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Emergenza Coronavirus: thread unico.

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    A NY i morti sono 3.200, più dell'11 settembre

    Il numero dei morti per coronavirus nella città di New York è arrivato a 3.200 superando i 2977 dell'11 settembre. Le camere mortuarie stanno collassando e i corpi con ogni probabilità verranno seppelliti a Hart Island, lembo di terra a Est del Bronx, isola-cimitero per i dimenticati.

    Inviato dal mio VOG-L29 utilizzando Tapatalk
    Originariamente Scritto da Sean
    Tu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.

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      Coronavirus, la fase 2: turni e code per ogni attività. Così ripartirà l’Italia

      Operazione in due fasi: dalla prossima settimana le prime aziende, dal 4 maggio cittadini e negozi. Ripresa lenta e graduale, scaglionati lavoratori e clienti. Tracciamento delle persone positive. Gli scienziati dicono no alla riapertura della scuola

      Turni per lavorare e turni per entrare nei negozi. Distanza di sicurezza e dispositivi di protezione obbligatori per chi ha contatti con il pubblico. Nella «fase 2» dell’emergenza da coronavirus — che potrà cominciare dal 4 maggio — le abitudini quotidiane dovranno cambiare in maniera radicale rispetto al passato. È la condizione per poter ripartire, dunque governo e scienziati sono certi che i cittadini accetteranno le nuove regole, così come hanno fatto per questa lunga quarantena. Ripresa «lenta e graduale», la strategia non cambia. Ma durante la riunione com il comitato tecnico scientifico il presidente del Consiglio Giuseppe Conte è stato chiaro: «La tutela della salute resta al primo posto, però i motori del Paese non possono restare spenti troppo a lungo». È preoccupato «per la tenuta psicologica dei cittadini, per l’ordine pubblico e per l’impatto delle chiusure sull’economia». Sa bene che «la curva dell’epidemia si è stabilizzata, dunque entriamo nella fase della massima attenzione, che ci impone a mantenere prudenza e rigore». E dunque nel discorso ai cittadini che farà nei prossimi giorni, annuncerà il nuovo decreto con l’ulteriore proroga dei divieti di spostamento fornendo però una speranza con il via libera alla riapertura di alcune aziende la prossima settimana. «Non possiamo rischiare che la curva dell’epidemia si alzi di nuovo, perché non possiamo permetterci di ripartire da capo», dirà Conte, consapevole che la «fase 2» potrà iniziare solo dopo il ponte del 1 maggio (qui lo speciale «La parola alla scienza»).


      Presenze alternate

      Per far tornare in attività imprese, aziende e studi professionali le misure di sicurezza dovranno prevedere il minimo dell’affluenza negli uffici. Ecco perché bisognerà privilegiare lo smart working, mentre per chi va in sede si dovranno prevedere turni alternati divisi per orario o per fasce giornaliere. Il metro di distanza dovrà essere sempre garantito, dunque lo spazio tra le postazioni dovrà essere più ampio. La stessa regola si applicherà ai negozi e a tutti gli altri settori che prevedono la presenza dei clienti. Vuol dire che per fare acquisti sarà necessario mettersi in coda — come adesso davanti a supermercati e farmacie — ma soprattutto entrare scaglionati. Per andare dal parrucchiere, nei centri estetici e in tutti gli altri luoghi che prevedono un contatto diretto o comunque ravvicinato, sarà invece necessario prendere appuntamento in modo da essere soltanto in due per stanza: lavoratore e cliente.



      Guanti e mascherine

      Agli scienziati Conte ha rivolto una richiesta specifica: «Elaborare un programma sulla “fase 2”, con l’ausilio di esperti di modelli organizzativi del lavoro, sociologi, psicologi, statistici» per arrivare a «modelli di convivenza con il virus». E questo certamente prevederà l’obbligo per i lavoratori che hanno contatti con il pubblico di indossare guanti e mascherine. Dispositivi che anche i cittadini dovranno avere sempre con sé in modo da poterli utilizzare quando si trovano con altre persone o devono entrare nei negozi.


      Niente più scuola

      Uno dei criteri per allentare i divieti di spostamento potrebbe riguardare le fasce di età prevedendo per le categorie più fragili come gli anziani e i malati alcune limitazioni. Anche per questo gli scienziati dicono no a una riapertura di asili, scuole e università. Si tratta infatti di far muovere 12 milioni di persone: otto milioni e mezzo di studenti, un milione di docenti e uno di personale, più i genitori. Dunque se riparlerà a settembre.


