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Attenzione: Calcio Inside! Parte III

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    Un milan che pare un altra squadra stasera,a parma non l avevo visto.

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      Originariamente Scritto da fransisco1 Visualizza Messaggio
      Un milan che pare un altra squadra stasera,a parma non l avevo visto.
      Il miglior Milan dell'anno (non che ci volesse molto).
      I SUOI goals:
      -Serie A: 189
      -Serie B: 6
      -Super League: 5
      -Coppa Italia: 13
      -Chinese FA Cup: 1
      -Coppa UEFA: 5
      -Champions League: 13
      -Nazionale Under 21: 19
      -Nazionale: 19
      TOTALE: 270

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        Per me pareggiate
        Cura il tuo corpo come un tempio
        Originariamente Scritto da M K K
        Desade grazie di esistere
        Originariamente Scritto da AK_47
        si chiama tumore del colon, adenocarcinoma è la tipologia di tumore che colpisce le cellule dell'epitelio ghiandolare.

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          Originariamente Scritto da DR. MERDONSO Visualizza Messaggio
          Per me pareggiate
          Non cambia niente. Anzi...forse sarebbe pure meglio. Io in EL non ci voglio andare.
          I SUOI goals:
          -Serie A: 189
          -Serie B: 6
          -Super League: 5
          -Coppa Italia: 13
          -Chinese FA Cup: 1
          -Coppa UEFA: 5
          -Champions League: 13
          -Nazionale Under 21: 19
          -Nazionale: 19
          TOTALE: 270

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            Due trasferte e due vittorie per il Milan. Fanno morale. Bene per Pioli.
            ...ma di noi
            sopra una sola teca di cristallo
            popoli studiosi scriveranno
            forse, tra mille inverni
            «nessun vincolo univa questi morti
            nella necropoli deserta»

            C. Campo - Moriremo Lontani


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              Il Milan di Pioli risorge con Piatek & C, ma basta con la furbata dei rigori a “tamponamento “

              Fiorentina ko a Torino e sempre più in crisi, ma Montella resiste. Gattuso dovrà aspettare fino alla sosta di Natale: Firenze o Napoli?

              BOLOGNA-MILAN 2-3
              Nel Milan qualcosa comincia a girare e funzionare. I risultati cominciano a coincidere con le prestazioni e il lavoro di Pioli sta piano piano venendo fuori. Due vittorie consecutive (a Parma e Bologna) significano molto e per il Milan erano ormai una rarità. La classifica è ancora molto penalizzante, decimo posto, nove punti tra i rossoneri e la zona Champions League, però la ripresa c’è, è progressiva e abbastanza incoraggiante, anche Piatek sta salendo di tono, Bonaventura è sicuramente un giocatore di valore in più per Pioli, Suso e Theo Hernandez danno gioco e qualità.

              TORINO-FIORENTINA 2-1
              Pare proprio che Vincenzo Montella non voglia aiutarsi – Aiutati che Dio t’aiuta – e che la Fiorentina non voglia proprio uscire dal tunnel in cui si è infilata da ormai troppo tempo. Anzi con Montella, a essere spietati, da sempre, fin da quando è arrivato insomma. La sconfitta di Torino è stata netta per quanto nel finale ci sia stato un sbuffo d’orgoglio e Chiesa abbia giocato dieci minuti da Chiesa. Ma di dieci minuti stiamo parlando….

              Il problema è che la sconfitta di Torino è la settima di questa stagione (praticamente una partita persa ogni due), e se ci mettiamo anche le cinque del finale del campionato scorso siamo a 13 su 22 partite della ancor breve avventura di Montella in viola. Quattro partite vinte in tutto, e tutte quest’anno. 18 punti in 22 partite totali, una media imbarazzante di 0,81 a partita.

