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psicologia e sport

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    psicologia e sport

    qualche anima pia saprebbe indicarmi qualche libro di psicologia applicata allo sport??

    Mi servirà per il lavoro, ma in giro non trovo nulla di davvero interessante, nonche utile...

    aiutatemi boys

    tnx
    Venite lor signori, venite....
    http://marcocash.spazioblog.it/

    #2
    Ciao!
    Non sono esperto in questo ambito della psicologia, sinceramente.
    E poi dipende anche dal taglio che intendi dare al tuo lavoro.

    Ti posso consigliare un paio di testi che però sono utilizzati in ambito universitario, non so se ti serve qualcosa di meno specifico e più divulgativo.



    Un buon testo può essere Neuroscienze e sport. Psicologia dello sport, UTET scritto da Stefano Tamorri. E' necessario che tu conosca almeno i rudimenti dell'architettura del sistema nervoso.
    Last edited by roccia73; 15-09-2006, 18:50:06.
    "io sono calmo ma nella mente ho un virus latente incline ad azioni violente"

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      #3
      Ti riporto un paio di articoli che possono interessarti.

      Se hai fatto studi di psicologia sono un po' inutili, altrimenti per trattare la psicologia dello sport è necessario partire dalla teoria delle motivazioni (piramide di Maslow, Principio attribuzionale e compagnia bella). L'articolo è sulla psicologia dell'immersione, ma va bene lo stesso. Ha una bibliografia aggiornata.

      Inoltre ti riporto anche una trascrizione di convegno, che ha un taglio un po' troppo psicoanalitico per i miei gusti ma è completa e ha anch'esso una buona bibliografia.