      La lista dei negozi

      La curva epidemica e dunque l’indice di contagio R0 rimane la bussola da seguire perché, come ha sottolineato il ministro Luigi Di Maio «se sbagliamo i tempi torniamo in lockdown e ricominciamo da capo». Le prime riaperture saranno soprattutto simboliche, come le librerie e le cartolerie. Gli scienziati hanno allentato un po’ sulle attività produttive a basso rischio basandosi su una graduatoria rispetto ai codici Ateco. Agricoltura, costruzioni, cassieri sono individuati come categorie a rischio basso o medio basso, mentre a medio alto o alto sono camerieri d’albergo, addetti alle mense e parrucchieri.


      Il tracciamento

      Per la App esistono due opzioni da portare avanti in parallelo con i test, per poi proporre il download della migliore a tutta la popolazione. Gli esperti della task force stanno analizzando i dati anonimi e aggregati messi a disposizione dalle piattaforme Web e rimangono in contatto con l’iniziativa Pan-European Privacy Preserving Proximity Tracing di 130 scienziati da 8 Paesi comunitari per verificare la possibilità di partecipare a una soluzione unica per tutta l’Ue al posto di singole applicazioni per ogni Stato. E poi riferiranno alla ministra per l’Innovazione Paola Pisano. Dell’app (o delle due app) sappiamo che il download dovrebbe essere volontario e che grazie al Bluetooth sarà in grado di rilevare i codici degli smartphone che ha incrociato. In caso di positività di un individuo, gli altri verranno avvisati senza che l’informazione sull’identità del malato possa essere ricostruita. Qui «finisce» il tracciamento dei contatti digitale e comincia la gestione dei pazienti e di chi deve stare in quarantena da parte delle strutture sanitarie: per provare a contribuire al contenimento del virus, quando l’applicazione sarà disponibile dovrà viaggiare in parallelo alla capacità di fare tamponi in modo capillare e tempestivo.


      Test attendibili

      Il ministro della Salute Roberto Speranza sta lavorando «per rafforzare la rete sanitaria per l’assistenza territoriale ai malati e la cura domiciliare anche perché la App dovrà mettere in contatto le persone “positive” con i medici attraverso la teleassistenza». Ma tutto questo sarà impossibile da realizzare senza avere test attendibili. Ecco perché il ministro Francesco Boccia è tornato a incalzare gli scienziati affinché dicano quali sono i test attendibili e ha evidenziato la necessità di «omogeneizzare le regole sui test per tutte le Regioni e per portare a mille tra medici e infermieri la task force da spostare negli ospedali Covid». Il governo ha distribuito circa mille ventilatori e vigilerà sul fatto che siano sistemati esclusivamente nei reparti specializzati. Nella «fase 2» bisognerà infatti avere luoghi sicuri dove poter curare nuovi malati in modo da poter escludere il rischio di un’altra epidemia.

      Operazione in due fasi: dalla prossima settimana le prime aziende, dal 4 maggio cittadini e negozi. Ripresa lenta e graduale, scaglionati lavoratori e clienti. Tracciamento delle persone positive. Gli scienziati dicono no alla riapertura della scuola
      ...ma di noi
      sopra una sola teca di cristallo
      popoli studiosi scriveranno
      forse, tra mille inverni
      «nessun vincolo univa questi morti
      nella necropoli deserta»

      C. Campo - Moriremo Lontani


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        Coronavirus, governo: verso riaperture in due step. Prima le aziende, poi gli spostamenti

        Il primo step (dopo Pasquetta) riguarda piccole aperture per le attività produttive, il secondo (dopo il 4 maggio) interessa una rimodulazione delle misure per spostamenti e uscite. Le due date per evitare gli esodi di Pasqua e del ponte 25 Aprile Primo Maggio

        Sarà in due step la 'Fase 2': il primo (dopo Pasquetta) riguarderebbe piccole aperture per le attività produttive, mentre il secondo (dopo il 4 maggio) interesserebbe una rimodulazione delle misure per spostamenti e uscite. Sarebbe questo l'orientamento emerso nel corso del vertice tra il premier Conte e i tecnici in vista della scadenza del Dpcm.

