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    Senza approfondire, caso mai lo faccio domani, enti pubblici e finanziari portano comunque lavoro, indotto e tasse... e quando si parla di finanza gli 0 da contare sono nove.
    "It' better stand tall when they're calling you out, don't bend, don't break, don't back down"

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      Originariamente Scritto da Lorenzo993 Visualizza Messaggio
      Non vedo il nesso,ho chiesto chi redistribuisce di più tra l'istituto finanziario e l'industria in un determinato territorio,anzi vado oltre,chi è che crea ricchezza reale?

      Non vedo il bisogno di sottolineare l'ovvietà secondo il quale servono click dietro un computer,ops,capitali,per finanziare l'industria.
      Per carità da profano riconosco l'enormità di un sistema immenso,avvolgente,intangibile e purtroppo essenziale come quello finanziario,che però è fatto di fuffa e click a pensarci bene.
      E è insostenibile
      Il nesso sta nel fatto che la finanza non è fatta di click ma di interazioni umane. Il principale contributo della finanza all'economia generale è la distribuzione di capitale alle imprese, sia avviate sia start-up, sotto forma (nell'ordine) di prestiti, investimenti in corporate bond, e acquisto di equity. La decisione di finanziare un'impresa è spesso presa dopo colloqui faccia a faccia in cui l'imprenditore spiega cosa sta creando e perché la sua impresa è un buon investimento.

      Ora, considera che la vicinanza geografica di una piccola-media impresa a uno hub finanziario rende più probabile ottenere il prestito, proprio perché l'elemento umano e di relazione faccia a faccia sono così importanti. Quindi intorno agli hub finanziari si sviluppano le start-up e le imprese di tutte le dimensioni, ma soprattuto le imprese piccole e medio che forniscono servizi. Questo crea lavoro.
      La grande manifattura può senz'altro creare molti posti di lavoro stabili, ma è meno dinamica, ha un controllo concentrato nelle mani di pochi gestori - ovvero è meno decentralizzata - e ha un impatto spesso negativo sul territorio (nonostante le iniziative di sviluppo sostenibile abbiano modificato la cosa in meglio).

      Entrambe le opzioni hanno pro e contro. Comunque l'Italia ha già un'enorme capacità manifatturiera e IMHO un posto come Bologna, in una zona dove la manifattura è costituita da una rete di piccole imprese con produzione di altissimo profilo di tecnologia automotive, beneficierebbe tantissimo di uno sviluppo dei servizi finanziari in loco.
      Last edited by Bob Terwilliger; 23-06-2017, 02:57:13.
      Originariamente Scritto da Sean
      Bob è pure un fervente cattolico.
      E' solo in virtù di questo suo essere del Cristo che gli perdono quei suoi certi amori per le polveri, il rock, la psicologia, la pornografia e pure per Sion.

      Alice - How long is forever?
      White Rabbit - Sometimes, just one second.

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        Ieri ho detto un'inesattezza, mi correggo, a Londra c'è pure L'EBA l'autorità bancaria, altra agenzia interessante. se avete voglia di leggere, la partita è in corso:

        http://www.repubblica.it/economia/2017/06/23/news/ue_accordo_sulle_regole_per_nominare_le_prossime_sedi_di_eba_ed_ema-168877038/?ref=RHPPBT-VE-I0-C6-P7-S1.6-T1

        Quoto tutto, sopratutto le ultime due righe del post qui sopra di Bob.
        Originariamente Scritto da BLOOD black
        per 1.80 mi mancano 4/5 cm ....