      Fammi sapere se serve altro

      Dinamiche motivazionali nell’immersione subacquea

      di Maria Luisa Gargiulo


      Alcune premesse teoriche (breve storia delle teorie della motivazione) La motivazione e le emozioni che ad esse si correlano sono alla base dell’impulso ad agire di ogni individuo. Quando si parla di attività sportive (sebbene la pratica delle immersioni sia da molti oggigiorno considerata una attività di socializzazione più che uno sport in senso stretto), le parole cui comunemente siamo abituati sono bisogno, forza di volontà, concentrazione, autocontrollo, competizione. Una teoria motivazionale ha lo scopo di spiegare ed in parte prevedere i comportamenti umani, compreso quello del sommozzatore.
      La teoria pulsionale di Freud fece del concetto di motivazione un elemento fondamentale dello sviluppo e del funzionamento psichico. Una pulsione è un costituente psichico geneticamente determinato che opera producendo uno stato di eccitazione, di tensione che spinge l'individuo all'attività. Il concetto di pulsione va differenziato da quello di istinto. Un istinto è la capacità o la necessità innata di reagire ad un determinato insieme di stimoli in maniera stereotipata o costante attraverso un comportamento notevolmente più complesso di quello che viene definito riflesso. Come un semplice riflesso, tuttavia, un istinto è messo in relazione ad un determinato stimolo ed è costituito da una eccitazione centrale alla quale segue una risposta motoria avente un corso determinato. Nella sua ultima formulazione Freud ha considerato l'esistenza di due pulsioni, la sessuale e l'aggressiva le quali si trovano in certa misura combinate in ogni manifestazione istintuale.
      Successivamente questa visione è stata etichettata da alcuni come riduzionistica e autori, come Adler, hanno introdotto altre categorie pulsionali ritenendole preminenti (per esempio la pulsione di dominio e la sua traduzione comportamentale come ricerca del controllo o del potere) oppure hanno integrato nella dimensione inconscia non solo le pulsioni primarie ma anche modelli archetipici di orientamento nella persona, come nella teoria proposta dalla psicologia analitica di Jung. Altri ancora hanno ridimensionato la componente inconscia dello psichismo, trovando la spiegazione delle diverse condotte individuali prevalentemente a livello dell'Io. Tali modelli, ed in particolare quello della psicologia dell'Io, postulano quindi che la motivazione sia ampiamente determinata non tanto dalle pulsioni primarie quanto da elaborazioni consapevoli e razionali.
      Secondo la psicologia umanistica, anche il processo dell'esperienza è governato dalla tendenza intrinseca del “sistema organismo” verso l'autoattualizzazione; tale tendenza consiste nell'orientamento del sistema stesso verso la sua conservazione e il suo arricchimento. La capacità dell'organismo di simbolizzare le esperienze è sottoposta perciò a questa tendenza costante.
      La tendenza verso la conservazione implica necessariamente la capacità dell’organismo di reagire a quegli stati carenziali che mettono a repentaglio la sua sopravvivenza. Ciò, a sua volta, rimanda al concetto di bisogni ed alla loro individuazione da parte dell'organismo che tende alla loro soddisfazione [1].
      Maslow infatti distingue due fattori determinanti del comportamento: quelli motivazionali, che sono legati ai bisogni, e quelli della realtà, che si possono individuare nelle forze favorevoli o sfavorevoli esercitate dall’ambiente. Rientrano nel “campo esperienziale” dell’individuo sia la percezione delle caratteristiche oggettive della situazione, sia gli elementi che riguardano il “sé percepito” [2]. La salute mentale è direttamente correlata con la capacità di acquisire elementi da questi due aspetti (interni ed esterni) della realtà.
      Secondo Maslow, la motivazione è la spinta prima di ogni azione umana. Ogni individuo si attiva per soddisfare i bisogni fondamentali che sono illustrati con la sua famosa Piramide gerarchica.
      La tendenza all’attualizzazione dei bisogni si articola secondo un ordine di priorità che privilegia la conservazione di uno stato compatibile con la sopravvivenza e, quando questa condizione è soddisfatta, l’individuo percepisce le spinte motivazionali di ordine “superiore” che sono finalizzate a perseguire scopi non più tendenti verso la conservazione od il ripristino di uno stato di equilibrio, ma verso l’acquisizione di nuovi elementi e la ricerca di situazioni che aumentano la tensione (eustress).
      Secondo questa teoria, che ha condizionato tutta la psicologia successiva, i bisogni umani sono suddivisi in cinque categorie e sono gerarchici: perché nasca il desiderio di soddisfare quelli del livello successivo, è necessario che i bisogni del livello precedente siano già stati soddisfatti almeno in parte .
      La teoria gerarchica prevede che se il soddisfacimento di un bisogno inferiore viene frustrato o messo in crisi, ciò determina una modificazione temporanea degli obbiettivi e dei fini dell’organismo il quale cessa di investire nel soddisfacimento dei bisogni di grado superiore fino a che non è riuscito a ripristinare l’equilibrio soddisfacendo il bisogno di grado inferiore e pertanto gerarchicamente più importante.
      La gerarchia dei bisogni
      Alla base della piramide si trovano i bisogni fisiologici/organici, per esempio il bisogno di mangiare, bere, dormire, coprirsiÉ Della seconda categoria fanno parte i bisogni relativi alla sicurezza (safety) quali il bisogno di un rifugio, di tranquillità e di paceÉ Nella terza categoria troviamo i bisogni relativi all’appartenenza (belonginess) di cui fanno parte il bisogno di avere amicizie, di far parte di un gruppo, di amare ed essere amatiÉ Nella quarta ci sono quelli relativi alla stima di sé (esteem) quali il bisogno di avere un’immagine positiva di se stessi e in generale di apprezzarsi e di essere apprezzati dagli altri. Nella quinta e ultima categoria, troviamo i bisogni relativi alla realizzazione di se stessi (self actualisation) tra cui rientrano desideri quali l’aspirazione a mettere in opera le proprie facoltà, esprimere la propria creatività, oltrepassare i propri limiti
      Determinanti per la conservazione dell’equilibrio del sistema sono quindi i bisogni legati ai primi quattro livelli della gerarchia maslowiana, in quanto essi riguardano la riduzione di uno stato di carenza e possono essere ricondotti ai meccanismi tipici dell'omeostasi. Questi primi quattro livelli sono detti, infatti, anche “bisogni carenziali od omeostatici”.
      I bisogni di autorealizzazione, invece, hanno la caratteristica di generare cambiamenti e stati di tensione.
      La salute mentale è, pertanto, in parte correlata anche alla capacità della persona di percepire in modo non difensivo i propri bisogni ed attuare piani efficienti, realistici ed efficaci per realizzarli.
      In questo ultimo aspetto ritroviamo un punto di contatto con la teoria dell’elaborazione umana dell’informazione (Human Information processing) considerando come “informazione” anche la simbolizzazione e coscentizzazione più o meno chiara di un bisogno.
      Nella psicologia umanistica, la natura umana è considerata fondamentalmente positiva, nel senso che le istanze e le motivazioni sono sempre finalizzate alla conservazione ed all’evoluzione della persona. Fin dal concetto di “tendenza attualizzante” teorizzato da C. Rogers, i comportamenti umani possono essere letti in una chiave Ôpersonocentrica’, perché essi vengono sempre spiegati e considerati attraverso una lettura che parte dal significato soggettivo che essi rivestono per la persona stessa. L'individuazione della “tendenza attualizzante”, come la capacità degli organismi (uomo compreso) di tutelare la propria sopravvivenza e promuovere il proprio sviluppo, presuppone una fiducia nella positività della natura umana.
      Questa premessa, che attiene al quadro teorico di riferimento, ha esclusivamente lo scopo di chiarire la visione secondo la quale i comportamenti di un sommozzatore saranno considerati e commentati in questo scritto.
      Secondo Maslow i bisogni di natura superiore sono fondamentali quanto quelli primari anche se non sono vitali. Ciascuno di noi può raccogliere la sfida del proprio sviluppo oppure rifiutarla. In questa visione, dietro ogni riuscita si trova una motivazione che ha prima ispirato, e poi alimentato, uno sforzo.
      La teoria umana della motivazione si è poi evoluta acquisendo contributi della psicologia cognitiva, dinamica, interpersonale ed evoluzionistica dell’uomo.
      Infatti, attualmente il concetto di “struttura del sé” é stato ampliato per comprendere anche l'organizzazione delle idee, dei concetti e dei costrutti che una persona ha verso se stessa.
      Per individuare un punto conclusivo potremmo dire che le persone nascono con la capacità di tendere verso la conservazione della vita e verso lo sviluppo e l'evoluzione.
      Per garantire l'attualizzazione di questa tendenza, i bisogni fondamentali si fanno strada, l'organismo si comporta tenendo in altissima considerazione la soddisfazione di questi bisogni, perché ciò gli garantisce di mantenersi in vita e di evolversi fino a diventare adulto.
      Motivazione all’attività
      L’attività sportiva in generale, come qualsiasi comportamento umano, può essere considerata come una soddisfazione di bisogni a vari livelli. A prima vista è certamente una attività che crea stati di tensione, e pertanto non potrebbe annoverarsi tra quelle che soddisfano bisogni carenziali (omeostatici) e in una visione semplificata si situa al livello 5 (autorealizzazione). Ma a guardar meglio, l’attività sportiva con i suoi connotati e significati affettivi e psicosociali, ci fa intravedere bisogni di stima ed autostima, nella misura in cui la persona percepisce come preponderanti gli aspetti agonistici e di competizione. Troviamo anche aspetti legati al livello dell’appartenenza, allorquando consideriamo ciò che ha a che fare con le dimensioni gruppali, di condivisione, di socialità, di identificazione con un leader od un modello. Più profondamente si debbono individuare anche aspetti legati (sia pura volte inconsciamente) alla sicurezza, in quanto alcune istanze possono essere legate ad una motivazione verso una ridefinizione del sè “efficiente” e quindi sano, “forte” e quindi rassicurante, con i connotati di individuazione ed autoindividuazione che ciascuno può immaginare.
      Sebbene abbia subito numerosi tentativi di semplificazione, la teoria motivazionale di Maslow non tende ad assegnare a ciascun comportamento un bisogno che lo giustifichi, bensì deve essere vista come una cornice di riferimento per leggere uno specifico comportamento appartenente ad una determinata persona, secondo la valenza che quel comportamento ha in quel particolare sistema di personalità. Maslow non ha mai assegnato una classificazione rigida nell’una o nell’altra categoria di bisogni, dei vari comportamenti umani, i quali pertanto non sono “interpretabili “ ossia non sono spiegabili se non riferendosi al sistema personale dei significati. Ad esempio, l’attività sportiva potrebbe essere un tentativo di soddisfare bisogni di autostima, autorealizzazione, oppure sicurezza, e ciò può essere appurato solo con un approccio personocentrico.
      Immersioni e quadro motivazionale
      L’attività subacquea ha però alcune peculiarità che la rendono per certi versi un po’ particolare. Personalmente ritengo che essa concentri in sè buona parte delle caratteristiche delle attività sportive, come pure di quelle ricreative, e pertanto che possa essere considerata come attività legata, almeno sul piano conscio, a bisogni di tipo accrescitivo e di autorealizzazione. Ma se solo passiamo velocemente in rassegna il repertorio classico delle frasi o degli atteggiamenti dei sommozzatori, ci rendiamo presto conto che questo fenomeno ricreativo e sociale può essere letto anche come una attività che soddisfa bisogni di tipo carenziale, finalizzati perciò alla diminuzione dello stato di tensione più che al suo accrescimento.
      In alcune persone, il silenzio, il controllo della respirazione, la mancanza di gravità, spesso creano (non troppo celatamente) uno stato di ” vuoto di significati” e stimoli sul piano razionale e creano una reazione di maggiore percezione di elementi provenienti dal mondo interno. A volte questo favorisce uno stato di rilassamento, calma, pace, concentrazione. Questo fenomeno può certamente dirsi come favorente una diminuzione dello stato di ansia e di paura e pertanto ha tutte le caratteristiche per potersi collocare come una soddisfazione di bisogni attinenti al livello della sicurezza. Non è raro sentire subacquei che riferiscono di raggiungere uno stato di calma solo andando sott’acqua, alcuni riferiscono che la mancanza di rumore, la necessità di concentrarsi su parametri fisiologici, quali il respiro, ecc., li induce in una sorta di stato di grazia, un senso di protezione e di mancanza di qualsiasi tensione e necessità.
      L’aspetto sociale o per meglio dire, il livello dei bisogni di affetto ed appartenenza, deve essere considerato anche alla luce del fatto che i subacquei sono pressoché obbligati dalle varie didattiche ad osservare il “sistema di coppia” ossia una serie di regole tendenti alla mutua assistenza, ma anche alla costante comunicazione delle proprie condizioni, attraverso dei gesti codificati. Il compagno di immersione è un elemento che, pur avendo una funzione di aumento della sicurezza e diminuzione dei rischi (livello 2), è un elemento che presenta anche connotati di tipo relazionale: deve essere lo stesso per tutta la durata dell’immersione e viene assegnato dal capo gruppo (la guida o l’istruttore) durante il briefing.
      L’aspetto gruppale sia nella attività di didattica che in quella meramente ricreativa, sta assumendo un valore molto preponderante soprattutto negli ultimi anni, ossia da quando l’attività subacquea si è trasformata da passione elitaria a attività collettiva e diffusa. Gli aspetti altamente aggreganti che caratterizzano le attività dei centri e delle scuole di immersione sono noti a tutti. Attività apparentemente poco significative e tecnicamente non troppo difficili, stanno avendo un successo sociale a volte maggiore di tutte quelle che un tempo erano tipiche del sommozzatore classico. La buona riuscita di questo genere di iniziative e il proliferare di momenti sociali e di condivisione, sta a significare che questa attività in alcune persone soddisfa anche bisogni di appartenenza quali, ad esempio, l’individuazione di un leader e di un gruppo in cui identificarsi. Tutti i simboli di affiliazione come stemmi, magliette, particolari procedure o prassi che aiutano la persona a sentirsi parte di un gruppo omogeneo differenziato dall’esterno, sono divenuti abbastanza di prassi e generalmente con un buon grado di successo in termini di capacità aggregante e di mantenimento della frequentazione delle persone nel lungo periodo.
      La valenza aggregante dell’attività subacquea non deve però mettere in ombra anche l’aspetto legato alla competitività, e più precisamente a quello di soddisfazione dei bisogni di stima e autostima (livello 4) che riveste per alcune persone.
      Infatti, la proliferazione dei brevetti, delle nuove specialità e differenziazioni di corsi di tutti i tipi, se da una parte risponde senz’altro ad esigenze di tipo commerciale che hanno a che fare con la diversificazione dei prodotti, dall’altra incontra il successo del pubblico anche perché per alcune persone può avere una funzione di riconoscimento di bravura e capacità. Il conseguimento di un brevetto oltre agli aspetti di miglioramento delle competenze tecniche dell’allievo, ha per lui a volte anche una funzione di gratificazione sociale, di valorizzazione delle proprie performance, di distinzione rispetto agli altri suoi pari, ecc. Il termine “carriera subacquea” sta proprio ad indicare la sequenza del conseguimento dei vari titoli, che oltre ad un aspetto di merito, acquistano anche una funzione di “ordinatori sociali”, nel senso che contribuiscono al formarsi dei livelli gerarchici nei gruppi di sommozzatori. A volte si possono incontrare aspetti legati alla competizione ed al bisogno di riconoscimento ed autostima, non solo nelle attività didattiche e nella frequentazione dei corsi, ma anche in quelle amatoriali e puramente ricreative.
      La competitività nelle attività non agonistiche
      A volte chi deve soddisfare esigenze di stima ed autostima cerca un modo per valutare o comunque per collocare il proprio comportamento all’interno di una scala il più possibile oggettiva, come chi intraprende una carriera di qualsiasi tipo, lo fa all’interno di una serie di “gradini” e livelli predefiniti. Quando l’attività sportiva è di tipo agonistico ciò può avvenire anche all’interno di una singola competizione; il vincitore, la classifica, il punteggio, il record personale ecc., sono tutti elementi oggettivi e senz’altro condivisi, il più delle volte basati su numeri e pertanto facilmente confrontabili e classificabili. Ma quando, come nelle immersioni ricreative, ci si trova di fronte ad attività non competitive, in alcune persone si sviluppano comportamenti sostitutivi rispetto a quelli classicamente agonistici. Tali comportamenti tendono ad una oggettivazione, meglio ancora in una quantificazione del comportamento in immersione, il quale viene, per così dire, “tradotto in numeri”. Si può assistere, pertanto, alla tendenza a raggiungere determinate profondità, ci si confronta con le quantità di atmosfere residue una volta in superficie, si contano, catalogano, confrontano la quantità delle immersioni, ecc.É