              La Fiorentina oggi è poco più sopra la zona retrocessione, e potrebbe venirne invischiata se i risultati non miglioreranno quanto prima. Il patron italo americano Rocco Commisso ha “ereditato” Montella dalla passata gestione, lo ha confermato, gli ha dato fiducia, ha anche confermato a forza Federico Chiesa che poi è completamente sparito e ha avuto un’involuzione clamorosa. Montella si sente responsabile, ma non colpevole: per lui il campionato della Fiorentina ha un “obbiettivo chiaro”. Intende dire che sicuramente la classifica della Fiorentina è negativa e deludente, ma nemmeno si può pretendere dalla Fiorentina qualcosa di più del centroclassifica o al massimo dell’ Europa League. Molto banalmente la Fiorentina di oggi non ha equilibrio, prende troppi più gol di quanti ne faccia. E’ una ricerca continua, troppo lunga e insostenibile.

              Daniele Pradé, plenipotenziario tecnico di Commisso, rinvia per ora tutto alle prossime partite con Inter e Roma. Molto banalmente, forse, si cerca di resistere fino alla sosta di Natale e vedere come si mettono le cose. L’ultima sconfitta è arrivata contro un Torino che negli ultimi due mesi ha attraversato un simile periodo di involuzione: Cairo ha tenuto la barra dritta su Mazzarri e ha avuto ragione. Può essere giusto ora insistere con Montella, potrebbe essere giusto esonerarlo e tentare magari con Gattuso la cui ombra si allunga ora su Firenze, ora su Napoli. Non è facile fare il dirigente di calcio e prendersi la responsabilità del cambio di panchina o intestardirsi sulla conferma. Tanto varrebbe decidere con un mazzo di carte, pari e dispari, se il primo che passa è uomo o donna: non ci sarebbe molta differenza.

              Basta rigori a “tamponamento”

              Detto che sui rigori per “mano” si sta piano piano tornando indietro smettendo di punire qualsiasi tocco col braccio, anche da breve distanza, è ora di cominciare a focalizzare e decidere cosa fare sui rigori per “tamponamento”, per cui l’attaccante va a frapporsi tra il difensore e il pallone e, frenando più o meno, o mettendo un piede davanti a quelli del difensore, nella sostanza si fa buttare giù. In Bologna-Milan è accaduto due volte: Piatek va a cercare l’anticipo su Bani, si fa tamponare ed è rigore. Idem dall’altra parte sul finale di partita, Orsolini fa un salto davanti a Theo Hernandez, frena all’improvviso si inchina e si fa venire addosso il milanista. Non discuto gli esegeti e sovrani interpreti del regolamento che dicono sicurissimi che questi sono rigori, dubito però che ci sia correttezza e ci vedo molta poca chiarezza. Come i rigori per “mano” sempre e comunque. Io li vedo tutti trucchetti e furbate degli attaccanti, e ci darei un bel taglio: in questi casi niente rigore, il gol guadagnatelo restando in piedi.

              SERIE A, GIORNATA n. 15 Inter-Roma 0-0 Atalanta-Verona 3-2 (23' Di Carmine V, 44' Malinovskyi A, 57' Di Carmine V, 64' Muriel rig A, 90'+3' Djimsiti A) Udinese-Napoli 1-1 (32' Lasagna U, 69' Zielinski N) Lazio-Juventus 3-1 (25' Ronaldo J, 45'+1 Luis Felipe L, 74' Milinkovic L, 90' + 5' Caicedo L) Lecce-Genoa 2-2 (31' Pandev G, 45' + 5 Criscito rig G, 60' Falco L, 70' Tabanelli L), Sassuolo-Cagliari 2-2 (7' Berardi S, 36' Djuricic S, 51' Joao Pedro C, 90' Ragatzu C) Spal- Brescia 0-1 (54' Balotelli B) Torino-Fiorentina 2-1 (22' Zaza T, 72' Ansaldi T, 90'+1' Caceres), Sampdoria-Parma 0-1 (21' Kucka P) Bologna-Milan 2-3 (15' Piatek rig M, 32' Hernandez M, 40' Hernandez aut B, 46' Bonaventura M, 84' Sansone rig B) *** Domenica 8 dicembre 2019 BOLOGNA-MILAN 2-3 Nel Milan qualcosa comincia a girare e funzionare. I risultati cominciano a coincidere con le prestazioni e il lavoro di Pioli sta piano piano venendo fuori. Due vittorie consecutive (a Parma e Bologna) significano molto e per il


              ...ma di noi
              sopra una sola teca di cristallo
              popoli studiosi scriveranno
              forse, tra mille inverni
              «nessun vincolo univa questi morti
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              C. Campo - Moriremo Lontani


