giudici, è ricordare che la sentenza emessa da Verde rappresentò solo «uno dei quattro provvedimenti giudiziari emessi nella causa Buitoni-Iri conclusasi con il rigetto delle domande della Buitoni». E che con quel verdetto il giudice non si limitò a "chiudere la partita" alla Buitoni, ma dichiarò inamissibile anche l’intervento della "rivale" Iar, cioè la cordata partecipata dalla Fininvest. E «non v’è dubbio che la decisione sul punto della sentenza Verde, sfavorevole alle aspettative della Iar, costiuisce quantomeno elemento che mina in qualche modo la prospettazione accusatoria».
    Per finire un’ulteriore considerazione a sfavore della tesi accusatoria. «Appare del tutto improbabile -scrive la Corte- che la retribuzione sia avvenuta a distanza di due anni circa dalla decisione della sentenza che è del luglio 1986 mentre i versamenti sarebbero iniziati nel maggio 1988. Nè il dato appare contrastato dalla pretesa prassi di pagare all’esito favorevole della vicenda. Infatti nella specie il pagamento sarebbe avvenuto oltre un mese prima della pubblicazione della sentenza di Cassazione con la conseguenza che, all’epoca, salvo ipotizzare una fonte informativa, non era ancora noto l’esito favorevole o meno della controversia». Nessuna prova provata, dunque. Almeno per la vicenda Sme.

    28/3/2006




    a già, la magistratura è corrotta e previti e un santo ......
    Premesso che il vocabolario dei Berlusconiani e' fatto di 2 sole parole: comunista e rosso.
    Datosi che con quelle 2 parole riescono a rispondere a qualsiasi domanda ed a esprimere qualsiasi sofisticato pensiero.
    Ti sentirai dire che si tratta della solita magistratura rossa.
    Silvio Berlusconi:l'undicesima piaga d'Egitto, la prima d'Italia.

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      #3
      Originariamente Scritto da temete
      Premesso che il vocabolario dei Berlusconiani e' fatto di 2 sole parole: comunista e rosso.
      Datosi che con quelle 2 parole riescono a rispondere a qualsiasi domanda ed a esprimere qualsiasi sofisticato pensiero.
      Ti sentirai dire che si tratta della solita magistratura rossa.
      Mi pare che questa si possa chiamare magistratura "Azzurra"...
      Ciao.

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