      Conclusioni
      In uno scritto introduttivo come questo, è pressoché impossibile tentare di arrivare a delle conclusioni definitive, l’obbiettivo dell’articolo è più che altro quello di indicare alcuni spunti di riflessione ed insieme di iniziare a definire alcuni concetti basilari di psicologia del comportamento e del fenomeno “immersione” al fine di approfondirne successivamente alcuni aspetti.
      I professionisti della formazione e della prevenzione e terapia in campo subacqueo sanno benissimo che di psicologia in questo ambito si accenna a piè sospinto, ma fino ad oggi si è dedicato poco spazio all’approfondimento e alla ricerca in questo settore. Questo articolo vuole pertanto essere anche un tentativo per iniziare ad introdurre un vocabolario ed una serie di concetti e temi che possano divenire per tutti questi professionisti un patrimonio comune.

      Note:
      [1] Il termine "bisogno" qui è usato col significato che Maslow intende, ossia come Ôuna sequenza tassonomica di necessità insature che orientano il rapporto DELL’INDIVIDUO con la realtà’.
      [2] Il concetto di “sé percepito” , utilizzato per la prima volta da Carl Rogers, comprende tutto ciò che la persona conosce di se stessa, tutto ciò che essa riconosce come appartenente a sé, il modo in cui si raffigura di essere, i sentimenti che sente di provare, le intenzioni che ha la consapevolezza di avere, i bisogni e le carenze che si accorge di nutrire. Tali elementi sono organizzati in un sistema più vasto, indicato successivamente come “struttura del sé”.

      Bibliografia sul quadro teorico di riferimento
      Caprara, G. V., Accursio, G., (1987), Psicologia della personalità e delle differenze individuali, Il Mulino.
      Ceruti, M., (1989), La danza che crea, Evoluzione e cognizione nell'epistemologia genetica, Feltrinelli.
      Magri, T., Mancini, F., (1991), Emozione e conoscenza, Editori Riuniti.
      Rogers, C. R., (1965), Client Centered Therapy, Its curret practice, implications, and theory, Houghton Mifflin Company, Boston.
      Rogers, C. R., Kinget, G. M., (1965-66), Psychotherapie et relations humaines, theorie et pratique de la therapie non directive, Editions Nauwelaerts, Lovanio; trad. it Psicoterapia e relazioni umane, Boringhieri, Torino, 1970.
      Von Bertalanffy, L., (1966), Teoria generale del sistema e psichiatria, in Arieti, S., Manuale di psichiatria, Boringhieri.