        In ogni caso non sarebbero ancora state ipotizzate date e la linea ribadita sarebbe quella della "gradualità e prudenza" nelle riaperture.

        Primo step: dopo Pasquetta minima apertura attività produttive

        L'Italia sembra vedere uno spiraglio di luce e si avvia verso la 'Fase 2' in due step, con la massima cautela ma anche con un po' di ottimismo dopo settimane buie. Il giorno dopo Pasquetta, se i dati si confermeranno, ci potrebbe dunque già essere una qualche minima riapertura delle attività produttive mentre per riprendere a spostarsi e ad uscire di casa, pur tra mille precauzioni "perché il virus non è sconfitto", bisognerà attendere almeno l'inizio di maggio.


        "Finalmente - sottolinea il direttore delle malattie infettive dell'Iss Giovanni Rezza commentando i dati - sembra si inizi a vedere una diminuzione di nuovi casi: dopo una Fase di plateau, sembra esserci una discesa, la curva tende a flettere in basso. Ma aspettiamo domani o dopodomani prima di tirare un sospiro di sollievo". A sostenere le parole ci sono, appunto, i numeri. Per il quarto giorno consecutivo calano i pazienti ricoverati in terapia intensiva,


        Il premier Giuseppe Conte già nelle prossime ore vedrà i rappresentanti delle imprese e dei sindacati, oltre alle Regioni, per decidere come allargare il novero delle attività consentite. Tra queste potrebbero esserci quelle connesse alle filiere alimentare, farmaceutica e sanitaria ma anche l'agricoltura, le aziende meccaniche, magari introducendo una sorta di 'indice di rischio' per i lavoratori: chi è più esposto dovrà utilizzare i dispositivi di protezione. Entro venerdì Conte dovrebbe aver concluso gli incontri per poi procedere al nuovo Dpcm nella giornata di sabato. Già questa settimana, inoltre, dovrebbe esser pronto lo studio sui test sierologici: verrà effettuato su un campione Istat della popolazione di circa 200mila persone per avere quanto più chiara possibile la diffusione del virus nel nostro Paese.


        Il secondo step: il 4 maggio

        Ma quando verrà consentito alla popolazione di uscire di casa con regolarità o, ad esempio, andare nei parchi? Molto probabilmente non prima di maggio. E dovrebbe essere questo il secondo step. Una data possibile potrebbe essere quella del 4, per un motivo specifico: come per Pasqua - quando verranno aumentati i controlli di polizia e alcune Regioni stanno ipotizzando di chiudere intere zone agli ospiti che arrivano da fuori - c'è la necessità di evitare un 'esodo' nei weekend del 25 aprile e del 1 maggio.


        Ma è anche vero che più passa il tempo e più diventa difficile tenere le persone a casa, come dimostrano i numeri delle denunce che continuano ad essere elevati: anche ieri oltre 10mila. Insomma, passati i ponti, qualche apertura verrà concessa, ma per tornare a prendere un caffè in un bar o a mangiare con gli amici al ristorante bisognerà ancora aspettare.

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          Coronavirus, perquisizioni all’ospedale di Alzano: sui contagi aperta un’indagine per epidemia

          L’inchiesta aperta dalla Procura di Bergamo. Le indagini si concentrano sull’ospedale Pesenti Fenaroli di Alzano Lombardo, in Val Seriana, la zona martoriata dal virus

          I dubbi sulla gestione dell’ospedale di Alzano dopo la scoperta dei primi casi di contagio da coronavirus sono troppi. E la Procura della Repubblica di Bergamo prova a vederci chiaro, con un fascicolo d’inchiesta appena aperto contro ignoti in cui si ipotizza l’epidemia colposa. Le indagini si concentrano sull’ospedale della Val Seriana e in particolare su due fronti: la gestione dei primi pazienti che si erano rivelati positivi al Covid-19 ed erano ricoverati da più giorni vicino ad altri degenti, e la decisione, scattata il 23 febbraio, di chiudere e poi riaprire rapidamente il pronto soccorso. La direttiva, alla direzione sanitaria, fu della Regione Lombardia che, dopo cinque ore di stop totale dell’attività, tra le 15 e le 20 di quella domenica, chiese una riapertura graduale, proseguita la mattina del giorno dopo e anche di quello successivo. Ma i motivi della differenza di trattamento tra l’ospedale di Codogno, chiuso totalmente e sanificato, e quello di Alzano, non sono affatto chiari, almeno finora. Ieri e lunedì i carabinieri del Nucleo antisofisticazione e sanità di Brescia, competenti anche sul territorio bergamasco, hanno acquisito una serie di atti proprio al Pesenti-Fenaroli di Alzano, gestito dall’Azienda socio sanitaria territoriale Bergamo Est, che ha sede centrale a Seriate.

