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Attenzione: Calcio Inside! Parte III

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    Morto Diego Armando Maradona: el Pibe de Oro aveva appena compiuto 60 anni

    di Maurizio Crosetti

    Il leggendario calciatore argentino ha subito un arresto cardiocircolatorio nella sua casa di Tigre, in Argentina


    Quante vite dentro una vita che non c'era già più. Quante volte si è perso Diego, quante volte l'avevamo perduto, anche di vista. Maradona ricoverato, Maradona ingrassato, Maradona operato, Maradona tossico, Maradona dopato, Maradona alcolizzato, Maradona disintossicato, Maradona operato al cervello. E poi, ancora, Maradona con il bypass gastrico per salvarlo dalla bulimia (2005) una prima e una seconda volta (2015). Maradona e la cocaina, Maradona e l'efedrina, Maradona che sforna figli come gol: le due bambine (Dalma Nerea e Gianinna Dinorah) con la prima e storica moglie Claudia Villafane, poi Diego junior con Cristiana Sinagra, la ragazza napoletana che dovette combattere per anni in attesa che il campione riconoscesse quel figliolo identico a lui, non serviva il test del Dna per dimostrarlo, bastavano un paio d'occhi e una vecchia figurina. E poi, ancora, una bambina di nome Jana, avuta da una nuova fidanzata, tale Valeria Sabalaìn, e per chiudere un altro Diego, questa volta un Diego Fernando, figlio (ultimo) di Maradona e Veronica Ojeda. Amori, forse. Ma chi può dire cosa ciascuno porta nel cuore?

    Il più grande di tutti

    La prima vita di Diego resta immortale, e si può dire conclusa nel 1994 quando ai mondiali americani venne trovato positivo all'antidoping. Quel giorno, dopo il famoso urlo nella telecamera che era un ruggito, un barrito, il verso dell'animale tornato re di ogni foresta e di ogni savana, Diego Armando Maradona cominciò la sua morte prolungata come la "rottura" dei cavalli da corsa. Quando si comincia, non si finisce più. Anche di morire, a volte, non si finisce più. Ma se sei stato Maradona, cosa potrai mai essere dopo? Cosa potrai chiedere di più?

    Del giocatore, immenso e unico, praticamente una divinità, quasi non vale neppure la pena parlare. Sarebbe ovvio, superfluo. Sarebbe come voler dire chi era Odisseo, chi era Dante Alighieri, chi era Gesù Cristo nostro Signore, chi era Einstein, chi era il colonnello Aureliano Buendia. Trasfigurato dalla sua stessa gloria, probabilmente e semplicemente il più grande calciatore di tutti i tempi, Maradona è stato Uno e Due. Uno: il migliore e basta. Due: il perduto, lo smarrito.

    E questa sua seconda vita, lunghissima e dolente, è forse il miglior modo - sebbene tristissimo - per accompagnare il ricordo di Diego fino a questo epilogo tragico, un colpo di testa ma contro il pavimento e non contro un pallone, l'ematoma, il peggioramento repentino, il ricovero (l'ennesimo), le mani di un chirurgo purtroppo invano, l'operazione, la convalescenza, l'illusione, il cuore che alla fine non ne può più. La morte che ci annichilisce tutti.

    Ma alzi la mano chi da anni non si aspettava che Maradona facesse una brutta fine, coerente con la sua caduta nel pozzo. Uno scivolamento lento e costante, progressivo e senza tonfi ma ogni volta sempre più giù, sempre più in fondo dove nulla può rischiarare il buio, neppure il più bello dei gol, meno che mai la mano de Dios.

    Dall'Olimpo alla panchina

    La seconda vita (ma era poi vita?) di Diego lo ha visto diverse volte in panchina, tentando una carriera da allenatore piuttosto improbabile: la carriera, e anche l'allenatore. E dire che a un certo punto gli consegnarono addirittura la Nazionale dell'Argentina, a furor di popolo, e Maradona la portò comunque ai quarti di finale di un mondiale, quello in Sudafrica nel 2010, quando l'Albiceleste venne eliminata dalla Germania (e poi, Diego esonerato).