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          per altro mi permetto di far notare una cosa che non viene mai detta pubblicamente, quando banche e istituti finanziari scelgono "casa" lo fanno anche tenendo conto della tassazione ed in questo la nuova flat tax per stranieri che guadagnano oltre una certa soglia è un bene per ingolosire, così come se voglia vedere è un plus il fatto che il ftse mib sia sposato con il ftse di Londra e permetterebbe quindi di mantenere relazioni strette etc. Purtroppo si è ricreato l'asse Francia-Germania e penso che l'EBA faccia troppa gola, non a Parigi, ma Francoforte sì.
          "It' better stand tall when they're calling you out, don't bend, don't break, don't back down"

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            Originariamente Scritto da Bob Terwilliger Visualizza Messaggio
            Il nesso sta nel fatto che la finanza non è fatta di click ma di interazioni umane. Il principale contributo della finanza all'economia generale è la distribuzione di capitale alle imprese, sia avviate sia start-up, sotto forma (nell'ordine) di prestiti, investimenti in corporate bond, e acquisto di equity. La decisione di finanziare un'impresa è spesso presa dopo colloqui faccia a faccia in cui l'imprenditore spiega cosa sta creando e perché la sua impresa è un buon investimento.

            Ora, considera che la vicinanza geografica di una piccola-media impresa a uno hub finanziario rende più probabile ottenere il prestito, proprio perché l'elemento umano e di relazione faccia a faccia sono così importanti. Quindi intorno agli hub finanziari si sviluppano le start-up e le imprese di tutte le dimensioni, ma soprattuto le imprese piccole e medio che forniscono servizi. Questo crea lavoro.
            La grande manifattura può senz'altro creare molti posti di lavoro stabili, ma è meno dinamica, ha un controllo concentrato nelle mani di pochi gestori - ovvero è meno decentralizzata - e ha un impatto spesso negativo sul territorio (nonostante le iniziative di sviluppo sostenibile abbiano modificato la cosa in meglio).

            Entrambe le opzioni hanno pro e contro. Comunque l'Italia ha già un'enorme capacità manifatturiera e IMHO un posto come Bologna, in una zona dove la manifattura è costituita da una rete di piccole imprese con produzione di altissimo profilo di tecnologia automotive, beneficierebbe tantissimo di uno sviluppo dei servizi finanziari in loco.
            Il tuo post è sensato e giusto come tutti quelli che fai,ha il particolare di essere una tragedia a cui tu aneli.
            Perchè giusto e sensato,perchè è così il funzionamento del sistema,e così si sta evolvendo in una spirale sempre più veloce,vorticosa e Inarrestabile.
            Bam il sistema ti mette in moto e dal posto fisso di una volta devi essere più veloce e competitivo perchè ora punti alla start-up,dalla vita serena ora punti alla vita da briatore,dal voler il possibile punti a voler l'impossibile,non arriva la soddisfazione perchè c'è sempre un altro obbiettivo da raggiungere.
            E ovviamente se non si arriva all'obbiettivo l'ego ne risente,si scatenano gli schemi mentali del "non valgo" perciò la mente si impegna per immedesimarsi in una parte per aderire alla società.
            Il fondamento della società è di tipo narcisista,egocentrica,ha bisogno di nutrimento denigrando l'altro per innalzare il suo piccolo ego,valgo in base al posto nella società che ho,valgo in base al denaro che possiedo,valgo nella misura in cui sono superiore all'altro,sono in apparenza cosciente dei problemi ma tutto è riferito a me medesimo,se non mi tocca il problema,il problema non c'è.
            La potenza di una generazione fondamentalmente composta da impotenti e omosessuali latenti,superfluo citare i primi titoli dei thread in trash,ma danno un bello spaccato della società quando si è liberi di manifestare in modo impersonale i pensieri personali.

            Via verso il futuro fatto di start-up e precariato,via alla ressa del tutti contro tutti,ma nemmeno,via alla ressa di ciò che rappresento agli altri,contro ciò che tu rappresenti agli altri,via alle nevrosi di massa,via alla tragedia odierna e futura che sarà dipinta da persone in gamba come il futuro meraviglioso che ci attende.


