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Attenzione: Calcio Inside! Parte III

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    • 12 derby persi su 15
    • ⁠13 gol fatti e 31 subiti
    • ⁠Allenatore con più sconfitte nella storia del derby di Milano
    Originariamente Scritto da Sean
    Tu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.

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      Theo e Calabria devono essere ceduti prima di subito. Quello che hanno fatto e' inguardabile. Pensate a giocare bene piuttosto che a fare i bulletti.
      I SUOI goals:
      -Serie A: 189
      -Serie B: 6
      -Super League: 5
      -Coppa Italia: 13
      -Chinese FA Cup: 1
      -Coppa UEFA: 5
      -Champions League: 13
      -Nazionale Under 21: 19
      -Nazionale: 19
      TOTALE: 270

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        Palate di tristezza nel viso
        Spesso vado più d'accordo con persone che la pensano in maniera diametralmente opposta alla mia.

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          Originariamente Scritto da Fabi Stone Visualizza Messaggio
          Onore al Bologna.
          Vittoria strameritata, con sicurezza e consapevolezza.
          Anno magnifico in cui merita davvero la Champions.
          Roma stanca e sprecona oltreché disattenta, ma ripeto, Bologna enorme.

          La cosa che mi fa preoccupare, ora con un calendario in campionato sulla carta veramente tosto per noi, è che De Rossi da quando è arrivato fino a stasera aveva solo vinto, tranne una sconfitta con l'Inter e un pareggio a Lecce se non sbaglio. Si vede che Bologna, Atalanta e non do per morte nemmeno Lazio e Napoli...hanno fatto pure loro, chi prima...chi da inizio anno e chi dopo, la loro buonissima parte.
          Non s'era mai vista na roba del genere dopo tutto sto filotto di vittorie. Ora non dico il vuoto, ma che tu vinci sempre e altre due o tre squadre pure...ma quando mai?
          Niente da aggiungere, Roma sciupona nei primi minuti e poi fatica fisica e mentale che è venuta a galla sotto l’ottimo palleggio del Bologna, che merita la posizione attuale.
          sigpic
          Free at last, they took your life
          They could not take your PRIDE

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            INTER, FEROCE SCHIAFFO SCUDETTO AL MILAN CON ACERBI E THURAM

            I gol di Acerbi e Thuram, lo scudetto dell’ Inter è lo scudetto della ferocia. C’è stata anche una rissa finale, tre cartellini rossi (Hernandez, Dumfries e Calabria), il Milan ha chiuso nove, Maignan s’è buttato disperatamente all’attacco per evitare il ko. Il Milan propro non voleva starci. L’Inter invece lo scudetto lo ha fortemente voluto proprio nel derby che il Milan giocava in casa, dunque col pubblico a netta maggioranza rossonera. Non gliene fregava niente del record di punti, voleva vincere lo scudetto in questa notte e festeggiare davanti al Milan. Perché lo voleva la storia di una rivalità ormai secolare.

            Avrebbe potuto, l’Inter, rallentare un po’, cercare magari solo il pareggio e conquistare il titolo nel prossimo match col Torino. E invece no, il derby ha un’alta percentuale di sadismo e non c’è niente di meglio che una bolgia nerazzurra al centro di uno stadio attonito e un avversario scornato. Marotta abbraccia Inzaghi, Lautaro se ne sta un po’ solo poi si fa scappare qualche lacrima, Dimarco e Bastoni sollevano grandi scudetti con 20 stampato sopra. Al traguardo del 20° scudetto è arrivata prima l’Inter del Milan.

            L’INTER E UN DERBY MOLTIPLICATO AL CUBO

            E’ una rivincita moltiplicata al cubo – sei derby consecutivi persi dal Milan – per quel famoso derby che capovolse la storia nel febbraio 2022. L’Inter poteva vincere lo scudetto e invece il Milan rimontò con Giroud e andò a vincere il titolo n. 19. Oggi l’Inter di Inzaghi gli ha restituito il servizio.

            Una festa colossale, che entra nella storia. L’Inter che ferocemente si approfitta di un avversario più debole e sbandato, in crisi d’identità. Simone Inzaghi ascende al cielo di San Siro, stadio magnifico, un pezzo di storia del calcio e non solo che sarebbe uno scempio buttare giù e abbandonare, Pioli che saluta e se ne va mestamente dopo qualche schiaffo di troppo. Era tutto abbastanza scritto. La netta vittoria nel derby è la summa di un campionato straordinario, letteralmente dominato con la squadra più forte. Tutte le altre ben presto le hanno lasciato campo. Insomma non c’è stata partita.