      Bibliografia sugli aspetti psicologici delle attività subacquee
      Bachrach, A.J. and Egstrom, G.H. (1987). Stress and performance in diving. San Pedro, CA: Best Publishing Company.
      Baddeley, A.D., Godden, D., Moray, N.P., Ross, H.E. and Synodinos, N.E. (1978). Final report on training services agency contract - Selection of diving trainees. Department of Psychology, Stirling University and M.R.C. Applied Psychology Research Unit, Cambridge.
      Bruce Delphia and Wendy Freed, M.D. Depression: Its Treatment and Concerns Regarding Scuba Diving. Alert Diver, March/April 1999.
      Capodieci S, (2000), La psicologia dell’immersione subacquea - Relazione tenuta al convegno “La psicologia dell’immersione subacquea”, Mestre Ð 11 novembre 2000.
      Capodieci S. (2001), Ansia e Panico nell’immersione subacquea. Area Sport e Psiche di Psychomedia (http://www.psychomedia.it/pm/grpind/sport/capox.htm).
      Edmonds, C., (1986). The abalone diver. Australia: National Safety Council of Australia, Victoria.
      Hunt J., (2001). “Immersione in relitto: rischio e incidenti nello sport subacqueo” in Area Sport e Psiche di Psychomedia (http://www.psychomedia.it/pm/grpind/sport/sub1.htm), trad. S. Capodieci e M.L. Gargiulo; articolo originale: “Diving the Wreck: Risk and Injury in Sport Scuba Diving" Psychoanalytic Quarterly.LXV:591-622, l996.
      Koltyn, K.F. & W.P. Morgan (1997). Influence of wet suit wear on anxiety responses to underwater exercise. Undersea and Hyperbaric Medicine, 24, 23-28.
      Nevo, B. and Breitstein, S. (1999). Psychological and Behavioral Aspects of Diving. San Pedro, CA:Best Publishing Company.
      Raglin, J.S., P.J. O'Connor, N. Carlson, & W.P. Morgan (1996). Responses to underwater exercise in scuba divers differing in trait anxiety. Undersea and Hyperbaric Medicine, 23, 77-82.
      "io sono calmo ma nella mente ho un virus latente incline ad azioni violente"

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        #4
        Giuseppe Calderaro
        Psicologia e Psicopatologia dello Sport


        Ringrazio il Prof. Rocco Pisani per il gradito invito a tenere un seminario su la "psicologia e psicopatologia dello sport", in questo Dipartimento di Neuroscienze dell'Università "La Sapienza" di Roma. Ringrazio anche l'amico Prof. Mario Giampà, quale promotore della mia partecipazione e il dott. Domenico Surianello, coordinatore del seminario, per la cortese presentazione.
        Vorrei ricordare che proprio in questa stessa sede, ho iniziato ad incontrare Ferruccio Antonelli, per fondare ed avviare insieme ad alcuni colleghi, la Società Italiana di Medicina Psicosomatica e l'Associazione Italiana di Psicologia dello Sport. Pertanto, dedico alla Sua memoria questa mia relazione e con un breve filmato che potremo vedere, ricordarLo insieme in vita, e nel corso della mia collaborazione nel campo della preparazione degli atleti. Penso di svolgere la mia relazione cercando, nel tempo disponibile, di rispondere ad alcuni interrogativi:
        1) cosa è lo sport?
        2) quale è il compito della psicologia dello sport ?
        3) quali interventi preventivi, anti-stress e psicoterapeutici nella psico- patologia dello sport ?
        4) è possibile una teoria psicanalitica dello sport ?

        Per rispondere alla prima domanda, devo dire che lo sport è considerato da tempo, fonte di salute mentale e fisica, come sembra confermare l'abusato detto latino : "Mens sana in corpore sano" che ripete, ma decapitato, l'aforisma di Giovenale (Xo satira). Nella realtà non è sempre così.In questa sede e anche per gli argomenti da trattare su la psico-patologia dello sport e da sport, è utile quindi, rievocare l'aforisma, ma pensandolo nella sua integrità ammonitrice: "Orandum est ut sit mens sana in corpore sano" !
        Lo sport, nelle sue varie discipline e specialità (di forza, resistenza e destrezza) può avere :
        - fini ricreativi (distrae e diverte)
        - fini educativi (favorisce il movimento e la psicomotricità)
        - fini agonistici (competizioni individuali e di squadra)
        - fini professionistici (nel calcio, basket, pugilato, sport motoristici, ecc.)
        Lo sport non è quindi l'attivita di educazione fisica scolastica o di palestra, comunque utile per un potenziamento fisico o per un recupero riabilitativo, attraverso ripetuti e noiosi esercizi, intesi ad ottenere una maggiore tonicità ed elasticità muscolare e una migliore mobilità osteo-articolare.
        A questo punto, per un breve aggiornamento teorico sullo sport, penso che possa essere utile ed indicativo quanto, fra l'altro, ha scritto il collega Pasquale Bellotti, dirigente della Scuola dello sport del CONI, in un suo recente articolo "Appunti per una teoria dello sport ovvero vecchi appunti per una nuova teoria dello sport", pubblicato su "Scuola-informa".
        Ebbene, Bellotti scrive che lo sport è un gioco finalizzato all'agonismo e che può anche rappresentare un "modo di vita" secondo quanto affermano Muller e Russel. Questi due Autori americani, suddividono lo sport in un loro libro e in modo pragmatico, in quattro capitoli:
        - Sport is personal: interessa competitore e spettatore
        - Sport is social: procura entusiasmi collettivi, integrazione
        - Sport is cultural: sport e arte, sport e donna, dilettantsmo, professionismo.
        - Sport educational: utile per la formazione ed orientamento dei giovani e nello sport per tutti.
        Negli Stati Uniti, è noto, come nelle scuole e nei colleges molti studenti pratichino lo sport; in Italia si pensa ora, da parte anche dei politici, di avviare lo "sport per Tutti", una pratica sportiva quindi più diffusa e da diffondere, oltre quella di alto livello svolta dal CONI e dalle Federazioni nazionali sportive, finalizzata alla selezione dei talenti, atlete ed atleti, e alla loro preparazione e partecipazione alle gare internazionali ed olimpiche.
        A proposito della cultura dello sport per Tutti, Antonelli, padre della psicologia dello sport, in una intervista del 1998 riportata sulla rivista "Movimento", ha ribadito quanto già detto nel l987: "sarà uno sport (quello per Tutti) di seconda categoria, più mimato che praticato, ma invariato nel suo potenziale emotivo. Senza sogni di gloria, senza inquinamenti campionistici, decisamente più ludico che agonistico, più socializzante, più distensivo. Ne deriva una accezione nuova del termine "vincere", più umana, più alla portata di tutti. Alla fatidica collina di Olimpia acceda chi può, ma giù, nell'immensa vallata che si estende alla sua ombra, lo stesso sport elargisca gioia e gloria pressochè a tutti".
        Secondo Adriano Ossicini, medico e psicologo, lo sport è una forma di gioco utile per tutti e da praticare, ma anche divertente da vedere. Inoltre lo sport offre, è noto, la possibilità, per spettatori e tifosi, di proiettarsi ed identificarsi nei giocatori in campo. Infatti, Ossicini ama spesso ricordare come già da bambino, in compagnia del proprio padre, si recava allo stadio per assistere alle partite di calcio e per fare anche il tifo ed applaudire la loro squadra.

        ASPETTI IGIENICI E MENTALI NELLO SPORT :
        I colleghi, Callieri e Frighi, nostri "maestri di pensiero", per usare una definizione condivisa e cara all'amico e studioso Matteo Musacchio, hanno acquisito altri meriti, fra l'altro, anche nello sport per averne sintetizzato in sette punti, tuttora validi, gli aspetti igienici e mentali, (v. Psicologia dello sport di Antonelli e Salvini, 1978):
        1 - maggiore capacità a tollerare gli insuccessi.
        2 - possibilità di esprimere, dominare e controllare la propria aggressività.
        3 - acquisizione di una sicurezza di sé, attraverso la partecipazione alla vita di gruppo.
        4 - maggiore identificazione di sé, attraverso l'acquisizione di ruoli determinati.
        5 - senso di partecipazione sociale, derivante dall'accettazione di categorie comuni di valori.
        6 - compensazione di sentimenti di inferiorità e maggiore aderenza alla realtà, attraverso gli effetti concreti derivanti dall'osservanza delle regole del gioco.
        7- gratificazione, socialmente approvata, di certi bisogni esibizionistici.
        Anche Alfred Adler, padre della psicologia individuale, era convinto che il gioco e le attività ludico-sportive potessero aiutare ad eliminare alcuni complessi di inferiorità.
        Lo psicanalista Leonardo Ancona, fra l'altro appassionato di canottaggio, si è interessato, in particolare alla psicodinamica dell'agonismo e ai fattori psicodinamici dell'aggressività.