            Se devo tornare terra-terra,avrai pure ragione,ma con le start-up in quanti ci mangiano? Qua c'è bisogno di dare sicurezza a una massa di persone,non a pochi più bravi degli altri,e il capitalismo è questo,un gioco dove vince uno e gli altri perdono.(e che ha bisogno di narcisisti per fluire)

            Ho scritto una considerazione più personale che altro,rappresento la società in questo modo IO,liberissimi voi di contestare il tutto,non parlo per dogmi.

            Bob,ok come CEO e come rockstar a tempo perso,come psicologone,mmmmm..
            Last edited by Lorenzo993; 23-06-2017, 19:37:46.

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              Lorenzo però in un'economia di mercato o meglio in un economia figlia dell'economia di mercato la competizione e alla base di tutto, perchè porta sì a più sacrifici, ma anche ad una spinta migliorativa. La frustrazione attuale non è data da questa "gara senza sosta" dove il cielo è il limite, ma da due fattori figli dei decenni di benessere precedenti:

              1- saremo generazioni meno ricche rispetto a quelle dei nostri padri e in più ci toccherà faticare molto di più per avere molto di meno, ok fa incazzare ma a noi sono toccate le macerie e sedersi su una di esse a recriminare serve a poco, mi rimbocco le maniche e cerco di fare del mio meglio per ricostruire perchè tanto ogni grande cosa è fatta da una miriade di piccoli passi,

              2- siamo una generazione di gente che è cresciuta avendo tutto facendo poca fatica e adesso vorremmo fare i Briatore lavorando 7 ore al giorno e con le ferie pagate.

              La crisi ha poi esacerbato un problema particolarmente annoso in italia ovvero: se ci sono soldi e benessere per tutti, distribuiamoli a pioggia quando però non ce ne sono per tutti chi si fa il **** più di un altro non accetta che parte del suo lavoro serva per dare benessere a quello che fa di meno. Purtroppo negli anni si è perso il concetto che lavoro, soddisfazioni, soldi e benessere non solo vanno conquistati ma meritati continuamente.
              "It' better stand tall when they're calling you out, don't bend, don't break, don't back down"

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                Originariamente Scritto da Nemesis84 Visualizza Messaggio
                Lorenzo però in un'economia di mercato o meglio in un economia figlia dell'economia di mercato la competizione e alla base di tutto, perchè porta sì a più sacrifici, ma anche ad una spinta migliorativa. La frustrazione attuale non è data da questa "gara senza sosta" dove il cielo è il limite, ma da due fattori figli dei decenni di benessere precedenti:

                1- saremo generazioni meno ricche rispetto a quelle dei nostri padri e in più ci toccherà faticare molto di più per avere molto di meno, ok fa incazzare ma a noi sono toccate le macerie e sedersi su una di esse a recriminare serve a poco, mi rimbocco le maniche e cerco di fare del mio meglio per ricostruire perchè tanto ogni grande cosa è fatta da una miriade di piccoli passi,

                2- siamo una generazione di gente che è cresciuta avendo tutto facendo poca fatica e adesso vorremmo fare i Briatore lavorando 7 ore al giorno e con le ferie pagate.

                La crisi ha poi esacerbato un problema particolarmente annoso in italia ovvero: se ci sono soldi e benessere per tutti, distribuiamoli a pioggia quando però non ce ne sono per tutti chi si fa il **** più di un altro non accetta che parte del suo lavoro serva per dare benessere a quello che fa di meno. Purtroppo negli anni si è perso il concetto che lavoro, soddisfazioni, soldi e benessere non solo vanno conquistati ma meritati continuamente.
                Io ho perfetta concezione di quello che scrivi,ma qui esuliamo dal concetto economico e nello stesso tempo siamo dentro al concetto economico stesso:

                Non contesto l'aver meno e il dover lavorare di più,contesto quello che crea questa volontaria privazione e gara senza fine sulla psiche.
                Questo sistema,volontariamente messo in queste condizioni,porta a depauperare completamente ciò che si è,per sostituirlo con cioè che si deve essere in funzione di..