            IL PRIMO TRIONFO DI SIMONE INZAGHI A 48 ANNI

            Simone Inzaghi arriva al suo primo scudetto a 48 anni. Per quanto lo si sia etichettato come tecnico-bambino, come eterno ragazzino – più per il viso che per la carta d’identità – non è un allenatore precoce che ha bruciato le tappe prima del grande successo. Anche se prima di questo scudetto aveva già vinto 3 Coppe Italia e 5 Supercoppe.

            Ma in questo senso ormai è difficile fare dei record. Lo stesso Trapattoni in fin dei conti vinse il suo primo scudetto con la Juve a 38 anni.

            INZAGHI L’EMANCIPAZIONE DA LOTITO E QUELLI CHE LO CHIAMAVANO SIMONCINO

            Eppure fino a poco tempo fa c’era ancora chi chiamava Inzaghi col diminutivo vezzeggiativo di Simoncino, quasi a distinguerlo da Pippo, che dei due era quello vero, professionalmente e caratterialmente più strutturato e scafato. Da centravanti a confronto la storia è stata sicuramente così, ma da allenatori del tutto l’opposto.

            L’INTER E QUELLO SCUDETTO DEL 2022 PERSO NEL DERBY COL MILAN

            Fino a poco più di un anno fa si rimproverava a Inzaghi, più che altro, lo scudetto perso a favore del Milan, doveva essere mandato via, la Gazzetta gli faceva una guerra a tutto spiano ma in realtà nessuno ci andava leggero (nemmeno io…) poi la finale di Champions League ne cambiò il destino. E ora eccoci qui che ne parliamo come di un tecnico eccezionale, quasi perfetto, magari non ancora carismatico, tanto da temere che qualcuno, tipo Liverpool o Bayern Monaco, possa addirittura pensare di sottrarlo nottetempo all’Inter.

            IL CALCIO SPETTACOLO DI INZAGHI

            Inzaghi è il classico allenatore moderno metodico, precisino, perfettino, matematico, geometrico, calcolatore – non saprei inventarmi altri termini… – che non lascia nulla al caso e tutto calcola e misura. Ma oggi, a parte poche eccezioni di certi dinosauri rimasti legati al passato oppure che al calcio rudimentale si rifanno, sono quasi tutti così. Simone dopo 20 anni di Lazio si è emancipato dal padre-padrone Claudio Lotito (“Ah Simò, te stai sempre a lamentà, t’ho dato ‘na Ferari!”) per uscire dal bozzolo e trasformarsi finalmente in farfalla. Con Inzaghi ci si diverte, con l’Inter ha fatto calcio spettacolo e prodotto valanghe di gol.

            Ha il grave difetto, Inzaghi, di avere buona educazione, di far uso del rispetto e di essere orgoglioso e testardo il giusto. Ma se l’Inter oggi è la perfetta macchina che è lo si deve soprattutto a lui, buon soldato agli ordini di Beppe Marotta. Dal superiore ha preso in consegna il materiale per trasformarlo in squadra perfetta. Un attacco da 79 gol, mettetegli dietro una difesa difesa a tre che ne ha presi solo 18, ed è fatta. Fanno 17 punti di vantaggio sulla seconda a 5 giornate dalla fine. Non si può raccontare meglio tanta strapotenza.

            DOPO PIOLI E SPALLETTI, IL TERZO ALLENATORE ITALIANO CHE VINCE PER LA PRIMA VOLTA

            Inzaghi è il terzo allenatore italiano di seguito che vince lo scudetto per la sua prima volta dopo Pioli col Milan e Spalletti col Napoli. Segno che quella italiana è ancora una grande scuola e non sia sempre necessario prostituirsi a guru della panchina per vincere. A patto, ovvio, che la società ti abbia fornito una buona squadra: e Maldini, Giuntoli e Marotta lo avevano e lo hanno fatto.