        C.L. Cazzullo, già presidente della Società Italiana di Psichiatria, nel ricordare Groddeck: "l'Io nasce come Io corporale", precisa che "lo sport, fin dal suo inizio è arricchito da "fattori psicologici" che, attraverso la esecutività dei movimenti rivelano due aree di pari valore: la struttura della personalità e la disponibilità ideo-emotiva del soggetto".
        In ogni caso, egli ricorda che Sherington, premio Nobel, nella sua opera. "L'attività integrata del sistema nervoso centrale" ha indicato nell'emozione un punto di incontro fra fisiologia e psicologia. Inoltre, Cazzullo dice, di preferire alla dizione "psicologia dello sport" quella di "neuro-psico-fisiologia dello sport" o in alternativa, come mi proponeva in una sua lettera del 1979, quella di "psico-somatica dello sport".

        La psico-neuro-fisiologia, certamente è in grado oggi, di spiegare come le attività del corpo e il controllo motorio interessino l'attività del sistema nervoso cerebrale.
        A determinati livelli di prestazione, come quelli sportivi, è pertanto quasi impossibile fare una distinzione tra corpo (moto) e mente (intelligenza). Si può ben dire che in alcuni sport, in particolare in quelli di destrezza, si pensa anche con i muscoli!
        Infatti, una serie di fenomeni agonistici e sportivi, non sono solo nel dominio dell'attività cinetico-articolare e muscolare, ma sono legati e dipendono in prevalenza dall'attività del sistema nervoso centrale.

        QUALE E' IL COMPITO DELLA PSICOLOGIA NELLO SPORT ? :
        La prestazione sportiva può essere intesa come il prodotto di fattori differenti, ma interagenti fra di loro quali: la metodologia di allenamento adottato, i fattori ambientali, le qualità fisiche e psicologiche dell'atleta. Fino ad oggi la Scienza dello sport ed in modo particolare la Medicina, hanno portato notevoli contributi volti a migliorare e a perfezionare la perfomance sportiva.
        Dopo le Olimpiadi di Roma-1960, la Psicologia ha iniziato in Italia ad interessarsi al mondo dello sport, nel tentativo di contribuire a salvaguardare il benessere psico-fisico dell'atleta e al tempo stesso, di introdurre eventuali miglioramenti nella preparazione e nella prestazione sportiva. All'inizio il principale "oggetto" del suo interesse ed intervento è stato nei confronti dell'atleta di alto livello, in quanto portatore nel gesto atletico di tutto sé stesso: motivazioni, attitudini, abilità e capacità tecnica, ma anche portatore di eventuali sue insicurezze, conflitti e paure.
        Se l'atleta viene visto con un'ottica giusta ed umana e quindi con i suoi affetti, emozioni e sentimenti, di conseguenza divengono più chiari e il compito della psicologia dello sport e l'intervento dello psicologo dello sport. Lo psicologo che può essere anche un medico esperto in psicosomatica e psicologia dello sport, è un professionista che sulla base di una specifica preparazione e competenza scientifica, applica, nel mondo dello sport, le conoscenze della psicologia generale e della psicologia clinica. Il suo impegno può trovare la massima espressione nel lavoro di equipe: infatti lo psicologo può collaborare con il medico della squadra o della società sportiva, con l'allenatore e con l'atleta, aiutandolo anche a chiarire - se richiesto - eventuali aspetti conflittuali intra-personali o inter-personali con altri atleti, con tecnici e dirigenti sportivi e con i propri famigliari.
        La psicologia dello sport favorisce la comprensione del fenomeno sportivo, conferma in un suo recente scritto, Mirella Pirritano, psicologa del dipartimento dell'Istituto di Scienza dello sport. La psicologia dello sport, infatti, è in relazione:
        - con l'attività motoria e la pratica sportiva
        - trova relazioni dottrinali con la Psicologia
        - contribuisce allo sviluppo delle conoscenze psicologiche
        - produce conoscenze specifiche confrontabili con metodi e contenuti di altre scienze dello sport (fisiologia, endocrinologia, neurologia, sociologia, pedagogia, ecc...)
        La Psicologia dello sport come disciplina ormai affermata, trova pertanto spazi e relazioni dottrinali con la pratica sportiva, cercando di dare anche delle risposte ed indicazioni alle richieste ad es. per la prevenzione del doping ed uso di droghe e della aggressività e della violenza negli stadi.

        La psicologia dello sport, allo stato attuale, può svolgere il suo compito in tre direzioni:
        1) Indirizzo sperimentale :
        in questo settore la psicologia dello sport ha portato un suo contributo di studi e ricerche: l'apprendimento motorio e delle abilità motorie; la psicomotricità, lo studio della personalità dell'atleta e delle sue motivazioni, l'interesse per la squadra intesa come un gruppo avente leggi e dinamiche particolari; la descrizione delle caratteristiche psicologiche dell' atleta per ogni disciplina sportiva; studi su l'ansia pre-agonisica e da stress, e su la frustrazione, la demoralizzazione e la depressione reattiva e infine il frequente abbandono dell'attività sportiva e agonistica da parte degli adolescenti.

        2) Indirizzo applicativo :
        la prima fase è rappresentata dall'indagine psicodiagnostica, utile per valutare attitudini, capacità e per individuare nell'atleta eventuali disturbi di base. Colloqui individuali o di gruppo. Lo studio del profilo psico-fisiologico realizzabile con l'impiego di strumentid di bio-feedback.
        L'indagine psico-sociologica del gruppo permette di comprendere l'esistenza delle gerarchie (leader-ship) esistenti all'interno di un gruppo o di una squadra e il rapporto dei giocatori con l'allenatore ( mister ); utilizzazione di tecniche psico-fisiche di rilassamento e di attivazione; allenamento mentale ( mental training ) e allenamento ideo-motorio, quest'ultimo attraverso alcune linee guida mentali, memorizzate per poterle utilizzare per ottenere una migliore e fluida esecuzione dei gesti tecnico- atletici, sia in allenamento sia in gara.
        3) Indirizzo didattico :
        informazione, formazione e conoscenza della psicologia dello sportivo; corsi per tecnici, allenatori, arbitri , dirigenti, ecc.
        per diffondere la conoscenza dei principi basilari della psicologia generale, sociale, dell'età evolutiva e delle tecniche didattiche della comunicazione e per la conduzione della squadra.