    Eppure, la ricerca del peggio e del limite, della periferia sportiva e della marginalità agonistica, Maradona l'ha compiuta con animo girovago e gitano, cominciando ad allenare persino durante la prima squalifica per doping: eccolo infatti nel 1994 sulla panchina del Textil Mandiyù, squadra argentina ai più sconosciuta. Una caratteristica, questo semi-anonimato dei club affidati a Dieguito, che proseguirà nel tempo in una serie bislacca che comprende l'Al-Wasli (Dubai), il Fujarah (Emirati Arabi), i Dorados (Messico), fino al ritorno in Argentina ma non certo al River Plate, o meno che mai al suo adorato Boca, semmai alla guida del Gimnasia La Plata. Come intermezzo non meno bizzarro, la presidenza onoraria di un club bielorusso, la Dinamo Brest, frammento di meteora nel firmamento del pallone.

    Nulla, di questa sua seconda vita coerente col disastro e lo sperpero di sé, ha avvicinato la meraviglia e l'estasi della prima. Molti sono stati gli incontri clamorosi, da Fidel Castro a Chavez passando per Menem, ma è sembrato un folclore emotivo, la disperata ricerca di essere ancora qualcosa di unico, di clamoroso. Diego lo ha fatto a cicli, sparendo e riapparendo altrove, una volta più magro e un'altra volta più grasso, una volta biondo ossigenato e un'altra volta totalmente tatuato. Sempre danzando sul confine tra una vita perduta e una morte scontata vivendo, come avrebbe detto il poeta.

    Però, ragazzi, il poeta era lui.

    ...ma di noi
    sopra una sola teca di cristallo
    popoli studiosi scriveranno
    forse, tra mille inverni
    «nessun vincolo univa questi morti
    nella necropoli deserta»

    C. Campo - Moriremo Lontani


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      Addio Diego, ricorderemo il 25 novembre 2020 come il giorno in cui è morto il calcio. Maradona è stato molto di più di un campione, è stato unico, è stato un eroe del 900, un umile proletario che ha riscattato la sua povera condizione e che tramite il calcio ha regalato gioia e felicità al mondo. Per Napoli è stato tutto, è stato il riscatto, la rivincita, lo scugnizzo che trionfa su tutto, il suo protettore. Napoli ha messo Maradona accanto a San Gennaro e Caruso. E’ stato il corazon dell’Argentina, il comandante degli ultimi. Un Che Guevera nel dorato mondo del pallone. Anni eroici, straordinari: è stata una fortuna poterlo vedere e ammirare, è stato gli anni più belli della nostra vita

      In cuor nostro lo sapevamo da tempo, ma non volevamo confessarcelo. Diego era vivo, ma stava correndo verso la fine. Tutta la sua vita – sempre a 300 all’ora, incredibile, esaltante, assurda, vissuta tutta d’un fiato – è stata una lunga corsa verso la morte, ci ha giocato talmente tanto con la sua vita, l’ha logorata, l’ha talmente vissuta che quel giorno è arrivato molto, troppo presto: oggi, mercoledì 25 novembre. Il giorno in cui è morto il calcio.

      Non avrebbe potuto essere diversamente, purtroppo. Diego Armando Maradona ha fatto meraviglie col proprio corpo e la propria intelligenza, ma di quello stesso corpo ha abusato, indugiando pericolosamente con la droga e l’alcol. Diego ha sempre messo insieme gli estremi più lontani, il paradiso e l’inferno. Ma il paradiso lo ha regalato a tutti, al mondo intero e l’inferno lo ha riservato solo a se stesso. Per questo tutti gli hanno voluto bene, ammirato, venerato come un dio, una religione. Un dio buono, generoso, non arrogante, non superbo, uno che abbracciava i popoli.

      Maradona è stato un dio pagano, un’icona del 900, un simbolo, un Che Guevara del pallone (lo aveva tatuato sul braccio), un proletario alla guida di una rivoluzione, il povero che riscatta la sua umilissima condizione e diventa un eroe dello sport. E non solo. Per Napoli Maradona è stato il riscatto, due scudetti e una Coppa Uefa che hanno risollevato la città da una condizione di subordinazione, spesso umiliazione, uno da mettere accanto a San Gennaro e Caruso. Non è esistito nessuno che non sia stato più napoletano di Maradona a Napoli: una storia d’amore perfetta, totale, struggente.

      Come calciatore Diego non è stato la perfezione è stato molto di più. Perché Diego non è mai stato solo un insieme di qualità tecniche, di stop e dribbling, era un catalizzatore, uno spirito guerriero ora rabbioso ora divertito. Si è sempre detto che il Mondiale con l’Argentina lo vinse da solo, che non è vero, ma che la leggenda ha tramandato così. Il culmine è stata la famosa partita con l’Inghilterra: il più bel gol della storia e il più truffaldino della storia “la mano de Dios”.


