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Attenzione: Calcio Inside! Parte III

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    Inter-Torino: le formazioni e dove vederla in tv. Conte si aggrappa a Lukaku, Giampaolo perde Lukic

    Il tecnico nerazzurro in vista della sfida con i granata chiude ancora la porta a Eriksen: «Ha avuto occasioni, ha giocato anche di più di altri: quando lo riterrò opportuno lo sceglierò»

    Il campionato non aspetta più nessuno. L’Inter deve accelerare, il Torino confermare di aver imboccato la strada per risalire. Antonio Conte approccia senza ansie una settimana impegnativa e decisiva. La sosta per le Nazionali gli ha tolto altri due petali dalla rosa, Brozovic e Kolarov colpiti dal Covid, oltre a Padelli già fuori, però gli ha restituito attaccanti in forma e carichi di gol. L’Inter è obbligata a fare il pieno di vittorie, con Torino, Real Madrid e Sassuolo (quasi sempre fonte di amarezze in questi anni), per riposizionarsi in alto in campionato e non far appassire le speranze qualificazione in Champions. «Concediamo pochissimi tiri in porta, ma c’è un’alta percentuale realizzativa quando ci tirano contro. Noi dobbiamo essere più bravi in zona gol», sottolinea Conte.


    Non basta avere in attacco Lautaro e Lukaku. La criticità evidenziata dal tecnico è reale, la squadra non finalizza per quanto produce, questo costa punti e «alla fine oltre alla prestazione servono i risultati». Conte si aggrappa al totem Lukaku, rientrato dalla trasferta con il Belgio dopo una doppietta. Una sfida tra bomber quella con Belotti. Anche il Gallo ha lasciato il segno con l’Italia, realizzando la prima rete contro la Bosnia. Centravanti dai numeri importanti, capaci nelle loro carriere di club di segnare tanto: 235 reti Lukaku, 143 Belotti.

    I granata però sono stati falcidiati dal coronavirus. Il tecnico Giampaolo non ci sarà e in panchina andrà il vice Conti: «L’Inter è una delle squadre più forti d’Italia, i numeri non rispecchiano la classifica. Sfida Lukaku-Belotti? Andrea è l’anima e lo spirito del Toro, ma un duello non determina l’esito di una partita». Pesano però tra i granata le assenze di quattro giocatori positivi al Covid, i cui nomi non sono stati ufficializzati. Fuori dalla lista dei convocati: Ujkani, Gojak, Lukic e Vojvoda. La perdita di Lukic è la più pesante e costringe Giampaolo a pensare due alternative. Una più spregiudicata con Verdi dietro Belotti e Zaza o Bonazzoli, l’altra più gettonata con uno schema a specchio dell’Inter, con Verdi e Belotti di punta. La difesa a tre è sì inusuale per Giampaolo, ma non stravolge i movimenti dei tre centrocampisti centrali.

    Conte invece non può non pensare alla sfida di mercoledì con il Real Madrid, ma neppure non considerare che non vince a San Siro dall’esordio in campionato contro la Fiorentina. Il punto di svolta e di accelerata è oggi. Contro il Torino s’apre un mese terribile, con ben dieci partite nei prossimi 33 giorni: un inferno da cui l’Inter deve uscire scalando posizioni. Possibile turnover in difesa con D’Ambrosio e Ranocchia, mentre in attacco resiste un ballottaggio Lautaro-Sanchez. «Essere considerati competitivi significa che in poco tempo abbiamo fatto qualcosa di miracoloso. C’è molto equilibrio, tante squadre si sono rinforzate e questo rende il campionato più attraente. Mi auguro ci sia sempre onestà intellettuale da parte di chi dà giudizi», la stoccata del tecnico. «Si vede sempre il bicchiere mezzo vuoto».

    Di sicuro a vederlo asciutto è Christian Eriksen. Il danese in Nazionale splende, nell’Inter è opaco come una pietra di bigiotteria. Lukaku si è offerto di aiutarlo con l’italiano, ma non è solo un problema di lingua. «Ha avuto occasioni, ha giocato e anche di più di altri: quando lo riterrò opportuno lo sceglierò» taglia Conte. Costretto però a sfatare il mito di un possibile cambio di posizione. «No, non può giocare più basso, alla Pirlo. Lo penalizzerebbe troppo. Ha una dote importante: il tiro. Se gli levi la miglior dote lo snaturi, quindi il mio giudizio tecnico è no». Eriksen rimane un elefante nella stanza, a gennaio si farà il possibile per cederlo. L’Inter non può aspettarlo, ora c’è bisogno di correre forte e tornare a vincere.