            Il Marotta di oggi è il Galliani di ieri, grande sapienza, grande spregiudicatezza, grande capacità di maneggiare la materia informe e rischiosa del calcio. Sono i risultati e quanto successo in questi anni, anche non solo all’ Inter, a dircelo. Marotta ha tanto venduto e ricomprato, smontato e ricostruito, obbedito all’ordine della proprietà e di Steven Zhang di rientrare nei costi, nelle spese. Quasi impossibile non sbagliare in certe condizioni.

            BASTONI, DIMARCO, BARELLA E UN’INTER MOLTO ITALIANA

            Bastoni, Acerbi, Dimarco, Darmian, Barella, Frattesi, L’Inter è la più italiana delle big. Nei rispettivi ruoli sono quasi tutti i migliori, quasi tutti indispensabili per la Nazionale di Spalletti che giocherà i prossimi Europei in Germania. Barella ha avuto una crescita verticale impressionante, anche se è un giocatore che ormai viene da lontano. Il simbolo emergente di questo gruppo è sicuramente Federico Dimarco, milanese, figlio di genitori immigrati dalla Basilicata, proprietari di un banco d’ortofrutta al mercato. Idolo della folla nerazzurra, il terzino – scusate se usiamo un termine così – ha una storia che ricorda il calcio anni 60 e che non ha nulla del divismo attuale.

            L’OPERA DI MAROTTA E UNA SQUADRA SEMPRE DA RICOSTRUIRE

            Inzaghi ha il merito soprattutto di aver rilanciato, perfezionato, integrato giocatori come Sommer, Pavard, Mkhtaryan, Çalhanoğlu, Thuram, arrivati come scambi, riserve o soluzioni di ripiego. Mai come investimento diretto. Sommer perché era stato ceduto Onana, Pavard perché se ne era andato Skriniar, Thuram perché a un certo punto s’era eclissato Lukaku. E così via anche gli altri, magari in un puzzle più complesso e che ha impiegato un paio d’anni a completarsi.

            LAUTARO MARTINEZ LA BANDIERA


            Penso che il lavoro di Inzaghi abbia influito anche sul rendimento altissimo di Lautaro Martinez, oggi la bandiera dell’ Inter. Mai come quest’anno l’attaccante argentino ha recitato al meglio la propria parte. Inzaghi ha fatto ulteriormente crescere un campione che poteva pensare di essere arrivato al culmine col Mondiale, ma ne era stato soltanto un comprimario, oscurato, come tanti, dalla luce abbagliante di Messi. Inzaghi ha restituito al calcio un nuovo Lautaro. E messo al centro di un attacco straordinario.

            PER UN DERBY COSI’ CI SAREBBERO VOLUTI BRERA, MURA, JANNACCI E VIOLA

            Non era mai accaduto di vedere un derby moltiplicato al cubo, che assegnasse addirittura lo scudetto. L’Inter celebra così davanti al Milan in una straordinaria e storica notte di perfida gioia la sua seconda stella. Dal Sud lo scudetto torna a Nord. E’ il quarto scudetto lontano dalla Juventus, segno anche di certi equilibri e rapporti di forza che stanno cambiando.

            Che poi tutto questo sia stato infilato dentro un derby di San Siro, penso che nemmeno una seduta spiritica con Gianni Brera, Gianni Mura, Enzo Jannacci e Beppe Viola

            Last edited by Sean; Oggi, 08:35:54.
            ...ma di noi
            sopra una sola teca di cristallo
            popoli studiosi scriveranno
            forse, tra mille inverni
            «nessun vincolo univa questi morti
            nella necropoli deserta»

            C. Campo - Moriremo Lontani


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              Scudetto Inter: le reazioni a caldo di Inzaghi, giocatori e Marotta

              ​La gioia dell'amministratore delegato Giuseppe Marotta: «Dedichiamo lo scudetto al presidente Zhang. Continueremo a rispettare parametri finanziari». Simone Inzaghi col sorriso: «Avremo dei paletti che ogni tanto potremo superare...»

              Eccolo qui il panorama che Simone Inzaghi voleva vedere al termine della salita: è bagnato di pioggia giusto per nascondere qualche lacrima di gioia che sfugge qua e là, ma è illuminato a giorno dai fuochi d’artificio e dalla felicità della sua Inter campione d’Italia, con Dimarco e Lautaro a cavalcioni della traversa sotto la curva Nord.