      ***

      Non un solo giorno della sua vita è stato vissuto nell’ombra. Quando lo intervistano da ragazzino dice: “giocherò per l’Argentina e vincerò il Mondiale“. La sua storia è viva, presente, toccante, ognuno ha un qualcosa, un ricordo legato agli anni straordinari di Maradona. Le sue partite, le sue storie sono riferimenti del tempo. Quei giorni a cavallo tra il giugno e il luglio 1984 li vivemmo con grande elettricità, ma anche allegria, felicità, esaltazione a Repubblica. Passavamo le notti attaccati al telefono a cercare ed aspettare notizie da Barcellona: arriva o non arriva? Era un’attesa che montava, Diego già allora era il mito, il non plus ultra, il calciatore per eccellenza. Fino a quando non salì le famose scale di un San Paolo gremito (5 luglio 1984), per una foto rimasta scolpita nella storia del football e degli anni 80.

      Diego ha cambiato la storia sociale di Napoli, ha dato felicità ma soprattutto orgoglio agli scugnizzi che tutto sommato erano tanti ragazzini proprio come lui. Diego ha amato Napoli come nessuno, è stato protagonista di duelli eroici col Milan e la Juventus, attraverso i suoi murales che tappezzano i muri Diego sorveglia e protegge i quartieri spagnoli. Per l’Argentina è stato l’identificazione nazionale, un uomo del popolo, un fratello, uno di famiglia. Ne è stato il cuore, il corazon. Ma è il mondo intero ad averlo perso.

      Diego Maradona è stato qualcosa di unico, è stata una fortuna averlo potuto vedere dal vivo, guardarlo giocare, osservare l’effetto che faceva sulla gente, e sugli stadi stracolmi di passione per ammirarlo. Gli anni più belli che abbiamo mai vissuto.

      In cuor nostro lo sapevamo da tempo, ma non volevamo confessarcelo. Diego era vivo, ma stava correndo verso la fine. Tutta la sua vita - sempre a 300 all'ora, incredibile, esaltante, assurda, vissuta tutta d'un fiato - è stata una lunga corsa verso la morte, ci ha giocato talmente tanto con la sua vita, l'ha logorata, l'ha talmente vissuta che quel giorno è arrivato molto, troppo presto: oggi, mercoledì 25 novembre. Il giorno in cui è morto il calcio. (*) Non avrebbe potuto essere diversamente, purtroppo. Diego Armando Maradona ha fatto meraviglie col proprio corpo e la propria intelligenza, ma di quello stesso corpo ha abusato, indugiando pericolosamente con la droga e l'alcol. Diego ha sempre messo insieme gli estremi più lontani, il paradiso e l'inferno. Ma il paradiso lo ha regalato a tutti, al mondo intero e l'inferno lo ha riservato solo a se stesso. Per questo tutti gli hanno voluto bene, ammirato, venerato come un dio, una religione. Un dio buono, generoso, non arrogante, non
      Last edited by Sean; 26-11-2020, 06:26:57.
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        L’Inter di Conte non c’è proprio, continua a scivolare sempre più in basso in una Champions League disastrosa. Ancora una netta sconfitta contro il Real Madrid, follia di Vidal che si fa espellere su doppia ammonizione per andare a protestare in maniera veemente con l’arbitro. In dieci è stata impossibile la rimonta come era successo col Torino. La qualificazione agli ottavi ormai è un’ipotesi solo teorica.

        Clamorosa rivincita invece dell’Atalanta ad Anfield, che riscatta il brutto 0-5 di Bergamo: Liverpool dominato con Papu Gomez e Ilicic protagonisti. Insomma il miracolo continua…

        Inter-Real Madrid 0-2
        Parla il risultato e parla la classifica: l’Inter è ultima di un girone di cui non ha vinto una sola partita. Anche quest’anno, dopo il precedente, si sta avvicinando pericolosamente all’esclusione da un traguardo che per una grande squadra – o che almeno si prefigge di essere – dovrebbe essere solo il minimo, il primo gradino di ingresso in una certa élite europea. Quattro partite deludenti, sbagliate, non consone per una società, una squadra e un allenatore che su certi traguardi hanno investito tempo, impegno e soprattutto un’enorme quantità di denaro.