    Inter 3-5-2: Handanovic; D’Ambrosio, Ranocchia, Bastoni; Hakimi, Gagliardini, Vidal, Barella, Young; Sanchez, Lukaku
    Torino 3-5-2: Sirigu; Bremer, Nkoulou, Lyanco; Singo, Meité, Rincon, Linetty, Ansaldi; Verdi, Belotti.
    Arbitro: Federico La Penna
    Tv
    : ore 15 Dazn


    CorSera
    ...ma di noi
    sopra una sola teca di cristallo
    popoli studiosi scriveranno
    forse, tra mille inverni
    «nessun vincolo univa questi morti
    nella necropoli deserta»

    C. Campo - Moriremo Lontani


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      DOMENICA 22 NOVEMBRE
      12:30 Fiorentina-Benevento
      15:00 Verona-Sassuolo
      15:00 Inter-Torino
      15:00 Roma-Parma
      15:00 Sampdoria-Bologna
      18:00 Udinese-Genoa
      20:45 Napoli-Milan
      ...ma di noi
      sopra una sola teca di cristallo
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        Ragazzi ma di Haaland che vogliamo dire?
        Fenomeno vero oppure no?
        Mai vista una roba simile.









        "Pensare alla morte, pregare. C'è pure chi ha ancora questo bisogno, e se ne fanno voce le campane.
        Io non l'ho più questo bisogno, perché muoio ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi:
        vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori".

        (L. Pirandello)

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          Originariamente Scritto da marcu9 Visualizza Messaggio
          Romario è vicino...



          e biscan i goal li ha segnati nell'oratorio della parrocchia
          ps mostruoso haaland
          Originariamente Scritto da SPANATEMELA
          parliamo della mezzasega pipita e del suo golllaaaaaaaaaaaaazzzoooooooooooooooooo contro la rubentus
          Originariamente Scritto da GoodBoy!
          ma non si era detto che espressioni tipo rube lanzie riommers dovevano essere sanzionate col rosso?


          grazie.




          PROFEZZOREZZAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA

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            ho appena visto gli highlights della juve
            CR7 impressionante......partita pazzesca.
            La sensazione comunque è che tutti abbiano giocato bene.

            arthur? come è andato? Io continuo a pensare sia un fenomeno
            Originariamente Scritto da SPANATEMELA
            parliamo della mezzasega pipita e del suo golllaaaaaaaaaaaaazzzoooooooooooooooooo contro la rubentus
            Originariamente Scritto da GoodBoy!
            ma non si era detto che espressioni tipo rube lanzie riommers dovevano essere sanzionate col rosso?


            grazie.




            PROFEZZOREZZAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA

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              Addirittura un fenomeno? L'hai visto giocare così tanto al Barça?

              chiedo perchè, al contrario, so appena come si scriva il suo nome (che per te è una novità, lo so)
              Originariamente Scritto da GoodBoy!
              modroc - yy

              piquet - gabbiani

              acquilani - manchini

              maybe - Vendola

              mandjukic - Sjneider

              lialicic - Kongobia

              il Mangio - Cointreau

              izco - Mihajlovich

              Bonacci - Falcata

              Cancrena - Val di fiori

              mouse - Sczesjky

              Jo Amo Mario - Ronado - Juliano

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                definirlo fenomeno mi pare esagerato, per ora ha dimostrato un pò, di essere un signor giocatore, superiore agli ultimi anni di pjanic sicuramente
                (ride)

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                  Ieri Arthur bene. Poi fenomeno non lo so...mi accontenterei di avere un ottimo centrocampista, visto che quello è il punto dolens della rosa (non segna mai nessuno da lì tra l'altro).