                Concedimi questo discorso in funzione generale e non perchè Lorenzo993 fa l'operaio e vorrebbe fare il CEO e allora è incazzato...

                La frustrazione è data dai fattori 1 e 2 che citi,insieme alla competizione e "gara senza sosta" dove il cielo è il limite propria del sistema economico in cui siamo,e a scanso,magari ci fosse un limite..

                E per il discorso crisi,si verificano,ma possono essere messe in atto sistemi per arginarle con la sovranità monetaria,invece Stato Italiano pauperizzato,qua siamo,in stallo perenne(però in questo discorso non posso entrare perchè non sono in grado di affrontarlo)

                In finale io solo una cosa ho compreso,qualcosa che non va c'è e non è possibile negarlo

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                  Originariamente Scritto da Lorenzo993 Visualizza Messaggio

                  E per il discorso crisi,si verificano,ma possono essere messe in atto sistemi per arginarle con la sovranità monetaria,invece Stato Italiano pauperizzato,qua siamo,in stallo perenne(però in questo discorso non posso entrare perchè non sono in grado di affrontarlo)
                  purtroppo non e' una condizione sufficiente, e direi nemmeno necessaria.
                  Rimanendo in Italia, la Sovranita' monetaria non ha mai determinato il nostro successo (vuoi perche' non ce l'abbiamo mai avuta se non di facciata...): sono state le condizioni tutte, esterne (Piano Marshall ad esempio) e interne (imprenditori con le palle, classe operaia con voglia e fame) che hanno potuto far mettere in campo politiche economiche a tratti all'avanguardia.
                  Non ci metto la classe politica (dal post boom in poi soprattutto), perche' fosse stato per quella avremmo potuto solo continuare ad indebitarci (cosa che di fatto continua).
                  Quando stavamo meglio (perche' a mio avviso e' anche la possibilita' di avere una reale prospettiva di un medio termine migliore all'interno del proprio paese a determinare lo "star meglio o peggio"), abbiamo creato condizioni disastrose con scelte deleterie ma ampiamente condivise, per connivenze e interessi in cui tutti avrebbero potuto mangiare (nel breve).
                  Ci salva (o se preferisci, ci fa prolungare l'agonia)l'essere un grandissimo paese, con forse il secondo se non addirittura primo risparmio privato al mondo.
                  Ma e' la qualita' del sottostante a fare la differenza, non la valuta fiat di per se' o chi la emette.



                  Originariamente Scritto da Giampo93
                  Finché c'è emivita c'è Speran*a

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                    Originariamente Scritto da Sly83 Visualizza Messaggio
                    purtroppo non e' una condizione sufficiente, e direi nemmeno necessaria.
                    Rimanendo in Italia, la Sovranita' monetaria non ha mai determinato il nostro successo (vuoi perche' non ce l'abbiamo mai avuta se non di facciata...): sono state le condizioni tutte, esterne (Piano Marshall ad esempio) e interne (imprenditori con le palle, classe operaia con voglia e fame) che hanno potuto far mettere in campo politiche economiche a tratti all'avanguardia.
                    Non ci metto la classe politica (dal post boom in poi soprattutto), perche' fosse stato per quella avremmo potuto solo continuare ad indebitarci (cosa che di fatto continua).
                    Quando stavamo meglio (perche' a mio avviso e' anche la possibilita' di avere una reale prospettiva di un medio termine migliore all'interno del proprio paese a determinare lo "star meglio o peggio"), abbiamo creato condizioni disastrose con scelte deleterie ma ampiamente condivise, per connivenze e interessi in cui tutti avrebbero potuto mangiare (nel breve).
                    Ci salva (o se preferisci, ci fa prolungare l'agonia)l'essere un grandissimo paese, con forse il secondo se non addirittura primo risparmio privato al mondo.
                    Ma e' la qualita' del sottostante a fare la differenza, non la valuta fiat di per se' o chi la emette.
                    Puoi anche aver ragione,ma la sovranità è meglio averla che la sicurezza non è mai troppa,e non la abbiamo,sbaglio?