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                Napoli, il messaggio della squadra: ma Ancelotti resta a rischio

                I giocatori hanno fatto capire con la reazione di Udine di non voler scaricare il tecnico. Ritiro interrotto, martedì il Genk per conquistare gli ottavi di Champions. De Laurentiis si aspetta la qualificazione e una prova importante

                Carlo Ancelotti deve aggrapparsi a tutto: al pareggio in rimonta strappato contro l'Udinese (il settimo nelle ultime nove partite tra campionato e coppa) e ancora di più alla rabbiosa reazione dei suoi giocatori negli spogliatoi della Dacia Arena, subito dopo il fischio finale. Niente teste basse, stavolta. Il malumore per il nono appuntamento consecutivo mancato con la vittoria (ultimo successo lo scorso 19 ottobre contro il Verona) è stato infatti molto forte e l'ennesimo risultato negativo ha finalmente scosso le coscienze del Napoli: dopo un periodo in cui l'encefalogramma della squadra era invece sembrato abbastanza piatto. Anche per questo, nonostante il passo falso in Friuli, è stata confermata l'interruzione del ritiro punitivo a Castel Volturno, sia pure soltanto per una notte. Domenica a casa e poi di nuovo tutti in clausura, con dietro l'angolo la sfida con il Genk di martedì pomeriggio al San Paolo. Da verificare le condizioni fisiche di Allan e Milik, che stanno cercando di recuperare dai rispettivi infortuni e restano in forte dubbio. La Champions League, con il pass per gli ottavi di finale a portata di mano, è l'ultima chance per cambiare in meglio il corso della stagione e sgombrare le ombre sul futuro della panchina, su cui per ora non ci sono certezze.

                La posizione di Ancelotti continua infatti a essere ad alto rischio, anche se i giocatori hanno fatto capire con la reazione di Udine di non volerlo scaricare. "Che valore ha questo punto? Dobbiamo ripartire dal secondo tempo, abbiamo dimostrato di saper giocare il nostro calcio. Abbiamo creato tante occasioni e dominato, meritavamo qualcosa in più. Questo punto ci serve per la fiducia, conosciamo il momento che stiamo vivendo", ha tirato le somme Piotr Zielinski, autore del gol del pareggio. "Vogliamo fare molto meglio, anzi dobbiamo. Siamo una grande squadra, ma purtroppo nel calcio succedono questi periodi, ora pensiamo alla partita di martedi che è importante". Il polacco ha difeso il suo allenatore. "Lui è un ottimo mister, in campo però ci andiamo noi e siamo consapevoli di poter dare di piu".

                Sulla stessa linea Giovanni Di Lorenzo, tra i più battaglieri a Udine. "La vittoria manca da un po' di tempo. Siamo entrati in campo timorosi e non deve più accadere, adesso. I primi a essere scontenti siamo noi. Non bisogna però dirlo a parole e lo dobbiamo dimostrare sul campo. Dispiace per il risultato, ne usciremo con il coraggio, che non ci manca. Per fare una prova super con il Genk c'è bisogno della testa libera. Manca pochissimo per la qualificazione agli ottavi e tutti insieme vogliamo raggiungere questo primo obiettivo in Champions. Poi penseremo al campionato, dove dobbiamo recuperare terreno". De Laurentiis è disposto tuttavia ad aspettare solo per altri 90', c'è in ballo pure il destino della panchina.

                I giocatori hanno fatto capire con la reazione di Udine di non voler scaricare il tecnico. Ritiro interrotto, martedì il Genk per conquistare gli ottavi…
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                  Milan, la qualità è cresciuta: è la migliore senza obiettivi

                  Sta diventando una buona squadra. Fondamentalmente lo è sempre stata, una squadra gentile, di qualità, senza cattiveria. A tutti manca l’attaccante dal gol facile

                  di Mario Sconcerti

                  Il Milan sta diventando una buona squadra. Fondamentalmente lo è sempre stata, una squadra gentile, di qualità, senza cattiveria. Ora la qualità è cresciuta e gli avversari sono di quelli che la subiscono.