              «È stata una serata indimenticabile — attacca Inzaghi — bellissima, da condividere con il mondo Inter, dai dirigenti al nostro presidente, che ho sentito: era contento. Un pensiero va ai tifosi, alla mia famiglia, perché questi tre anni sono stati importanti e il mio limite è non tenere il lavoro fuori di casa. Era difficile immaginarsela così, con 6 trofei e una finale di Champions. Vincere la seconda stella in casa del Milan è qualcosa che rimarrà: sarà indimenticabile».

              L’incredibile scacco matto al Milan è arrivato per la prima volta nella storia, portando con sé tanti record (ancora da migliorare) come ai tempi di Trapattoni, la stella come accadde con Helenio Herrera 58 anni fa, con punte di intensità ed empatia mourinhana e un sottofondo sempre presente di stile Mancini. Ma la forza tranquilla di Inzaghi, che abbraccia i figli e festeggia sul campo anche in videochiamata coi genitori, diventa a sua volta modello e punto di riferimento: con questa vittoria chiude un cerchio dentro al quale ci sono altri cinque trofei che avevano bisogno di un fratello maggiore che li rendesse ancora più luccicanti e importanti. E poi ci sono anche i momenti duri, certo. Che il cerchio lo hanno forgiato, rischiando anche di interromperlo: per lo scudetto perso in volata due anni fa, anche se l’obiettivo iniziale era il quarto posto, e per le dodici sconfitte dello scorso campionato, cancellate in un colpo dalla finale di Champions vissuta alla pari col City che ha cambiato tante cose, a partire dalla consapevolezza. «Simone ha pochi amici e ha superato queste situazioni con le sue forze e con il suo staff» ha detto il fratello Filippo pochi giorni fa.

              «Abbiamo fatto parlare qualcuno che ora parlerà meno: ho solo da far vedere grandi trofei che condivido con i miei straordinari giocatori», la risposta di Simone, l’unica piccola puntura.

              E di certo l’allenatore dell’Inter è uscito da queste difficoltà più temprato e preparato, grazie anche alla famiglia e al suo staff, come se avesse superato la propria linea d’ombra, quella che separa l’allenatore che si sente ancora giocatore dal tecnico maturo, «paterno» come recita la motivazione del premio Bearzot appena vinto, ma più duro e autorevole grazie anche alla proposta di gioco innovativa e alle idee condivise: mai imposte ma fatte diventare la seconda pelle di una squadra che in estate ha cambiato dodici giocatori nella rosa, in nome di un gioco sempre offensivo ma allo stesso tempo molto equilibrato, vera evoluzione della migliore scuola italiana. L’Inter di Inzaghi stravince con la miglior difesa e il miglior attacco ma in questo luna park nerazzurro chi parte da dietro è il primo attaccante e chi gioca di punta è il primo a difendere. Un meccanismo redditizio, bello da vedere e poggiato su alcune colonne: da Bastoni a Barella, da Dimarco a Calhanoglu fino a Thuram e naturalmente a capitan Lautaro, la maturazione di certi uomini è stata fondamentale per superare le bufere dello scorso anno ed evitare le trappole di questo campionato.

              Perché poi quando si vince così sembra tutto facile, sembra che gli avversari siano due gradini sotto all’attico dove si celebra lo scudetto. Ma fino al 4 febbraio la Juve non ha perso quasi un colpo, finendo poi stravolta dal ritmo che l’Inter le aveva imposto. Così, passo dopo passo, dal derby di andata a quello di ritorno, Inzaghi e il suo gruppo hanno costruito un capolavoro che resterà nella memoria anche di chi ama il calcio, non solo degli interisti: unire un traguardo storico come la seconda stella, alla vittoria nel derby e al calcio espresso negli ultimi dodici mesi, significa bussare alla porta della leggenda. E là dentro, in quel club, ci sono squadre che tutti dovrebbero essere orgogliosi di aver incrociato nel loro cammino, anche gli avversari.