        Per quanto riguarda la "Psicologia dello sport", a livello internazionale viene pubblicata una Rivista ed esiste una Società (ISSP) fondata a Rona nel 1965 in occasione del primo congresso di psicologia dello sport al quale convennero circa 500 studiosi da 37 nazioni; inoltre è stata fondata una Federazione Europea (FEPSAC). In Italia, allo stato attuale, operano alcuni Centri con validi operatori, psicologi e medici (Milano, Ancona, Torino, Ferrara, Catania, Macerata, Napoli, Cagliari, ecc...) e due principali Associazioni, recenti filiazioni di quella che avevamo fondato con Antonelli nel 1974, presiedute una, l'AIPS da Stefano Tamorri, medico, e l'altra, la SIPsiS, da Alberto Cei, psicologo. Complessivamente queste due Associazioni contano oggi, circa 300 soci.

        PSICO- PATOLOGIA DELLO SPORT :
        Nel trattato di Psicologia dello sport, di Antonelli, psichiatra, e di Salvini, sociologo, si trova l'accluso schema che elenca le patologie specifiche e aspecifiche dello sport (v.schema n.1).
        Fra quelle aspecifiche è compresa anche la tendenza agli infortuni sportivi, evidenziabile con il test di Antonelli-Donadio e di Banati-Fischer (v.esempio accluso di una firma tagliata da linee trasversali / n.2).
        Alle psicopatologie specifiche classiche, si devono aggiungere, alcune nuove forme osservate da medici e psicologi, descritte e pubblicate sia sulla Rivista Internazionale sia su quella italiana "Movimento". Per quanto mi riguarda anche di recente, nel 1998, è stato pubblicato un mio contributo di cui ho qui disponibili alcune copie, che tratta della " Vescica inibita ai controlli doping ", un disturbo non infrequente che provoca disagio ad alcune atlete ed atleti e spesso lunghe attese per i medici ispettori, designati a questi particolari compiti e funzioni.
        J.R.Marshall, docente di psichiatria dell'Università del Wisconsin, nel suo libro "La paura degli altri" attribuisce la comparsa dei sintomi della vescica inibita, ad una forma di "fobia sociale", caratterizzata da ansia situazionale in presenza di estranei o se osservati da qualcuno. Le norme dei controlli anti-doping, prescrivono infatti la presenza e l'osservazione diretta dell'atto fisiologico, da parte del medico ispettore.
        Nell'ambito delle psicopatologie specifiche è stata molto studiata l'ansia "pre-agonisica" ( v. schema no 3 )
        Più di recente, una indagine sui fattori di stress da me svolta , nel tennis e nella pallacanestro (basket), ha evidenziato la presenza di un'ansia "da stress" più estesa e prevalente, forse più insidiosa e patogena, in quanto nell'ambiente sportivo può coinvolgere ed influenzare reciprocamente, oltre che gli atleti, anche i tecnici e quanti operano nel campo dello sport ( giudici, arbitri, ecc.).
        Lo stress, se eccessivo e non viene riconosciuto e controllato, può produrre anche nello sport, fastidiosi disturbi psico-somatici, comportamentali e psico-patologici. ( v. schema no 4 )
        L'ansia può essere causata dallo stress, ma può anche essere una modalità di risposta insita nella personalità dello sportivo e dell'atleta. Per quanto attiene allo sport un minimo di stress fisico e psico-emotivo è comunque sempre presente nelle situazioni agonistiche e di impegno; lo sport che a livello amatoriale, svolge funzione di valvola di scarico di eventuali tensioni, tanto da essere consigliato anche dai medici come prevenzione e terapia (sport-terapia), a livello competitivo elevato, può diventare esso stesso occasione di frustrazione e di minaccia.
        Con il clima di gara l'atleta, generalmente, migliora in efficenza nelle sue prestazioni e nella ricerca dei records, però sotto stress, o in caso di distress, possono accentuarsi in lui le reazioni muscolari e viscerali e può quindi disorganizzarsi nella coordinazione, presentando così stereotipie gestuali ed imprecisioni nelle azioni tecniche.
        Vi possono essere infine atleti con soglia bassa per lo stress e la frustrazione. Generalmente, sono soggetti più fragili dal lato psico-emotivo, candidati a forme anche psicopatologiche e sui quali è difficile fare affidamento in occasione di allenamenti impegnativi e di appuntamenti agonistici stressanti.

        INTERVENTI ANTISTRESS E PSICOTERAPEUTICI:
        Per meglio utilizzare gli interventi igienici e psicologici nello sport, atti anche a prevenire o a controllare gli effetti psicosomatici dello stress, talvolta conseguenti anche a super-allenamenti (over-training), è necessaria una corretta conoscenza della personalità di base o premorbosa dell'atleta. Quindi, saranno utili alcuni test biochimici (controllo attività neuro-endocrina-ormonale, ecc...) e strumentali (test di Shellong nel caso di atleti ansiosi e stanchi a causa della presenza di astenia neuro-circolatoria, e test della dinamica respiratoria nel caso di soggetti con dispneurosi-ansiosa, sostenuta da alcalosi ematica , ecc...) di competenza del medico per una possibile e corretta diagnosi differenziale e quelli psico-diagnostici e psico-fisiologici (STAI,1 e 2. MPII, profilo psico-fisiologico , test di Holmes per lo stress, ecc...) di competenza dello psicologo.
        Per quanto riguarda gli interventi anti-stress, la mia preferenza va tuttora ad un metodo da me finalizzato per lo sport, intendo il "training autogeno respiratorio" che ha come punto di partenza le tecniche di Schultz e di Jacobson ed utilizza il riflesso incondizionato del respiro, nella sua fase fisiologica, iniziale del sonno. (v. metodo R.A.T. di U.Piscicelli, utilizzato in medicina psicosomatica).
        Nel mio libro del 1978, "il Training autogeno non è magia" si trovano le spiegazioni di questo metodo, da me adattato alle esigenze delle discipline sportive , anche per facilitarne l'apprendimento e quindi un utile impiego e diffusione nello sport.
        Le tecniche di rilassamento e di distensione psico-fisica, se ben apprese ed utilizzate, consentono, una ginnastica propriocettiva e ristrutturante intesa a recuperare e a perfezionare, lo schema del corpo e l'immagine di sè; e una maggiore liberazione e disponibilità di endorfine, utili nello sforzo psico-fisico atletico. Inoltre è possibile, applicandole in gruppo, di realizzare una esperienza di coesione assimilativa che può favorire una migliore cooperazione ed intesa in campo, fra i componenti di uma squadra sportiva (titolari e riserve).
        Il training autogeno, metodo tuttora valido nella psicoterapia, è un tema già svolto in questa sede e in modo esauriente, da Domenico Surianello e Silvia Goretti, in un seminario dell'anno accademico '95-'96. Per quanto riguarda la mia lunga e positiva esperienza nella sua utilizzazione nello sport, iniziata negli anni '7O, posso dire che il T.A. è un metodo somato-psico-terapeutico ormai consigliato e applicato anche da alcuni medici dello sport e Antonio Dal Monte , nel suo libro "Fisiologia dello sport", infatti lo propone fra le tecniche di allenamento per atleti e sportivi.
        Nello sport, è possibile e consigliabile, adottare un metodo eclettico, secondo quanto suggerisce la teoria e la prassi della psicosintesi di Assagioli.
        Infatti, insieme al "training autogeno", si possono utilizzare altre tecniche collaudate di intervento terapeutico in relazione anche all'urgenza e all'emergenza e alla competenza ed esperienza dello psicoterapeuta. Infatti, secondo i casi e le situazioni, possono essere di aiuto : tecniche etero-indotte ( ipnosi ) e della Gestalt ( la famosa sedia che scotta ), alcune tecniche cognitivo-comportamentali ed altre di psicoterapia breve, la desensibilizzazione in rilassamento da situazioni ansiogene o stressanti, la P.N.L.(programmazione neuro-linguistica), la bio-energetica, la musicoterapia in rilassamento, il bio-feedback, lo joga.