                  La differenza del periodo sta facendola Bonaventura che è un altro sulla misura di Calhanoglu, di Suso, di Bennacer, Conti, Kessie. Il Bologna era un avversario quasi inutile nelle caratteristiche. Non ha un attaccante, ha centrocampisti più rocciosi che utili. A questi livelli il Milan è da scudetto, è nettamente la migliore squadra fra quelle che non hanno un obiettivo. Però è molto migliorato.


                  Bonaventura rispetto a Paquetá, è sostanza pura nel gioco e nelle conclusioni. Non tocco-suola ma tocco-gol. Bonaventura è un giocatore di una generazione passata, conosce la fatica, la salita per restare titolari, non è nel gruppo dei milioni facili. Il Milan è lontano ancora da una classifica nobile, può sperare adesso nel settimo posto. Ma non è ancora un campionato reale. Non stanno vincendo i giocatori migliori, si vince di forza, un po’ a caso. E la lotta tra realtà e pensiero è sempre poco giudicabile.

                  Una cosa è chiara nella stagione di tutti, mancano gli attaccanti, mancano quelli dal gol facile e sporco. Non li ha nessuno. L’ideale è Higuain che però gioca poco e ha inciso appena per 4 gol. Non avendo punte, stiamo abbondando in similari. La crescita di Joao Pedro è l’esempio più chiaro. Il primato dell’Inter è riassunto esattamente in Lukaku-Martinez, non nel suo gioco piuttosto normale. I gol del tipo Inter oggi trasformano le partite, sono un di più, per questo non li controlli. Non devi giocare meglio, devi abbandonarti ad alcuni giocatori, sanno loro cosa fare. Quando non riesci in questo schema resta pur sempre la partita normale.

                  Il gol è uno di quei perché del calcio che hanno sempre una risposta chiara. Ora mancano alla Juve. Manca Ronaldo, che nei momenti di fatica rende più evidente la sua assenza di differenza, segna un gol alla Inzaghi e pesa sul gioco come Inzaghi, cioè poco. Manca Dzeko alla Roma, squadra dalla qualità cristallina come la pioggerella di marzo e come quella solo fastidiosa. Manca Zapata all’Atalanta, Pavoletti al Cagliari. Manca chiunque alla Fiorentina. Il calcio è un giro lungo, alla fine torna sempre a se stesso. Seguite i buoni gol e vedrete lontano.



                  CorSera
                  ...ma di noi
                  sopra una sola teca di cristallo
                  popoli studiosi scriveranno
                  forse, tra mille inverni
                  «nessun vincolo univa questi morti
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                    La Lazio dei fenomeni a prezzo di saldo: 50 milioni per i quattro tenori

                    Immobile è costato 9 milioni, era emarginato a Siviglia; Luis Alberto 4,5; Correa con 16 milioni è l’acquisto più caro dell’era Lotito. Mentre Milinkovic è stato preso da ragazzino

                    Li chiamano i quattro tenori, ma quando sono arrivati alla Lazio tre di loro steccavano e uno era quasi una voce bianca. Il d.s. Tare li ha selezionati con cura, affidandosi più all’intuito che al campo; il presidente Lotito li ha pagati (poco); Inzaghi li ha rigenerati e rilanciati, del resto non aveva niente di meglio. Oggi gli ex scarti Immobile, Luis Alberto e Correa e l’ex ragazzino Milinkovic-Savic sono i simboli dell’unica squadra capace di battere la Juve nella stagione, forse addirittura un’intrusa — straordinariamente inattesa — nella lotta al vertice.

                    Immobile è arrivato alla Lazio dopo che era stato scaricato dalla Juve, bocciato dal Borussia Dortmund, emarginato dal Siviglia: non a caso è costato 9 milioni, e qualcuno chiedeva a Lotito chi glielo facesse fare di prenderlo. Adesso è capocannoniere con 17 reti e la sua serie di gol consecutivi si è fermata a 9 solo perché Szczesny gli ha parato un rigore. Anche Luis Alberto, il mago degli assist (se ne è inventati due pure contro la Juve), era finito ai margini, non solo del Liverpool ma addirittura del calcio. Tanto che, dopo la sua prima stagione romana trascorsa per lo più in panchina, voleva smettere. La Lazio non ci avrebbe rimesso granché, in fondo lo aveva pagato la metà di Immobile, poi l’infortunio estivo di qualche compagno, e in particolare di Felipe Anderson, gli ha aperto un varco nel quale si è infilato, non uscendone più.