              Marotta: «Gli italiani zoccolo duro»

              «La dedica principale va al nostro presidente Steven Zhang che ha sofferto a distanza e non è qui a gioire, poi ai nostri tifosi. Poi i meriti, a Simone Inzaghi che è un allenatore bravo e vincente. È lui l'artefice e il leader di questo gruppo magnifico. Ringrazio inoltre i miei collaboratori, donne e uomini che hanno supportato questa squadra. Abbiamo curato tutto e contribuito in piccolo nell'aiutare Inzaghi e i ragazzi». Queste le parole dell'amministratore delegato dell'Inter Beppe Marotta dopo la conquista dello scudetto. «Ogni allenatore ha il suo metodo e il suo linguaggio e Inzaghi s'è relazionato in modo perfetto coi ragazzi, lui è un po' l'amico, l'ex collega, ed è riuscito a valorizzare al massimo ciò che gli abbiamo messo a disposizione».

              Poi sul mercato dell'ultima estate: «Sono arrivati dodici giocatori, non lo dimentichiamo. E poi non voglio dimenticare lo zoccolo duro di italiani che è sempre molto importante». L'ad nerazzurro chiude parlando del prossimo mercato. «Ormai non si possono non seguire determinati parametri economico-finanziari, dobbiamo sempre perseguirli. Ma io sono molto fiducioso sul patrimonio umano e se qualcuno parte, ma penso di no, può essere sostituito degnamente. Noi in questo momento abbiamo un modello di riferimento che è vincente e dobbiamo portarlo avanti».

              Su questo Simone Inzaghi lancia una frecciatina, anche se col sorriso, in diretta su Dazn: «So già che la dirigenza sta lavorando per far migliorare la squadra sapendo che avremo dei paletti che ogni tanto potremmo superare».

              ​CorSera
              ...ma di noi
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              «nessun vincolo univa questi morti
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              C. Campo - Moriremo Lontani


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                Pioli dopo Milan-Inter: «Esonero? Inzaghi 12 mesi fa era in difficoltà, poi ha vinto»

                L'allenatore del Milan Stefano Pioli sul suo futuro dopo la sconfitta nel derby: «Io sto bene, la squadra ha dei margini di miglioramento. Ora dobbiamo finire bene il campionato, poi vedremo»

                La resa del Diavolo è la resa di Stefano Pioli, che perde amaramente anche il suo sesto derby consecutivo, con ogni probabilità l’ultimo. Esce a testa bassa, quando l’arbitro Colombo chiude la partita e accende la festa interista, con la musica da rave che rimbomba dentro a San Siro, coprendo anche la rabbia dei tifosi milanisti. La botta è forte. E rialzarsi sarà dura. «È una sconfitta pesante, ho provato il possibile per rinfrancare i miei giocatori perché dobbiamo finire bene il campionato. Purtroppo ancora una volta non siamo riusciti nemmeno a pareggiare nel derby — ha ammesso —. L’Inter ha fatto un campionato eccezionale, sono 3-4 anni che ha la rosa più forte mentre noi siamo mancati nella continuità ad alto livello. Sia noi che le altre dobbiamo fare dei passi in avanti se questa Inter è così forte». Così infine sul proprio futuro: «Ciclo finito? Non lo so, Inzaghi dodici mesi fa sembrava in difficoltà e poi ha fatto tutto questo. Io sto bene, la squadra ha margini di miglioramento. Ora dobbiamo finire bene e poi a bocce ferme faremo tutte le valutazioni». Sembra quasi un appello.​

                La verità è che, comunque fosse andato a finire questo derby, la sua conferma resta un’ipotesi remota: le chance di restare anche per l’ultimo anno di contratto sono crollate drasticamente dopo l’eliminazione in Europa League. Una decisione definitiva verrà presa dal club solo a fine stagione, anche per una forma di (doveroso) rispetto nei confronti di un allenatore che ha dato tanto in questi quattro anni e mezzo. Ma il suo destino appare ormai segnato, difficile un colpo di scena.

                Al momento il Milan non ha un nome, ma un profilo: se si cambierà, il prossimo allenatore dovrà essere giovane, innovatore, dal profilo internazionale, compatibile col progetto. La scelta sarà collegiale e spetterà all’ad Furlani, al presidente Scaroni, al superconsulente Ibrahimovic, al dt Moncada e ovviamente al patron Cardinale, che avrà l’ultima parola. La presenza del manager americano ieri a San Siro è la prova più concreta della vicinanza della proprietà. Prima della partita c’è stato un abbraccio fra Cardinale e Pioli. Gesto autentico.