          Tra i documenti che sicuramente gli investigatori analizzeranno c’è la cartella clinica di Ernesto Ravelli, 84 anni, di Villa di Serio, il primo paziente deceduto in provincia di Bergamo: era arrivato al pronto soccorso il 21 febbraio, venerdì, ed era morto il 23, poco dopo il trasporto al Papa Giovanni. Ci sarà anche la cartella di Franco Orlandi, 83 anni, di Nembro, in ospedale fin dal 15 ma con tampone positivo ricevuto solo domenica 23, due giorni prima di morire. Ma anche quella dell’agente di commercio Samuele Acerbis, 62 anni, che aveva febbre già dalla settimana prima e aveva raccontato al Corriere Bergamo di aver dovuto insistere per tre giorni per ottenere un tampone, dopo il suo ingresso in ospedale: è morto una settimana fa.


          Perché tutti quei giorni di ricovero senza un riscontro sul Covid-19? E perché nella notte tra il 22 e il 23 febbraio, quasi all’improvviso, una serie di tamponi furono trasportati da Alzano al Policlinico San Matteo di Pavia per le analisi? Cosa aveva impedito di farli prima? L’impressione della magistratura è che i test, nell’ospedale della Val Seriana, scattarono solo dopo l’allarme sul paziente 1 a Codogno, ma c’erano sintomi che si potevano rilevare già da giorni: tempo in cui i contagiati, non consapevoli, potrebbero aver provocato un focolaio ospedaliero importante, esteso anche al personale medico. L’attenzione della direzione sanitaria doveva essere più alta? Il procuratore facente funzione, Maria Cristina Rota, e i suoi sostituti, tenteranno di capirlo. Di certo in quell’area non si potevano escludere contatti diretti o indiretti con la Cina da parte di nessun residente, anche anziano, vista la forte presenza di aziende caratterizzate da scambi intercontinentali importanti.


          L’inchiesta aperta dalla Procura di Bergamo. Le indagini si concentrano sull’ospedale Pesenti Fenaroli di Alzano Lombardo, in Val Seriana, la zona martoriata dal virus
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            Coronavirus Milano, le case di riposo come frullatori: «Qui tutti mischiati e il virus è esploso»

            Oltre 600 vittime nelle Rsa del Milanese: 140 al Don Gnocchi, 110 al Trivulzio, 64 a Mediglia. La rabbia dei parenti: «Durante le visite ci dicevano di togliere i guanti per non creare panico». In mancanza di protocolli gli infermieri hanno dormito in corsia «per paura di rincasare»

            «L’epidemia può essere un cecchino, che uccide a intervalli costanti; uno, due morti al giorno per settimane — racconta un medico, cercando di darsi una spiegazione che non trova —. Oppure può entrare in una casa per anziani come un terrorista, e falcidiare quasi a raffica. Qui le abbiamo viste entrambe». Quartiere Corvetto, via dei Cinquecento e via dei Panigarola, 200 metri di distanza, pochi passi che separano gli ingressi di due antiche residenze per anziani del Comune di Milano, strutture «gemelle»: la prima ad andare in sofferenza col contagio è stata la «Virgilio Ferrari», la «“Casa per coniugi” invece sembrava al riparo, meno colpita, chissà perché; poi però la strage è iniziata, è stata veloce e devastante», 53 decessi su meno di 200 anziani ospiti, più di uno su quattro, più dei 49 della residenza vicina. I morti al Corvetto sono solo una parte della catastrofe che le cronache milanesi del Corriere raccontano da giorni: dal 10 marzo a ieri, l’ondata del Covid-19 su Milano ha lasciato oltre 600 morti nelle residenze per anziani.