                    Correa è l’acquisto più caro nei 15 anni di presidenza Lotito (a parte lo strano caso di Zarate): 16 milioni più 3 di bonus. Una cifra che una società in lotta per lo scudetto utilizza per una riserva, e nemmeno di lusso, certo non per un trequartista o un attaccante. Il Siviglia, che lo aveva preso dalla Samp, lo ha mollato perché il suo talento si accendeva (solo) a sprazzi: non diventerà mai un campione, resterà un mezzo giocatore, un talento incompiuto. Si sbagliavano.

                    Poi c’è Milinkovic-Savic. Per comprarlo quando aveva 20 anni, Tare non ha esitato a scatenare l’inferno: il ragazzo era nella sede viola per firmare con la Fiorentina, ha posato la penna sulla scrivania, è scoppiato in lacrime, ha detto di volere solo la Lazio. Da allora a Firenze lo fischiano, ma lui non pare sconvolto. È diventato l’uomo da 100 milioni, perché Lotito giura di avere rifiutato un’offerta altissima benché lo abbia pagato un decimo o poco più. Ha messo k.o. la Juve con un gol da campione.

                    Cinquanta milioni scarsi (bonus compresi) per quattro tenori, tre in saldo e uno in erba: così è nata la Lazio delle meraviglie. Forse un modello, forse un miracolo. Vicina allo scudetto, comunque: cinque punti appena.



                    CorSera
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                      Juve, Sarri e la prima crisi: la rivoluzione non ha (ancora) gli uomini adatti

                      I problemi non hanno matrice tattica ma dipendono dalla costruzione della squadra, fra infortuni (Ramsey, Khedira, Douglas Costa, Bentancur), flop (Rabiot, Danilo, Demiral) e crisi (Emre Can)

                      Un pareggio in casa e una sconfitta, la prima stagionale, all’Olimpico laziale, evento che non si verificava da 16 anni. La Juve, che sta mutando stile di gioco senza avere per varie ragioni (mercato e infortuni) gli interpreti più adatti, è in crisi o vive un momento di difficoltà passeggero?

                      Dopo la convincente vittoria di San Siro contro l’Inter (6 ottobre) la squadra di Sarri ha giocato solo un’altra partita da Juve, quella di ritorno contro l’Atletico Madrid, vinta grazie a Dybala. Bastava anche il pareggio per garantirsi il primo posto ma i bianconeri hanno comandato il gioco, andando oltre il momento di appannamento di Ronaldo.


                      A Roma Ronaldo si è rivisto di nuovo su discreti livelli, ma la Juve dopo mezzora di alto livello, anche atletico, si è sgonfiata nel pressing, ha perso Bentancur per infortunio e nella ripresa si è fatta infilare da quattro micidiali ripartenze, costate un’espulsione, un rigore e due gol.

                      Quindi c’è un problema tattico? No, anche se «per assimilare il nuovo modo di giocare che richiede Sarri ci vorranno mesi» ripetono i senatori Bonucci e Chiellini, i più interessati dal nuovo modo di difendere, più avanzato, di tutta la squadra: 15 gol subiti contro gli 8 di un anno fa sono il dato più allarmante

                      C’è piuttosto un problema di uomini, di costruzione della squadra. Sarri non ha troppi interpreti adatti alla sua rivoluzione ma fin qui si è adattato con intelligenza, anche perché la qualità del parco giocatori resta elevata. Ma il mercato si sta rivelando un flop: Ramsey è più in infermeria che in campo e non è una sorpresa, Rabiot un oggetto non ancora identificato, Danilo una riserva del riadattato Cuadrado, Demiral non gioca mai. Solo De Ligt pur con qualche difficoltà fisiologica, rispetta le attese. Che però sono alte, come il prezzo (75 milioni) e l’ingaggio (12).