        PSICANALISI E SPORT :
        Non sono mancate finora, alcune relazioni ed interpretazioni psicanalitiche da parte di esperti (Carotenuto, Ancona ed altri psicanalisti), in particolare, alcune sul gioco del calcio o del basket, a proposito delle azioni difensive o offensive, con il pallone, da parte dei giocatori di una squadra all'attacco nel campo avversario (invece diviso da una rete, ma violabile da una palla, nel tennis) o del fare goal, o canestro.
        Inoltre, non sono mancati studi e suggerimenti, anche per quanto riguarda il doping, l'uso di droghe e per un problema anch'esso non ancora risolto, quello del tifo disturbante e violento da parte di minoranze e degli ultras, negli stadi di calcio.
        G. Lodetti e C. Ravasini, dell'Istituto di Psicologia-Facoltà Medica dell' Università degli studi di Milano, sono stati promotori nel 1994 della costituzione di una "Associazione internazionale di psicologia e psicanalisi dello sport"- AIPPS, in occasione di un Convegno da loro organizzato sul tema "Sport ed Educazione Giovanile". In quella occasione, alla quale sono stato invitato a partercipare, Essi sono stati anche relatori di una ricerca, svolta fra i giovani praticanti la scherma. In una griglia di lavoro, da loro ideata (v. copia/no5), hanno preso nota, da competenti nella disciplina, dei gesti atletico-tecnici (assalto, finte, difesa), ritenuti "difettosi" e li hanno così correlati e riferiti ad una serie di meccanismi psicologici di difesa, secondo la teoria di Anna Freud. Questo tipo di osservazione-diagnostica, secondo gli Autori, dovrebbe consentire, anche in altre discipline sportive, di intervenire per poter ottenere sia risultati psico-terapeutici sia miglioramenti nelle azioni tecnico-sportive.
        In una relazione che è seguita, su le "Caratteristiche epistemologiche delle ricerche sugli aspetti psicanalitici", A.Civita, ricercatore del dipartimento di filosofia dell'Università di Milano, ha commentato in modo critico siffatte ricerche che, a suo parere, andrebbero perfezionate con una scelta di campo tra la psicologia sperimentale e la psicanalisi, reinterpretando i meccanismi di difesa in una chiave concettuale diversa da quella psicanalitica, per esempio in quelle cognitivista, comportamentista o fenomenologica.
        Secondo A. Civita il "campione sportivo" è da assimilare ai grandi artisti, ai poeti, ai musicisti; quindi la nevrosi nello sport come nell'arte, sarebbe un ingrediente indispensabile. Egli si chiede : a cosa serve la psicologia dello sport? A creare dei campioni o a curare le nevrosi degli atleti? ed aggiunge: " non sono in grado di fornire una risposta, ma sono sicuro che in molti casi questi due obiettivi non coincidono affatto perchè spesso la nevrosi, egli dice. è lo "stimolo più potente e prezioso" verso l'affermazione di sé anche nello sport ! Quindi la nevrosi per l'atleta, naturalmente entro certi limiti sopportabili, potrebbe essere di aiuto e di efficace stimolo.
        D'altra parte, ci ha ricordato di recente in questa stessa aula G.F. Tedeschi, che la nevrosi, rappresenta un " diamante", quindi una "cosa preziosa" anche per il paziente in psicoterapia, ma che non sa' di avere e di possedere.
        Per realizzare una autentica teoria psicanalitica dello sport, secondo A. Civita è necessaria una osservazione diretta, ma seguendo le tre condizioni indicate da Freud e da Winnicot: osservazione fluttuante, aspetti transferali e contro-transferali, non avere fin dall'inizio, interessi osservativi e conoscitivi prefissati. Pertanto, in una sua visione romantica dello sport, Civita preferisce vedere nel grande talento, un atleta destinato ad affermarsi, in ogni caso e nonostante tutto, grazie ad un sistematica "sublimazione" della sua "pulsione sessuale".

        CONCLUSIONE:
        Per concludere, a parte la rispettabile opinione di Civita nei confronti dei talenti e dei campioni sportivi, io penso che la Psicologia dello sport, in effetti, ha privilegiato finora gli atleti di alto livello. Pertanto, nel progetto da attuare, di uno "sport per tutti", lo psicologo dello sport, a mio parere, potrà e dovrà trovare nuovi e più ampi spazi operativi ed avere un ruolo e un compito educativo importante, di prevenzione e riabilitazione, da svolgere insieme ad altre figure professionali (medici, sociologi, ecc...) a favore della società, dei cittadini e anche dei disabili, alcuni dei quali già trovano nello sport una grande occasione di impegno e di auto-affermazione e di successi agonistici (v. Para-Olimpiadi).
        Vorrei ora richiamare l'attenzione proiettando, una diapositiva dimostrativa che si riferisce a due atleti, vincitori di titoli mondiali e olimpici nel pentathlon moderno (Daniele Masala e Carlo Massullo) mentre si rilassano e si allenano mentalmente, nel corso di un mondiale, nella gara di scherma, con alcuni esecizi, già appresi e personalizzati, del training autogeno.
        Le altre diapositive che ho pensato di proiettare si riferiscono ad alcune foto che ho scattato in previsione di questo seminario. Queste immagini a me sembrano proporci una testimonianza del passato e del tempo presente, quello in cui viviamo. Si tratta di due strade di Roma, una nell'antico rione di Trastevere: il " Vicolo dell'Atleta ", chiamato così perchè, a suo tempo, è stata rinvenuta nel corso degli scavi, una statua in marmo di epoca romana, raffigurante un atleta ; l'altra strada si trova invece in un moderno quartiere, la Balduina, dove un accogliente locale e di successo, molto affollato e frequentato anche dai tifosi dello sport, ha una grande invitante insegna "PSICO-BAR" , che riesce così ad attirare molti e assidui clienti !
        Dopo queste immagini distraenti e forse divertenti per una riflessione , vorrei passare al breve filmato di cui ho fatto cenno all'inizio, inviatomi di recente dalla sede RAI di Milano per il cortese interessamento del giornalista Michele Renzulli.
        Si tratta di uno spezzone del servizio "Progetto Record" realizzato in occasione della preparazione per le Olimpiadi di Monaco-72, recuperato dopo l'incendio alla cineteca RAI di Roma e di altri due servizi televisivi, che si riferiscono ad altri momenti della mia attività di medico e psicologo dello sport: uno sul record mondiale in mare, in apnea e in assetto costante, del sub Stefano Makula ( fra gli assistenti sub e valido collaboratore, Roberto delle Chiaie, medico sportivo e psichiatra in questa Clinica) e l'altro su i coraggiosi mini-atleti sardi che si esibiscono con i famosi e vivaci cavallini della Giara, nella acrobatica e spettacolare "sardiglietta" effettuata per festeggiare e premiare l'olimpionica Sara Simeoni, vincitrice nel salto in alto alle Olimpiadi di Mosca -198O.
        Le immagini del filmato che si conclude con quelle di Sara Simeoni, vorrei poterle utilizzare per un pensiero e un omaggio ai nostri atleti e atlete, che riescono a suscitare sentimenti ed emozioni a noi italiani, quando assistiamo alle loro impegnative imprese e ai loro successi, nelle competizioni sportive.