        Il Real Madrid ha sbattuto la porta in faccia all’ Inter, sconfitta al Bernabeu, sconfitta a San Siro, ma quello che pesa di più alla fine sono addirittura i sei punti di distacco dal Borussia Moenchengladbach. Al momento la squadra sui cui l’Inter doveva fare la corsa.

        E’ una situazione niente affatto isolata, casuale ma anzi ripetuta e ricorrente. E dunque ancor più grave. In campionato le cose non stanno messe poi molto differentemente: la rimonta sul Torino aveva solo parzialmente coperto i problemi. E’ una situazione di cui chieder conto a molti, forse a tutti. L’ Inter oggi è una squadra che ha paura di giocare e soprattutto di prendere gol, per questo si imbottisce di difensori e finisce col privare il centrocampo di qualità e perdere il confronto con l’avversario. E di conseguenza il controllo della partita.

        Perdere col Real Madrid (anche se questo Real non è il massimo) ci sta, chiedere sempre gol a Lukaku non è possibile anche se a volte bisognerebbe sceglierli e selezionare a chi farli i gol, giocarsi più di mezza partita in dieci perché Vidal deve aggredire verbalmente più volte l’arbitro farsi ammonire due volte e dunque espellere, proprio no, è una follia. Vidal è un simbolo dell’Inter di oggi, rappresenta quell’Inter “instant team” voluta da Antonio Conte, al posto di altri più giovani (vedi Tonali), per vincere subito. C’è evidentemente qualcosa, anzi molto, che non torna.


        ***


        Liverpool – Atalanta 0-2
        Ilicic e Gosens sbancano Anfield. L’ Atalanta è ancora la stessa identica squadra dello scorso anno. Quella che si avvia verso l’esclusione e il ritorno nei ranghi e all’improvviso dà la sterzata, inverte la rotta, ritorna in corsa. Lo scorso anno perse le prime tre partite poi ribaltò il tavolo della qualificazione e arrivò addirittura fino alla fase finale di Lisbona. Quest’anno parte discretamente poi si ritrova davanti al Liverpool di Klopp e a Bergamo ne incassa addirittura 5, per poi restituire il ko al match successivo. Non è stata una vittoria casuale, Gasperini ha preso lezione dagli schiaffi presi dal Liverpool, i bergamaschi hanno sempre controllato la gara, sono arrivati più volte vicino al gol. Insomma una grande prova di carattere, con Papu Gomez e Ilicic sempre determinanti. E’ sempre difficile gestire campionato e Champions insieme ma l’Atalanta, oltre a essere in corsa per gli ottavi con Liverpool e Ajax, sta ritrovando se stessa.

        UEFA CHAMPIONS LEAGUE 2020-2021 FASE A GIRONI Giornata n.4 Mercoledì 25 novembre 2020 Borussia Moenchengladbah - Shakhtar Donetsk (B) 4-0 (17' Stindl rig BM, 34' Elvedi BM, 45'+1' Embolo BM, 77' Wendt) Olympiacos Pireo - Manchester City (C) 0-1 (36' Foden MC) Bayern Monaco - Salisburgo (A) 3-1 (43' Lewandowski BM, 52' Wober aut. BM, 68' Sané BM, 73' Berisha S) Atletico Madrid - Lokomotiv Mosca (A) 0-0 Inter - Real Madrid (B) 0-2 (7' Hazard rig RM, 59' Rodrygo RM) Marsiglia - Porto (C) 0-2 (39' Zaidu Sanusi P, 72' Sergio Oliveira rig) Ajax - Midtjylland (D) 3-1 (47' Gravenberch A, 49' Mazraoui A, 66' Neres A, 81' Mabil rig M) Liverpool - Atalanta (D) 0-2 (60' Ilicic A, 64' Gosens A) *** Martedì 24 novembre 2020 Rennes-Chelsea (E) 1-2 (22' Hudson Odoi C, 85' Guirassy R, 90'+1' Giroud C) Krasnodar - Siviglia (E) 1-2 (4' Rakitic S, 56' Wanderson K, 90'+5' Munir S) Lazio-Zenit San Pietroburgo (F) 3-1 (3' Immobile L, 25' Dzyuba Z, 22' Parolo L, 55' Immobile rig L) Borussia Dortmund - Bruges
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          UEFA CHAMPIONS LEAGUE 2020-2021
          FASE A GIRONI
          Giornata n.4
          Mercoledì 25 novembre 2020

          Borussia Moenchengladbah – Shakhtar Donetsk (B) 4-0

          (17′ Stindl rig BM, 34′ Elvedi BM, 45’+1′ Embolo BM, 77′ Wendt)