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                        Originariamente Scritto da Sly83 Visualizza Messaggio
                        purtroppo non e' una condizione sufficiente, e direi nemmeno necessaria.
                        Rimanendo in Italia, la Sovranita' monetaria non ha mai determinato il nostro successo (vuoi perche' non ce l'abbiamo mai avuta se non di facciata...): sono state le condizioni tutte, esterne (Piano Marshall ad esempio) e interne (imprenditori con le palle, classe operaia con voglia e fame) che hanno potuto far mettere in campo politiche economiche a tratti all'avanguardia.
                        Non ci metto la classe politica (dal post boom in poi soprattutto), perche' fosse stato per quella avremmo potuto solo continuare ad indebitarci (cosa che di fatto continua).
                        Quando stavamo meglio (perche' a mio avviso e' anche la possibilita' di avere una reale prospettiva di un medio termine migliore all'interno del proprio paese a determinare lo "star meglio o peggio"), abbiamo creato condizioni disastrose con scelte deleterie ma ampiamente condivise, per connivenze e interessi in cui tutti avrebbero potuto mangiare (nel breve).
                        Ci salva (o se preferisci, ci fa prolungare l'agonia)l'essere un grandissimo paese, con forse il secondo se non addirittura primo risparmio privato al mondo.
                        Ma e' la qualita' del sottostante a fare la differenza, non la valuta fiat di per se' o chi la emette.
                        Secondo molti economisti l’ euro fu costruito sulla base di due principi : la stabilità dei prezzi che assieme all’ equilibrio di bilancio avrebbe dovuto favorire la crescita economica e l’ idea che l’ adozione di una moneta unica avrebbe contribuito alla convergenza della crescita nei diversi Paesi che l’ avessero adottata e del reddito pro-capite.

                        Non vi è dubbio che questi siano i principi “liberisti”, per dare loro la caratterizzazione ideologica che li contraddistingue, posti a fondamento del Trattato di Maastricht, ma sono economicamente validi?


                        Innanzitutto occorre sottolineare che non c’ è una correlazione positiva tra equilibrio di bilancio e crescita. I principi di Maastricht si fondano su un presupposto che non trova riscontro nell’ analisi economica, ovvero che ridotti livelli di deficit sul Pil aiutino la crescita.

                        Basti pensare a come è stato individuato il criterio del limite del 3% sul Pil, deciso «in meno di un’ ora e senza nessuna base teorica», come racconta il suo inventore, il francese Guy Abeille. Quel parametro del 3% è stato del resto ampiamente contestato.

                        In secondo luogo va osservato che con la lira il reddito procapite (il pollo di Trilussa dove il pollo è il popolo) dal 1968-1998 era cresciuto del 104%. Dal 1999 (anno in cui viene fissato il cambio irreversibile con l’ euro di 1936,27 lire), al 2016 è invece calato dello 0,75%.

                        Non è su questo che intendo insistere dal momento che oggi molti ammettono che nessuno di questi due principi si è realizzato.

                        Ma allora è lecito chiedersi: perché quei principi dovevano essere giusti se in pratica sono stati così clamorosamente smentiti dai fatti?

                        L’ idea che spesso si avanza è che i principi fossero buoni e i cattivi siamo stati noi italiani, che non siamo stati abbastanza bravi ad applicarli. Ora, se con il cambio fisso un Paese rinuncia all’ opzione della svalutazione, ci deve essere una contropartita in termini di redistribuzione fiscale. Se questa viene a mancare non c’ è nulla in caso di crisi che possa impedirgli di subire un tracollo che porterà, alla fine, all’ emigrazione come unica alternativa alla povertà o alla fame.

                        Sono cose nella letteratura ampiamente ribadite da validi economisti che mettevano in discussione il modo in cui si intendeva procedere all’ introduzione della moneta unica. E invece abbiamo condiviso la moneta ma non il debito, e questo ci è costato circa 35 miliardi di euro all’ anno.