        BIBLIOGRAFIA
        ANCONA L. - Dinamica dell'Apprendimento - Mondadori Ed. 1975
        ANTONELLI F.-SALVINI A. - Psicologia dello Sport - Lombardo Ed. 1978
        BELLOTTI P.- Appunti per una teoria dello sport ovvero vecchi appunti per una nuova teoria dello sport, Scuolainforma - Scuola dello sport CONI- no 38, maggio 1999
        CALDERARO G.- Entrainement autogene et dopage, The first Scientifical Session I.S.U. Bucharest. 1970
        " - Il T.A.,nella preparazione psicosomatica degli atleti Quaderni dello Sport-Coni 1971
        " - Il Training autogeno non è magia, Spada Ed.1979
        CALDERARO G. - Ansia da stress nello sport, Medicina dello sport - Minerva Medica Ed.vol. 37 .no 3-pag. 223-227. giugno 1984
        " - Dispno-neurosi ansiosa, terapia e prevenzione nello sport - Movimento 4, no 3, 1988
        " - La vescica inibita ai controlli doping - Movimento 14, no 2, 1998
        CALDERARO G., CRISI A.- Fattori di stress nella pallacanestro - Atti Congresso internazionale Medicina e Pallacanestro, Pesaro, 23/26-VI- 1983
        CALLIERI B.- FRIGHI L . - Aspetti igienico mentali dello sport, in Psicologia dello sport, Antonelli e Salvini, pag.15, Lombardo Ed.1978
        CAZZULLO C.L. - GALA C. - Le diverse generazioni della Medicina Psicosomatica - Aggiornamento del medico, 5,3,1984
        CAZZULLO C.L. - Neurofisiologia dello Sport- Atti Io Convegno AIPPS, Sport ed Educazione giovanile, -Milano 1994
        CIVITA A. - Caratteristiche epistemologiche delle ricerche sugli aspetti psicanalitici delle attività sportive - Atti Io Convegno AIPPS, Sport ed Educazione giovanile, Milano 1994.
        DAL MONTE A.- Fisiologia e Medicina dello Sport- Sansoni Ed.1977.
        FARNE' M.-CALDERARO G.-POZZI U. - T. A., il Training autogeno di J.H. Schultz-Psychologica, Giunti e Barbera Ed.198O
        LODETTI G.- RAVASINI C.- Aspetti psicanalitici delle attività sportive : i meccanismi di difesa - Atti Io Convegno AIPPS, Sport ed Educazione giovanile, Milano 1994
        MARSCHALL J.R.- La paura degli altri- Longanesi Ed. 1995
        MASTROMATTEO A.M.- CALDERARO G. - La musica come integrazione nella formazione della personalità - Atti Convegno FMSI, Trieste 1977.
        PIRRITANO M.- ISS NEWS Psicologia, Scuola informa - Scuola dello sport CONI- no 38 maggio 1999.
        PISCICELLI U. - Tecniche di rilassamento e Training autogeno - Io Seminario sul T.A. e allenamento mentale- FMSI, Roma 1978
        SURIANELLO D.- GORETTI S. - Il training autogeno- Seminari di Neuropsichiatria e Psicoterapia -Universitarie Romane Ed.1997.
        TIMIO M. - Il ruolo dello stress nella genesi delle malattie umane - Federazione Medica, XXXVI, 8, 1983
        TRABUCCH P. - Storia, Identità ed attività professionale degli psicologi dello sport in Italia - Movimento 14, no2 ,1998
        VENERANDO A. e A.A. - Medicina dello sport - Universo Ed. 1974









        PS. trovi entrambi su psychomedia.it, un ottimo sito di psicologia
        "io sono calmo ma nella mente ho un virus latente incline ad azioni violente"

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          #5
          che figata queste storie!

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            #6
            grazie Roccia, davvero interessanti le letture

            Ecco, sai cosa nello specifico mi interesserebbe, e di cui ho sentito parlare spesso? il PNL

            Oppure, qualcosa che sia legato agli interventi o alle tecniche psicoterapeutiche e antistress da attuare su uno sportivo...

            Vorrei indirizzarmi sugli sport di squadra

            Venite lor signori, venite....
            http://marcocash.spazioblog.it/

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              #7
              Il personal coaching lo trovo ottimo sopratutto in fatto di motivazione a dare di + ti dò qualche nome se ti interessa:

              livio sgarbi
              Roberto re (emule...)

              direi che sono molto bravi, sono i motivatori di molti sportivi a livello italiano, allenatori, ecc

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                #8
                Originariamente Scritto da lo zar I Visualizza Messaggio
                grazie Roccia, davvero interessanti le letture

                Ecco, sai cosa nello specifico mi interesserebbe, e di cui ho sentito parlare spesso? il PNL

                Oppure, qualcosa che sia legato agli interventi o alle tecniche psicoterapeutiche e antistress da attuare su uno sportivo...

                Vorrei indirizzarmi sugli sport di squadra

                Cosa vuoi sapere in particolare della PNL?
                Di come si possa applicare allo sport o di cos'è e come si utilizza?

                Smilzo cita il "personal coaching" che alcuni chiamano "mentoring".
                Generalmente la PNL (insieme ai "motivatori" e a tante figure intermedie più o meno professionalizzate) viene confusa con questi altri approcci. Nel caso del coaching in realtà la filosofia alla base delle due discipline è esattamente e diametralmente contraria: l'una si basa sull'individuazione e sfruttamento delle potenzialità individuali, l'altra sull'imitazione del comportamento eccellente.

                Fammi sapere cosa ti interessa maggiormente così ne discutiamo, magari in un altro thread.


                Prima di lasciarti però ti lascio con un aneddoto:
                giorni fa mi è arrivato un opuscolo all'indirizzo del mio studio nel quale mi si proponeva un corso professionalizzante di 2 anni per psicologi/medici. Tale corso abilitava ad una tecnica garantita come "100% made in Italy" (ma se è italiana perché scrivi made in Italy?). Però si chiamava tale professione era stata chiamata con un nome inglese, uno dei tanti -ing (tipo coachin, mentoring, reflectoring etc) che imperversano oggi nel mondo della psicologia.
                Temo che questo vizio di smerciare qualsiasi cosa riguardi la psicologia con un nome inglese nasconda in realtà

                1. un sentimento di inferiorità nei confronti dell'america/mondo anglofono;
                2. sia un modo per venderti una mela marcia lucidandola, vale a dire che ti incartano una paccottiglia poco professionale mascherandone la futilità dietro un nome inglese.

                Chissà se in America usano nomi italiani per inculare la gente?
                "io sono calmo ma nella mente ho un virus latente incline ad azioni violente"

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                  #9
                  Originariamente Scritto da roccia73 Visualizza Messaggio
                  Cosa vuoi sapere in particolare della PNL?
                  Di come si possa applicare allo sport o di cos'è e come si utilizza?
                  entrambe le cose roccia...
                  soprattutto però di come lo si può applicare..

                  saresti un'anima pia..
                  Venite lor signori, venite....
                  http://marcocash.spazioblog.it/

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