            «No mascherine»

            Testimonianza del signor Salvatore Nigretti, figlio di una donna ricoverata al Pio Albergo Trivulzio, la storica «baggina» dei milanesi: «Mia madre era ricoverata. Appena prima che chiudessero le visite, nella prima settimana di marzo, siamo andati a trovarla. Avevamo mascherine e guanti. Il caporeparto ci ha detto bruscamente di “togliere tutto per non allarmare i parenti, altrimenti non entrate”. Siamo entrati senza protezioni». Inizia tutto da lì, i primi 10 giorni di marzo: quello è il momento in cui il virus dilaga a Milano. In ritardo rispetto a Bergamo e Brescia, dunque con una maggiore possibilità di contenimento. Il Covid-19 s’insinua nelle Rsa perché si diffonde una generale e comune avversione all’uso delle protezioni (ne esistono testimonianze al Trivulzio, al «Don Gnocchi» — altro pezzo di storia dell’assistenza agli anziani —, alla «San Giuseppe» di via delle Ande, collegata al «San Raffaele», e in decine di residenze più piccole). Le dirigenze smentiscono; i lavoratori denunciano (sono quasi una decina i fascicoli aperti in Procura), e servirebbe forse uno studio di psicologia della rimozione per spiegare perché i responsabili di strutture da «sigillare», per proteggere gli anziani, ingaggiano invece una sorta di «guerra» contro dipendenti e parenti che invocano responsabilità. Succede al Trivulzio (oltre 110 decessi da inizio marzo), al «Don Gnocchi» (oltre 140 anziani morti), a Mediglia (64 morti), alla «Rsa San Giuseppe» (almeno 25 decessi), nella Rsa e nei laboratori di riabilitazione dell’«Auxologico», altra eccellenza della sanità privata lombarda. Un filo comune di incoscienza e sottovalutazione.


            «Mescolatevi»

            Nessuno alza dunque i primi argini, anche perché mascherine e camici mancano negli ospedali, «figuriamoci cosa potevano dare a noi», riflette un infermiere. Coglie un punto decisivo: le Rsa se le sono dimenticate tutti. Sono rientrate a fatica nel dibattito pubblico quando si sono trasformate in universi concentrazionari, focolai di contagio, infine cimiteri. A inizio marzo la Regione decide che le Rsa possono ospitare pazienti dagli ospedali, dove serve liberare posti: non è un obbligo, ma la compiacenza di molte dirigenze scatena la corsa ad accogliere. «Al Trivulzio sono arrivati 20 pazienti da Sesto — racconta un medico —, per accettarli si sono fatti spostamenti, sono stati chiamati medici e infermieri, poi tornati ognuno nel proprio reparto. Questo è avvenuto in moltissime Rsa. Mescolare così tanti sanitari e pazienti provenienti da strutture e reparti diversi, ad epidemia già scoppiata, è come mettere il virus in un frullatore, poi aprire il coperchio e farlo schizzare ovunque».Francesco Maisto, garante dei «diritti delle persone fragili», riflette: «Da un primo esame si rilevano maggiori criticità nelle strutture di grandi dimensioni, mentre sembra che le strutture piccole, pur non ottemperando completamente alle ordinanze, si sono procurate i dispositivi di protezione per i pazienti ed il personale». Ieri la Regione ha incaricato l’Ats di Milano di istituire una commissione di inchiesta sulle Rsa, il Comune ha nominato l’ex magistrato Gherardo Colombo.

            «Dormiamo in corsia»

            A metà marzo, dopo giorni di mascherine assenti o scoraggiate, iniziano le febbri. Degli anziani e del personale. Al «Golgi-Redaelli», altro pezzo di storia dell’assistenza a Milano, da metà marzo si contano oltre 120 pazienti «positivi», 25 decessi confermati Covid-19 su circa 60, una dozzina di medici e infermieri ammalati: ma anche due morti proprio tra il personale, due donne, 45 e 55 anni, una operatrice di una cooperativa. Su questo punto la Cisl attacca fin dall’inizio una battaglia durissima: «Abbiamo sempre chiesto mascherine e protezioni — spiega Rossella Del Curatolo — pretendiamo i tamponi. Proteggere i lavoratori vuol dire proteggere i pazienti». Alcuni infermieri dormono «in struttura per paura di tornare a casa». Per settimane non succede nulla: il personale che si ammala costringe quello che resta a moltiplicare le ore di lavoro, e il rischio di portare il virus in giro (testimonianza dalla Fondazione «Martinelli» di Cinisello: «Hanno cominciato a isolare un’ala del reparto e istituito turni di 12 ore al giorno, anche di notte»). A Cormano, dopo 20 decessi, le diffide dei sindacati portano sanificazione, tamponi, protezioni. Non esistevano protocolli, nessuno in Regione aveva considerato e ripassato il «piano pandemico» che prevedeva un’allerta immediata e un cordone di protezione per le case di riposo. Ultima voce dal Corvetto: «Qui prima quando un parente scriveva in Comune per uno scarafaggio arrivava l’Ats dopo due ore. Quando chiamavamo perché ci morivano uno-due anziani a notte, per settimane, non ci hanno neppure risposto».


