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Attenzione: Calcio Inside! Parte III

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    Fonseca ritrova Edin, i gol e il gioco. Il Benevento mette paura poi affonda

    LEGGO (F. BALZANI) - La classe non è acqua, e porta la Roma vicino ai piani alti allontanando una rischiosa tempesta. I giallorossi, guidati dal trio d'attacco formato da Pedro, Dzeko e Mkhitaryan, ribalta la partita col Benevento ed è imbattuta (sul campo) riprendendo l'Inter in classifica. Una gara nata storta col gol dell'ex Caprari bravo a sfruttare uno dei tanti errori difensivi della difesa giallorossa schierata a 4 da Fonseca vista l'assenza di Smalling. Lo choc è durato qualche minuto e per poco non è costato lo 0-2 di Lapadula. Nei momenti più difficili, però, si vedono i campioni. E la Roma ne ha due. Il primo è Pedro che, dopo la perla di Udine, si è ripetuto pareggiando il match e prendendo per mano i compagni per tutta la partita. L'altro è Dzeko che ritrova gol e sorrisi (è a -3 da Amadei per il podio di tutti i tempi) dopo un mese difficilissimo. Il bosniaco ne segna due, su assist al bacio di Mkhitaryan e alza le braccia al cielo prendendosi gli applausi dei mille dell'Olimpico. Non basta però perché sul 2-1 arriva un altro pasticcio. Quello di Veretout che provoca il rigore su Ionita rimettendo la Roma su un binario pericoloso. Non è bastata, infatti, la parata di Mirante su Lapadula veloce a ribattere in rete. Ci pensa lo stesso francese, su rigore procurato da Pedro (e da chi se no?) a riportare il treno sulla corsa Champions. In tribuna esultano i Friedkin. A chiudere la serata da goleada ecco il capolavoro di Carles Perez. Fonseca può contare su un parco attaccanti di livello altissimo, ma deve aggiustare gli atavici problemi difensivi (mai la sua Roma ha chiuso la porta per due gare di fila). Ora spazio al turn over in coppa con lo Young Boys prima della dura trasferta di lunedì prossimo col Milan. Quel giorno la Roma capirà se può davvero sognare in grande. L'obiettivo è tornare in Champions, ma non parlate di scudetto - avvisa Fonseca -. Dobbiamo trovare più equilibrio sui giudizi, siamo fiduciosi. Voglio che la mia squadra crei occasioni. Credo sia bello per il calcio italiano questo aspetto. Io super manager e ds? No io faccio l'allenatore.

    LEGGO (F. BALZANI) -  La classe non è acqua, e porta la Roma vicino ai piani alti allontanando una rischiosa tempesta. I giallorossi, guidati dal trio d'attacco formato da Pedro, Dzeko e Mkhitaryan , ribalta la partita col Benevento ed è imbattuta (sul campo) riprendendo l' Inter in cl...
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    C. Campo - Moriremo Lontani


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      Milan, Zlatan Ibrahimovic e i segreti del successo. Con un obiettivo nascosto

      A 39 anni lo svedese è sempre il protagonista in campo. Rigore, dieta, poche uscite, i social per lasciarsi andare. «L’obiettivo del Milan è la Champions, il mio lo tengo per me»

      Tutti se lo chiedono, solo lui lo sa. «È fame», risponde Zlatan a chi gli chiede come si fa a giocare così, a segnare così, a vincere così, a trentanove anni compiuti, dopo venti da professionista, affrontando avversari che potrebbero essere figli suoi. In fondo è vero, Ibrahimovic non mente, il senso del suo patto col Diavolo sta tutto dentro a quella semplice parola: fame significa mentalità, leadership, allenamento, alimentazione, equilibrio, maturità, rabbia, orgoglio. Non è uno slogan, sono regole di vita. Dentro e fuori dal campo.