                  Occorre aspettare partite più probanti.
                  ...ma di noi
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                  popoli studiosi scriveranno
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                    La Roma vuole salire in alto

                    IL TEMPO (F. BIAFORA) - Via alle grandi fatiche pre-natalizie. Per la Roma di Fonseca il primo dei dieci appuntamenti in programma nel prossimo mese tra campionato ed Europa League è rappresentato dal Parma, reduce da due pareggi consecutivi prima della sosta per le nazionali. L’undici giallorosso sarà orfano di due pilastri come Dzeko e Smalling, uno non convocato a causa della persistente positività al Covid (out per lo stesso motivo anche Santon, Fazio e Kumbulla) l’altro per non essere riuscito a smaltire i postumi di una forte intossicazione alimentare, mentre Pellegrini, con un solo allenamento sulle gambe dopo le visite di idoneità, è stato convocato ma partirà dalla panchina.


                    Le assenze eccellenti non devono rappresentare un alibi per Pedro e compagni, imbattuti da inizio stagione sul campo (ancora non è stata presa una decisione sul ricorso al Coni per il 3-0 a tavolino con il Verona) e smaniosi di approfittare del mezzo passo falso dell’Atalanta e dello scontro diretto di stasera tra Napoli e Milan. La formazione appare quasi scontata dopo gli annunci in conferenza stampa di Fonseca, che ha deciso di dare fiducia a Borja Mayoral al centro dell’attacco e a Villar a centrocampo, con Cristante arretrato al centro della difesa.


                    Per i due spagnoli sarà un’importante occasione per mostrare le loro qualità, cercando di convincere il tecnico portoghese a confermarli poi anche nella trasferta europea con il Cluj. «Abbiamo lavorato tutti insieme per costruire un’identità, la squadra ha una costruzione e un’identità più chiara. Oggi la rosa conosce meglio quelle che sono le mie idee, gioca insieme in una forma diversa. I risultati portano serenità a tutti noi e principalmente rinforzano il nostro modo di giocare e l’atteggiamento dei giocatori», il messaggio di profonda fiducia lanciato da Fonseca nei confronti dei suoi calciatori [...].

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                      Progetto, costi e guai: Tor di Valle frena. Tocca al Flaminio

                      Sempre più in salita il progetto di Tor di Valle. Oltre al pignoramento da 1,6 mln sui terreni, i veri nodi della questione sono due. Il primo è politico, visto che la maggioranza, nonostante le promesse della sindaca Raggi, non assicura la tenuta per il via libera. Il secondo riguarda la Roma, a cui il progetto non convince più per i costi, per la zona e per la filosofia (pre-Covid) che sottende. Prende quota dunque l'idea di spostare il progetto allo stadio Flaminio, il club gradirebbe un impianto in centro, da ristrutturare in un paio d’anni, con una capienza di 45.000 posti e non spendendo più di 350 milioni, compresi gli scavi per i parcheggi. Possibile? Il Flaminio è di proprietà del Comune, che rischia la causa da parte della Roma per i tanti ritardi. E allora una soluzione potrebbe essere questa: il club rinuncia a chiedere i danni e ottiene dal Comune una concessione dell’impianto per 99 anni. Anche se non sarà una cosa facile.


                      (gasport)
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                      C. Campo - Moriremo Lontani


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                        La vicenda dello stadio della Roma può essere riassunta così: una presa in giro lunga 9 anni, dunque 9 anni buttati (assieme ad 80 milioni per progetti&varie).

                        Non c'è mai stata la reale volontà, da parte delle amministrazioni locali, di fare lo stadio o di farlo lì, anche perchè altrove (all'estero) in 9 anni ne fanno due di stadi.

                        Era quello il vero scopo di Pallotta: persa la speranza di veder concretizzato quel progetto, Pallotta ha ceduto il club. Ora vedremo se i Friedkin avranno miglior sorte. Io scommetto che se bussassero alle porte dei soliti noti (i grandi costruttori romani, quelli ben ammanicati e che hanno i loro terreni) lo stadio avrebbe forti chance di farsi.
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                          «Mondiali 1982. La rivincita»
                          Il romanzo dei campioni
                          (e delle polemiche sui giornali)


                          Il libro di Francesco De Core ricostruisce l’avventura di Bearzot e dei suoi ragazzi: la diffidenza iniziale e l’esplosione di gioia collettiva dopo il trionfo

                          Eravamo bambini. O comunque più giovani, appassionati, e il calcio era ancora soltanto un gioco. Quel Mondiale 1982 è diventato il racconto di una generazione, la nostra epica condivisa. L’allenatore saggio con la pipa, la partita a scopa sull’aereo, Pablito che la butta dentro, le più grandi messe in fila e fatte a pezzi, e poi l’urlo di Tardelli, e il presidente Pertini che scatta in piedi, agile come un grillo, vecchio come un partigiano. Un racconto che non annoia mai, la nostra Odissea. Il libro del giornalista casertano Francesco De Core, Mondiali 1982, La rivincita, di recente uscito per i tipi della Diarkos, si colloca proprio qui, in un comune orizzonte, dove i ricordi si mescolano, formando un solido immaginario che tutti sono in grado di interpretare. Ed è un romanzo, con i suoi protagonisti, le avventure, le iniziali sconfitte dopo i promettenti esordi, e poi la rinascita, la cavalcata verso il successo.