            Oltre 600 vittime nelle Rsa del Milanese: 140 al Don Gnocchi, 110 al Trivulzio, 64 a Mediglia. La rabbia dei parenti: «Durante le visite ci dicevano di togliere i guanti per non creare panico». In mancanza di protocolli gli infermieri hanno dormito in corsia «per paura di rincasare»
            ...ma di noi
            sopra una sola teca di cristallo
            popoli studiosi scriveranno
            forse, tra mille inverni
            «nessun vincolo univa questi morti
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            C. Campo - Moriremo Lontani


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              Far tornare la gente a lavoro senza DPI equivale a condanna certa


              Tessera N° 7

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                Immagino che potranno riaprire solo quelle aziende che assicurano tutte le norme di sicurezza.
                ...ma di noi
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                popoli studiosi scriveranno
                forse, tra mille inverni
                «nessun vincolo univa questi morti
                nella necropoli deserta»

                C. Campo - Moriremo Lontani


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                  come la interpretate sta cosa? L'anno scorso ci sono stati gli stessi n. di morti per polmoniti varie?
                  Alboreto is nothing

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                    Originariamente Scritto da miketyson Visualizza Messaggio
                    https://www.adnkronos.com/soldi/econ...8pv-1ffaLK501o

                    come la interpretate sta cosa? L'anno scorso ci sono stati gli stessi n. di morti per polmoniti varie?
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                    forse, tra mille inverni
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                      Originariamente Scritto da miketyson Visualizza Messaggio
                      https://www.adnkronos.com/soldi/econ...8pv-1ffaLK501o

                      come la interpretate sta cosa? L'anno scorso ci sono stati gli stessi n. di morti per polmoniti varie?
                      15 mila sono le morti legate a tutte le malattie respiratorie, i dati sono ancora preliminari ed è presto per fare i conti


                      ''E' ancora presto per fare stime sui decessi -continua Blangiardo-. Ci sono i morti da Covid, quelli colpiti indirettamente da Covid, che per un ingolfamento e la debolezza della struttura sanitaria non hanno potuto avere la cura dovuta, e poi ci sono le morti non legate alla pandemia. Nel complesso c'è stato un aumento molto importante e lo scopriremo a conti fatti.


                      quel che è certo è che non avevamo 4 mila persone in rianimazione per polmoniti gli anni passati

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                        Negli Usa oltre 1900 morti in 24 ore
                        Negli Stati Uniti sono ormai quasi 400.000 i casi confermati di Covid-19. I dati della Johns Hopkins University parlano di 399.081 contagi totali nel Paese, mentre sono 12.907 i morti con coronavirus dall’inizio dell’epidemia.

                        Galli: «C’è stato un clamoroso fallimento della medicina territoriale»
                        «C’è stato un clamoroso fallimento, e di questo ne dovremo prendere atto per il futuro, della medicina territoriale»: è l’opinione espressa dal prof. Massimo Galli, Direttore dell’Istituto di Scienze Biomediche all’Ospedale Sacco di Milano, ad Agorà Rai Tre.

                        Gallera: «In Lombardia fungo atomico, impossibile fare paragoni con altre regioni»
                        «Qui in Lombardia abbiamo avuto il fungo della bomba atomica e la società ha dimostrato di essere fragile. Questa è l’amara constatazione». Lo ha detto l’assessore al Welfare di Regione Lombardia, Giulio Gallera, intervenendo su Radio24 questa mattina. «Chi paragona quello che è successo qui a quello che accaduto in Veneto o in altre regioni», ha sottolineato Gallera, «forse non ha capito quello che è successo da noi. Per fortuna degli altri e per sfortuna nostra, da noi è arrivato qualcuno a fine gennaio portando il virus, che ha girato indisturbato nella nostra regione perché portato da pazienti asintomatici, che non avevano nessun collegamento con la Cina».