                      Fatto sta che a centrocampo, coi problemi cronici di Khedira (ora out tre mesi), Douglas Costa, Ramsey e ora anche Bentancur (da valutare la distorsione al ginocchio), Sarri deve puntare o su Bernardeschi, snaturato fin qui come trequartista, o cercare di rilanciare Emre Can: il tedesco però non si è mai ripreso dalla esclusione dalla lista Champions di settembre. Una scelta che ora si ritorce contro la Juve, anche se la ruota gira in fretta: Dybala e Higuain hanno passato l’estate con la valigia in mano e invece sono quelli che hanno tenuto in alto la squadra di Sarri fin qui. Possono continuare a farlo, assieme a Ronaldo. Ma l’emergenza a centrocampo può diventare un problema anche per loro.



                      CorSera
                      ...ma di noi
                      sopra una sola teca di cristallo
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                        Inter-Barcellona, Messi e Suarez verso la panchina. E anche Conte spera

                        L’allenatore nerazzurro ha chiesto «l’impresa». Ma un aiuto potrebbe arrivare da Valverde intenzionato a far riposare le sue stelle in vista degli impegni di Liga

                        I numeri l’Inter farebbe meglio a non guardarli, potrebbero rendere inquieti. Però, come dice Antonio Conte, «bisogna pensare a noi e fare un’impresa». Domani, in un San Siro tecnicamente esaurito e riempito da più di 70 mila tifosi (la capienza è ridotta per la coppa), i nerazzurri si giocano il passaggio agli ottavi di finale della Champions. «Per le prestazioni mostrate fin qui meriteremmo la qualificazione», ragiona Conte.

                        Sarà un caso, però è sempre il Barcellona arbitro del destino dell’Inter ma, se come sembra, non ci saranno né Messi né Suarez, stavolta potrebbe andar meglio che in passato. L’anno scorso i nerazzurri di Spalletti uscirono dalla Champions perché incapaci di battere il Psv, mentre i catalani si fecero rimontare dal Tottenham a pochi minuti dalla fine. Ieri come oggi all’Inter serve vincere (o lo stesso risultato del Borussia con lo Slavia) per essere ammessa tra le migliori sedici d’Europa. Il punto però è che il Barcellona ha perso solo una delle ultime 33 partite della fase a gironi di Champions (1-3 contro il Man City nel novembre 2016) e, come se non bastasse, i catalani sono imbattuti da 19 partite in questa fase. Insomma Conte ha ragione, serve un’impresa. Sabato il Barcellona ha triturato 5-2 il Maiorca, con tripletta di Leo Messi, gol di tacco da cineteca di Luis Suarez e ritorno alla rete in Liga del francese Griezmann. Nonostante il pareggio contro la Roma, primo match stagionale in cui i nerazzurri non sono riusciti a segnare, l’Inter è rimasta in testa alla classifica, anzi ha allungato a +2 sulla Juve. Domani contro il Barcellona, Conte avrà gli uomini contati: a centrocampo è a rischio Candreva e Asamoah ha chance ridotte quasi a zero.


                        Una mano però potrebbe arrivare da Ernesto Valverde. Il tecnico blaugrana potrebbe optare per un massiccio turnover. In fondo il Barcellona è già qualificato come primo e alle porte c’è l’impegnativa trasferta di sabato con la Real Sociedad e, soprattutto, il Clasico di mercoledì 18 dicembre con il Real Madrid.

                        Valverde sta valutando di far riposare molti titolari, tra cui Messi e Suarez oltre ai vari Busquets, Sergi Roberto, Lenglet, Piqué e Rakitic. Non avere contro Messi, fresco del sesto Pallone d’oro ma mai in rete con l’Inter nelle quattro partite disputate, e Suarez sarebbe un aiuto non da poco. Il Barcellona non è un bunker: solo tre volte in campionato è riuscita a non incassare gol. Ma serve un’Inter bella come a Barcellona, ma che duri fino in fondo, per fare l’impresa.