          Olympiacos Pireo – Manchester City (C) 0-1
          (36′ Foden MC)

          Bayern Monaco – Salisburgo (A) 3-1
          (43′ Lewandowski BM, 52′ Wober aut. BM, 68′ Sané BM, 73′ Berisha S)

          Atletico Madrid – Lokomotiv Mosca (A) 0-0

          Inter – Real Madrid (B) 0-2
          (7′ Hazard rig RM, 59′ Rodrygo RM)

          Marsiglia – Porto (C) 0-2
          (39′ Zaidu Sanusi P, 72′ Sergio Oliveira rig)

          Ajax – Midtjylland (D) 3-1
          (47′ Gravenberch A, 49′ Mazraoui A, 66′ Neres A, 81′ Mabil rig M)

          Liverpool – Atalanta (D) 0-2
          (60′ Ilicic A, 64′ Gosens A)
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          C. Campo - Moriremo Lontani


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            Originariamente Scritto da Liam & Me Visualizza Messaggio
            Le storie di maradona hanno tutte dell'incredibile, soprattutto quelle legate alla sua infanzia.

            Alcune le racconto' alcuni anni fa (benissimo) Federico Buffa, video qui sotto.

            Molto belle le frasi usate nella sigla, una sulla Juve che mi ha sempre colpito: "se fossi finito alla Juve avrei avuto una carriera piu' lunga, tranquilla, vincente. Non rimpiango nulla, ma per quel club ho sempre avuto ammirazione e rispetto".
            Certamente sarebbe stato un sogno anche per noi: ti immagini? Si sarebbe passati da Platini (ormai al suo tramonto) a Maradona.

            Nel suo libro di memorie, scritto ormai anni fa, Boniperti raccontò che provò a prendere Maradona all'alba degli '80 ma che ci fu il veto della federazione argentina al trasferimento all'estero dei propri giocatori, in vista del Mundial di Spagna.

            L'Avvocato la raccontava però in maniera diversa, e cioè che ricevette una chiamata da Sivori che gli segnalava questo giovanissimo straordinario e che dunque Agnelli disse a Boniperti di prenderlo...con Boniperti che gli rispose: "ma chi è? Ha un nome che pare una bestemmia"...e lasciò stare o comunque fece un tentativo poco convinto.

            Comunque stiano le cose, Maradona era un uomo di eccessi, un uomo che prendeva la vita a morsi, tutta quanta: forse questa bulimia (di talento, di genio, ma anche di vizi e stravizi) aveva radice nella povertà e nella fame patite da bambino, quando giocava tra le baracche con un pallone di stracci, con quella sua faccia da scugnizzo - dove sopra vi era dunque già impressa una direzione futura, non potendo che finire a Napoli.

            La Torino degli anni '80 era la città della FIAT, con i suoi orari aziendali, le ordinate masse operaie, la vita orientata ai ritmi della produzione. Torino era la capitale decaduta che ancora però viveva nel segno dell'antico modo e mondo sabaudo: la discrezione, la disciplina, i toni ovattati e le maniere educate: Maradona dove avrebbe potuto trovare sfogo a tutta quella sua fame di vita tra gli ampi e quasi metafisici palazzi e viali della "piccola Parigi" piemontese? Forse i suoi demoni, invece di placarsi, si sarebbero moltiplicati, non potendo trovare sfogo - in anni poi dove alla Juventus, quando ti presentavi, la prima cosa che si faceva era spedirti dal barbiere per dare un taglio a chi avesse i capelli fuori posto, e Maradona sulla testa non aveva solo un cespuglio di capelli ma anche il massimo genio e la massima sregolatezza, dove non sarebbe bastato un colpo di forbici per irreggimentarli.

            Napoli è stato il suo approdo naturale, dove le sue passioni hanno potuto trovare sfogo compiuto, e dunque anche la sua classe, perchè nel suo caso non si possono scindere vita e calcio: Maradona va preso tutto intero, trovando nella prima la molla, la carica per il secondo, l'ispirazione per la sua arte.