                        Se noi oggi ci troviamo con la povertà crescente questo è dovuto proprio alla costruzione dell’ euro. Per molti invece la colpa continua ad essere non dell’ euro, ma del fatto che noi italiani non siamo stati in grado di accettare le «nuove sfide poste dalla globalizzazione».

                        Mettiamo banalmente a confronto la produzione industriale dell’ Italia e della Germania, prima e dopo l’ introduzione della moneta unica. Prima l’ Italia aveva una produzione industriale superiore a quella tedesca e in crescita tra gli anni 1992-1995, proprio grazie alla svalutazione della lira.

                        Dopo l’ euro, dal 2002 in poi, inizia il sorpasso della Germania nei confronti dell’ Italia, e il meccanismo è dovuto ai differenziali di inflazione più bassi della Germania con i quali ha acquisito competitività rispetto alle nostre merci.

                        L’ Italia nei primi anni dell’ euro aveva un’ inflazione più alta della Germania, e impossibilitata ad operare una svalutazione del cambio, che le avrebbe consentito di recuperare il terreno perduto nei confronti della produzione industriale tedesca, ha cominciato il suo declino industriale.

                        Prima dell’ euro eravamo superiori alla Germania, dopo l’ euro ha prevalso invece la Germania che ha sfruttato una moneta fortemente sottovalutata. Mi pare dunque evidente che sia proprio la fissità del cambio ad aver prodotto i problemi che abbiamo oggi.

                        Ritornando alla lira potremmo svalutare la nostra moneta, e dunque tornare ad essere competitivi, ma ecco pronta la replica: svalutando crescerà l’ inflazione. Vale forse la pena soffermarsi su questo punto. La svalutazione è un deprezzamento del tasso di cambio nominale verso un’ altra valuta; l’ inflazione è l’ aumento annuale di un determinato paniere di beni scelto dall’ Istat come riferimento.

                        È una fake non più tanto news sostenere che il deprezzamento dell’ uno (il cambio) porti all’incremento dell’ altra (l’ inflazione). Non c’ è nessuna evidenza empirica che dimostri che una svalutazione del cambio comporti necessariamente un aumento dell’ inflazione.

                        A questo proposito basta citare la svalutazione della lira verso il marco del 1992, quando era legata ancora allo Sme, l’ accordo di cambi fissi dell’ epoca. Prima del 1992 il cambio fisso era di 750 lire per marco; dal 1992 al 1995 la lira svaluta del 50% verso il marco, ma l’ inflazione addirittura scende dal 5,2% del 1992 al 4,1% del 1994, per poi ritornare al 5,2% del 1995.

                        Come si vede la svalutazione di per sé non ha prodotto l’ incremento dei prezzi e lo stesso può dirsi anche per la svalutazione giapponese del 2012 o quelle di Gran Bretagna e Svezia del 2008.

                        Su quella svalutazione della lira rispetto al marco è davvero illuminante un discorso tenuto al parlamento tedesco nel 1998 da Ingrid Matthäus-Maier, ai tempi responsabile della politica fiscale della SPD: «Dobbiamo spiegare ai cittadini l’ euro in maniera più comprensibile.

                        Mi ricordo di un caso nel mio collegio elettorale nel 1994. Pochi giorni dopo la svalutazione della lira stavo visitando l’ acciaieria Klöckner -Mannstaedt. Il morale era terra. Dobbiamo licenziare lavoratori, mi dicevano. La lira è andata giù. Cinque giorni dopo gli italiani avevano cancellato tutti gli ordini a quest’ acciaieria tedesca. A causa della svalutazione della lira avrebbero dovuto pagare le fatture in marchi, per farlo servivano molte più lire di quante non sarebbero state necessarie prima.