      Il derby di sabato l’ha dimostrato una volta di più: per lui l’età è un numero, un dettaglio, una formalità. Come il tempo: ha impiegato due settimane per tornare dal Covid e tre minuti per decidere con due gol la supersfida con l’Inter. «Milano non ha mai avuto un Re, ha un Dio» il messaggio consegnato domenica attraverso i suoi amati social, con chiarissimo riferimento all’amico-rivale Lukaku, che dopo il derby vinto a febbraio scrisse che in città c’era un nuovo re. Non aveva dimenticato, Ibra. E al momento giusto ha risposto. Prima sul campo, poi sul web. Che è poi l’unico luogo, chiamiamolo così, in cui Zlatan si lascia andare. Per il resto, nessuno sgarro. Ma rigore assoluto. A tavola, in palestra, nella vita di ogni giorno. «Ha 39 anni, ma è il primo che arriva al campo: se uno come Ibra che ha vinto tutto fa queste cose, le fai anche tu» raccontava qualche tempo fa Castillejo. «Ti rende più forte» ribadisce ogni volta che può il suo allenatore Stefano Pioli, che ha avuto il merito e l’intelligenza di rapportarsi nel modo ideale con Zlatan, affidandogli la responsabilità della leadership in campo.

      Chi vive Milanello ogni giorno assicura che è regolarmente fra i primi ad arrivare e fra gli ultimi ad andarsene. Il tempo in più lo impiega per sedute individuali in palestra: squat, pesi, esercizi a corpo libero, qualche mossa di taekwondo che non fa mai male. Risultato: massa grassa inesistente, i suoi 85 chilogrammi sono solo muscoli e nervi. Non segue diete specifiche, s’affida al nutrizionista affidatogli dal club, ma conoscendo il proprio corpo come nessuno. Sa cosa gli fa bene e cosa no. Per questo anche le cene fuori sono rare, come le uscite serali, mai troppo distanti dal suo magnifico attico in Porta Nuova. Significativa anche la scelta di affidarsi a un amico tuttofare che gli fa da autista, in modo da evitare lo stress del traffico milanese. La Ferrari e le altre fuoriserie? Solo in vacanza. Significativa allo stesso modo è anche la scelta, non facile, di lasciare la famiglia in Svezia. Hobby? Fra allenamenti doppi e l’attività di businessman, il tempo è poco: quando può, per rilassarsi, sceglie la natura. Va a pesca e a cavallo.

      Tutto insomma nella sua vita, ogni dettaglio, è finalizzato a canalizzare qualunque risorsa fisica e mentale sull’obiettivo finale. Che per ora è segreto. «Quello del Milan è la Champions, il mio individuale invece lo tengo per me» ha detto dopo il derby. Il suo contratto da 7 meritatissimi milioni scade a giugno, il prossimo passo è il rinnovo al 2022: Raiola sta già studiando il piano, anche se una decisione verrà presa solo a primavera. Chi conosce Ibra assicura che in testa ha sempre e comunque quella Champions che non ha vinto mai. A 39 anni non ha nessuna intenzione di smettere di crederci, di sognare, di combattere. In fondo è proprio così che si resta giovani per sempre.

      CorSera
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        L’Inter ha perso equilibrio: è allarme in difesa per Conte

        Miglior reparto arretrato l’anno scorso, ora ha già subito 8 reti: «Presi gol evitabili». Troppi svarioni degli esterni sulle ripartenze avversarie

        Martedì parte la Champions League e le quattro squadre italiane stanno malissimo: tre sconfitte (Inter, Atalanta e Lazio) e un pareggio (Juventus) contro una neopromossa. I nerazzurri di Antonio Conte sono in buona compagnia, il k.o. nel derby però pesa di più. L’Inter ha un problema ormai certificato: incassa troppe reti. La passata stagione la difesa è stata il punto di forza, oltre che il miglior reparto della serie A con 36 gol subiti, dopo quattro partite è già a quota 8, una media di 2 a gara. «Contro il Milan abbiamo preso due gol evitabilissimi», ammette Conte.

        L’equilibrio va trovato, perché come sottolineato dal tecnico allo stato non c’è. L’Inter prende gol in fotocopia, gli avversari la bucano quasi sempre in ripartenza per svarioni degli esterni. L’anno passato nelle prime quattro giornate aveva subito una rete. Semplicistico individuare il problema nella difesa a tre, cui l’allenatore non rinuncerà. Sono interpreti e rosa a decidere le fortune di un modulo e di un’annata.