                        Morto il mezzofondista Sabia, 2 volte finalista alle Olimpiadi: aveva 56 anni
                        È morto stamani a Potenza, a causa del coronavirus, il mezzofondista Donato Sabia, di 56 anni, che è stato due volte finalista olimpico degli 800 metri piani, a Los Angeles 1984 e a Seul 1988, finendo quinto e settimo. Sabia, che vinse l’oro ai Europei indoor di Goteborg, negli 800, nel 1984, era presidente del comitato regionale della Basilicata della Fidal. Nei giorni scorsi, nell’ospedale di Potenza, era morto anche il padre.

                        Il presidente Usa accusa l’Organizzazione mondiale della sanità di essere filo-cinese e annuncia l’intenzione di tagliare i fondi. Tutti gli aggiornamenti sulla diffusione di Covid-19 in Italia e nel mondo
                        ...ma di noi
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                        nella necropoli deserta»

                        C. Campo - Moriremo Lontani


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                          Continua il botta e risposta tra Regione e Governo sul caso Alzano
                          Giulio Gallera, assessore al Welfare della Regione Lombardia, ospite di 24 Mattino su Radio 24, ripercorre le tappe principali delle decisioni prese a fine febbraio sul caso dell’ospedale di Alzano Lombardo, oggi al centro di un’indagine avviata dalla procura di Bergamo per epidemia colposa. «Il 22 si fa un tampone a una persona», riepiloga Gallera, «il 23 viene chiuso il pronto soccorso, sanificati i locali e riaperto in condivisione con la Regione Lombardia. Contestualmente vengono fatti i tamponi a tutto il personale e ai malati che avevano polmoniti interstiziali. Quindi, sono stati mappati subito i contagi tra il 23 e il 24». Gallera difende anche le mosse fatte dalla regione a proposito della zona rossa nella bergamasca: «Nel momento in cui il governo sta assumendo una decisione, ha senso che io, sapendolo, la prenda quattro ora prima? Noi abbiamo condiviso passo passo con il governo qualunque tipo di decisione assunta». La questione è al centro, ormai da giorni, di una tesa polemica tra il governo e la Regione. Qui la nostra inchiesta sulla mancata istituzione della zona rosa.

                          Il presidente Usa accusa l’Organizzazione mondiale della sanità di essere filo-cinese e annuncia l’intenzione di tagliare i fondi. Tutti gli aggiornamenti sulla diffusione di Covid-19 in Italia e nel mondo
                          ...ma di noi
                          sopra una sola teca di cristallo
                          popoli studiosi scriveranno
                          forse, tra mille inverni
                          «nessun vincolo univa questi morti
                          nella necropoli deserta»

                          C. Campo - Moriremo Lontani


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                            Emergenza Coronavirus: thread unico.

                            ecco che inizia il lavoro del politico italiano per eccellenza lo scarico di responsabilità: governo centrale- su regioni- regioni su sindaci -sindaci su imprenditori...risultato nessuno pagherà probabilmente con i vari emendamenti, tra i quali l’esclusione di omicidio colposo per i dirigenti delle cliniche/ospedali che, sicuramente in alcuni casi, hanno fatto scelte scellerate e con gravi ripercussioni, film già visto insomma!!!
                            I guai da pignàta i sapa a cucchijàra chi i manìja.

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                              Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio
                              Morto il mezzofondista Sabia, 2 volte finalista alle Olimpiadi: aveva 56 anni
                              Mi sto un po' cagando sotto. Poco poco.



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                                Originariamente Scritto da salsa Visualizza Messaggio
                                ecco che inizia il lavoro del politico italiano per eccellenza lo scarico di responsabilità: governo centrale- su regioni- regioni su sindaci -sindaci su imprenditori...risultato nessuno pagherà probabilmente con i vari emendamenti, tra i quali l’esclusione di omicidio colposo per i dirigenti delle cliniche/ospedali che, sicuramente in alcuni casi, hanno fatto scelte scellerate e con gravi ripercussioni, film già visto insomma!!!
                                Ma perché dici questo? Ci hanno giá detto che é colpa dell'Europa e della Germania se hanno pensato bene di mettere malati di un virus con il 20% di mortalitá per gli over 75 dentro le case per anziani. Cioé su!
                                Originariamente Scritto da claudio96

                                sigpic
                                più o meno il triplo

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