                          Scirea e gli altri, tutto comincia in Argentina


                          «Non ci sarà ‘82 senza ‘78», scrive De Core nel capitolo iniziale del libro. Perché l’impresa spagnola comincia 4 anni prima, in Argentina. Un gruppo ancora acerbo, ma in cui Bearzot aveva individuato semi di grandezza da far germogliare. In Argentina compaiono sulla scena Paolo Rossi e Antonio Cabrini, che si andranno a sommare agli altri titolari che rivedremo 4 anni dopo, e quindi Zoff, Tardelli, Gentile, e il magistrale Gaetano Scirea, cui è dedicato l’emozionante prologo del libro, scritto in prima persona: «Dicono che ho un portamento nobile perché gioco sempre con la testa alta. Guardo oltre»

                          Il vecio

                          Enzo Bearzot è l’artefice, il demiurgo di questa Italia. De Core lo descrive come un previdente e ossessivo stratega, ma anche un uomo capace di rischiare, che osa sfidare i totem della tradizione calcistica italiana, e che per questo motivo sarà a lungo criticato e messo in croce da una stampa specializzata, anche dalle firme più celebri, che dovranno però ricredersi e fare marcia indietro. «Il Vecio» è una cortina di silenzio eretta col fumo denso della sua pipa, una statua smagrita e sempre concentrata, lo scudo che protegge i giocatori. Seguendo i suoi insegnamenti raggiungeranno vette impensabili.


                          Quel gol di Conti che ci salvò

                          Mondiali 1982. La rivincita segue passo dopo passo, giorno dopo giorno, la spedizione azzurra in Spagna. Per chi ha vissuto quei giorni con trepidante partecipazione, sembrerà di tornare ragazzi, ritrovando un’esperienza che ai tempi prendeva corpo sulle pagine dei giornali di carta . Tre pareggi nelle prime tre partite del girone. I critici martellano, al coro si aggiunge anche il presidente federale, Federico Sordillo: «Se continua così, torniamo subito a casa». E invece gli azzurri afferrano la qualificazione con il punteggio minimo, salvati dal gol in più infilato da Conti nella porta del Perù. Poi avverrà il miracolo.


                          La sfida ai mostri sacri

                          Nella fase successiva incontrano Brasile e Argentina, la summa del miglior calcio mondiale: «Si chiamano Maradona, Passarella, Zico, Falcao, Kempes, Socrates, Ardiles, Eder. I numeri uno. I più quotati». Sintetizza De Core, mischiando volutamente albiceleste e verdeoro, in un unico barattolo di talento. Ma il gioco sfrontato, eppure calcolato al millesimo, di Bearzot e dei suoi ragazzi verrà esaltato nel confronto con i mostri sacri sudamericani. I giornalisti si dividono in quei giorni tra scettici e berzottiani. Ed è divertente ritrovare nel libro le battaglie dialettiche a colpi di editoriali e pepatissimi corsivi. Dinamiche che l'autore, vicedirettore del Corriere dello Sport, conosce molto bene.


                          Pablito goleador

                          Il Mundial rappresentò la consacrazione di Paolo Rossi. Quella Coppa che stringe amorevole sull’aereo che riporta in Italia i campioni, è forse un pizzico più sua che degli altri pur meritevoli componenti della squadra. Al Brasile rifilò una tripletta, all’attonita Polonia di Boniek, una doppietta. Per poi riaffiorare in finale, per il sigillo finale. Sei gol, miglior marcatore. «Pablito è il re del Mundial», titola il Corriere della Sera.