        In questo inizio, più volte Conte ha parlato di squadra offensiva e votata all’attacco, diretta discendente di quella della scorsa stagione capace di segnare 113 reti. Il punto è riuscire a chiudere la porta. «La solidità difensiva penso sia sempre importante, ci vuole equilibrio. Ma con due esterni come Hakimi e Perisic che sono due ali, poi due attaccanti, c’è pure qualcuno che storce il naso perché vorrebbe il trequartista», analizza l’allenatore.


        L’Inter è schierata con 4-5 attaccanti a partita, spesso a Hakimi, Perisic, Lukaku e Lautaro, si aggiungono Sanchez o Eriksen. I gol piovono davanti e pure dietro purtroppo. E qui però bisogna ritornare al mercato estivo, forse anche alle scelte degli anni più indietro. L’ultima critica è arrivata per la cessione di Godin, ma senza l’addio dell’uruguaiano non sarebbe mai arrivato Vidal. Il punto è la protezione del reparto che un mediano di qualità come Kanté o Allan e un esterno come Marcos Alonso o Emerson Palmieri avrebbero potuto garantire. Nel derby il Covid e il ritorno dalle varie Nazionali hanno fatto il resto, riducendo ai minimi termini la difesa e costringendo il tecnico a scelte obbligate. La panchina era piena di ragazzini e con i soli Ranocchia, Sanchez e Eriksen come cambi fruibili. L’ipotesi di utilizzare la difesa a quattro, mai provata prima e con un solo giorno di allenamento a disposizione alla vigilia del Milan, è soltanto un’insensata forzatura.

        In vista dell’esordio in Champions contro il Borussia Mönchengladbach, Conte ritroverà, oltre a Sensi (squalificato nel derby), anche Bastoni e Nainggolan, negativi al tampone e a disposizione. I due vengono però da dieci giorni in cui non si sono mai allenati sul campo. Facile prevedere che si continuerà a ballare e in Europa gli errori si pagano doppio. Iniziare con il piede sbagliato può compromettere un girone dove la qualificazione si gioca sul filo.

        Il ritornello è il solito: «Ci penserà Conte». Il tecnico ha costruito molti dei suoi successi sulla solidità difensiva, non si è trasformato d’un tratto in un seguace di Zeman. Adatterà gli uomini, ma il vero nemico è il tempo, di quello l’Inter ne ha sempre poco.


        CorSera
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          Juve, Dybala nervoso per la panchina si sfoga con Paratici: potevo restare a Torino. Quel like di troppo

          L’argentino non è entrato a Crotone, se ne lamenta col ds. Pirlo: «Siamo rimasti in dieci, non era la partita ideale». Martedì a Kiev in Champions non si può sbagliare

          Calma e gessetto. La lavagna tattica della Juventus di Andrea Pirlo è ancora un insieme di segni indecifrabili, soprattutto per i suoi giocatori. Così il gioco di possesso e dominio offensivo voluto dal nuovo allenatore si è visto poco e la Juve, sempre piuttosto carente a centrocampo, finora ha dato il meglio di sé con il vecchio contropiede, che esalta le caratteristiche di Morata, Kulusevski e Chiesa.


          Andrea Pirlo promette la rivoluzione, anche culturale, che Maurizio Sarri non aveva saputo e potuto portare avanti. Il tempo per organizzarla finora però è stato pochissimo, non solo in partita, ma anche in allenamento: ci vuole pazienza e anche dalle sue recenti parole, il presidente Andrea Agnelli sembra disposto ad averne un po’ di più, sopratutto se nel calendario compresso della Champions arriveranno segnali incoraggianti: tra 9 giorni c’è già la sfida al Barcellona di Messi.

          La Juve inizia il suo viaggio martedì a Kiev, contro Mircea Lucescu, l’allenatore che nel Brescia lanciò il giovanissimo Pirlo. Lo stesso che dopo Crotone (1-1) ha chiesto tempo, perché la sua Juve è una squadra giovane: ma se i giovani costano 100 milioni (Chiesa più Kulusevski), allora le prospettive vengono stravolte.