            Ciascuno ha il suo modo e il suo tempo e anche il suo luogo più giusti, che meglio lo rappresentano: Platini, con la sua erre alla francese, i suoi modi, la sua classe, le sue battute fulminanti, le buone frequentazioni, era l'interprete perfetto per quella città e per quella squadra; Maradona lo fu per Napoli e per il Napoli, lì dove tutto si fuse assieme: vita, calcio, genio e follia, passione e depressione, dove la vita la si vive in piazza e dove il cielo finisce sulla terra e viceversa, dove solo era possibile venire issati su di un piedistallo e adorati al pari di un santo o di un salvatore, dando tutto e tutto in cambio ricevendo.
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              Se ci si pensa, che vita incredibile che ha vissuto.
              Nel bene e nel male.

              Inviato dal mio SM-G988B utilizzando Tapatalk
              Originariamente Scritto da Sean
              Tu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.

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                    CorSera
                    ...ma di noi
                    sopra una sola teca di cristallo
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                      Eriksen a 4 minuti dalla fine è veramente una porcata ...
                      Ma dov'è la società?
                      Originariamente Scritto da Marco pl
                      i 200 kg di massimale non siano così irraggiungibili in arco di tempo ragionevole per uno mediamente dotato.
                      Originariamente Scritto da master wallace
                      IO? Mai masturbato.
                      Originariamente Scritto da master wallace
                      Io sono drogato..

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                          Originariamente Scritto da germanomosconi Visualizza Messaggio
                          Eriksen a 4 minuti dalla fine è veramente una porcata ...
                          Ma dov'è la società?
                          in cina
                          Originariamente Scritto da Pesca
                          lei ti parla però, ti saluta, è gentile, sei tu la merda hunt

                          Commenta


                            Originariamente Scritto da germanomosconi Visualizza Messaggio
                            Eriksen a 4 minuti dalla fine è veramente una porcata ...
                            Ma dov'è la società?

                            La società dovrebbe essere rappresentata dal facente funzioni Marotta...che però sta zitto, e anzi asseconda in tutto e per tutto (a partire da certe stramberie di mercato) Conte, per non farlo alterare.

                            L'Inter ha fatto in 4 partite di champions 2 punti: non ne ha ancora vinta una. Un girone dove dovrebbe essere almeno seconda dietro al Real.

                            Per il secondo anno consecutivo rischia l'esclusione dagli ottavi e questo a fronte di forti investimenti. Pure Gasperini fa meglio, pure Inzaghi con la Lazio, che è da 10 anni che non si presentano in champions.

                            Conte ha voluto l'instant team, cioè ha scelto gente "pronta" per avere subito risultati: ottimo...peccato che pronta è diverso da bollita. Vidal si sa che è quei giocatori che si consumano in fretta. Kolarov è al massimo un panchinaro.

                            Se poi Eriksen lo panchini perchè hai la fisima dei carneadi (Gagliardini) e se ci mettiamo che i veri nuovi acquisti (il solo Hakimi in pratica) non rendono, ecco che il quadro è completo, con Conte fisso nei suoi dogmatismi e incapace di dare alla sua carriera un cambio, una veste nuova.
                            Last edited by Sean; 26-11-2020, 08:32:11.
                            ...ma di noi
                            sopra una sola teca di cristallo
                            popoli studiosi scriveranno
                            forse, tra mille inverni
                            «nessun vincolo univa questi morti
                            nella necropoli deserta»

                            C. Campo - Moriremo Lontani


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                              Originariamente Scritto da germanomosconi Visualizza Messaggio
                              Eriksen a 4 minuti dalla fine è veramente una porcata ...
                              Ma dov'è la società?
                              A me sembra che con ogni allenatore succede la stessa cosa

                              Spalletti faceva uguale

                              Quindi o all'Inter si rincoglioniscono, o sono ordini della proprietà
                              Originariamente Scritto da huntermaster
                              tu ti sacrifichi tutta la vita mangiando mer da in bianco e bevendl acqua per.farti le seghe nella tua kasa di prigio.
                              Originariamente Scritto da luna80
                              Ma come? Non avevi mica posto sicuro al McDonald's come salatore di patatine?

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                                Originariamente Scritto da Luke91 Visualizza Messaggio
                                A me sembra che con ogni allenatore succede la stessa cosa

                                Spalletti faceva uguale

                                Quindi o all'Inter si rincoglioniscono, o sono ordini della proprietà
                                Non mi pare che per il Danese il problema sia la società
                                Originariamente Scritto da Marco pl
                                i 200 kg di massimale non siano così irraggiungibili in arco di tempo ragionevole per uno mediamente dotato.
                                Originariamente Scritto da master wallace
                                IO? Mai masturbato.
                                Originariamente Scritto da master wallace
                                Io sono drogato..

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