                          La finale imparata a memoria

                          La notte di Madrid è come una filastrocca che si impara da bambini e non si dimentica più. «Quella partita palpiterà per sempre», scrive De Core, che nel 1982 aveva 17 anni. Perché «Rossi-Tardelli-Altobelli» è una successione di clamorosi tonfi al cuore. Tre gol, belli o brutti conta poco, sono ormai scolpiti nella memoria collettiva, assieme agli episodi minori, ma altrettanto utili al dipanarsi della trama: il rigore sbagliato di Cabrini, le forsennate corse sulla fascia di Paolo Conti, le rudi marcature di Gentile e di un giovanissimo Beppe Bergomi sull’attacco tedesco guidato dal diavolo biondo Rummenigge, e in panchina Bearzot, il vecio, «condottiero in questo romanzo di cappa e spada». Gli azzurri torneranno in Italia «ubriachi di gioia». E la stampa nel frattempo convertita all’unisono eleva inni di ammirazione agli azzurri. «Al diavolo i malevoli i cacaminuzzoli gli invidiosi gli incompetenti i pirla i fessi ai quali non è piaciuta la vittoria italiana. Io trumphe avvventurata italia», scrive Gianni Brera. Sull’aereo che porterà i trionfatori in un’Italia che sobolle di gioia, mentre Pertini s’infuria con Zoff per lo scarto sbagliato nello scopone con Bearzot e Causio, Paolo Rossi rapisce la Coppa e la mette a sedere accanto a sé, coccolandola come se fosse la sua fidanzata.

                          CorSera
                          ...ma di noi
                          sopra una sola teca di cristallo
                          popoli studiosi scriveranno
                          forse, tra mille inverni
                          «nessun vincolo univa questi morti
                          nella necropoli deserta»

                          C. Campo - Moriremo Lontani


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                            Un libro che ci possiamo regalare a Natale per avere un ricordo (o una scoperta per chi non c'era) di quel mondiale, anzi "del" mondiale per eccellenza, uno dei tornei iridati più belli della intera storia della manifestazione e del calcio tutto.

                            L'Italia non lo vinceva dal '38, ma che i tempi fossero maturi lo si era capito già in Argentina, dove la nazionale di Bearzot avrebbe certo meritato più del quarto posto finale.

                            Il pomo d'oro venne colto quattro anni dopo...e, come nei miti, non senza prove aspre, sofferenze, enormi difficoltà, perchè non si raggiunge il tetto del mondo con una scampagnata.

                            Per vincere si dovettero davvero affrontare e battere tutti i migliori ma trionfò l'Italia, e così gli anni '80 si inaugurarono con quello splendore, con quella leggendaria avventura a lieto fine.

                            Una estate calda, la gente per strada, all'aperto, ad affollare le località balneari, tutti rapiti da quella squadra. Una cavalcata in crescendo, partite drammatiche, vittorie soffertissime - tranne la finale, si era ormai certi che il destino ci avrebbe premiato.

                            Le partite le vidi tutte al mare meno appunto l'ultimo atto, per il quale coi miei ritornammo a Recanati dove a casa c'era la nuova tv a colori: e il colore di quella sera fu l'azzurro.

                            Eravamo una Italia e degli italiani bellissimi.
                            Last edited by Sean; 22-11-2020, 12:11:23.
                            ...ma di noi
                            sopra una sola teca di cristallo
                            popoli studiosi scriveranno
                            forse, tra mille inverni
                            «nessun vincolo univa questi morti
                            nella necropoli deserta»

                            C. Campo - Moriremo Lontani


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                              Ieri eravamo così in stato di grazia che pure Bernardeschi aveva fatto un gran gol dopo un'azione da mille tocchi di fila juventini. Peccato che Morata che aveva fornito l'assist fosse in leggero fuorigioco (non è una novità )

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                                Originariamente Scritto da Venkman85 Visualizza Messaggio
                                Ieri eravamo così in stato di grazia che pure Bernardeschi aveva fatto un gran gol dopo un'azione da mille tocchi di fila juventini. Peccato che Morata che aveva fornito l'assist fosse in leggero fuorigioco (non è una novità )

                                Morata è sempre in fuorigioco. Prenda meglio i tempi ed i centimetri.
                                ...ma di noi
                                sopra una sola teca di cristallo
                                popoli studiosi scriveranno
                                forse, tra mille inverni
                                «nessun vincolo univa questi morti
                                nella necropoli deserta»

                                C. Campo - Moriremo Lontani


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