          I fatti dicono che Pirlo non è ancora abbastanza rivoluzionario per gestire la lotta sulle barricate nei finali di partita: all’Olimpico con la Roma non tolse in tempo Rabiot, in odore di secondo giallo, poi arrivato. A Crotone non se l’è sentita di buttare nella mischia Dybala, reduce da una gastroenterite: «Siamo rimasti in 10 per l’espulsione di Chiesa, non era la sua partita ideale» ha chiosato il tecnico.

          L’avesse espresso il suo predecessore, un concetto così risibile, sarebbero scattati i processi. Mentre così è scattato solo il nervosismo della Joya, che nel tunnel degli spogliatoi ha fatto presente al direttore Paratici un fatto evidente: tanto valeva lasciarlo allenare a Torino, piuttosto che portarlo a Crotone per nulla. Un concetto espresso da un tweet di una cronista, al quale Dybala ha messo il suo like, poi rimosso. Piccolezze, davanti al disegno più ampio di Pirlo. Nel quale però Dybala ha una certa fretta di entrare.


          CorSera
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          popoli studiosi scriveranno
          forse, tra mille inverni
          «nessun vincolo univa questi morti
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          C. Campo - Moriremo Lontani


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            Che spreco Belotti al Torino..
            Non capisco come mai nessuna grande se lo prende..

            Inviato dal mio SM-G988B utilizzando Tapatalk
            Originariamente Scritto da Sean
            Tu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.

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              Gazzetta
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                  Originariamente Scritto da marcu9 Visualizza Messaggio
                  Che spreco Belotti al Torino..
                  Non capisco come mai nessuna grande se lo prende..

                  Inviato dal mio SM-G988B utilizzando Tapatalk
                  non lo considero un fuoriclasse, ma se effettivamente c'è chi da 60 milioni per quel bidone di chiesa, non vedo perchè non darli per lui...
                  Originariamente Scritto da Marco pl
                  i 200 kg di massimale non siano così irraggiungibili in arco di tempo ragionevole per uno mediamente dotato.
                  Originariamente Scritto da master wallace
                  IO? Mai masturbato.
                  Originariamente Scritto da master wallace
                  Io sono drogato..

                  Commenta


                    Belotti > Zapata

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                      Sarri: accelerata per la risoluzione con la Juventus. Per lui ipotesi Fiorentina e Roma

                      Maurizio Sarri e la Juventus sono pronti a dirsi addio definitivamente, anche in termini contrattuali. Improvvisa accelerata nella trattativa per risolvere il contratto ancora esistente fino al 2021 con opzione al 2022. Ora per il tecnico toscano c'è l'ipotesi Fiorentina del traballante Iachini, ma anche Fonseca alla Roma non è saldo. Nonostante la vittoria sul Benevento, infatti, il portoghese continua ad essere sotto stretta osservazione dei Friedkin.



                      (La Stampa)
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                        un allenatore che nelle ultime 13 partite di campionato ha fatto 9 vittorie e 4 pareggi non può essere in discussione al momento, ma secondo i giornali è sempre a l'ultima spiaggia.
                        Se fienga voleva cambiare allenatore lo doveva fare subito a inizio stagione, invece di sguinzagliare la stampa e i giornalisti compiacenti. è evidente che c'è una guerra interna tra alcuni dirigenti e l'allenatore. Friedkin su questo deve intervenire.
                        Last edited by marco83; 19-10-2020, 13:31:54.

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                          E' chiaro che Fonseca è in sella. Sarri penso più la Fiorentina (abita pure lì vicino).
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                            Ce lo vedo poco Sarri, prendere una squadra senza fare pre campionato e ore di teoria/addestramento.

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                              Boh Fonseca mi pare proprio l'ultimo dei problemi della Roma
                              Originariamente Scritto da Marco pl
                              i 200 kg di massimale non siano così irraggiungibili in arco di tempo ragionevole per uno mediamente dotato.
                              Originariamente Scritto da master wallace
                              IO? Mai masturbato.
                              Originariamente Scritto da master wallace
                              Io sono drogato..

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                                la roma che rappresenta molto bene il funzionamento del sistema italia
                                Originariamente Scritto da Pesca
                                lei ti parla però, ti saluta, è gentile, sei tu la merda hunt

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