                        In seguito hanno deciso di spostare tutti gli ordini verso altri paesi. Questi esempi concreti ci mostrano che le turbolenze valutarie sono pericolose anche per il nostro Paese. Per questa ragione l’ euro è una buona cosa, soprattutto per noi». Effettivamente qui la spiegazione dei vantaggi dell’ euro per i tedeschi è chiarissima. Il cambio fisso ci ha sempre danneggiato, con l’ euro ci sta distruggendo.

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                          E' al netto di queste considerazioni che bisogna chiedersi perche' un paese viene avvantaggiato, e perche' uno viene affossato, capisci cosa intendo? Ribalta la visione, la famosa discesa che vista dal basso diventa una salita.
                          Tutto il resto andava gia' scontato, perché' vorrebbe dire, tradotto, che senza la leva della svalutazione non avremmo potuto essere competitivi.
                          E' una logica che a mio avviso giustifica mercantilismo, giustifica il fatto di delocalizzare perche' la manodopera costa meno, giustifica il
                          dover essere sempre servi di qualcuno.
                          Italia e Germania sono storicamente competitors in molti settori, era evidente che firmare accordi con loro avrebbe portato guai (a entrambi, prima o poi i nodi vengono al pettine).
                          In Italia l'adozione dell'euro e' stata una mossa anche e soprattutto tesa a mantenere sotto controllo i tassi di interesse (un paese deve pur sempre rifarsi alle logiche di mercato anche emettendo titoli di stato..).
                          Ma oltre agli accordi europei, ci sono quelli sulla globalizzazione con cui fare i conti.
                          La guerra al ribasso coi cinesi non l'avremmo certo vinta nemmeno con la Lira



                          Originariamente Scritto da Giampo93
                          Finché c'è emivita c'è Speran*a

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                            ma voi che ne sapete a pacchi, credete veramente di vivere in un'economia di mercato (vero) ?
                            partendo dal basso, dalla più infima delle gare d'appalto fino ai più grandi movimenti di denaro e potere, pensate veramente che il perno sia la concorrenza, la legge della domanda e dell'offerta, e che a emergere alla lunga siano i "migliori" ?
                            Se anche solo un dubbio vi dovesse venire, forse tutti sti papielli socio economico finanziari sono da rivedere ( se non da buttare nel cesso - si può dire cesso?), e mestamente ricominciare l'analisi che, invietabilmente, sarebbe, forse, molto più semplice e meno articolata.

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                              Sono i rapporti di forza a determinare cosa sia il mercato, e' questa la sintesi di quello che intendo, ma non bisogna sclerotizzarsi pensando di vivere nella staticita', perche' nulla e' fisso e immutabile.
                              Last edited by Sly83; 26-06-2017, 09:53:26.



                              Originariamente Scritto da Giampo93
                              Finché c'è emivita c'è Speran*a

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                                Originariamente Scritto da Testa Visualizza Messaggio
                                ma voi che ne sapete a pacchi, credete veramente di vivere in un'economia di mercato (vero) ?
                                partendo dal basso, dalla più infima delle gare d'appalto fino ai più grandi movimenti di denaro e potere, pensate veramente che il perno sia la concorrenza, la legge della domanda e dell'offerta, e che a emergere alla lunga siano i "migliori" ?
                                Se anche solo un dubbio vi dovesse venire, forse tutti sti papielli socio economico finanziari sono da rivedere ( se non da buttare nel cesso - si può dire cesso?), e mestamente ricominciare l'analisi che, invietabilmente, sarebbe, forse, molto più semplice e meno articolata.
                                E' chiaro che non è un'economia di mercato, ma la base su cui si è sviluppata l'attuale economia è quella di mercato anche perchè l'alternativa ha fallito dimostrando di non esser praticabile. E' di mercato perchè ognuno cerca di massimizzare il suo profitto. Il problema è che lo fa nel breve e non ragiona sul medio lungo.
                                "It' better stand tall when they're calling you out, don't bend, don't break, don't back down"

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