                        CorSera
                        ...ma di noi
                        sopra una sola teca di cristallo
                        popoli studiosi scriveranno
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                        «nessun vincolo univa questi morti
                        nella necropoli deserta»

                        C. Campo - Moriremo Lontani


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                          Pallotta pronto a cedere la maggioranza a Friedkin: accordo a un passo

                          IL TEMPO (A. AUSTINI - F. BIAFORA) - La svolta della Roma si avvicina. E assume i contorni di un passaggio epocale nella storia del club. Dan Friedkin sta per mettere le mani sul pacchetto di maggioranza della società giallorossa. Non più un passaggio a step graduali, quindi, ma un vero e proprio cambio della guardia al timone della Roma. I contatti tra il gruppo texano e James Pallotta sono quotidiani e vanno avanti spediti. Sostanziali novità sono attese nei prossimi giorni, se non addirittura nelle prossime ore.

                          La trattativa prosegue a passo svelto negli Stati Uniti, dove ha sede l’AS Roma Spv Llc, controllante del club giallorosso (e delle società relative allo stadio), e dove sono di base gli avvocati di fiducia dei due imprenditori americani: gli advisor italiani saranno chiamati a scrivere gli accordi sulla base delle intese raggiunte dai diretti interessati. La volontà di Friedkin, anche in virtù dell’ok finale imminente sul nuovo stadio, è quella di entrare direttamente prendendosi il controllo della Roma.

                          Il 53enne originario di San Diego e Pallotta stanno trovando la quadra sulle cifre dell'affare, partendo dalla valutazione globale di 1 miliardo di dollari da cui scalare i 273 milioni di euro di debiti del club e la quota di aumento di capitale da 150 milioni.

                          E al momento tutti i segnali vanno verso l’arrivo della fumata bianca. Pallotta, entrato nel mondo Roma nel 2011 e presidente del club dall’agosto del 2012, non avrebbe voluto vendere la società senza aver vinto un trofeo e senza aver avviato la costruzione dello stadio, ma è pressato dai soci presenti nel suo consorzio, che si sono stancati di investire denaro senza avere alcun ritorno. Nei giorni in cui è stato lanciato l'aumento di capitale, il presidente giallorosso ha informato gli amici investitori della possibilità di vendere e qualche settimana dopo si è manifestato l'interesse di Friedkin, che è riuscito a completare il suo obiettivo assegnerà un ruolo di primaria importanza al figlio Ryan, presente con lui nella Capitale nel viaggio di novembre. Mentre Pallotta potrebbe presentarsi presto a Roma, se l'affare andasse in porto Friedkin ha intenzione di confermare, almeno in una prima fase, l’attuale management, che dirige la società tra la sede dell'Eur e il centro sportivo di Trigoria. La settimana clou ha inizio.

                          IL TEMPO (A. AUSTINI - F. BIAFORA) - La svolta della Roma si avvicina. E assume i contorni di un passaggio epocale nella storia del club. Dan Friedkin sta per mettere le mani sul pacchetto di maggioranza della società giallorossa. Non più un passaggio a step graduali, quindi, ma un vero e prop...
                          ...ma di noi
                          sopra una sola teca di cristallo
                          popoli studiosi scriveranno
                          forse, tra mille inverni
                          «nessun vincolo univa questi morti
                          nella necropoli deserta»

                          C. Campo - Moriremo Lontani


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                            Sta passando in sordina uno scandalo arbitrale il fallo subito da Matuidi era rosso diretto e neanche il var è intervenuto, sarebbe stato di sua competenza.
                            Partita di vertice importantissima
                            Cura il tuo corpo come un tempio
                            Originariamente Scritto da M K K
                            Desade grazie di esistere
                            Originariamente Scritto da AK_47
                            si chiama tumore del colon, adenocarcinoma è la tipologia di tumore che colpisce le cellule dell'epitelio ghiandolare.

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                              Bentancur ne avrà per una decina di giorni. Salta sicuramente la champions e l'Udinese. Potrebbe rientrare per la Samp o per la Lazio in supercoppa.

                              Sani ci sono Pjanic, Matuidi, Can, Rabiot e presto anche Ramsey.
                              ...ma di noi
                              sopra una sola teca di cristallo
                              popoli studiosi scriveranno
                              forse, tra mille inverni
                              «nessun vincolo univa questi morti
                              nella necropoli deserta»

                              C. Campo - Moriremo Lontani


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                                Gazzetta
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                                sopra una sola teca di cristallo
                                popoli studiosi scriveranno
                                forse, tra mille inverni
                                «nessun vincolo univa questi morti
                                nella necropoli deserta»

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