                ​​CorSera
                ...ma di noi
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                C. Campo - Moriremo Lontani


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                  Il Bologna di Thiago Motta e Zirkzee non è più una sorpresa. Con la Roma di De Rossi all’Olimpico fa un colpo che sa di Champions League

                  Non è più una sorpresa ormai, ma è anche molto difficile non sorprendersi. Il Bologna sembrava in un momento di riflessione e rallentamento e all’ Olimpico contro la Roma, in una sfida diretta per la Champions League, ha mollato un colpo da ko che ha steso l’avversario. La Roma era lanciatissima, euforica per aver eliminato il Milan dalla Champions League, in risalita verticale. Anzi forse proprio in questo sono da andare a cercare le ragioni del tracollo giallorosso.

                  Forse proprio per un eccesso di autostima la Roma ha abbassato le sue difese, contro il Bologna si è fatta sorprendere a guardia bassa, giocando in maniera estremamente nervosa. Irriconoscibili Dybala, Pellegrini, El Shaarawy che erano stati i protagonisti della cavalcata post mourinhana. Tanto esaltante da aver fruttato a Daniele De Rossi proprio il rinnovo di contratto in vista di questo rush finale di stagione.

                  E invece più Bologna che mai, con Zirkzee tornato leader e trascinatore e Thiago Motta alla guida di una squadra che non finisce di stupire ed esaltare per il gioco. Alla fine foto ricordo in gruppo sul prato dell’Olimpico. La vittoria del Bologna è un jolly giocato sul tavolo della Champions League, serve a tenere a distanza le rivali dirette. La Roma stessa e poi l’Atalanta. Con le cinque partite che rimangono, sei per Roma e Atalanta è ancora tutto da decidere. Ma con le cinque squadre che vanno in Champions League, è sicuramente un bel passo in avanti.​

                  Roma di De Rossi ko all'Olimpico 1-3 contro il Bologna: gol di Al Azzouzi, Zirkzee, Azmoun, Saelemaekers. Per il Bologna3 punti d'oroi in chave Champions League
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                  sopra una sola teca di cristallo
                  popoli studiosi scriveranno
                  forse, tra mille inverni
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                  C. Campo - Moriremo Lontani


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                    Che Inzaghi soffrisse da bestia nel non aver ancora vinto uno scudetto, nel mentre in questi anni di vuoto ci stavano arrivando tutti (persino Pioli) è comprovato da uscite come questa:

                    «Abbiamo fatto parlare qualcuno che ora parlerà meno: ho solo da far vedere grandi trofei che condivido con i miei straordinari giocatori»
                    anche se non si capisce con chi ce l'abbia e quali sarebbero questi altri "grandi trofei" che "ha da far vedere" oltre allo scudetto caldo croccante di ieri sera: ce li potrebbe mostrare? Saremmo curiosi...Però siccome nel calcio chi vince ha sempre ragione gli concediamo questi sfoghi da nerd per una vita che finalmente (e con merito) ha trovato il suo riscatto, dopo però averne persi 2 in 3 anni di campionati pur guidando la squadra che dallo scudetto vinto da Conte è stata sempre giudicata sulla carta come la più forte.

                    Inzaghi deve poi fare un monumento a Marotta, che in questi anni ha continuamente cambiato tanti giocatori e ha comunque mantenuto sempre competitiva a livelli verticistici la rosa.

                    Questa estate via Dzeko, via Lukaku, via altri e arriva comunque la vittoria in campionato...quindi si conferma il massimo teorema del calcio: dietro alle vittorie di campo c'è e deve necessariamente esserci una società competente, dove tutto funzioni, dove la programmazione sia al top: il club, come è strutturato, la qualità di chi ci lavora, è l'impalcatura di qualunque successo.

                    Ottimo l'acquisto di Thuram, decisivo Lautaro, ma bravi anche i Darmian e gli Acerbi, per dire che qualche volta non bisogna fermarsi solo al nome, perchè anche i manovali hanno sempre avuto un loro perchè nel calcio.

                    Il campionato certifica che in Italia al momento esiste una sola squadra fatta come Dio comanda, cioè quella che ha appena vinto. Il resto è un mezzo cantiere e un mezzo minestrone, e Inzaghi se sarà bravo come quest'anno può già sognare il bis.
                    Last edited by Sean; Oggi, 09:15:24.
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                    C. Campo - Moriremo Lontani


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